Di Andrea Petta

Questo meraviglioso scrigno dorato fu trovato da Carter nell’Anticamera dietro l’ultimo dei letti funerari (quello di Ammut) di fianco al varco per entrare nell’Annesso. Può darsi che sia stato spostato dallo stesso Carter insieme a Carnarvon e a Lady Evelyn durante la loro incursione notturna clandestina per esplorare preventivamente la tomba.

Lo scrigno era vuoto (e non c’è ragione per sospettare che qualcosa sia stato trafugato in tempi moderni…) a parte dei frammenti di gioielli alla rinfusa, tra cui uno splendido corsetto, ma originariamente conteneva almeno una statua di qualche divinità (Carter ipotizza due) di cui è stata ritrovata la base di sostegno.


Ha una forma rettangolare messa in verticale, con un “tetto” leggermente inclinato all’indietro posto su un toro ed una cornice a cavetto tipica del periodo. La parte frontale si apre con due ante chiuse da chiavistelli in legno che passano attraverso anelli in argento in alto ed in basso, mentre una terza coppia di anelli era con ogni probabilità chiusa da una corda e sigillata con l’argilla in modo simile ai sacrari intorno al sarcofago. L’interno dell’anta di sinistra è stato danneggiato quando i tombaroli hanno cercato di portare via la doratura.
Il piccolo naos poggia su una slitta i cui pattini sono placcati in argento
Il tetto è decorato frontalmente con dischi solari alati, mentre ai lati mostra due serpenti alati Wadjet con il simbolo shen (“potenza”), simboli ripetuti anche tra gli artigli di due file di avvoltoi Nekhbet sulla parte superiore.


L’esterno del naos è invece decorato con splendide raffigurazioni di Tutankhamon e della moglie Ankhesenamon a rappresentare l’armonia della coppia ma, di riflesso, anche l’importanza che tale armonia aveva per l’equilibrio della Ma’at sul regno.


Secondo gli studiosi, le scene rappresentate su questo naos tendono a mostrare che la regina non abbandonerà il marito nella morte o che la regina assuma l’identità della dea Hathor o Ma’at, in particolare in una scena dove la regina offre al faraone la sua collana “menat”. La coppia reale garantisce il matrimonio simbolico del dio sole e della sua controparte femminile. La loro unione deve garantire il ciclo della vita. L’azione della regina con il re vivente continua in quest’ottica anche dopo la morte.

La coppia è raffigurata in ben 17 scene di intimità e di caccia, a volte anche con sfumature di carattere sessuale. Oltre alla simbologia di procreazione, la sessualità si lega ai concetti di rigenerazione e resurrezione sottolineando l’importanza della coppia reale nel mantenimento della ciclicità del tempo.

Alla base dei montanti delle porte si trovano anche quattro uccelli rekhyt, figure di uccelli con braccia umane sollevate che simboleggiano il popolo governato dal Faraone.
All’interno un pilastrino di sostegno per la statuetta che vi era contenuta (forse originariamente affiancata da un’altra), anch’esso in legno stuccato e dorato, con una base in ebano in cui erano visibili le impronte dei piedi nudi della statua ora scomparsa, forse quella della dea Weret-Hekau, Grande della Magia, più volte citata nelle iscrizioni del naos associata ad Ankhesenamon e che manca all’appello di quelle ritrovate da Carter.

È estremante probabile che questo piccolo naos sia un dono funerario personale di Ankhesenamon, descritta come
“La nobildonna, grande nei favori, Signora dell’Alto e del Basso Egitto, dolce d’amore, la grande sposa reale, la sua amata, amante dei Due Paesi, (Ankhesenamon), possa ella vivere per sempre”,
ed una delle iscrizioni è particolarmente rilevante:
“Adora in pace, possa Weret-Hekau riceverti, amato da Amon“
Secondo alcuni studi, potrebbe non essere la regina “amata da Weret-Hekau”, ma essere Tutankhamon “amato da Weret-Hekau” incarnata dalla regina.
In qualunque modo, uno splendido dono di una regina al suo sposo
Riferimenti:
- Christiane Desroches Noblecourt, Toutânkhamon, vie et mort d’un pharaon, 1963
- Christelle Gautron, Position et influence des mères, épouses et filles royales de l’avènement d’Amenhotep III au règne d’Horemheb. Lyon 2003
- Zahi Hawass, Tutankhamon. I tesori della tomba. Einaudi 2018
- Alison Roberts, Golden Shrine, Goddesses Queen: Egypt’s Anointing Mysteries, (Northgate Publishers 2008)
Foto: Joan Lansberry, Museo Egizio del Cairo, The Griffith Institute