Parlando dell’antico Egitto, soprattutto con chi ci è andato, mi viene spesso domandata la veridicità della danza del ventre che si può vedere nei locali predisposti SOPRATTUTTO PER I TURISTI.
In merito all’argomento, dopo una ricerca, ho scritto una conferenza che è diventata il Quaderno di Egittologia nr 12 PASSI, MOVENZE E RITMI PER IL FARAONE – La danza nell’antico Egitto che gli interessati possono trovare qui: https://ilmiolibro.kataweb.it/…/passi-movenze-e-ritmi…/
Per i più curiosi lascio la suddivisione delle diverse tipologie di danze che sono state riconosciute dagli egittologi. In blu sono identificate quelle eseguite in situazioni domestiche per puro divertimento familiare. In rosso sono elencate quelle che venivano esibite in pubblico per motivi cultuali, celebrativi e funzionali.
Ritornando al titolo del post posso dirvi che:
PRIMA DIAPOSITIVA: L’Egitto è sempre stato un paese molto conservatore basti pensare che nella sua storia lunga trenta secoli il sistema politico è sempre rimasto lo stesso ed ha influenzato così pesantemente i suoi conquistatori da averli presto fatti allineare alle proprie usanze. Pertanto molte usanze odierne rispecchiano, più o meno coscientemente, usanze che hanno millenni. Danzare e ballare, indipendentemente dalla professionalità degli artisti, era indubbiamente importante dal punto di vista celebrativo per gli egizi. Oggi come allora sembra che sia sufficiente un tamburo oppure una superficie piatta sulla quale qualcuno possa segnare il ritmo, ed ecco che la gente inizierà a ballare. C’è la possibilità di scoprire se le danze dell’Egitto odierno hanno delle gestualità ereditate da quello antico? Nel 1935 Irena Lexova, figlia di un famoso egittologo cecoslovacco, František Lexa, ne fece un argomento di ricerca che venne riedito più volte.
SECONDA DIAPOSITIVA: se da un lato c’è un forte interesse a ricostruire le coreografie egizie leggendo i rilievi e i dipinti tombali, dall’altra c’è la constatazione che i personaggi raffigurati sono spesso dei giganteschi determinativi del testo che è scritto sulle pareti. Questo vuol dire che gli artigiani hanno rappresentato quei movimenti e quei passi che erano più facili da disegnare e più conformi ai canoni che, ricordiamo, erano tutt’altro che ritrattistici. Come abbiamo già visto nella TT38 di Djeserkaraseneb e nella TT75 di Amenhotep Sise, molti temi venivano ripetuti seguendo dei modelli soffocando la libertà e la spontaneità dell’artista e riducendolo ad un comune artigiano. Alla Lexova, che cercava di riprodurre le antiche coreografie, non piacevano le danze dell’Egitto degli Anni Trenta. Nei suoi scritti respinge ogni somiglianza tra le danze moderne e quelle antiche. D’altra parte anche a noi sembra che la forma attuale, che noi chiamiamo, danza del ventre sia lontanissima da quella del Nuovo Regno e strizzi un po’ troppo l’occhio all’aspetto commerciale.
La conclusione viene da sé: la danza del ventre sarà curiosa, divertente e “appetitosa”… ma con l’antico Egitto non è afferente assolutamente in nulla.
I TERMINI
Sfogliando il mio Dizionario Egizio-Italiano troviamo un certo numero di lemmi che sono stati usati per descrivere il verbo ballare o danzare, il più comune è “ibȜ“.
Sono usati anche altri termini che sembrano descrivere danze oppure dei movimenti specifici di danza. Questi lemmi sono usati nelle didascalie dei dipinti o dei rilievi parietali, ma, purtroppo, non ci dettagliano ulteriormente la natura dell’evento in questione. Per fortuna sia nei documenti amministrativi che nella letteratura esistono dei riferimenti occasionali o casuali che ci permettono di indagare in merito alla danza e ai danzatori nell’antico Egitto, facendo così luce sulla vita e sulla professionalità di questi antichi artisti.
Nella cultura popolare la danza era qualcosa che la gente considerava scontata e comune, perciò è stata raramente descritta e documentata quanto invece più volte raffigurata. Questo, naturalmente, non è univoco per l’Egitto nell’antichità, i riferimenti alla danza in Egitto dal periodo bizantino al XVIII secolo sono scarsi ma questo non significa che essa abbia cessato di esistere.
Per facilitare chi volesse pronunciare i lemmi senza aver studiato i geroglifici ho aggiunto la pronuncia secondo il codice IPA.
Così Hollywood immaginava Cleopatra nel 1930 (Claudette Colbert, la grande attrice dell’epoca).
Ce lo vogliamo perdere il reggiseno di Cleopatra? Peccato che sia stato brevettato in America giusto sedici anni prima nel 1914 per la richiesta di Caresse Crosby (1891-1970) una scrittrice. Nella foto di sinistra, l’attrice indossa la corona SPOGLIA DI NEKHBET (credibile, importantissima corona femminile). Comunque l’aggiunta delle corna hatoriche, con tanto di disco solare, sono un’assoluta fantasia. A destra, invece, sembra indossare un accessorio che avrà sicuramente acquistato a CORTINA durante le sue gite essendo appassionata di sci di fondo…
Ovviamente mi è venuto in mente il film Cleopatra del 1963 per la regia di Joseph L. Mankiewicz e, soprattutto, alcune scene che mi fanno venire ancora adesso i brividi. Non possiamo certo pretendere che un regista sia anche uno storico perfetto, ma da qui ad inventare situazioni, eventi, usi e costumi però ce ne passa. Anche perché lo spettatore, che non sa, da credito alle situazioni viste sullo schermo dimenticandosi che, al 99,999999%, si tratta di spettacolo e non di cronaca archeologica.
Esempio. Nei film, nelle docufiction, nei fumetti, nelle illustrazioni, eccetera, spesso viene presentato il faraone sul trono al cui cospetto compare il consueto postulante, cortigiano o diplomatico straniero. Il sovrano egizio, ovviamente, lo riceve seduto sul trono con due oggetti in mano che, non si capisce perché, il regista gli fa tenere incrociati sul petto. È il caso della prima immagine che allego la quale mostra Cleopatra-Taylor nella classica postura che tutti ormai visualizziamo.
Qual è il problema? La posizione con lo scettro heka e il flagello nekhekh incrociati sul petto è una POSTURA FUNERARIA. Nessun sovrano d’Egitto si sarebbe mai mostrato in quel modo a chicchessia perché equivaleva a dire che era morto. Quel tipo di postura la formavano i sacerdoti addetti alla mummificazione una volta che il corpo del sovrano doveva essere inumato. Ma ad essere sinceri c’è una seconda stupidaggine dentro alla prima stupidaggine. Quel tipo di postura funeraria era MASCHILE. La regina, quando veniva inumata, assumeva altre posture. Ad esempio: durante la XVIII dinastia spesso le regine venivano mummificate con il braccio sinistro piegato a 90 gradi sotto il seno mentre il braccio destro veniva allungato sul fianco.
Dello scettro heka vi do le sei grafie più usate. La sua traslitterazione è HqA, la pronuncia IPA è [heka] e rappresenta il bastone con il quale si gestiva un gregge. Il faraone era anche identificato con la locuzione “Il buon pastore”. Dove l’avete già sentito questo modo di riferirsi ad una persona? In ogni caso nel Medio Evo esso si allunga e diventerà il pastorale vescovile.
L’altro scettro è il flagello nekhekh. Si tratta di un correggiato, cioè di uno strumento che i contadini usavano per trebbiare il cereale (orzo, farro) percuotendolo con un bastone. Esso era formato da un’asta lunga (manfanile) collegata ad una, o più, corta (calocchia). Il collegamento tra queste parti era disposto con nodi o con parti in pelle (corregge) per fare in modo che il giunto fosse in qualche modo snodato o comunque mobile. L’oplologia ci spiega che nel Medio Evo il correggiato darà origine al mazzafrusto, arma che si dava ai sottufficiali, e non ai fanti, tanto era difficile da usare. Dello scettro derivato dal correggiato vi do quattro grafie diverse e ben tre pronunce alternative che si ritrovano nella lingua egizia. Si traslitterano: nxAxA, nxx, nxxw, si pronunciano: [nekaka, nekek, nekeku]. Può essere utile consultare il primo Dizionario Egizio – Italiano scritto in geroglifico: https://www.amazon.it/Diziona…/dp/8899334129/ref=sr_1_1…
EXODUS – Dei e re (2014)
Nessuno pretende che un regista sia un perfetto storico del periodo a cui fa riferimento con il suo film. Però si può pretendere che non deformi la realtà nonostante sia evidente che, per motivi contingenti ai tempi narrativi, certe sintesi vadano accettate. Diversamente restano registi di poco spessore, almeno per me. Non fa eccezione Ridley Scott. Ho ancora negli occhi le prime immagini de IL GLADIATORE (2000) dove il nostro eroe combatte una battaglia con tanto di catapulte usate come artiglieria campale. Assolutamente no! L’oplologia ci insegna che, per i Romani, le catapulte erano esclusivamente macchine ossidionali.
La corona di Ramesse II
Ma veniamo all’Egitto. Il nostro regista si cimenta nella narrazione biblica con il titolo EXODUS – Dèi e re (2014). Devo ammettere che sono riuscito a vedere giusto i primi minuti del film. Dopodiché, avendo esaurito il mio TMCC(*) mi sono dedicato ad altro. Nel mio testo ALLA TESTA DEL RE – LE CORONE NELL’ANTICO EGITTO (QdE11) (https://ilmiolibro.kataweb.it/…/623283/alla-testa-del-re/) cito anche la corona chiamata SPOGLIA DI NEKHBET. Questa era un’arcaica divinità a forma di avvoltoio (da non confondere con Mut). Guardate l’immagine dell’intestazione attuale della Community: è proprio lei, Nekhbet, tra gli artigli tiene il geroglifico Snw [ʃenu], l’anello di corda che, deformato dal nome del re, diventa un cartiglio. In estrema sintesi, Nekhbet divenne protettrice dell’istituzione monarchica. Infatti la troviamo spesso raffigurata ad ali spiegate sul re proprio a scopo tutelare. Come abbiamo già discusso in un post precedente, sull’Egitto regna un uomo, ma è per discendenza femminile che passa il consenso al suo governo. Ecco perché, molto spesso, sovrani senza sangue reale sono riusciti a salire al trono sposando principesse reali (due esempi per tutti: Thutmose I e Ay). Ben presto questo consenso femminile all’autorità del re venne magnificato con una specifica corona femminile che rendesse simile la regina consorte alla dea Nekhbet. E quale era la sua forma? Esattamente una spoglia di avvoltoio che cingeva la testa della sovrana, indubbiamente, a mio vedere, la corona femminile più bella che sia mai stata ideata nella storia dell’Uomo.
Ve la mostro nella prima immagine tratta dalla tomba KV66 di Nefertari, la celeberrima regina di Ramesse II. Nella seconda immagine vi mostro una diapositiva della mia conferenza relativa alle corone con un quadro di Pauline Battel. Decisamente un’immagine molto suggestiva.
Nella terza immagine, invece, potete vedere l’idiozia hollywoodiana. Ramesse II si avvia ad una spedizione militare indossando niente meno che la corona femminile per eccellenza.
1. Nell’immagine vedete Mose a cavallo circondato da fanti egizi. Tutti i fanti portano sulla testa il classico copricapo formato da una stoffa piegata opportunamente. Meno male che non hanno messo le DUE SIGNORE (l’avvoltoio Nekhbet e il cobra Uto) sulla fronte dei soldati. Dov’è il problema? La nemes, il copricapo in questione, è una corona. E quindi la indossa solo il sovrano. Invece a Hollywood la mettono sulla capoccia di tutti.
2. Ma l’altra scemata l’avete vista? Mose è saldo in sella perché ha i piedi nelle staffe. Peccato che le staffe arriveranno in Europa, e quindi in Africa, non prima dell’VI secolo d.C. portate dagli Avari. D’accordo, gli attori non sanno cavalcare a pelo, però gli Egizi a cavallo proprio no! e con le staffe no! no!
Le armi
ARMI 1 – L’arma messa in evidenza non appartiene al XIII secolo avanti Cristo. Il profilo della lama è indubbiamente Alto Medievale. Il copricapo di Mosé è una delle varianti della Khepresh. Ha dimensioni ridotte, lo stesso colore azzurro e reca sulla fronte la dea Uto. Assolutamente errato: è una corona del sovrano regnante. Per misericordia sorvolo sull’impennaggio della freccia in mano al nostro eroe. Di quelle dimensioni e con quelle fattezze funzionerebbe più come freno aerodinamico piuttosto che un sistema direzionale per mantenere la traiettoria di tiro. Da tenere a mente le dimensioni della spada appesa al fianco.
ARMI 2 – L’arma in mano al nemico non appartiene al teatro asiatico africano del secondo millennio avanti Cristo. Decisamente no. Prosegue alla prossima nota.
ARMI 3 – Ingrandimento dell’arma precedente. In Italia si chiama martello d’arme, per gli anglofoni “warhammer”. È un’arma fondamentale per la cavalleria medievale. Quando il nemico si presentava con l’armatura a piastre una possibilità di abbatterlo era usando il martello. L’arma è dotata di “penna” (la parte a punta, se curva si chiama “becco”) che serve per perforare le piastre nel tentativo di uccidere il nemico. Nella parte opposta c’è la “bocca”, una parte evidentemente contundente, che serve per rendere inoffensivo l’avversario per catturarlo vivo e prigioniero allo scopo di ottenere un riscatto. Ripeto: arma medievale.
ARMI 4 – Ma li avete visti gli schinieri (l’elemento dell’armatura che protegge la parte anteriore della gamba) di Ramesse? A me non risulta che gli antichi Egizi li usassero. Anche se è documentato qualche uso sporadico precedente, li si nota soprattutto in Grecia, quasi sempre con il solo esemplare destro, più raro il sinistro. Nelle formazioni compatte della falange greca (e poi macedone) non era raro che il guerriero che ti stava davanti ti piantasse il calcio della dori (la lancia) nelle gambe. Per cui lo schiniere era più usato per pararsi dai commilitoni che dai nemici. Poi l’uso si svilupperà anche con i Romani. In Egitto mai visti. Vabbè che gli Egizi erano avanti, ma non usavano la palla di vetro.
ARMI 5 – Mosé corre con la spada al fianco. La dimensione è eccessiva e mi viene da pensare, rifacendomi a Brad Pitt (Troy) con la corazza di gomma, che la spada di Mosé sia di plastica. Per gli standard dell’epoca è surdimensionata. Inoltre dovrebbe essere di bronzo il cui peso specifico dovrebbe fare in modo che il nostro eroe corra con quasi 4/5 kg di roba dondolante, disassata, squilibrante al fianco. Quando facevo la scorta(*) usavo una Smith & Wesson modello 19 con quattro pollici di canna. Con sei cartucce 357 Magnum raggiungeva un chilo e trecento grammi. Vi assicuro, alla faccia di Starsky & Hutch, che non era facile correre con un peso del genere in una fondina ascellare. Figurarsi appeso alla cintura. Dietro a Mosé un fante egizio (finalmente correttamente) armato di khepesh vuole finire un nemico atterrato. La cretinata? Lo sta colpendo di punta. La khepesh era esclusivamente un’arma da taglio. Il pomo della khepesh è un’altra mynkios del nostro regista. La khepesh terminava con un uncino ergonomico, non con un pomo. Vedi immagine 7.
(*) Torino 1980-1982. Quando le Brigate Rosse sparavano tutte le mattine.
ARMI 6 – Qui si gioca facile. Mosé impugna la spada sguainata per permetterci di mandare a quel paese Scott e il suo costumista delle armi. La spada gli è stata donata da Sethy I. Dovrebbe essere un’arma egizia. Invece no. La foggia è chiaramente quella di un’arma dei Celti (indoeuropei del V – III secolo a.C.). Il pomo, come già detto, è pura invenzione. Ma volete mettere la lama? Il profilo è quello tipicamente a foglia del gladius hispaniensis, arma che, secondo l’oplologia Scipione porterà a Roma con i fabbri celtiberi. Quindi? Siamo alla Seconda Guerra Punica (quella di Annibale). La guardia è penosissima, era inesistente. È pura invenzione, come il pomo.
ARMI 7 – Questa è la khepesh di Tutankhamon. Non un’arma egizia, ma mesopotamica. Di evidente origine agricola, visto che è una falce. Gli Egizi, furbacchioni, la adottano e ne fanno un’arma portentosa. Il filo si sposta sulla parte convessa e non concava e aumentano il volume della punta. Se è vero che si perde l’opportunità di colpire mediante una stoccata, è vero che eseguendo un fendente, l’arma acquista maggiore velocità perché giustamente appesantita in punta. È importante questo? Beh, chiedetelo a Einstein. Lui soleva dire che l’energia è il prodotto della massa per la VELOCITÀ AL QUADRATO. Quindi l’energia sviluppata in un fendente era maggiore per la maggiore massa sulla punta della lama. Attenzione: lama comunque in bronzo. C’è un problema. Con la mano sporca di sudore, coperta di sabbia fine e, perché no, ingrassata dal sangue del nemico, un veloce fendente avrebbe fatto sfuggire la spada dalla mano del militare egizio. A ciò i tecnici misero soluzione con il becco a fondo dell’elsa. ERGONOMIA DEL XIII SECOLO AVANTI CRISTO.
ARMI 8 – Mosé alla carica. Come Custer con il VII Cavalleggeri. Bravi. Bene. Sette più. A parte che la ripresa è al contrario. Mosé impugna con la sinistra pochi secondi prima di arrivare a contatto con il nemico, ma non è un mancino. E che dire dell’arciere (a cavallo?) dietro di lui con l’arma nella destra? È evidente che in fase di montaggio non siano stati molto attenti. Comunque la mynkios dov’è? Reparti di cavalleria nel XIII secolo avanti Cristo? Impossibile. I cavalli erano … cavallini. Se gli montavi in groppa probabilmente con i piedi quasi toccavi per terra, ma soprattutto gli spaccavi la schiena. Non si sale a cavallo. Ci si fa portare. Le popolazioni Hurrite sull’altopiano iranico inventano il carro da guerra che gli Egizi conosceranno attraverso gli Hyksos. Così come conosceranno i cavalli. Al momento solo al traino. È vero che nelle raffigurazioni di Qadesh c’è un Egizio a cavallo, monta a pelo, ed è sicuramente un messaggero per allertare le unità ad accelerare il soccorso al re. E comunque c’è il problema che sono tutti staffati. Ma questo lo avevamo già detto in un precedente post.
Gli altri anacronismi – in collaborazione con Mattia Mancini, giovane e brillante egittologo italiano.
( 6 ) Mancini ci mette sotto il naso un fermo immagine con la veduta della capitale egizia dove avvengono gli eventi narrati dal film. Cerchiamo di fissare la cronologia. I personaggi storici citati sono Sethy I e Ramesse II (XIX dinastia, Nuovo Regno). Innanzi tutto non si capisce perché questi siano i sovrani sotto i quali è avvenuto l’Esodo. I libri sacri scrivono genericamente di un faraone ma si guardano molto bene dal nominarlo. Quindi non è assolutamente detto che ESODO=RAMESSE II sia un’equazione storica corretta. Andiamo avanti. La capitale nel film è chiamata MENFI, ma durante la XIX dinastia la capitale egizia era “wAst” [Uaset] cioè Tebe (l’odierna Luxor). Nelle panoramiche della città si vedono alcune piramidi (anche troppe) che con Menfi, in ogni caso, non hanno nulla a che fare. A destra della panoramica si nota anche una piramide a gradoni. Peccato che sia a Saqqara, quindi non visibile da Menfi e comunque appartiene alla III dinastia ed è del re Djoser. Visto che, forzando la mano, hanno voluto fare la capitale a Menfi e visto che, effettivamente, da Menfi si potrebbe vedere Giza, non si capisce perché hanno messo le piramidi della IV dinastia ma non si veda la Sfinge, anch’essa della IV dinastia. O metti tutti i monumenti o non ne metti nessuno.
( 7 ) Anche per la nuova mynkios rimaniamo in tema monumentale. Quando Mosè scappa dall’Egitto, dopo aver saputo di essere un ebreo, attraversa il confine orientale. Finalmente si vede la Sfinge. Era ora. Sul confine orientale? A mille chilometri da Giza? E già questa è una bella cretinata. Ma c’è di meglio. La Sfinge è già senza naso. Peccato che il naso sia stato distrutto dagli Arabi nel 1378 DOPO CRISTO cioè venticinque secoli più tardi.
( 8 ) Quando io durante le conferenze tocco il tema dei commerci, descrivo le teorie di asini che si snodavano sulle rotte terrestri, a migliaia. L’asino, come descrivo nel mio testo sulla ruota egizia, ha due gravi problemi: beve tanto e trasporta poco. La gente resta stupita. E perché gli Egizi usavano gli asini? … Infatti nel film di Scott compaiono i cammelli. Peccato che i cammelli in Egitto li abbiano portati i Romani dieci secoli più tardi.
( 9 ) Per consolidare nello spettatore il concetto e la soavità di ambientazioni suggestive (come ad esempio gli harem) nel film si vedono passeggiare dei pavoni. E allora? Naaaaaaaaaaaaaaaaaaa…. I pavoni li porteranno in Egitto i Romani che li conosceranno in India mille anni più tardi.
( 10 ) Tenete duro. È l’ultima mynkios (di oggi). A Ridley Scott è venuto il dubbio che allo spettatore il concetto di deserto, inteso come distesa di sabbia e roccia, non fosse sufficiente per fargli capire l’ostilità ambientale. Nel dubbio che il pagante biglietto (alias pollo da intortare) non riconoscesse il deserto stesso, gli è sembrato valido riprendere cinematograficamente qualche bel cactus. D’altra parte cosa c’è di meglio che far vedere una pianta grassa per capire che quello è un deserto? Adesso, io non sono un botanico, però mi risulta che i cactus siano originari dell’America.
Per farmi del male (malissimo!) ho deciso di legarmi in modo alfieriano ad una sedia e di costringermi a guardare EXODUS Dèi e re (2014) del nostro ormai amicissimo Ridley Scott.
Dopo 24 minuti sono riuscito a slegarmi e a bloccare la proiezione. Tanto nel frattempo avevo già visto alcune cosette da condividere con voi.
Oggi vedremo soprattutto un episodio importantissimo del film: l’aggressione dell’accampamento Ittita a Qadesh fatto dai carristi Egizi e dalla loro cavalleria FANTASY (ma questo già lo si è scritto).
Vediamo subito due perle storiche, così ce le togliamo di mezzo immediatamente.
A) Per gli egittologi la battaglia di Qadesh avviene nel V anno di regno di Ramesse II, quindi Sethy I, suo padre, era già morto da tempo e Ramesse non era un principe designato alla successione, ma un sovrano a tutti gli effetti.
B) Gli eventi della battaglia, come narro nel Quaderno di Egittologia (QdE12) QADESH-Una battaglia per due vincitori, (che trovate qui: https://ilmiolibro.kataweb.it/…/storia-e…/624937/qadesh/ ) spiego che sono avvenuti esattamente al contrario. All’attacco con una proiezione di carreria c’erano gli Ittiti mentre Ramesse era sulla difensiva attendato con la sua divisione Amon.
Ma come venivano usati i reparti carristi presso l’esercito egizio durante l’Età del Bronzo, cioè il XIV-XIII secolo avanti Cristo?
Guardate la prima immagine. È una diapositiva della mia conferenza I SOLDATI DEL FARAONE – Oplologia e polemologia egizia dalla quale ho tratto il QdE30 che, chi vuole approfondire, può trovare qui: https://ilmiolibro.kataweb.it/…/i-soldati-del-faraone/ La formazione d’attacco della carreria dipendeva dall’obiettivo che doveva aggredire. In alto vedete i carri egizi impegnare un reparto di fanteria con l’obiettivo non di distruggerlo, ma di disperderlo. La formazione carri attacca in modo puntiforme quindi in colonna con i carri su due file non appaiate, ma disassate a scacchiera. In questo modo la distanza tra due carri consecutivi permetteva al carro seguente di deviare dalla rotta per evitare gli eventuali rottami del carro precedente. In basso, invece, vedete delle unità carri egizie che attaccano delle equivalenti unità nemiche. In questo caso la formazione è per linee e cerca di coprire tutto il fronte nemico e, se possibile, sorpassarlo per tentare di aggirarlo sulle ali. Stop. Fine. NON ESISTE NESSUN’ALTRA DOTTRINA MILITARE EGIZIA, TANTOMENO CHE PREVEDA UN ATTACCO CARRI AD UN ACCAMPAMENTO. Questo sia assolutamente chiaro. Il cavallo viene considerato un animale tipicamente militare. Ma anche questo è completamente errato. Il cavallo è un animale che si spaventa facilmente e che ha molte paure, tra le quali due fondamentali terrori: A) spezzarsi le lunghe zampe sottili. Infatti la natura lo ha così dotato perché la sua arma di difesa principale è la fuga, in seconda battuta il calcio (in terza, il morso). B) il cavallo ha paura degli astili, cioè un lungo bastone lo spaventa a morte. Nei tornei medievali i cavalli erano pesantemente addestrati per vincere i loro timori innati (nascita del destriero) e soprattutto correvano in lizza con testiere cieche che gli impedivano di vedere cosa avesse di fronte. I carristi egizi (ma anche quelli Ittiti, ed Hurriti in genere) usavano i carri su pianure e comunque su tratti di terreno assolutamente sgombri. I cavalli, quando vedono un ostacolo, per la loro timida natura lo SCARTANO, lo evitano, solo nei film idioti i cavalli calpestano i cadaveri. Se siete riusciti ad arrivare fin qui avrete già la vostra conclusione pronta e definitiva: NESSUN CARRISTA EGIZIO AVREBBE MAI GUIDATO IL PROPRIO CARRO ALL’INTERNO DI UN ACCAMPAMENTO NEMICO. Dopo pochissimi minuti di combattimento gli strettissimi spazi tra gli attendamenti si sarebbero subito riempiti di rottami, di cadaveri, di tende capovolte ed incendiate, di cordami, di armi in asta spezzate o piantate nel terreno. Una situazione del genere sarebbe divenuta, in brevissimo tempo, una colossale trappola per i carristi con una miriade di carri in forte rallentamento con ingorghi impossibili da districare ordinatamente. NO. LA SCENEGGIATURA È FALSA COME GIUDA E SI SONO PURE INVENTATI LA SCORRERIA DEI CARRISTI TRA GLI ATTENDAMENTI.
A parte queste quisquilie storiche, che al nostro regista sembrano interessare pochissimo, vediamo cosa c’è di bello ed interessante nella ricostruzione che ci viene propinata della battaglia. Elenchiamo le immagini.
1. Giusto quanto detto. Ripresa a volo d’uccello che ci mostra la carreria egizia in formazione (confusa, casuale, caotica) che sta per entrare nell’accampamento ittita. Immaginate le conseguenze per i primi carri (i più esposti) che si rovesciano per gli equidi colpiti o per gli aurighi caduti…
2. La carreria è quasi a contatto con la prima difesa ittita. Giustamente non c’è nessuna protezione muraria: mica è un castrum romano. Tenete d’occhio la pariglia bianca e la pariglia nera. Quella bianca sta correndo a perdifiato. Non è credibile. Evidentemente davanti a se ha un corridoio nel quale tenta di infilarsi. La pariglia nera, se notate bene la groppa, sta frenando (hanno il posteriore basso), i cavalli sono già spaventati per la linea di scudi e di lance. Sono quasi fermi.
3. PURISSIMA FANTASIA. La pariglia bianca salta l’ostacolo. NO. NON E’ CREDIBILE. Immaginate di andare a Pechino, vi sedete su un risciò e il vostro portatore salta un ostacolo. Cosa farà il risciò con voi sopra? Se la pariglia salta l’ostacolo che fine fanno il carro, l’auriga e l’arciere egizio?
4. Ramesse è a terra. Infatti ci mostra il grazioso regal deretano. Sta per essere investito da un carro ittita. Fino ad ora, per il numero del tiro, abbiamo visto bighe. Una triga è molto rara da vedere anche in epoca classica. Il tiro era sempre pari: 2 o 4 quadrupedi. 3 sono rarissimi e comunque non sui carri Hurriti cioè Ittiti. Sorvoliamo sulle testiere medievali. “I musei infatti sono stracolmi di testiere egizie ed ittite!” Le vendono su Ebay perché non sanno più dove metterle. Vanno a ruba nelle pizzerie come porta grissini.
5. Mosè, avvistato il pericolo per il quale Ramesse sta per essere travolto da un carro ittita, raccoglie un’arma da terra per tentare di fermare il veicolo. Cosa raccoglie non si sa. Per essere una lancia ha un astile troppo sottile e in una scherma con un lancere nemico andrebbe subito in pezzi lasciando il militare disarmato. Per essere un giavellotto l’astile è diametralmente corretto, ma è troppo lungo, troppo ingombrante, pesante e non bilanciato per un corretto lancio diretto o indiretto. Diamo per scontato che sia un rottame della tenda vicina per cui questo punto 5 potrebbe anche essere non considerato, ma sulle recensioni si legge che Mosè raccoglie un’arma.
6. E qui c’è il capolavoro FANTASY che più FANTASY non si può. Mosè, intelligentemente, non usa il pseudo giavellotto contro l’auriga ittita. Infatti, anche se lo avesse abbattuto, il carro avrebbe proseguito per inerzia pure senza guida travolgendo Ramesse. Allora il nostro genione cosa fa? Il problema, giustamente, è il carro. Lancia il giavellotto contro la ruota del veicolo. È sicuramente un gesto istintivo. Ma ecco il miracolo: un fusto leggerissimo di legno, infilato tra i raggi di un mezzo in corsa, ostacola il movimento di rotazione della ruota bloccandola istantaneamente. Il carro, sbilanciatosi, salta in aria, mancando il principe egizio. Dei cavalli nessuna traccia, misteriosamente volatilizzati. Evidentemente durante l’Età del Bronzo gli astili ittiti erano in tungsteno. È inutile dire che nella realtà, alla faccia della SOSPENSIONE DELLA CREDIBILITÀ, l’asta sarebbe andata in mille pezzi e Ramesse sarebbe stato sottilettato prima dai cavalli e poi asfaltato dal carro stesso, nel più classico dei finali da LOONEY TUNES.
Vi ricordo che il film ha la pretesa di essere storico, altrimenti non mi spiego come mai, tra gli stipendiati del cast, ci sia nientemeno che un consulente egittologo della Swansea University (Galles, UK), il professor Alan Lloyd.
(12) Questa però è davvero grossa e credo che nessun regista, ignorante o incompetente, abbia mai osato tanto. All’inizio del film il faraone Sethy I sta svolgendo una riunione con il suo Stato Maggiore per definire il pericolo degli Ittiti. Oltre ai pareri degli alti ufficiali, fra i quali Ramesse e Mosè, chiede anche l’opinione degli dèi a mezzo di una sacerdotessa che è fuori dalla sala (ma sempre all’interno del Palazzo Reale). Questa è evidentemente un’aruspice. Prima mynkios: un aruspice donna? A me risulta un clero maschile. Seconda mynkios: un aruspice donna in Egitto? A me risulta che l’aruspicina, cioè l’arte divinatoria che esaminava le visceri degli uccelli (e altri animali) sacrificati allo scopo di interpretare i favori divini sia di origine etrusca. Giusto qualche secoletto più tardi (facciamo quattro o cinque?) e un po’ più a Nord (facciamo Toscana?). Ma adesso viene il bello. Sedetevi e tenetevi forte. Sethy I si avvicina all’ara sacrificale dove c’è sopra quello che sembra un grosso anatide sgozzato e rovesciato. A parte il fatto che al primo passaggio sono svenuto perché mi era sembrato di aver visto un IBIS. Un ibis sventrato in presenza del re? Nel Palazzo Reale si versa sangue per quanto offertorio? Poi al secondo passaggio mi sono ripreso perché effettivamente non poteva essere un trampoliere. In ogni caso: Sethy si avvicina mentre il sangue del povero volatile gocciola all’interno di un bicchiere. Sethy INTINGE l’indice destro nel contenitore (12a) e si rivolge ad una statua divina dicendo: “Grande Sekhmet, il faraone beve in tuo nome e prega per la vittoria sugli Ittiti a Qadesh!”
Ciò detto si porta il dito alla bocca con la quale da una regal ciucciata (12b). Olè. E ci siamo inventati IL FARAONE DI BRAM STOKER. Ma non era Dracula? Ma sì, faraone, Dracula, cosa vuoi che sia. Tutti dettagli storici di cui non importa a nessuno.
(13) Dopo la (finta) battaglia di Qadesh i due principi si parlano. Mosè cerca di sdrammatizzare la faccenda di aver salvato Ramesse in battaglia. Questi, a causa di una profezia, l’ha invece presa molto male. Quando i due si vedono Ramesse è in compagnia di un serpente che posa per prenderne un altro (13a), estrargli il veleno facendogli mordere i bordi un calice (13b), per poi dichiarare serenamente che un po’ di veleno fa bene alla salute.
Evidentemente a Menfi (che poi doveva essere Tebe) andavano di moda i TOXICSPRITZ con pizzette, pistacchi e arachidi. Ci mancava solo più il mitridatismo. Scott ha davvero una fantasia sconfinata. La prima mynkios è il fatto che Ramesse prenda a mani nude un cobra che si è posto in posizione d’attacco (visto che ha le spire della testa completamente dilatate) e non come farebbe una persona normale aiutandosi con un bastone a forma di Y rovesciata. Ovviamente serve per drammatizzare la scena visto che ad uno spettatore comune normalmente vengono i brividi alla sola vista di ofidi. L’ANSA (2022) cita l’O.M.S. la quale conferma che ogni anno nel mondo 5,4 milioni di persone vengono morse da serpenti: di queste si stima che tra 1,8 e 2,7 milioni finiscano per essere avvelenate, e tra le 81.410 e 137.880 muoiano, mentre le disabilità permanenti sono tre volte tanto. Che Ramesse fosse un faraone lo sapevo, ma un domatore di serpenti non mi risulta e certamente Togni o Barnum potrebbero farci un pensierino per proporgli uno spettacolino tutto suo nei noiosi e sabbiosi fine settimana a Tebe. In ogni caso la mynkios non è tanto quella di prelevare l’ofide alla velocità della luce, quanto quella di bere il veleno come se fosse una tirata di coca dell’epoca. Scott ci prende per stupidi perché lui non sa che noi siamo a conoscenza che il veleno di un serpente (cobra compresi) di solito non è fatale a meno che non arrivi al flusso sanguigno o ai tessuti molli. Questo è il motivo per cui i serpenti hanno le zanne (e non i denti), in modo che possano forare la pelle e somministrare il veleno alle loro vittime direttamente nel flusso sanguigno. Io non sono un erpetologo, ma so che il veleno dei serpenti è una miscela di proteine che di solito vengono digerite nello stomaco umano rendendo il veleno innocuo. In conclusione: bere il veleno di un cobra sarà un’azione da MACHO, ma non procura una cippa lippa di niente. Caro Ridley Scott, sei un pirla e non ci hai fregato neppure questa volta!
Qual era l’altezza dei faraoni e delle regine nell’Antico Egitto?
La determinazione dell’altezza non si basa unicamente sulla misurazione delle mummie a noi pervenute ma anche su dei calcoli derivanti dalla lunghezza della tibia e del femore, correlata all’età alla morte.
Diversi fattori determinano l’altezza ma, tra di essi, i matrimoni tra consanguinei sembrano fornire un’influenza importante.
Un’analisi generale dei dati in nostro possesso rivela che i faraoni sono normalmente molto più alti delle regine. L’ipotesi predominante per questa differenza d’altezza è che le donne basse di statura fossero considerate più attraenti (Pawloski, Stulp).
In nessuna delle coppie reali la regina è più alta del faraone.
La mummia di Ramses I (foto National Geographic)
Una regina particolarmente alta, dall’analisi dei resti, fu Nefertari, che probabilmente raggiunse un’altezza di 165 cm. (Bianucci et al, 2015) Questo ne fece una donna più alta della media degli uomini del suo tempo ma Nefertari era sposata con uno dei faraoni più alti in assoluto, Ramses II, alto 173 cm quando morì a 90 anni e quindi sicuramente molto più alto in età giovanile.
Riporto qui sotto le altezze calcolate da Robins e Shute di alcuni faraoni e regine:
XVII – XIX Dinastia
Seqenenre Taa II: 171 cm
Ahmose I: 164 cm
Amhenotep I: 177 cm
Thutmose II: 165 cm
Tuthmose III: 171 cm
Amhenotep II: 170 cm
Thutmose IV: 165 cm
Amenhotep III: 160 cm
Scheletro della KV55 (Akhenaton?)167-168 cm
Tutankhamon: 169 cm
Seti I: 171 cm
Ramses II: 175 cm? Incerta
Merenpath: 171 cm
Seti II: 168 cm
Siptah: 167 cm
Di seguito l’altezza di alcune regine:
Ahmose-Nefertari (sorella-moglie di Amenhotep I): 161 cm
Hatshepsut: 153-155 cm
Tiye (moglie di Amenhotep III): cm 145,5
Younger Lady (madre di Tut): 158 cm
Fonte: Habicht E, MA, Henneberg M, PhD, Öhrström Lm, MD, Staub K, PhD, Rügli, FJ, MD, Appendix- The mummy Body Height of Pharaohs Supports historical Suggestion of Sibling Marriages, 2015. Academia