IL SISTEMA CIRCOLATORIO SECONDO GLI EGIZI
Di Andrea Petta e Franca Napoli
Abbiamo visto che il Papiro Smith descriveva già il flusso dei vasi “metu” dal cuore (“hati”), che avveniva tramite 22 vasi principali (quelli degli arti già molto ben descritti) e i vasi secondari che nutrivano i singoli organi.

Il cuore “parlava” al corpo tramite i vasi periferici che dovevano essere controllati dal medico: il polso, la testa, la nuca, lo stomaco, le caviglie. La possibilità di “ascoltare” il cuore da parte del medico è un chiaro riferimento al controllo del battito cardiaco (Ebers 854a). Ci vorrà un millennio prima che la medicina greca “riscopra” questo concetto.
Ma nelle credenze egizie tutti i “succhi interni” si muovevano nei vasi. Quindi sangue, urina, feci, muco e liquido seminale si muovevano dal cuore, arrivavano all’ano e di lì venivano ridistribuiti nel corpo. Nella persona sana questi “succhi” si muovevano in armonia; quando questa armonia veniva meno insorgevano le malattie.
Ad esempio, nelle narici si pensava scorressero 4 vasi, due che trasportavano sangue e due che trasportavano il muco.
La “mescolanza” dei diversi liquidi interni si nota anche nella descrizione della circolazione oculare: quattro vasi dalle tempie portavano il sangue agli occhi, ma portavano anche le patologie oculari perché erano “aperti”, permettendo la lacrimazione “dalle pupille degli occhi”.
Quattro vasi portavano il sangue al cranio, riunendosi dietro la nuca; uno scompenso di questi vasi poteva portare alla calvizie.

Abbiamo un’indicazione molto importante nei vasi chiamati “«SS » dello stomaco” e che portano gli umori al cuore: la prima descrizione al mondo delle coronarie. Alcuni studiosi considerano questa descrizione una prova della dissezione dei cadaveri o quantomeno dell’esame medico delle parti del corpo durante la mummificazione.

Straordinaria è la descrizione dei vasi degli arti:
“ci sono sei vasi nelle braccia, tre per lato, che arrivano alle dita delle mani; ci sono sei vasi nelle gambe, tre per lato, che arrivano ai piedi ed alla loro pianta…”.
L’arteria brachiale nelle braccia si divide infatti nell’arteria radiale e quella ulnare; l’arteria poplitea si divide nelle due arterie tibiali.


Non sappiamo invece se con i “quattro vasi che portano ai polmoni ed alla milza” si intendessero le vene polmonari e quale rapporto vedessero gli Egizi con la milza. Si sapeva invece che: “l’aria entra dal naso, entra nel cuore e nei polmoni e di lì viene distribuita al resto del corpo” (Ebers 855a). Attenzione: non si diffonde spontaneamente, viene “fornita” da cuore e polmoni.

I “quattro vasi che portano al fegato” hanno invece una nota sulla possibilità che vengano “sommersi dal sangue”, un indizio che fosse stata riconosciuta l’ipertensione portale.
Purtroppo, molti termini specifici dei papiri medici sono rimasti ad oggi senza una traduzione valida; non possiamo sapere appieno fino a che punto arrivasse la conoscenza medica del sistema cardiocircolatorio ma, come vedremo nella parte dedicata alle patologie cardiovascolari, un numero impressionante di termini e di descrizioni ci dimostra come l’osservazione che veniva fatta dei sintomi era straordinariamente attenta e precisa.
Una curiosità: il battito cardiaco veniva chiamato “deb-deb”, un termine onomatopeico per descrivere il suono auscultato dal medico. I nostri amici anglosassoni usano tuttora il termine “lub-dep” per descrivere il battito normale.
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