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LA STATUARIA

MUSEO NAZIONALE DELLA CIVILTA’ EGIZIANA

Comincio col proporvi una carrellata delle statue più significative esposte al museo.
Le foto sono state scattate da mia figlia Silvia Vitrò.

Hapi lo Scriba, supervisore del tempio di Amon-Ra a Karnak – da Karnak – arenaria – regno di Seti I / Ramses II.

Thutmosis III – da Karnak – granito nero- XVIII dinastia. Thutmosis III fu uno dei più grandi re guerrieri dell’Antico Egitto e un condottiero dotato di genio militare unico. Le sue battaglie campali e le operazioni di guerra da lui compiute fecero dell’Egitto una grande potenza nel mondo antico. Egli creò un grande impero che si estendeva dall’Eufrate a nord fino alla Quinta cataratta a sud. Inoltre commissionò molti progetti architettonici ed eresse templi nel Delta, a Menfi, a Karnak e ad Assuan. Didascalia del museo.

Il re Merenptah e la dea Mut – XIX dinastia – granito rosso.
E’ una delle tre statue di Merenptah recentemente rinvenute a sud di Mit Rahina, l’antica città di Menfi. La statua mostra il re stante insieme a Mut, la dea di Tebe, patrona del potere reale e consorte di Amon Ra, il re degli dei.

Sfinge di epoca tolemaica – calcare – non si sa chi rappresenti – da Kom Ombo. Come è noto, piccole sfingi venivano collocate davanti ai templi a fini protettivi.

Sfinge di Amenemhat III – XII dinastia – da Hawara – granito nero.
La Sfinge simboleggia il re in trono ed il dio Shu, che controlla i confini dell’universo ed era spesso raffigurato come un leone accucciato. Questa è una delle Sfingi di Amenemhat III che fiancheggiavano la strada processionale di fronte al grande tempio di Hawara. Didascalia del museo

Statua di Pen-Menkh, alto dignitario e governatore di Dendera, capitale del VI nomo dell’Alto Egitto, arenaria granitica, 1′ sec. a. C.. Pen-Menkh era contemporaneo di Cleopatra VII e quindi visse nel travagliato periodo della conquista dell’Egitto da parte dei Romani. Egli fu anche delegato reale e sacerdote di Hathor e di Horus.
Questa statua si colloca temporalmente alla fine dell’età ellenistica, ed è un esempio significativo dell’intervenuta fusione tra i canoni artistici egizi (evidenti nel corpo della statua ed in particolare nelle braccia), e quelli greci, che caratterizzano maggiormente la testa.

FONTE: https://mainlymuseums.com/…/the-national-museum-of…/
Fotografia di Merja Attia, a questo link: https://www.flickr.com/…/52772129441/in/photostream/ 

Paser porta una tavola d’offerte con una testa di ariete, simbolo del dio Amon Ra, signore di Karnak. Statua in granito nero rinvenuta nella cachette del tempio di Karnak (CG 42156 / JE 37388). Paser visse durante i regni di Seti I e Ramses II e rivestì un ruolo di grande prestigio conquistando i titoli di “unico compagno del re”, “supervisore del palazzo reale”, “governatore di Tebe” e “delegato per la ricezione dei tributi” dai popoli stranieri sottomessi. Ramses II gli conferì i titoli di “giudice”, di “portatore del sigillo” e di “vicerè di Nubia”, dove curò la costruzione del tempio di Abu Simbel; fu altresì elevato al rango di “sommo sacerdote di Amon” e di “supervisore del tempio di Karnak” (e delle sue immense ricchezze). Egli morì nel 25′ anno di regno di Ramses II e fu sepolto nella TT106 a Sheikh el Gurna; ebbe l’onore di essere rappresentato in un grande numero di statue, molte delle quali giunte fino a noi. Fotografia di Merja Attia a questo link:
https://www.flickr.com/photos/130870_040871/52588560719 

Questa statuetta di prigioniero inginocchiato è esposta nel museo accanto ad altre due, ed mi ha parecchio incuriosita, perchè non avevo mai visto prima simili reperti.
Gli Egizi amavano raffigurare i nemici sconfitti, che venivano dipinti sulle suole dei sandali del re, sui suoi poggiapiedi, sul pavimento della sala del trono, per evidenziare la sua predestinazione ad essere il padrone del mondo e per intimidire le delegazioni dei governanti stranieri che venivano a rendergli omaggio.
Queste statuette risalgono alla XIX dinastia, potevano essere realizzate con vari materiali e venivano utilizzate nell’ambito di rituali che si svolgevano nei templi perché gli dei proteggessero il Sovrano e la terra d’Egitto dai loro nemici.
Le statuette venivano iscritte con incantesimi, quindi venivano legate con corde e bruciate, simboleggiando la supremazia del Faraone, destinato ad essere vittorioso nelle sue campagne militari.

FONTI:
https://ivypanda.com/…/captives-statuettes-of-ancient…/, sulla base della seguente bibliografia:
Ikram, Salima. Antico Egitto: un’introduzione. L’Università americana del Cairo Press, 2009.
Silverman, David P. Antico Egitto. Stampa dell’Università di Oxford, 2003

Statua in arenaria di Akhenaton, dal grande tempio di Aton da lui edificato a Karnak nei primi cinque anni del suo regno, prima di trasferirsi a Akhetaton e di abbandonare il nome di Amenhotep IV. Il tempio, denominato Gem-pa-Aton (Incontro con Aton), misurava 130 m x 200 m, era orientato a est e comprendeva un lungo cortile circondato da portici e decorato con statue del faraone alte fino a 5 m., una delle quali è proprio questa al NMEC.
Esso fu demolito dai suoi successori, che vollero cancellare il sovrano eretico dalla storia, e oggi ne restano solo poche tracce in loco oltre a 600.000 piccoli cubi in calcare incisi e dipinti chiamati talatat, che furono utilizzati come mattoni da costruzione al posto dei grandi blocchi di pietra.
I talatat sono sopravvissuti fino a noi perchè furono riutilizzati da Horemheb per il riempimento del II e del IX Pilone di Karnak, da Ramses II per la realizzazione della Sala Ipostila, del Pilone e di alcune costruzioni esterne al Tempio di Luxor; da Nectanebo I e dai Tolomei per edificare i loro monumenti in diverse zone dell’Egitto.
A differenza di quanto avveniva nel passato, quando i sovrani venivano sempre idealmente rappresentati come giovani, prestanti e bellicosi, in questo periodo Akhenaton si fece raffigurare in modo realistico, quasi grottesco: nelle statue provenienti dal Gem-pa-Aton e quindi anche in questa ha il ventre sporgente, i fianchi larghi, il seno quasi femminile e un viso scarno ed allungato, con labbra carnose ed occhi a mandorla.
Essa è esposta al museo appoggiata al muro, come doveva essere nella realtà, e di fianco sono stati affissi due pannelli recanti l’Inno ad Aton, la cui redazione è attribuita allo stesso sovrano, che loda il sole come fonte di vita per tutte le creature viventi.
FONTI: https://egittophilia.freeforumzone.com/…/discussione.aspx

Il Dio Khonsu con le fattezze di Tutankhamon, statua in granito rinvenuta a Karnak; per maggiori informazioni guardate sul nostro sito ai seguenti link:https://laciviltaegizia.org/2020/12/26/statua-di-khonsu-con-i-tratti-di-tutankhamon/ e https://laciviltaegizia.org/2022/05/07/khonsu-o-khonshu-chi-era-costui/

Rilievo su granito raffigurante Ramses III (XX Dinastia) che offre una statuetta della dea Maat, che rappresenta l’ordine cosmico e la giustizia. L’immagine del re che offre la Maat simboleggia il suo buon governo.

Statua cubo che rappresenta Senenmut con Neferura, figlia di Hatshepsut, della quale fu precettore. Maggiori informazioni su Senenmut si trovano ai seguenti link del nostro sito: https://laciviltaegizia.org/2021/01/02/senenmut-il-grande-architetto/

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IL MUSEO NAZIONALE DELLA CIVILTA’ EGIZIANA

Oggi è una giornata di quasi relax, dedicata al Museo della Civiltà egiziana, che non abbiamo mai visto; il moderno edificio che lo ospita sorge a Fustat, che oggi fa parte del centro storico del Cairo e in passato, quando era una città indipendente, fu la prima capitale islamica dell’Egitto dopo la conquista degli arabi avvenuta nel 641 d.C..

Esso è stato progettato nel 2002 dall’architetto egiziano El Ghazzali Kosseiba, mentre gli spazi espositivi sono opera dell’architetto giapponese Arata Isozaki; è stato ufficialmente inaugurato il 3 aprile  2021 dal presidente Al-Sisi dopo la traslazione solenne delle mummie di 18 faraoni e 4 regine dal Museo di Piazza Tahrir, nel corso dell’evento noto come “parata d’oro dei Faraoni”.

La collezione permanente, che comprende numerosi capolavori prelevati da altri musei egiziani, si estende su di una superficie di 25.000 metri quadrati ed è divisa in due aree separate, nelle quali i reperti sono esposti secondo criteri differenti.

Nella prima zona i reperti sono esposti con un criterio cronologico, in base all’epoca: arcaica, faraonica, greco-romana, copta, medievale, islamica, moderna e contemporanea; la seconda, invece, è organizzata in modo tematico, con bacheche dedicate agli  Albori della civiltà, al Nilo, agli Scritti ed al pensiero, allo Stato ed alla società, alla Cultura dei materiali, alle Credenze ed al pensiero; al piano inferiore è stata allestita la suggestiva Galleria delle mummie reali.

L’esposizione si trova in un grande e luminoso open space con display a muro che proiettano filmati esplicativi e bacheche di cristallo, nelle quali i vari oggetti sono ben visibili grazie a supporti in plexiglass; purtroppo mancano le didascalie esplicative di molti reperti.

Certamente questo museo non è paragonabile a quello di piazza Tahrir per ricchezza e magnificenza, tuttavia l’ho trovato molto interessante: le sue ridotte dimensioni consentono di visitarlo con calma e di farsi un’idea chiara dell’evoluzione della civiltà egizia nel corso dei millenni: è una specie di “bigino”, utilissimo per chi in seguito visiterà i siti archeologici. 

La scelta dei manufatti, poi, è stata compiuta in modo oculato: non “fondi di magazzino”, ma pezzi significativi e pregevoli, che nell’immensità del vecchio museo egizio potevano sfuggire allo sguardo  del turista medio e che qui invece trovano degna valorizzazione. 

Mia figlia ed io abbiamo scattato innumerevoli fotografie, approfittando del fatto che non vi era una grande folla; nei prossimi post ve le mostrerò, e visto che alcuni reperti sono già stati esaminati nel nostro gruppo, vi darò i riferimenti per accedere ad informazioni più dettagliate.

Al piano inferiore del museo sorge la Royal Mummies Hall che espone le mummie reali meglio conservate (mancano, ad esempio, quelle di Amenhotep III e della KV55 completamente scheletrizzate, mentre quella di Ahmose I e di Ramses I sono rimaste al museo di Luxor); tutta l’area, con pareti e pavimenti neri, è illuminata con una morbida luce soffusa che crea un’atmosfera sacrale; quasi ogni sovrano ha uno spazio espositivo individuale, talvolta leggermente  abbassato rispetto al piano del pavimento per simulare la tomba, nel quale è stato collocato anche il sarcofago.

Pannelli esplicativi forniscono le informazioni essenziali per contestualizzare ogni mummia e per garantire il rispetto e la dignità di coloro che prima ancora di essere grandi del passato sono stati esseri umani è assolutamente vietato scattare fotografie ed i sorveglianti fanno sì che  venga mantenuto il silenzio.

A me queste mummie suscitano una grande deferenza, e trovo emozionante vedere con i miei occhi i tratti somatici di questi personaggi che hanno fatto la storia (nel fornito negozio del museo ho acquistato un bel libro su di loro ed un altro di Aidan Dodson sulle dinastie egizie); peraltro so che molti ritengono che si debba rispettare il sonno eterno dei Faraoni, evitando di mostrarne al pubblico i resti mortali come se fossero oggetti.   

Non v’è dubbio, tuttavia, che grazie all’esposizione i sovrani del passato sono ancora oggi destinatari degli omaggi dei moltissimi visitatori, sopravvivono nella memoria collettiva continuamente rinnovata ed in fondo raggiungono l’eternità alla quale avevano anelato.

https://it.wikipedia.org/wiki/Museo_nazionale_della_Civilt%C3%A0_egiziana

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IL VILLAGGIO E LA NECROPOLI DEI COSTRUTTORI DELLE PIRAMIDI

Il villaggio dei costruttori delle piramidi – dal web

Transitando lungo la strada, nella zona a sud-est della Sfinge, vediamo, purtroppo solo da lontano, l’area del villaggio e della necropoli dei costruttori delle piramidi, inaccessibile al pubblico e così come le mastabe mai inserita nei programmi di visita dei tour operators.

Riesco a fotografare un gruppo di tombe e mi devo accontentare di documentarmi sul sito, il cui valore storico ed archeologico è immenso, in quanto il suo ritrovamento ha costituito una prova incontrovertibile del fatto che le piramidi sono frutto dell’ingegno e della fatica dell’uomo, e non l’eredità di esseri superdotati giunti dallo spazio in epoche remotissime.

La necropoli dei sorveglianti – foto mia

Esso non ha nulla della magnificenza dei monumenti destinati ai sovrani ed all’élite ma offre uno spaccato molto significativo della vita delle persone comuni dell’epoca, il cui ricordo è sopravvissuto allo scorrere dei secoli per aver partecipato alle più grandi imprese architettoniche del loro tempo e per aver condiviso con il sovrano la sacralità del luogo di sepoltura.

In merito al villaggio, si veda sul nostro sito il bel post di Ivo Prezioso a questo link https://laciviltaegizia.org/…/lorganizzazione-dei…/.

Quanto alla necropoli, vi offro brevi cenni: essa ospitava gli abitanti del villaggio, ossia gli artigiani specializzati e gli operai che nel corso della IV dinastia offrivano stabilmente la loro opera nel cantiere delle piramidi ed i loro supervisori (erano quindi esclusi i lavoratori “stagionali”, verosimilmente contadini che lavoravano a tempo determinato per il periodo della piena del Nilo, quando i campi non potevano essere coltivati).

La necropoli dei sorveglianti – foto mia

La necropoli sorge lungo un pendio; la parte inferiore contiene circa seicento tombe per gli operai che trasportavano i blocchi di pietra (i cui scheletri portano i segni di tale lavoro massacrante) ed una sessantina più grandi, forse destinate ai sorveglianti; sono semplici fosse rettangolari scavate nella roccia della misura di m. 1 x 0,5 nella quale i defunti venivano deposti senza mummificazione e coperti o con piccole cupole, o con mastabe in miniatura dotate di cortiletti e false porte in pietra o stele sulle quali sono incisi i nomi e i titoli del defunto, o con tetti a due falde oppure organizzate in alveari.

Talvolta in una nicchia rettangolare pertinente ad una piccola mastaba di mattoni di fango (un minuscolo serdab?) si trovano figurine di pietra che rappresentano una famiglia di lavoratori o un componente di essa intento alle sue quotidiane occupazioni: una donna che macina il grano, un vasaio, un macellaio, un birraio od un fornaio.

Nella parte superiore della necropoli si trova un’area con quarantatre altre tombe più grandi e più elaborate, destinate ai dirigenti come il “sorvegliante del lato della piramide”, il “direttore dei disegnatori”, il “sorvegliante della muratura”, il “direttore dei lavoratori” e l'”ispettore degli artigiani”, il “direttore dell’opera del re”.

Alcune sono completamente scavate nella roccia, altre sono abbellite da una facciata in pietra, altre ancora hanno l’aspetto di una mastaba costruita in calcare e mattoni di fango ed impreziosita con scarti dei materiali pregiati recuperati nel cantiere (granito, diorite, basalto).

In ragione del più elevato status sociale dei defunti in esse inumati, i manufatti, le statue, le false porte dipinte ed i testi sono di qualità superiore rispetto a quelli delle sepolture rinvenute più in basso.

La necropoli dei sorveglianti – foto mia

A questo link troverete un bel filmato in italiano sul villaggio e sulle tombe dei costruttori delle piramidi, pubblicato su Youtube dal nostro amico Ahmed Galal.

https://www.google.com/search…

FONTI

https://djedmedu.wordpress.com/…/giza-aperte-al…/

https://djedmedu.wordpress.com/tag/villaggio-degli-operai/

https://www.pyramid-of-giza.com/it/necropoli-giza/

https://ilfattostorico.com/2010/01/11/nuove-tombe-a-giza/

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LA MASTABA DI SESHEMNEFER IV

La mastaba prima del restauro

Sotto il rovente sole del mezzogiorno ci soffermiamo nel Cimitero sud a visitare la Mastaba di Seshemnefer IV (IV perchè ci sono quattro mastabe appartenenti ad altrettante persone con lo stesso nome), contrassegnata dalla sigla LG 53 – Lepsius Giza 53 -, a quanto pare l’unica aperta al pubblico.

La mastaba così come si presenta oggi. Foto di Emily M. Wilson

Seshemnefer era un dignitario vissuto nei primi anni della VI dinastia, capo dell’harem reale e, come si desume dai molteplici titoli onorifici conferitigli, uomo di fiducia del sovrano.

La mastaba sorge ai piedi della grande piramide, ed era in origine decorata con i bellissimi rilievi tipici delle tombe dei potenti della fine dell’Antico Regno: scene di vita quotidiana (il raccolto del grano, la vendemmia, la caccia, l’allevamento del bestiame) ed altre più specificamente funerarie (la macellazione di un bovino destinato al sacrificio e una processione di servi che portano offerte davanti ad una statua del defunto).

Rilievi nell’intradosso a sinistra della porta d’ingresso nella mastaba – foto di Silvia Vitrò

Purtroppo questi rilievi, nel XIX secolo ancora in discreto stato di conservazione, furono staccati dai muri e portati al museo di Berlino da Lepsius (2 frammenti) ed al Roemer und Pelizaeus Museum di Hildesheim da Junker (5 frammenti), dove si trovano tuttora.

Rilievi nell’intradosso a sinistra della porta d’ingresso nella mastaba che si sono conservati solo nel registro inferiore – il personaggio del quale si nota la veste è il defunto di dimensioni eroiche (si notino gli altri personaggi rappresentati di piccole dimensioni). foto di Silvia Vitrò

La facciata della mastaba, pesantemente ricostruita, è analoga alle altre di Giza ed è caratterizzata da un piccolo portico sorretto da due colonne, fiancheggiate da due statue del defunto seduto (recano iscritto il suo nome ed un titolo onorifico – smr watj sSmnfr – unico compagno Seshemnefer) e da due bassi obelischi; l’intradosso della porta reca ancora modesti rilievi ed una grande immagine del defunto, del quale sopravvive solo la parte inferiore dell’abito.

L’interno della cappella è costituito da un’anticamera e da pochissime stanze laterali completamente spoglie. L’unico aspetto vagamente interessante è dato dall’ingresso della camera funeraria, posta nel sottosuolo poco oltre l’ingresso, in corrispondenza di una falsa porta (per maggiori informazioni sulla falsa porta, guardate il nostro sito al seguente link: https://laciviltaegizia.org/2022/07/06/la-falsa-porta-lingresso-per-laldila/

La falsa porta ed il pertugio che immette nella camera sepolcrale – foto di Silvia Vitrò

Mi sono per un momento sentita Indiana Jones, perchè l’apertura che permette di raggiungerla è uno stretto buco scavato nel terreno nel quale bisogna infilarsi, ma le emozioni finiscono qui; essa conserva solo un mastodontico sarcofago in pietra nera senza iscrizioni.

L’enorme sarcofago in pietra. Foto di Silvia Vitrò

Se si considera anche il fatto che la mastaba era affollatissima, non vale il tempo della visita: essa è tutto sommato insignificante, soprattutto se paragonata ad altre coeve che si trovano a Giza ed a Sakkara.

A Giza infatti si trovano, ad esempio quelle della regina Meresankh III moglie di Chefren (guardatela sul nostro sito a questo link https://laciviltaegizia.org/…/la-mastaba-della-regina…/), del funzionario della VI dinastia Idu, del suo contemporaneo Merynefer detto Qar ed infine di Irakuptah, sacerdote e Capo dei Macellai della grande casa” durante la V dinastia (sul nostro sito a questo link: https://laciviltaegizia.org/…/07/04/la-tomba-di-irakuptah/) che si differenziano tuttavia parecchio da quella di Seshernefer, il cui programma decorativo, come potrete verificare dalle immagini dei frammenti di Hildesheim e Berlino che ho trovato e pubblicato, era molto più simile a quello delle sepolture di Sakkara, di cui parlerò nei prossimi post.

Offerte di incenso e carne alla statua di Seshemnefer IV (Hildesheim – Inv. n. 3190).
Il defunto è rappresentato in piedi, tendente alla pinguedine; è certo che si tratti di una statua in quanto spalle e braccia sono di profilo; se fosse stato Seshemnefer in persona le spalle sarebbero state mostrate di fronte. In effetti il testo recita “statua dell’unico amico, Seshemnefer” ( twt-r-ankh smr-watj sSm-nfr). Nella parte superiore del rilievo, l’amministratore Mer-r-ri ( jmj-rA pr mrrj) in qualità di sacerdote funebre, solleva il coperchio del vaso in modo che il profumo dell’incenso possa raggiungere il naso della statua. Dietro di lui c’è un secondo servo che regge un papiro con le formule da recitare, ora scomparso. Sotto, un altro servitore porta una coscia di bovino.
Il frammento proveniente dalla mastaba è in calcare ed è alto 70,3 cm, largo 78,3 cm e profondo 10 cm. Foto Alamy Stock

La caccia agli uccelli con la rete (Hildesheim – Inv. n. 3193). Foto di Einsamer Schutze. I cacciatori tendevano la rete e si nascondevano in attesa che gli uccelli vi si posassero; al segnale del loro capo tiravano le funi a cui era assicurata ed essa, grazie ad un meccanismo che non si conosce, si chiudeva a portafogli ed intrappolava i volatili.
Macellazione di un manzo (Hildesheim, Inv. N. 3194) Un uomo tiene il manzo per le corna mentre un altro (non visibile) lo fa cadere tirando la corda che gli lega le zampe anteriori e dandogli un calcio su una delle zampe posteriori. Foto di Einsamer Schutze
Il raccolto (Hildesheim, Inv. n. 3191?.
Nel registro centrale i mietitori raccolgono il grano con falci a mano sotto gli occhi di un sorvegliante armato di bastone, che si trova in piedi a destra. Nel registro inferiore i sacchi di grano caricati sugli asini vengono trasportati al granaio e i due uomini sulla destra lo accumulano all’interno. Il rilievo è in pietra calcarea ed è alto 84,5 cm, largo 100,5 cm e profondo 10,5 cm.. Foto di Einsamer Schutze

FONTI:

http://giza.fas.harvard.edu/ancientpeople/760/full/

http://giza.fas.harvard.edu/objects/54749/full/#people

https://en.wikipedia.org/wiki/Mastaba_of_Seshemnefer

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L’INTERNO DELLA PIRAMIDE DI MICERINO

Il lato nord della piramide di Micerino, con ancora in loco i primi corsi del rivestimento in calcare bianco di Tura; sulla sinistra la scaletta che porta all’ingresso del monumento, proprio sotto la grande breccia aperta dagli ottomani.

La piramide di Micerino misura 103 m. di lato e 62 m. in altezza ed è quindi grande solo un decimo rispetto a quella di Cheope; nonostante ciò essa era un vero gioiello, in quanto fu costruita con blocchi di dimensioni maggiori ed era rivestita almeno per la parte inferiore di granito rosso di Assuan, una pietra pregiata, molto dura da lavorare e che veniva cavata a più di 850 Km dalla capitale.
Oggi rimangono solo alcuni tra i corsi più bassi del rivestimento, il cui saccheggio cominciò già dal V secolo d. C. e continuò fino al XIX secolo, quando Mohammed Ali Pasha se ne servì per costruire l’arsenale di Alessandria (e dire che è considerato il padre dell’Egitto moderno!!!!).Sul lato nord i corsi rimasti sono in blocchi appena sbozzati di calcare bianco di Tura, la cui cava era molto più vicina a Giza; per questo si pensa che il sovrano sia morto prematuramente, costringendo il figlio Shepseskak, suo successore, a finire il monumento il più in fretta possibile, anche a scapito della qualità dell’opera, recuperando i materiali in una zona più comoda.

I blocchi del rivestimento rimasti non lisciati. Foto di Jon Bodsworth


Per questo, probabilmente, anche il tempio per il culto funerario del faraone defunto annesso alla piramide fu realizzato con mattoni a crudo che si deteriorarono velocemente tanto che oggi sopravvivono solo le fondamenta di pietra (per informazioni più dettagliate sulla piramide leggete l’articolo di Piero Cargnino a questo link: https://laciviltaegizia.org/2021/01/28/la-piramide-di-micerino/).

Disegno delle camere interne della piramide.


L’ingresso originario della piramide, che è quello che ancora oggi si utilizza, venne scoperto il 29 luglio 1837 dall’ufficiale britannico Richard William Howard Vyse e dallo studioso John Sea Perring.
I due non erano archeologi professionisti, e non andarono troppo per il sottile: entrarono nella breccia aperta nel 1196 da Uthman Ibn Yusuf, figlio del Saladino per cercare il leggendario tesoro del faraone e poi per tentare di recuperare i grandi blocchi da riutilizzare in altri edifici e da lì, continuando a farsi strada con l’esplosivo, trovarono il corridoio e l’entrata sul lato nord dell’edificio, a circa quattro metri dal suolo (per un bellissimo resoconto di tale impresa, si veda l’articolo al seguente link: https://analog-antiquarian.net/2019/04/26/chapter-8-menkaure-and-the-colonel/).

Il corridoio discendente che si incontra appena superato l’ingresso.

Oggi una scaletta moderna permette di immettersi nel basso corridoio discendente che conduce nel cuore della piramide: esso è rivestito di granito rosa, è lungo 32 metri, ha una pendenza di 26°, che costringe a camminare piegati o, ancora meglio, a percorrerlo come se si stesse scendendo una scala a pioli.
Pochissimi turisti si spingono fin qui, ed ancora meno si avventurano all’interno della piramide: noi abbiamo avuto la fortuna di essere soli lungo il tragitto fino alla camera sepolcrale (nella grande piramide – ora chiusa per lavori – e in quella di Chefren ci sono file ininterrotte di persone in entrata ed in uscita) e di apprezzare l’atmosfera solenne del luogo.
I riti funebri e la deposizione della mummia del sovrano nella tomba erano, come è logico, momenti di tristezza, ma nello stesso tempo segnavano la sua glorificazione definitiva, in quanto si riuniva agli dei e veniva assunto in cielo tra le imperiture Stelle Circumpolari, dove continuava a prendersi cura del suo popolo che continuava per secoli a mantenerne vivo il culto.
Il corridoio discendente arriva fino al basamento di roccia dell’altopiano nel quale è stato scavato il resto della parte ipogea della piramide e poi prosegue fino ad un piccolo locale rettangolare, in origine chiuso da uno sbarramento costituito da tre saracinesche di granito a caduta, avente il fine di precludere la strada ai profanatori.
Oggi sono ancora visibili gli alloggiamenti predisposti per le spesse lastre di pietra, a suo tempo frantumate dai ladri.

La zona delle saracinesche: sulla destra si nota una delle scanalature destinate ad ospitarle. Fotografie di Jon Bodsworth


Da qui il corridoio si allarga a m. 4 x 4, continua a scendere per 13 m. e sbuca in una stanza di m. 10,48 x 3,84 x 4 e poi in un vestibolo decorato con bassorilievi a “facciata di palazzo” ed in un successivo ampio corridoio quadrato.

La sala decorata “a facciata di palazzo”. Con questo termine si indica l’elemento architettonico e figurativo che rappresentava in maniera stilizzata la facciata del palazzo reale. Esso ha avuto origine in epoca protodinastica, quando veniva inserito nel serekht dei re (l'”antenato” del cartiglio) come simbolo del suo potere ed ancora oggi, a Saqqara, sono visibili, ampiamente restaurate, le mura del complesso piramidale che richiamano monumentali facciate con rientranze, nicchie e sporgenze. Analogo motivo si ritrova anche nelle false porte di uso funerario. Durante l’Antico Regno era utilizzato per la decorazione esterna dei sarcofagi reali, considerati la dimora eterna del Faraone, che avrebbe continuato così a “vivere” nell’interno del suo palazzo. 

L’ingresso del corridoio che conduce alla falsa camera sepolcrale.


Proseguendo dritti si entra in quella che sembra una camera sepolcrale (oggi definita “anticamera”), in quanto presenta al centro una fossa rettangolare atta ad accogliere il sarcofago ed in una parete si apre un corridoio cieco che sembra condurre all’esterno della piramide.
Forse questa stanza venne realizzata nella speranza di ingannare eventuali predatori, i quali, ritenendo di avere raggiunto la camera sepolcrale avrebbero potuto fermarsi: addirittura ho letto (ma non erano indicate fonti) che in queste false camere sepolcrali venivano collocati un modesto corredo funerario ed il cadavere di un poveraccio qualunque per salvaguardare l’integrità della mummia reale in caso di devastazioni.
Gli antichi invece continuarono a scavare e realizzarono un ulteriore corridoio in granito lungo 9 m., il cui ingresso si trova sul pavimento della stanza mascherato con lastre di pietra (oggi rimosse), che inizia in discesa, diviene poi orizzontale e sbuca nella camera funeraria, che viene così a trovarsi orientata sull’asse nord-sud.

La seconda parte del corridoio discendente


Essa ha le dimensioni di m. 6,60 x 2,60 x 3,40, è rivestita di blocchi di granito connessi con estrema precisione ed ha un soffitto a doppia pendenza, la cui parte esterna a forma di tetto a doppia falda è visibile attraverso una grata posta nell’anticamera, e la cui parte interna è stata arrotondata in modo da farla sembrare una volta a botte.

L’anticamera. Sullo sfondo la grata tramite la quale è visibile la parte superiore del tetto della camera sepolcrale. Foto di Jamie Janover


Il sarcofago di Micerino, in basalto nero pesante due tonnellate e mezza e lungo 2,5 m., era posto al centro della camera ed era decorato con motivo a facciata di palazzo; esso è purtroppo andato perduto sul fondo del Mar Mediterraneo a causa del naufragio della nave che da Alessandria lo stava trasportando a Londra.

La camera sepolcrale vera e propria.


Nell’anticamera Vyse trovò pezzi di un sarcofago di legno (oggi esposto al British Museum di Londra), contenente i resti di uno scheletro avvolto in una stoffa di bassa qualità, che riportava la scritta in geroglifici: “Il Re dell’Alto e Basso Egitto, Menkhaura, che vive eternamente, partorito da Nut, erede di Geb, suo prediletto”, che permise di attribuire la piramide a Micerino.

I resti del sarcofago ligneo recante il cartiglio di Menkaure


Oggi si ritiene che il sarcofago risalga alla XXVI dinastia (periodo saitico) e che abbia sostituito l’originale andato distrutto, mentre le analisi e le datazioni al radiocarbonio C14 collocano le ossa ai primi secoli dopo Cristo, coincidenti con il periodo copto.
Sulla destra del corridoio si apre una scala discendente composta da sei gradini che conduce ad un locale di dimensioni più modeste che comprende sei nicchie dall’utilizzo incerto; alcuni ritengono che quattro di esse potessero servire per custodire i vasi canopi del Faraone defunto.

La sala laterale dotata di nicchie dall’uso incerto. Foto trovata sul web – autore sconosciuto.

FONTI:
https://www.storieparallele.it/la-piramide-di-micerino

https://www.pyramid-of-giza.com/it/micerino-piramide/

https://guardians.net/egypt/menk1.htm

Le fotografie, ove non diversamente specificato, sono di Silvia Vitrò

Piccola Guida Turistica

L’ALTOPIANO DI GIZA

Nel deserto con la carrozza

Napoleone Bonaparte – 21 luglio 1789 – discorso ai soldati dell’armata di Egitto prima della vittoriosa battaglia delle Piramidi contro i Mamelucchi

Il primo giorno di visite è interamente dedicato a Giza, uno scrigno di meraviglie all’interno del quale non brillano solo le piramidi e la Sfinge, anche se senza dubbio sono i monumenti di maggiore impatto.  

Davanti alla sfinge

La famiglia reale e la nobiltà egizia infatti costruivano le proprie mastabe accanto alla tomba del sovrano, e molte di esse sono di  incredibile bellezza; inoltre nei dintorni sorgono i resti del villaggio dove vivevano gli operai specializzati che lavoravano all’ultima dimora del re, e la necropoli vicina a quella dell’èlite nella quale essi avevano l’onore di essere inumati.  

La Sfinge e la piramide di Chefren

La mattina conosciamo Monalisa Karam, la guida che Ahmed, già impegnato in un altro tour, aveva scelto su misura per noi e che ora si è iscritta al nostro gruppo Facebook: è rimasta con noi per tre giorni, dimostrandosi molto cordiale, bravissima ed aggiornata anche in merito agli scavi più recenti.

Il mio programma prevede l’accesso a tutte le mastabe disponibili (in passato avevo ne avevo viste solo un paio) ed altresì la visita al villaggio ed alla necropoli degli operai e ad una zona vicino alla Sfinge ove avevo letto essere venute alla luce nuove vestigia: la sera prima, tuttavia, Ahmed mi aveva avvertita: “Siamo in Egitto…. non si sa mai se un sito è aperto o no…”  ed infatti tutti i siti di mio principale interesse sono “chiusi per lavori”.

Primo piano della Sfinge

Un po’ delusi, facciamo il giro canonico del sito seguendo tuttavia sentieri alternativi e poco battuti che la nostra Monalisa conosce e percorre a passo di carica ed entriamo nella piramide di Micerino (le altre le avevamo gia viste in passato) e nella mastaba del funzionario Seshemnefer IV (VI dinastia), purtroppo spogliata di quasi tutti i suoi rilievi che ora fanno bella mostra di sé al Roemer und Pelizaeus Museum di Hildesheim.

L’incontrollato espandersi del Cairo ha fatto sì che la città arrivasse proprio a ridosso dell’altopiano di Giza, ferito da strade asfaltate che lo attraversano per facilitarne la visita, violato da turisti vocianti che non rispettano la sacralità del luogo, insozzato da incivili che buttano a terra i loro rifiuti che un’amministrazione distratta non si preoccupa di far rimuovere.

Particolare della connessione degli enormi massi che compongono il tempo a valle di Chefren.

Ma se ci si sposta nel deserto a piedi o a cavallo, col cammello o in carrozza, lasciandosi alle spalle le costruzioni moderne e trovando la giusta concentrazione, allora si entra nel giusto mood: il Cairo scompare alla vista e il sito piramidale appare come era stato concepito dai suoi costruttori, una silenziosa e solenne città dei morti lontana dal centro abitato, tra dune di sabbia gialla e rovente, raggiungibile solo da mesti cortei di persone piangenti che portavano a sepoltura i propri cari o che ivi si recavano per deporre le loro offerte.

Il corridoio che unisce il tempio a valle alla rampa processionale che conduce alla piramide di Chefren.

Fin dall’antichità l’imponenza delle piramidi lascia chiunque senza fiato: “Quello che si prova non è solo l’ammirazione che scaturisce dalla visione di un capolavoro dell’arte, ma è un’impressione profonda. L’effetto sta nella grandiosità e semplicità delle forme, nel contrasto e nella sproporzione tra la statura dell’uomo e l’immensità dell’opera che è uscita dalla sua mano” (Edme-François Jomard, Description de l’Égypte, vol. V, 1809).

Quello che a me emoziona maggiormente, tuttavia, è la loro eternità: un antico proverbio egiziano, infatti, recita: “l’uomo teme il tempo, ma il tempo teme le piramidi”.  

Quello che resta della rampa processionale della piramide di Chefren; sulla destra, qui non visibile, l’avallamento nel quale si trova la sfinge.

In effetti sono state mute testimoni delle imprese dei protagonisti della storia, che ora non sono che polvere; hanno assistito al sorgere e al tramontare di imperi; hanno ricevuto l’omaggio di potenti del mondo dei quali si è persa perfino la memoria… ma loro sono ancora lì, che ci guardano come avevano guardato i Faraoni, Cambise, Alessandro Magno, Cleopatra, Augusto, Napoleone…. altere ed indifferenti alle vicende umane che si svolgono alla loro ombra e capaci di rimanere impenetrabili per millenni.

Il lato B della Sfinge con la sua coda gigante

Qui trovate alcune delle nostre fotografie relative alla piana di Giza; nei prossimi post vi mostrerò l’interno della piramide di Micerino e la mastaba di Seshemnefer IV e per quel poco che non è nascosto alla vista, la necropoli degli operai che lavorarono alle piramidi.

La piramide di Chefren