Gioielli, Mai cosa simile fu fatta, XIX Dinastia

I BRACCIALI DI RAMSES II

Di Grazia Musso

Oro e lapislazzuli, diametro massimo cm 7,2
Tell Bast (Bubasti), Tesoro scoperto nel 1906
Museo Egizio del Cairo – JE 39873 = CG 52575 – 52576

I bracciali furono scoperti insieme ad altri gioielli e ad alcuni vasi i oro e argento nel corso di lavoro di sterto per la costruzione di una massicciata della linea ferroviaria che passava sul sito di Tell Basta, l’antica Bubasti.

Soltanto alcuni oggetti giunsero al Museo Egizio del Cairo, altri furono venduti e si trovano oggi al Metropolitan Museum of Art di New York e al Museo di Berlino.

Dovevano far parte di una stipe votiva o del tesoro di uno dei Templi di Bubasti.

Il fatto che accanto alla chiusura siano incisi a sbalzo i cartigli Ramses II induce a considerare i due bracciali come un dono offerto dal sovrano in persona ( le dimensioni sono quelle del braccio di un uomo) alla divinità locale, Bastet.

Ogni bracciale è in oro ed è composto da due parti, unite da una cerniera.

La decorazione è realizzata a granuli ed è basata su motivi geometrici.

Nella parte superiore è rappresentata un’anatra, dalla doppia testa e con il collo rivolto all’indietro, il cui corpo è formato da un frammento di lapislazzuli opportunamente lavorato.

La coda del volatile è invece realizzata in oro e prevede anch’essa una decorazione geometrica a granuli.

La parte inferiore dei monili è costituita da 17 barrette parallele, alternativamente lisce o striate, unite attraverso un foglio d’oro nel lato inferiore.

I due bracciali sono il prodotto di un’ oreficeria raffinata che prosegue la tradizione artigiana nell’ ambito della quale erano stati realizzati i gioielli di Tutankhamon con cui possono essere eseguiti precisi riscontri.

La compattezza dell’insieme è movimentata dai due colli delle anatre che si staccano nettamente e con grazia a superficie del gioiello.

Il connubio tra oro e lapislazzuli, pietra derivante dai commerci conl’Afganistan, assai utilizzato nella gioielleria egizia, risulta ancora una volta felice e attribuisce estrema eleganza all’insieme.

Fonte:

Tesori Egizi nella collezione del Museo Egizio del Cairo – F. Tiradritti – fotografie Arnaldo De Luca – Edizioni White Star

Gioielli, Mai cosa simile fu fatta, XVIII Dinastia

ORECCHINO dalla tomba di Horemheb

Di Grazia Musso

Oro e paste vitree, diametro cm. 3,9, peso 17,8 g
Saqqara, tomba di Horemheb
Scavi della spedizione anglo-olandese diretta da G. Martin 1977
Probabilmente regno di Akhenaton
Museo Egizio del Cairo – JE 97864

L’orecchino qui illustrato è stato trovato a Saqqara, nella tomba che il generale Horemheb si fece costruire prima di diventare faraone.

Il gioiello, d’oro massiccio, reca al centro un’immagine finemente cesellata di un sovrano sotto forma di sfinge con la corona azzurra ornata da ureo, la barba posticcia è un largo collare usekh.

Due bande circolari, decorate con un motivo a “V”, che alterna oro e pasta vitrea azzurra, conservata solo in parte, circondano la sfinge.

Sui bordi dell’orecchio sono applicati piccoli anelli granulati fra i quali originariamente erano inseriti elementi cilindrici in pasta vitrea ; probabilmente i cinque anelli inferiori sostenevano dei pendagli.

Sulla cima del gioiello è saldata una lamina d’oro a forma di collare-usekh.

L’orecchino veniva fissato facendo passare, attraverso il lobo forato, una piccola vite infilata in due anelli di cui uno solo si è conservato.

Il profilo della sfinge evoca l’effige di Akhenaton ed è probabile che il gioiello risalga al suo regno o ai primi anni del regno di Tutankhamon.

Fonte

I tesori dell’antico Egitto nella collezione del Museo Egizio del Cairo – National Geographic – Edizioni White Star.

Gioielli, Mai cosa simile fu fatta, Medio Regno

LO SPECCHIO DI SIT-HATHOR-YUNIT

Di Grazia Musso

Da El Lahun, tomba di Sit-Hathor-yunit
XII Dinastia, regno di Amenemhat III
Argento, oro, ossidiana, pietre dure.
Altezza 28 cm.
Museo Egizio del Cairo
Scavi di Petrie 1914
JE 44820 = CG 52663

Nel tesoro della principessa, figlia di Sesostri II, si trovava questo specchio in argento.

Il prezioso manico in ossidiana , oro e pietre semipreziose, raffigura un papiro, fra lo stelo e l’umbrella aperta si incastona la testa aurea della dea Hathor.

Fonte

Antico Egitto di Maurizio Damiano – Electra

Gioielli, Mai cosa simile fu fatta, Medio Regno

LA COLLANA DELLA PRINCIPESSA KHNUMIT

Di Grazia Musso

Oro, cornaline, turchese, lapislazzuli – Lunghezza cm 35
Dahshur, complesso funerario di Amenemhat II
Tomba della principessa Khnumit
Scavi di Jacques De Morgan 1894
XII Dinastia, regno di Amenemhat II 1932-1898 a. C
Museo Egizio del Cairo, JE 31116 = CG 53018.

La tomba, della principessa Khnumit, scavata nel 1894, fu portata alla luce nell’area ovest della piramide reale.

Al momento del ritrovamento, gli elementi della collana erano sparsi sulle bende della mummia.

Questa bellissima collana è composta da due file di perline in oro tra le quali erano fissate dieci coppie di amuleti, posti simmetricamente ai due lati di una composizione di segni geroglifici in cui il segno della vita anks sormontato il segno hetep, che rappresenta una tavola di offerta.

Dal centro verso le estremità si riconoscono il segno user, simbolo di potenza, un’immagine di Anubi, la dea avvoltoio Nekhbet e la dea cobra Uadjet, simbolo della signoria sull’ Alto e Basso Egitto, il sistro hathorico, l’occhio sacro di Horus, il vasetto khenem, il pilastro djed, il segno sema indicante la trachea simbolo dell’ unità, l’ape simbolo del Basso Egitto.

Alla fine inferiore delle perline d’oro è applicata una serie di pendenti a goccia variopinti, mentre l’allacciatura della collana è costituita da due teste di falco.

Eccetto le due catenine, tutti gli altri elementi sono incastonati in pietre dure: turchese, lapislazzuli e cornalina che si alternano sul gioiello formando una ricercata e armoniosa composizione cromatica.

Fonte:

Tesori Egizi nella collezione del Museo del Cairo – Francesco Tiradritti – fotografie Arnaldo De Luca – Edizioni White Star

Gioielli, Mai cosa simile fu fatta, Medio Regno

LA COLLANA DI NEFERUPTAH

Di Grazia Musso

XII DinastiaRegno di Amenemhat III (1842-1794 a. C.)
Oro, cornalina , feldspato, pasta vitrea
Lunghezza 36,5 cm, Altezza 10 cm
Hauata, piramide di Neferuptah
Scavi del Servizio delle Antichità, 1956 – JE 90199.

La tomba inviolata della principessa Neferuptah, figlia di Amenemhat III, fu scoperta sotto una piramide di mattoni ridotta ad un cumulo di detriti a sud-est della piramide del padre.

All’interno del sarcofago di granito ne era stato collocato uno di legno che custodiva la mummia della principessa, ornata con un gran numero di preziosi gioielli.

La ricca collezione comprendeva gonnellini di perle, collane, anelli e bracciali eseguiti in oro e pietre semipreziose, secondo la raffinata tradizione orafa della XII Dinastia.

La collana usekh che decorava il petto della mummia rappresentava un tipo di ornamento molto comune nell’antico Egitto.

Le raffigurazioni parietali e le statue la mostrano spesso al collo di divinità, re, regine.

La funzione del monile non era puramente estetica, in quanto si riteneva che avesse anche valenze di allontanare o ad annullare un influsso magico maligno.

La collana è composta da sei fili alternati di perle tubolari di feldspato e cornalina, separati tra loro da piccole perle d’oro.

Il bordo inferiore è impreziosito da motivi a goccia intarsiati con feldspato, cornalina e pasta vitrea blu, delimitati in alto e in basso da due fili di perle d’oro disposte orizzontalmente.

Le estremità della collana terminano con due fermagli a testa di falco eseguiti in foglia d’oro sbalzata.

Da qui si di partono due fili di perle di cornalina e feldspato che giungono a una terza testa di falco simile alle precedenti, ma realizzata in scala ridotta.

Essa rappresenta il vertice del contrappeso manekhet, che doveva pendere dietro al collo e la cui composizione riprende il motivo della parte frontale della collana, essendo costituito da un’alternanza di fili di perline in cornalina e feldspato, di lunghezza crescente dall’alto verso il basso, separati da rigide barrette d’oro.

Il bordo inferiore del contrappeso termina con dieci pendenti di cornalina a forma di goccia.

Le tre teste di falco conservano ancora al loro interno tracce di argento che indicano l’originaria presenza di un nucleo di tale materiale perforato a cui erano fissati i numerosi fili di perle della collana.

La collana al Museum of Egyptian Civilization – Foto Mohamed Mostafa

Fonte:

Tesori egizi nella collezione del Museo Egizio del Cairo – Francesco Tiradritti – foto Arnaldo De Luca – Edizioni White Star

Gioielli, Mai cosa simile fu fatta, Medio Regno

IL PETTORALE DI AMENEMHAT III

DENTRO IL CAPOLAVORO

Di Franca Loi

La placca quadrangolare è larga 10,5 cm e alta 7,9 cm. La lavorazione del gioiello è a giorno, le parti davanti composte da intagli di cornalina, lapislazzuli, turchese e faience incastonati in un leggero cloisonne’; il retro è decorato con la tecnica del repousse’, un’incisione sulla placca d’oro che rende i dettagli delle figure.

La scena è inquadrata in una cornice architettonica, delimitata da colonne, terminante in alto in una struttura a tabernacolo o a cappella.

La classica scena propagandistica dell’abbattimento del nemico asiatico da parte del re è sovrastata dalla dea avvoltoio Nekhbet ad ali spiegate, qui designata come signora del cielo e governatrice delle Due Terre. La dea tiene tra le zampe i simboli della vita ankh e della stabilità djed, che offre al sovrano.

Il pettorale è completato da una collana formata da lunghe perle a goccia in cornalina e Lapislazzuli, alternate a sferette d’oro.

L’asse di simmetria dell’intera composizione è il nome del re, detto Dio perfetto, signore delle Due Terre e di tutti i paesi stranieri; di fianco alla titolatura compaiono due cartigli di Amenemhat III Nimaatra.

Anche la scena è duplicata in modo speculare rispetto all’asse centrale. Il re è scalzo e trattiene in una mano una ciocca di capelli del nemico inginocchiato davanti a lui, mentre nell’altra brandisce una mazza Bianca. Il re porta la parrucca ibes, legata dietro la nuca, e veste un grembiule con davantino a strisce orizzontali e un corpetto sostenuto da una bretella, anch’ essa a righe. Il nemico genuflesso è barbuto e designato come beduino asiatico, nell’atto di consegnare le armi al re vittorioso. Alle spalle del faraone due segni ankh muniti di braccia sventolano grossi ventagli, in segno di protezione”.

Pettorale d’Amenemhat III Incisione del 1894.
Statua del Louvre con pettorale
Varietà di gioielli tra cui il pettorale di Amenemhat III

Fonte:

  • LA STORIA DELL’ARTE-LE PRIME CIVILTÀ-ELECTA
  • ARALDO DE LUCA
  • Wikipedia
Gioielli, Mai cosa simile fu fatta, Medio Regno

IL DIADEMA DELLA PRINCIPESSA KHNUMIT

Di Grazia Musso

XII Dinastia – Oro, pietre dure e pasta vitrea
Circonferenza 64 cm
Dahshur, complesso funerario di Amenemhat II, tomba di Khnumit.
Scavi di Jacques De Morgan ( 1894)
Museo Egizio del Cairo CG 52860

Il prezioso diadema, appartenuto alla principessa Khnumit, è costituito da otto elementi decorativi orizzontali e da altrettanti verticali, che si alternano creando un equilibrato gioco di forme.

La tecnica usata per la sua fabbricazione è il cloisonneé, che ha consentito di intarsiare le pietre e le paste vitree colorate nel supporto d’oro che costituisce la struttura del diadema.

Ogni elemento orizzontale si sviluppa intorno a una rosetta il cui nucleo di cornalina è ircondato da quattordici petali di turchese su fondo di lapislazzuli.

Ciascuna di esse è affiancata da due elementi a forma di lira, ornati con piccoli intarsi di cornalina, lapislazzuli e turchese a forma di foglie.

Dalle anse spuntano quattro fiori stilizzati, due di cornalina e due di lapislazzuli, che consentono l’unione con la rosetta centrale.

I singoli elementi verticali del diadema sono formati da una rosetta su cui è fissato l’ornamento a lira sormontato da due fiori in cornalina e due in lapislazzuli e i cui intarsi hanno la forma di segmenti a lisca di pesce.

L’unione delle varie parti che compongono il diadema è ottenuta per mezzo di piccoli nastri d’oro fissati tramite unchiodo alle rosette degli elementi che le affiancano.

L’interno è completamente d’oro ed è cesellato a imitazione dei pregiati intarsi che ne ornano la superficie esterna.

Il diadema era originariamente fornito da due fregi che sono stati ritrovati vicino e che dovevano essere fissati sulla fronte e sul retro per impreziosirlo.

Il primo è costituito da un piccolo tubo d’oro di diametro decrescente, sul modello di un ramo d’albergo al quale sono state unite leggere foglie d’oro e fiori composti da perle di cornalina, lapislazzuli e oro incastonate nell’argento.

Questo ornamento, molto fragile, era inserito in un alveolo posto all’interno del diadema, fu rinvenuto in cattivo stato di conservazione.

Il secondo fregio rappresenta un’avvoltoio, emblema della dea Nekhbet, ad ali spiegate, he stringe negli artigli shen, simbolo di rinascita.

La schiena e le lunghe ali ricurve sono ricavate da un’unica placca d’oro finemente cesellato per imitare le piume, mentre la testa, il corpo e le zampe, eseguiti a parte, sono saldati in un secondo tempo.

Gli occhi dell’avvoltoio sono intarsiati con l’ossidiana e gli anelli shen con piccole perle di cornalina.

Fonte

Tesori Egizi nella collezione del Museo Egizio del Cairo – Francesco Tiradritti – fotografie Arnaldo De Luca – Edizioni White Star

Gioielli

I GIOIELLI A FORMA DI SERPENTE

Di Luisa Bovitutti

Getty museum – Los Angeles; tolemaici, da Alessandria

I gioielli a forma di serpente sono del tutto estranei alla cultura egizia e all’epoca faraonica in senso stretto: essi infatti apparvero nell’Asia occidentale a partire dall’VIII secolo a.C. circa, si diffusero in Grecia nel V secolo a.C. dove erano estremamente apprezzati e arrivarono in Egitto con i Tolomei, che, non dimentichiamolo, erano greci, o meglio macedoni, in quanto discendenti di Tolomeo, uno dei generali di Alessandro Magno che dopo la morte del suo comandante governò l’Egitto, proclamandosene sovrano nel 305 a.C. e fondando la dinastia che da lui prende il nome.

Museo del Cairo – tolemaico / romano – da Tukh el Karamus

I Tolomei regnarono fino al 30 a.C., cioè fino alla conquista romana e alla morte di Cleopatra VII, e pur rispettando la religione degli egizi ed adottando usi e costumi propri degli antichi faraoni contribuirono alla diffusione della civiltà greca nel mondo mediterraneo concedendo ai propri veterani terreni agricoli affinché si stanziassero in loco.

Venduto da Christie’s -tolemaico

Nell’arco di cento anni i matrimoni misti avevano prodotto un’ampia classe istruita greco-egiziana e dalla fusione tra le due culture aveva dato origine alla civiltà detta «ellenistica», che fu modello per altre culture in campo filosofico, economico, religioso, scientifico ed artistico.

Getty museum – Los Angeles; Tolemaico

Nelle immagini, una serie di gioielli serpentiformi di epoca tolemaica e romana

Louvre – Parigi; dominazione romana

BRACCIALE SERPENTE IN ORO

A cura di Giusy Antonaci

The J. Paul Getty Museum Collection

I braccialetti a spirale a forma di serpenti erano molto popolari nel periodo ellenistico.

In questo singolo esempio a spirale, la testa del serpente si gira bruscamente dal corpo, come se colpisse, e gli occhi di vetro intarsiato aggiungono vivacità all’effetto.

Età Tarda, Gioielli

IL COLLARE DELLA MOGLIE DI SHEBITKA

Di Patrizia Burlini

Uno straordinario collare che sembra appena uscito da un atelier d’alta moda.

Apparteneva ad una regina sconosciuta del re nubiano Shebitka, periodo Napata, 723-698 b.C.

Realizzato in elettro (lega di oro e argento ), è un collare a cerniera in lamiera con bordi decorati internamente ed esternamente con filo perlato. Al centro è applicata una figura di divinità alata in ginocchio che porta un disco solare. Al centro della schiena c’è uno scarabeo. Su ciascun lato vicino alla parte posteriore, c’è una cerniera con il perno ancora presente.

Diam. 17 cm

Trovato al El-Kurru Sudan, nel 1919 in una campagna di scavi condotta dalla Harvard University e il MFA di Boston a cui è stata assegnata nel 1921.

Purtroppo non è in esposizione.

https://collections.mfa.org/objects/143573

Donne di potere, Gioielli

LA COLLANA DI TAUSERT

A cura di Luisa Bovitutti

 METà AL CAIRO E METà A NEW YORK!

Nella “tomba d’oro” (KV56) furono trovati anche le sferette e gli elementi decorativi che componevano una delicata collana della regina Tausert; essi sono stati realizzati in filigrana, saldando anellini di filo d’oro nelle forme desiderate; ogni sferetta è costituita da ben dodici anellini.

In base alla normativa che disciplinava la divisione dei reperti tra l’Egitto ed il finanziatore degli scavi, metà di essi rimase al Museo del Cairo, mentre l’altra metà fu attribuita a Davis, che la donò al Metropolitan Museum di New York.

Due motivi decorativi finirono non si sa come sul mercato antiquario e furono acquistati a Luxor da Lord Carnarvon; nel 1926 la sua vedova, Lady Almina, li vendette al Metropolitan.

Nell’impossibilità di sapere come fosse l’originaria composizione del monile, i due musei riassemblarono gli elementi in modo differente.

Nelle foto: a sinistra la collana di New York, a destra quella del Cairo