Abiti, Vita quotidiana

I PERIZOMI DEGLI EGIZI

Osservando i soldati del rilievo proveniente dalla tomba di Horemheb a Sakkara e custodito nel museo archeologico di Bologna sono stata incuriosita dai loro perizomi ed ho fatto una piccola ricerca sul tema.

Rilievo dalla tomba di Horemheb a Sakkara. Sette soldati trasportano sulla schiena un pesante oggetto, forse una tenda arrotolata; tre di loro indossano un elmetto o forse una retina, abbastanza inusuale presso gli Egizi. Divertente il contributo dell’ufficiale, l’ultimo personaggio a destra: mentre gli altri stanno faticando sotto il peso, si limita a dare ordini, fingendo solo di aiutare. Notate i calzoncini in pelle indossati dai soldati, che presentano molti piccoli tagli verticali che li rendevano più leggeri e più confortevoli. Solo un rettangolo nella parte centrale posteriore è pieno, forse per decenza?
La foto è stata da me scattata nel museo archeologico di Bologna nel Febbraio 2024.

I perizomi furono la prima forma di biancheria intima in uso fin dalla preistoria ed erano realizzati con strisce di tessuto che venivano fatte passare tra le gambe ed allacciate intorno alla vita.

Gli Egizi, in particolare soldati e nubiani, utilizzavano anche triangoli di lino piuttosto ampi che venivano appoggiati sulla schiena con la loro parte più ampia e legati attorno alla vita tramite i due estremi; in seguito la parte inferiore veniva fatta passare sul davanti attraverso le gambe, infilata dietro il nodo già esistente e piegata sul davanti.

Nella tomba di Tutankhamon vennero rinvenuti ordinatamente piegati ben 140 esemplari di perizomi di questo genere, pratici e leggeri.

Il perizoma di Tutankhamon

Quelli dei soldati di Horemheb tuttavia appaiono molto più raffinati ed a trama elaborata, tanto che si direbbero prerogativa delle classi più elevate; dall’osservazione di altri rilievi tombali si può fondatamente ipotizzare che essi venissero indossati sopra il triangolo di lino con le medesime modalità, proteggendolo ed impedendo che si slacciasse.

Modalità per indossare il perizoma

Due esemplari di essi furono rinvenuti nel 1902 nella Valle dei Re, all’interno di una piccola cassetta di legno (MFA 03.1036ab) nascosta in una cavità di una roccia posta sopra la tomba KV 36 appartenuta al nobile Maiherpra, vissuto probabilmente durante il regno di Thutmose III (1479 – 1425 a.C.) e ritenuto proprietario degli stessi.

L’anno successivo il loro scopritore Theodore M. Davis regalò uno di essi ed il contenitore al MFA di Boston ove si trova tuttora, e l’altro al Field Museum of Natural history di Chicago dove è stato purtroppo rubato.

Il perizoma rubato di Chicago.

Questi perizomi sono realizzati con un unico pezzo di morbidissima pelle di gazzella conciata ad olio, con un’ampia fascia di pelle piena sulla parte superiore e sui bordi e cuciture in filo di lino; a parte un rettangolo sul retro, lasciato pieno, il resto dell’indumento è stato reso traspirante ed ancora più confortevole praticandovi innumerevoli tagli a file sfalsate.

Quello superstite misura 85 cm. in altezza e 89 cm. in larghezza.

Un altro perizoma di forma leggermente differente si trova a Londra, al British museum, e faceva originariamente parte della collezione Salt; esso risale al Nuovo Regno, proviene da Tebe ed ha l’aspetto di una rete di cuoio con un anello d’avorio attaccato; è lungo 33 cm. e largo 30,50 cm.

Il perizoma di Londra.



FONTI:

https://interactive.archaeology.org/…/field/loincloth.html

https://collections.mfa.org/objects/130310

https://www.britishmuseum.org/collection/object/Y_EA2564

https://www.metmuseum.org/art/collection/search/893194

Musica, Vita quotidiana

UN CROTALO A TORINO

Di Livio Secco

Vedi anche: https://laciviltaegizia.org/2023/11/05/crotalo-con-cartiglio/

L’argomento musica è molto particolare in Egittologia, poiché sebbene alcuni strumenti ci siano pervenuti, non si può dire altrettanto della relativa documentazione, né tantomeno delle relative notazioni musicali. Alcuni ricercatori hanno tentato, anche con qualche risultato, di venirne a capo, ma in generale, come argomento, è piuttosto mancante.

In ogni caso, relativamente ai crotali, mostro la diapositiva con la quale ne descrivo la funzionalità.


DIAPO 1: In Egitto i primi strumenti musicali risalgono al periodo preistorico. Infatti già durante l’epoca di Naqada II (Gerzeano, 3650-3000 a.C.) compaiono cimbali (una sorta di piccoli piatti metallici), crotali (due legni che si battono tra loro), crotali dotati di cimbali alle stesse due estremità, campanelle, sonagli, clappers (sviluppo dei crotali e assimilabili alle nacchere) e le prime forme di sistro. Per estensione aggiungiamo anche il canto e il battito delle mani. Un vaso di el-Amra mostra due uomini che battendo due crotali danno il ritmo ad una danzatrice che si esibisce probabilmente durante un rito liturgico.
Clappers o nacchere: esemplari di clappers sono stati repertati in molte tombe dell’Antico Regno. Sono perlopiù a forma di avambracci terminanti con le mani proprio perché il loro funzionamento è riconducibile al loro battito, ma con un volume più forte e una prestazione più prolungata perché non indolenzisce gli arti. È uno strumento che si evolve dai crotali. Sono fatti in avorio, osso, legno oppure in metallo. Spesso sono bucati e questo dimostra che erano allacciati tra di loro. Sono uno strumento prevalentemente femminile e venivano utilizzati in coppia, un paio per mano. Il loro impiego li vedeva utilizzati sia durante gli eventi profani che sacri.
Sono tra gli strumenti musicali più antichi e traevano origine dai riti propiziatori per un abbondante raccolto.
Nelle immagini: vaso di el Amra, in ceramica verniciata, EA35502, 3300 a.C., British Museum Londra. Clappers del Nuovo Regno, XVIII dinastia, Amarna, 1353-1336 a.C., 21 cm, avorio di ippopotamo, Metropolitan di New York.

Ho anche approfittato della situazione per la traduzione della brevissima iscrizione.

La conferenza, come al solito, è diventata il Quaderno di Egittologia 46: MELODIE PER IL RE – La musica nell’antico Egitto. Chi fosse interessato ad approfondire l’argomento lo può trovare qui: https://ilmiolibro.kataweb.it/…/624181/melodie-per-il-re/

Vita quotidiana

SPECCHIO DELLE MIE BRAME…

Chi è la più bella tra le dame?

Di Livio Secco

Tra gli oggetti descritti in questo sito c’è anche un bellissimo specchio il cui manico raffigura una giovane donna agli specchi egizi. Scrivendo la conferenza sulla cosmesi egizia anch’io ho incontrato questa tipologia di manufatti e, devo ammettere che sono molto affascinanti.

Ne sono stati repertati una buona quantità tra i corredi funerari e quindi ogni museo egizio che si rispetti ne esibisce alcuni.

Come al solito vi presento le diapositive della conferenza che descrivo qui di seguito.

DIAPOSITIVA 1: titolo della conferenza.

DIAPOSITIVA 2: Sono numerosi gli specchi repertati soprattutto a partire dalla V e VI dinastia ed hanno tutti una forma elegantissima. Consistono in un disco di metallo a forma leggermente schiacciata ai poli, raramente a forma di bulbo (=all’incirca conica) oppure a forma di foglia.
Il disco è sostenuto da un manico spesso in avorio, in legno, in maiolica oppure in metallo. Spesso il manico imita l’aspetto di una colonna papiriforme. Le iscrizioni didascaliche egizie chiamano lo specchio con il termine mȜw-ḥr [mau-her] che ha il significato di visione del volto.
La popolazione trovò inoltre un’analogia tra la forma dello specchio e il segno grafico Ꜥnḫ [ank] simbolo del vivere eterno caratteristico degli dèi. Da questa analogia lo specchio fu anche chiamato Ꜥnḫ [ank] visto che, per il fenomeno della riflessione, sulla faccia dello specchio compariva la riproduzione vivente dei tratti dell’uomo.
Il nome Ꜥnḫ [ank], però, veniva dato di preferenza allo specchio funerario, poco usato nel Nuovo Regno, che differiva da quello di uso quotidiano per la forma del manico, simile al supporto delle insegne divine: un’asta dritta sormontata da un seconda asta orizzontale nella quale si incastrava il codolo del disco.
Un’attribuzione simbolica che gli Egizi assegnavano agli specchi, e che ne ha determinato la forma circolare, è l’assimilazione al sole. Infatti, benché debolmente, essi emanano raggi di luce come fa la nostra stella.
Nelle immagini: specchio di Reniseneb, tomba CC25, Assasif, rame oro ebano, XII-XIII dinastia, dal 1926 al Metropolitan N.Y.

DIAPOSITIVA 2: La superficie rotonda degli specchi egizi è normalmente piatta. Non mancano però esemplari in cui essa è concava o convessa.
Il bronzo era il materiale preferito perché era molto lucente di suo e rifletteva molto bene le immagini. Ci sono pervenuti, però, anche esemplari in stagno, rame, oro e argento. Questi ultimi in numero limitato perché gli antichi predatori, a causa dell’alto valore del metallo, lo rifondevano subito. Alcuni specchi sono in lega di bronzo e argento; altri conservano ancora le decorazioni in oro.
I manici sono spesso a forma di steli di ninfea oppure papiro. Questi ultimi con l’ombrello largamente fiorito e incurvato verso il basso. In alcuni è raffigurata la dea Hathor, divinità della toeletta e della gioia, con le orecchie bovine.
Per proteggere la parte riflettente, che era molto delicata, gli Egizi usavano degli astucci a forma di tasca semicircolare in pelle che si appendevano alla spalla. Il manico rimaneva all’esterno della custodia.
Una curiosità è data dal fatto che lo specchio, come dotazione funeraria, spesso è messo insieme agli accessori da viaggio come bastoni, stoffe e armi e non insieme agli accessori da cosmesi dove ci si sarebbe aspettato di trovarli. Comunque mai alla testa del sepolcro.
Nelle immagini: a sinistra, da Assuan, XVIII dinastia, lega d’argento e rame, Brooklyn Museum N.Y. A destra, Assasif, tomba 43, bronzo o lega di rame, dinastia XVII-XVIII, Metropolitan N.Y. Parte di impugnatura che mostra l’innesto a codolo, terracotta, XVIII dinastia, Metropolitan N.Y.

La conferenza ha generato il Quaderno di Egittologia nr 50 LA BELLEZZA NELLO SGUARDO – La cosmesi nell’antico Egitto. Chi fosse interessato ad approfondire l’argomento lo può trovare qui: https://ilmiolibro.kataweb.it/…/la-bellezza-nello-sguardo/

Vita quotidiana

SPECCHIO CON MANICO DAL PROFILO DI GIOVANE DONNA

Di Francesco Alba

Nuovo Regno, inizi della Diciottesima Dinastia (1550 – 1391 a.C. circa)
Materiale: bronzo e lega di rame
Dimensioni: altezza 25,8 cm; larghezza del disco 14,1 cm; spessore 2,4 cm; peso: 855 g.
The Metropolitan Museum of Art, New York (Access. Nr: 66.99.25)

La ragazza dall’abito succinto sorregge una sorta di ombrello di papiro sul proprio capo. Il motivo è comune nei manici di specchio del primo Nuovo Regno, ma il viso, in questo caso, mostra un insolito grado di individualità.

Riferimenti:

The Metropolitan Museum of Art Bulletin – 1967

https://www.metmuseum.org/art/collection/search/545895

Vita quotidiana

GIOCHI DI RUOLO E GIOCATTOLI

Di Francesco Volpe

Trottola, una pallina, una bambola egizia ed una animale giocattolo con la bocca mobile.

Un aspetto solitamente poco indagato della società egizia è quello dell’infanzia e dei giocattoli. Come per molti altri aspetti della vita egizia, sono le tombe che ci hanno restituito la maggior parte dei giocattoli, ma spesso, soprattutto per le bambole, gli archeologi si sono domandati se si trattasse di oggetti rituali o di giocattoli veri e propri, anche perché, soprattutto per gli scavi meno recenti, non vi è la certezza che si trattasse di tombe infantili.

La necropoli del Medio Regno di Kahun ha restituito numerosi giocattoli: sono state ritrovate ad esempio alcune palle, fatte di legno, stoffa o cuoio, imbottite con erba, giunchi, stracci, crine o pula d’orzo, a volte dipinte di blu o rosso; un esemplare, ora al Manchester Museum, si era lacerata ed è stata accuratamente ricucita. Alcune palle erano semplicemente fatte con argilla, faience (anche se molto fragili e quindi probabilmente erano solo elementi di corredo funebre), papiro e foglie di palma; il diametro è generalmente compreso fra 3 e 9 cm. Di solito si usavano più palline che erano spesso lanciate in aria e poi riafferrate, come fanno i moderni giocolieri; in un caso compare forse il nome di questo gioco, “jmd”, ma è l’unico caso in cui ci è nota tale parola.

Un altro giocattolo molto comune era la trottola: ne sono state ritrovate di varie dimensioni, da 2,5 cm a 7 cm, solitamente di forma conica e realizzate usualmente in legno, ma ne esistono anche alcuni esemplari in faience.

Nella tomba di Sat-renenutet ad Hawara (XII dinastia), fu trovata una bambola con arti mobili e una parrucca (oggi purtroppo persa), oggi al Petrie Museum di Cambridge; Petrie scoprì, inoltre, in una casa di Kahun diverse parrucche di lino per bambole, formate da trecce di circa 15 cm tenute insieme da fango. Sul significato della bambola di Sat-renenutet ha espresso una diversa interpretazione Angela Tooley. La studiosa, rianalizzando la documentazione di scavo redatta per la tomba 58 di Hawara da Petrie, e pur ammettendo che la presenza della presunta bambola indusse l’archeologo a definire la proprietaria della tomba una ragazza, sottolinea come le dimensioni del sarcofago fossero in realtà quelle tipiche degli adulti (49 cm), mentre i bambini, nel Medio Regno, erano sepolti in casse lignee molto più piccole. Inoltre, le adolescenti che avevano raggiunto la pubertà erano ritenute in Egitto già adulte, considerata la durata della vita media, e probabilmente, anche se doveva avere meno di vent’anni, Sat-renenutet era già considerata tale. Sottolinea che la nudità della bambola, nonostante l’area pubica non sia accentuata, sia già un indizio sufficiente a favore di un valore simbolico legato alla fertilità.

Disco di Hemaka

Nella tomba 3035 del visir Hemaka, risalente alla I dinastia, a Saqqara, e in diverse tombe di Kahun, sono stati trovati dischi di terracotta forati associati a dei bastoncini appuntiti lunghi circa 15-16 cm: probabilmente si trattava di un gioco che consisteva nel lanciare in aria i dischi e nel tentare di colpirli, in modo da farli cadere il più lontano possibile. I dischi di Hemaka, più di quaranta, come altri giocattoli rinvenuti in tombe, erano spesso delle vere opere d’arte: conservati in un cofanetto di legno intarsiato in avorio, erano realizzati in scisto o calcare, con intarsi in avorio, ebano, alabastro, pietre colorate e steatite. Alcune decorazioni, fatte ruotare, diventano vere e proprie immagini “cinematografiche” in movimento: ad esempio dei levrieri che inseguono delle gazzelle o due uccelli in volo. Potrebbe trattarsi di un gioco simile alla lippa, o quello praticato nel Novecento nel Lancashire chiamato “piggy” (o tip-cat, nel resto del RegnoUnito).

Sport e Passatempi

Nella tomba di Baqt III compaiono tre figure di ragazzi che sollevano degli oggetti piriformi, forse una specie di “sollevamento pesi”, fatto con dei mazzuoli, mentre nella mastaba di Khety

compare un gioco dove due avversari, muniti di bastoni ricurvi, tentano di assicurarsi il controllo di un anello.

Anche la lotta era un gioco molto diffuso fra ragazzi e bambini, come mostrano le scene delle tombe di Amenemhat, Baqt III e Khety, così come braccio di ferro.

Scene di lotta dalla tomba di Khety

Un altro passatempo amato dalle ragazze consisteva nel lanciarsi la palla stando a cavalcioni di una compagna che avanzava a quattro zampe, un gioco simile all’ephedrismos dei Greci; una delle rappresentazioni più celebri proviene dalla tomba di Khety a Beni Hassan e risale alla XII dinastia.

Le performance di giovani donne, tomba di Khety

Si praticavano anche giochi di equilibrio: camminare sulle mani, rimanere in equilibrio sul capo con le braccia incrociate sul petto, o il gioco “della stella”, chiamato nell’antico Egitto “erigere il pergolato di viti”. Di solito in questo gioco ci sono due ragazzi al centro con le braccia distese, che afferrano le mani degli altri partecipanti, che si inclinano all’indietro e vengono fatti girare il più velocemente possibile. Una delle rare raffigurazioni di ragazzi e ragazze che giocano insieme mostra due ragazzi che fanno girare quattro ragazze (tomba di Baqt III); nella mastaba di Ptathhotep l’iscrizione che accompagna la scena recita “gira, quattro volte”. In un’altra rappresentazione, due gruppi di ragazze si fronteggiano: quelle al centro lanciano la palla e la riafferrano, mentre le compagne battono le mani. Forse il gioco consisteva nell’alternarsi nel prendere la palla seguendo il ritmo, ma non disponiamo di ulteriori elementi chiarificatori, e anche in questo caso l’ipotetico nome del gioco, “rwjt”, non è attestato altrove.

Il gioco della stella, tomba di Baqt III

Anche il tiro alla fune era molto popolare, e compare ad esempio sulle pareti della mastaba di Mereruka, anche se, in questo caso, non c’è una corda e i partecipanti al gioco, tre per ogni squadra, si tengono per mano, mentre i primi della fila afferrano l’uno il polso dell’altro; interessante la didascalia in geroglifico che li accompagna: “il tuo braccio è molto più forte del suo, non cedergli” e “la mia squadra è più forte della vostra. Stringili forte, amico mio”.

Fonte Testo:

“Articolo relative a conferenza tenuta dalla Dr.ssa Chiara Zanforlini in occasione della “Giornata Mondiale del gioco” tenutasi in Torre di Porta Villalta il 27 maggio 2016.”

Fonte Immagini:

https://digimparoprimaria.capitello.it/…/CPAC89…/html/46

https://www.archeofriuli.it/hemaka-va-al-cinema/

https://egymonuments.gov.eg/monuments/the-tomb-of-khety/

https://egymonuments.gov.eg/monuments/the-tomb-of-baqet-iii/

Vita quotidiana

IL GIOCO “CANI E SCIACALLI”

Di Livio Secco

Il gioco “Cani e sciacalli” è stato introdotto QUI.

Avendo scritto una conferenza e il relativo Quaderno di Egittologia sull’argomento, mi permetto di dettagliare gli aspetti del gioco proposto.

Nel tentativo di essere il più chiaro possibile illustro il post con una serie di diapo della mia conferenza. Le stesse sono diventate le illustrazioni del testo.

DIAPO 1: Tra la IX e la XII dinastia (2100-1800 a.C.) cominciò a comparire in Egitto un altro tipo di gioco il cui nome si perse già nei tempi remoti. E’ conosciuto, dagli egittologi moderni, con il nome di “Cani e sciacalli” per il fatto che, in alcune confezioni repertate, le pedine hanno la forma di teste di cani da caccia e sciacalli.
Questo gioco è sicuramente di origine egizia e si diffuse anche nei territori influenzati e sotto il controllo dell’antico impero egizio; infatti alcune tavole da gioco sono state ritrovate in Palestina, in Assiria ed in Mesopotamia. E’ uno degli esempi, forse il più antico, di come era la forma originale del gioco “Scale e serpenti”, un gioco diverso, ma da esso derivato, che è giunto fino ai giorni nostri ed è considerato uno tra i giochi d’azzardo più popolari.
Nelle immagini: regno di Amenemhat IV, Medio Regno, XII dinastia, 1814-1805 a.C., ebano ed avario, Metropolitan Museum of Art, New York

DIAPO 2: “Cani e sciacalli” è un gioco di corsa tra una squadra composta da cinque sciacalli e un’altra formata da cinque cani da caccia che si effettua intorno ad una palma seguendo un tracciato dedicato ad ogni squadra. Anticamente i pezzi erano dei pioli ed i percorsi erano costituiti da una serie di fori creati sul piano di gioco.
Lo scopo del gioco è quello di far percorrere a tutta la propria squadra il tracciato di trenta caselle fino alla trentunesima contrassegnata dal geroglifico šnw. Questo geroglifico è la forma iniziale del cartiglio e rappresenta un anello di corda annodato alla base; la sua grafia completa è šnw ed era lo strumento essenziale del catasto egizio. Il suo significato più esteso è dimostrato dalla radice verbale šni la quale stabilisce che tutto ciò che il sole circonda è proprietà del faraone.
La trentunesima casella è in comune tra i due tracciati che, pur sviluppandosi verso direzioni diverse, convergono in essa come punto finale di arrivo.
Il gioco richiede una certa strategia per gestire le opportunità e gli imprevisti creati con il lancio di astragali. Come per il Senet, non sono sopravvissute le documentazioni delle regole di gioco. La versione qui presentata si basa sulla ricostruzione del Professor Tait, ordinario di Egittologia al Dipartimento di Egittologia all’University College di Londra.
Nelle immagini: altri dettagli del gioco del Metropolitan Museum di New York.

DIAPO 3: PEDINE – Ci sono cinque pedine che formano la squadra dei cani da caccia e cinque pedine che formano la squadra degli sciacalli. Nei giochi originali queste pedine sono formate dalle teste degli animali infisse su dei pioli che ne danno una forma caratteristica. Le pedine vanno infilate negli appositi buchi ricavati sulla superficie di gioco a seconda dei movimenti che il giocatore assegna a loro. Il piano da gioco veniva posizionato tra i due giocatori per la sua lunghezza.
Come già evidenziato, sul piano sono ricavati due percorsi diversi, uno superiore sul quale correranno gli sciacalli, ed uno inferiore sul quale correranno i cani da caccia. La corsa si conclude nella trentunesima casella contrassegnata dal geroglifico šnw in comune a tutte due le squadre.
Nelle immagini: pedine di Cani e Sciacalli. A sinistra, sciacallo all’University College London. A destra, cane e sciacallo al Metropolitan Museum of Art New York.

DIAPO 4: ASTRAGALI (OSSA) (=dadi) – Gli imprevisti e le opportunità vengono assegnate mediante il lancio a turno di due astragali opportunamente sagomati che presentano quattro facce:
– quella superiore fa avanzare di due caselle
– quella inferiore fa avanzare di tre caselle
– quella laterale non fa avanzare di nessuna casella
Pertanto se un lancio di ossa presenta una faccia superiore e una laterale posso muovere di due caselle; per un lancio con un lato superiore ed uno inferiore posso muovere di cinque caselle.
È particolare il risultato di due facce laterali contemporanee che permettono comunque il movimento anche se di una sola casella.
Gli astragali sono le ossa del tarso posteriore, cioè l’osso del tallone, di piccoli mammiferi come gli ovini o i caprini.
Nelle immagini: astragali, Metropolitan Museum of Art New York.

DIAPO 5: PIANO DEL GIOCO – Il piano del gioco è, normalmente, una superficie spessa allo scopo di permettere alle pedine a forma di piolo di essere infilate negli appositi fori ricavati sulla sua facciata superiore. I fori stessi rappresentano i tracciati che i due giocatori devono far percorrere alle proprie mute di cani e sciacalli.
I percorsi si sviluppano dall’interno verso l’esterno e non si sovrappongono mai esclusa la trentunesima casella di arrivo che risulta in comune per i due antagonisti. La parte centrale della tavola è stata ritrovata non decorata, con la rappresentazione di una palma oppure di un’oasi di forma allungata. Il tema decorativo comunque non sembra interessare lo svolgimento del gioco.

DIAPO 6: REGOLAMENTO – I due giocatori decidono chi gioca per primo ed a turno lanciano le ossa spostando le proprie pedine sul piano tenendo presenti queste semplici regole:
– per far entrare una propria pedina in gioco si deve fare un “uno” oppure un “sei”
– il punteggio ottenuto va giocato tutto su di una singola pedina e non può essere ripartito su più pedine
– le pedine vanno spostate sempre in avanti e mai all’indietro
– su di una casella può stare solamente una sola pedina; se la casella di arrivo risulta impegnata e non sono possibili ulteriori mosse il giocatore ha “sprecato” il proprio turno
– esistono tre caselle che abilitano ad un immediato rilancio delle ossa una volta che sono state impegnate: sono le caselle “trenta” di arrivo e le caselle “quindici” e “venticinque” le quali sono contrassegnate opportunamente con una riga sul piano di gioco in loro prossimità

DIAPO 7: REGOLAMENTO
– la casella “sei” risulta collegata alla casella “venti” mentre la casella “otto” è collegata alla “dieci”: se un giocatore finisce con una pedina sulla casella “sei” è abilitato a spostarla immediatamente alla casella “venti”, mentre se finisce alla “otto” può andare subito alla “dieci” senza passare per le altre (è il concetto di SCALA anticipato precedentemente che permette la rapida salita delle pedine)
– se un giocatore finisce con una pedina sulla casella “dieci” oppure sulla casella “venti” deve spostarla immediatamente alla casella inferiore collegata: dalla “dieci” alla “otto”; dalla “venti” alla “sei” senza passare per le altre (è il concetto di SERPENTE che comparendo improvvisamente sul cammino fa arretrare la pedina mettendola in fuga)
– lo spostamento in salita oppure in fuga delle caselle collegate va effettuato sempre e soltanto se le corrispondenti non risultano già impegnate

DIAPO 8: REGOLAMENTO
– una volta arrivate alla casella trentuno le pedine che hanno concluso la corsa vanno tolte dal piano e non più rimesse in gioco
– per fare uscire correttamente le pedine dal gioco si deve impegnare la casella “trentuno” in modo preciso: se sono alla casella “ventisette” dovrò fare un “quattro” per concludere la corsa di quella pedina
– vince il giocatore che per primo fa uscire correttamente tutte e cinque le proprie pedine dalla casella “trenta”
Nelle immagini: tavola da gioco prodotta in argilla, Petrie Museum Londra.

DIAPO 9: OSSERVAZIONI – Il professor Tait specifica che, secondo la sua opinione, durante lo svolgimento del gioco era previsto solamente l’opzione “serpente” e non quella della “scala” che deriverebbe da adattamenti successivi. Comunque è opportuno che i giocatori si accordano sulle modalità prima di iniziare il gioco e di utilizzare le opzioni:
– scale e serpenti
– solo scale
– solo serpenti
come piacevoli varianti del gioco stesso.
Nelle immagini: tavolo da gioco a forma di ippopotamo, faience, Epoca Tarda, 664-332 a.C., Louvre Parigi.

Il Quaderno di Egittologia numero 17 – GIOCHI D’EGITTO – I divertimenti del re, esamina anche altri giochi oltre “CANI E SCIACALLI” e cioè: il SENET, il VENTI CASELLE e il MEHEN.
Chi fosse interessato ad approfondire l’argomento lo può trovare qui: https://ilmiolibro.kataweb.it/…/624932/giochi-degitto/


Spero che questo post vi abbia divertito leggendolo, come ha fatto divertire me facendo le dovute ricerche e scrivendo il testo per la conferenza e per il Quaderno di Egittologia.

Vita quotidiana

CANI E SCIACALLI

Di Francesco Volpe

Una scacchiera di Cani e Sciacalli trovata a Tebe, XIII dinastia

Cani e sciacalli è il nome moderno dato a un gioco dell’Antico Egitto, conosciuto da molti esempi di scacchiere e pezzi da gioco trovati negli scavi. In realtà, il nome originale del gioco è sconosciuto, e gli è stato attribuito più di un nome dagli archeologi:

L’archeologo Howard Carter l’ha chiamato Cani e sciacalli data la forma delle teste delle pedine.

• Shen è il nome meno comune per questo gioco, ed è stato iscritto nei geroglifici egizi intorno a un grosso foro trovato in alcune tavole del gioco;

• Il gioco è anche chiamato “gioco della palma”, dato che alcuni buchi sono stati rimpiazzati da tre figure.

È un gioco da tavolo per due giocatori molto comune nell’Antico Egitto, anche se sono stati trovate delle scacchiere in Palestina, Mesopotamia e Assiria, e anche nel Caucaso.

La scacchiera è una scatola in legno rettangolare a forma di mobile, appoggiata sulle zampe di animali. La parte superiore della scacchiera è decorata con la figura di una palma e un percorso di cinquantotto fori, sicuramente lo spazio per le pedine. Nel cassetto all’interno della scacchiera sono conservate dieci pedine dalla forma di corti bastoni, cinque scolpiti con la testa di un cane e cinque con la testa di sciacallo.

Secondo gli studi archeologici, il gioco risalirebbe al Medio Regno, XIII dinastia, circa 2000 a.C. Uno degli esemplari del gioco risale alla XIII dinastia, ed è stato ritrovato nel 1910 nella tomba di Amenemhat IV a Tebe. Questo esemplare, il migliore conservato, si trova oggi nel Metropolitan Museum of Art a New York. Inoltre, nell’estate del 1999, negli scavi di Abido è stato trovato un altro esemplare dal team universitario della Pennsylvania. In totale, più di 68 tavolieri del gioco sono stati scoperti negli scavi archeologici in Siria (Tell Ajlun, Ras el-Ain, Khafaje), Israele (Tel Beth Shean, Gezer), Iraq (Uruk, Nippur, Ur, Nineveh, Ashur, Babilonia), Iran (Tappeh Sialk, Susa, Luristan), Turchia (Karalhuyuk, Kutlete, Acemhuyuk), Azerbaigian (Gobustan) e nello stesso Egitto (Buhen, El-Lahun, Sedment). Nel 2018 sono stati trovati degli esemplari a Gobustan, Azerbaigian.

La decorazione della facciata superiore della scacchiera erano molto simili tra loro, ma con leggere differenze.

CONSULTA LE REGOLE DEL GIOCO QUI

Fonte immagini:

https://www.pergioco.net/5/palma.html

Testo tratto da:

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Cani_e_sciacalli

Vita quotidiana

LA BELLEZZA NELLO SGUARDO

La cosmesi nell’antico Egitto

Di Livio Secco

Con il mese di maggio si chiude l’anno didattico 2022-2023 che mi ha dato notevoli soddisfazioni impegnandomi in cinquantasette tra conferenze e lezioni.

Una delle conferenze più curiose è stata senz’altro questa che vi presento nell’attuale post, in modo estremamente sintetico.

L’argomento è di notevole attualità. Infatti la nostra è sicuramente una società dove l’apparire è molto importante e, quindi, il presentarsi alla collettività secondo i dettami della moda con un make-up aggiornato garantisce il proprio successo e visibilità.

Una cosmesi (tematicamente) moderna

Parlando di cosmesi ci accorgiamo che la definizione che noi oggi le diamo sia ancora quella che intendevano gli antichi Egizi.

Infatti per cosmesi noi intendiamo quell’insieme di attività che adotta delle tecniche per migliorare l’aspetto fisico di una persona senza trascurare la sua salute. Questo concetto si estende anche alla piacevolezza e all’estetica di come si presenta la persona finendo quindi per coinvolgere anche gli aspetti culturali di una civiltà.

È interessante ricordare che il termine cosmesi, oppure cosmetica, derivi dal greco kósmos che ha il significato di ordine. Il suo derivato kósmesis ha il senso di mettere in ordine, abbellire.

Oggi il moderno mercato cosmetico suddivide i prodotti cosmetici in quattro divisioni specifiche. Come potete notare nella seconda immagine, questa ripartizione è assolutamente moderna.

Oli sacri (tecnicamente profumi)

Alcune dotazioni funerarie prevedono la fornitura di una tavoletta per gli oli sacri. Normalmente si tratta di una pietra di alabastro lavorata in piano con sette alveoli in corrispondenza dei quali è scritto, in geroglifico, il nome di un olio sacro. Gli oli sacri erano importantissimi nella ritualità egizia perché permettevano di ridare alla mummia del defunto l’uso dei cinque sensi nell’Aldilà.

Nella terza immagine potete vedere una di queste tavolette con il nome degli ultimi quattro oli sacri.
Relativamente a questo argomento ho pubblicato un post che vi può aggiungere ulteriori informazioni.

Uso dei cosmetici

L’applicazione degli unguenti e dei profumi avveniva nel corso della mattinata. La dama si affidava alle cure delle proprie domestiche che la lavavano, la pettinavano, la ungevano e poi le spalmavano delle sostanze profumate.

Come consiglia ancora oggi una corretta igiene della persona, la pulizia del corpo, compreso il lavaggio del viso, precedeva l’applicazione degli unguenti e dei profumi. L’arcaicità di questo metodo di igiene è antichissima, ma il modo è attualissimo. Lo ritroviamo tal quale tra le prescrizioni del Papiro Ebers, un papiro medico del 1550 a.C.

La sua prescrizione numero 717, contro le rughe, che potete vedere nella quarta immagine, raccomanda appunto l’applicazione dell’unguento DOPO che il viso sia stato opportunamente lavato.

Nel dettaglio: come si applica una crema antirughe

Come già riportato relativamente alla medicina e, appunto, alla cosmesi, le ricette sono descritte in modo molto moderno:
– titolo (eventualmente diagnostico)
– materiali componenti (nel caso una quantità proporzionale, quasi mai assoluta)
– metodo di preparazione
– metodo di applicazione.

Questa sistematica è ancora quella attuale.
Ricordiamo che la cosmesi era intesa, in Egitto, come parte della terapia medica. Non esistevano negozi o rivendite di profumi e belletti, ma ritroviamo le prescrizioni nei papiri medici.

Qui diamo in dettaglio la traduzione della ricetta mostrata nel post precedente sperando di solleticare la curiosità dei nostri amici egittofili.

Visto che il post ha una valenza didattica per coloro che si impegnano in filologia egizia, ho aggiunto una riga supplementare con la traduzione letterale che precede quella colloquiale.
Come al solito ho scritto anche la fonetizzazione secondo il codice IPA per far leggere il geroglifico anche a chi non lo ha studiato (… e che invito a cominciare al più presto!)

Un accessorio importante: lo specchio

La cosmesi egizia si caratterizza, oltre che di materiali, anche per un notevole uso di accessori. Perciò non solo pomate, unguenti e oli profumati, ma anche pettini, pinzette per la depilazione, rasoi e specchi.

Un’altra cosa importantissima da ricordare è che la cosmesi non era solamente femminile, ma pure maschile.

Normalmente il nobile, che spesso era anche un funzionario, doveva spostarsi appunto per ragioni del suo incarico. Il rischio, per i servitori, di dimenticare a casa un accessorio poteva essere significativo. Ecco perciò la produzione di veri e propri beauty-case dotati di sportelli e cassettini per contenere ogni tipologia di prodotto adatto per la cosmesi di un padrone viaggiante.

Nella quinta immagine, non potendo raffigurare ogni accessorio, presentiamo uno specchio.

Nella sesta immagine è raffigurato uno strumento il cui uso non è proprio chiarissimo: forbici? Pinzetta per depilazione? C’è quello che sembrerebbe un rasoio finale. In ogni caso la sua preziosità è data dal fatto che è in oro.

Sì, però…

Dobbiamo, in ogni caso, renderci conto che, della cosmetica egizia, esisteva pure un lato negativo spesso sottaciuto e sotto valutato. Infatti le rare informazioni scientifiche che gli Egizi dell’epoca possedevano, non permettevano loro di fare sempre delle scelte corrette nella selezione dei componenti e delle lavorazioni.
L’uso quotidiano di prodotti non perfettamente atossici provocava degli avvelenamenti che, nel lungo periodo, diventavano certamente letali.

Per chi volesse approfondire l’argomento, la conferenza è diventata il Quaderno di Egittologia nr 50 – LA BELLEZZA NELLO SGUARDO – La cosmesi nell’antico Egitto che è reperibile qui: https://ilmiolibro.kataweb.it/…/la-bellezza-nello-sguardo/

Vita quotidiana

TATUAGGI

Di Livio Secco

Nel mio post dedicato alla QV66 che mostra Nefertari per mano con Hathor (e che trovate qui) si vede la Grande Sposa Reale con dei segni su entrambe le braccia.

A prima vista si direbbero tatuaggi.
Li aveva notati un’amica del nostro Gruppo che se n’è così innamorata da farsene replicare uno sul braccio. E’ stata così gentile da mostrarcelo e da permettermi di visualizzarlo su una diapositiva che allego.

Il tatuaggio è un’interpretazione del celeberrimo segno wḏȜt [uʤat], non molto canonico ma indubbiamente piacevole ed originale. Da buon amuleto speriamo che protegga la nostra amica da guai presenti e futuri.

Ma gli Egizi come la pensavano riguardo ai tatuaggi?

Ho affrontato l’argomento in una mia conferenza che, come al solito, è diventata il Quaderno di Egittologia nr 50 – LA BELLEZZA NELLO SGUARDO – La cosmesi nell’antico Egitto. Chi fosse interessato ad approfondire l’argomento lo può trovare qui: https://ilmiolibro.kataweb.it/…/la-bellezza-nello-sguardo/

I tatuaggi non erano di moda nell’antico Egitto. Quindi le testimonianze sono scarsissime. Tuttavia alcune statuine femminili delle prime dinastie recano alcuni segni ornamentali sul corpo. Questo indica che alcune categorie di donne lo praticavano come le danzatrici o le cantatrici.
Nel periodo preistorico alcune statuette femminili recano segni geometrici o figure di animali e vegetali sul corpo.
Recentemente si sono cominciati a riconoscere tatuaggi sulle mummie. Il tatuaggio era realizzato depositando sotto pelle un filo colorato e materie coloranti. Allo scopo si usava un ago. Il risultato era indelebile. I colori preferiti erano il turchino, il verde, il nerofumo; talvolta il rosso. Non sembrano esserci esempi di tatuaggi per scarificazione, cioè formare una cicatrice incidendo la pelle secondo un dato disegno. Nel Nuovo Regno i tatuaggi sono ancora più rari per lo più con soggetti sacri.

Nella seconda diapositiva potete visualizzare il lavoro di Anne Austin, una bio archeologca dell’Università del Missouri, St. Louis. Ella è stata a capo per la missione dell’Institut Français d’Archéologie Orientale a Deir el Medina.
Nel 2014 documentò una mummia di donna con trenta tatuaggi. Sebbene molti dei suoi tatuaggi siano ancora difficili da decifrare, essi mostrano una chiara connessione della donna con la religione e la dea Hathor.
Uno dei tatuaggi mostra la combinazione di due occhi wḏȜt [uʤat] con il geroglifico nfr [nefer]. Per gli Egittologici il significato potrebbe essere quello di «per fare del bene». Posti sulla gola ne assicuravano magicamente la qualità del canto.

La diapositiva riporta anche una figurina femminile tatuata su tutto il corpo (una volta considerate concubine del defunto), XII-XIII dinastia, Medio Regno, Lisht, faience, Metropolitan N.Y.

Curiosità, Vita quotidiana

DANZE DELL’ANTICO EGITTO

e danze del ventre

Di Livio Secco

Parlando dell’antico Egitto, soprattutto con chi ci è andato, mi viene spesso domandata la veridicità della danza del ventre che si può vedere nei locali predisposti SOPRATTUTTO PER I TURISTI.

In merito all’argomento, dopo una ricerca, ho scritto una conferenza che è diventata il Quaderno di Egittologia nr 12 PASSI, MOVENZE E RITMI PER IL FARAONE – La danza nell’antico Egitto che gli interessati possono trovare qui: https://ilmiolibro.kataweb.it/…/passi-movenze-e-ritmi…/

Per i più curiosi lascio la suddivisione delle diverse tipologie di danze che sono state riconosciute dagli egittologi.
In blu sono identificate quelle eseguite in situazioni domestiche per puro divertimento familiare.
In rosso sono elencate quelle che venivano esibite in pubblico per motivi cultuali, celebrativi e funzionali.

Ritornando al titolo del post posso dirvi che:

PRIMA DIAPOSITIVA: L’Egitto è sempre stato un paese molto conservatore basti pensare che nella sua storia lunga trenta secoli il sistema politico è sempre rimasto lo stesso ed ha influenzato così pesantemente i suoi conquistatori da averli presto fatti allineare alle proprie usanze. Pertanto molte usanze odierne rispecchiano, più o meno coscientemente, usanze che hanno millenni.
Danzare e ballare, indipendentemente dalla professionalità degli artisti, era indubbiamente importante dal punto di vista celebrativo per gli egizi. Oggi come allora sembra che sia sufficiente un tamburo oppure una superficie piatta sulla quale qualcuno possa segnare il ritmo, ed ecco che la gente inizierà a ballare.
C’è la possibilità di scoprire se le danze dell’Egitto odierno hanno delle gestualità ereditate da quello antico?
Nel 1935 Irena Lexova, figlia di un famoso egittologo cecoslovacco, František Lexa, ne fece un argomento di ricerca che venne riedito più volte.

SECONDA DIAPOSITIVA: se da un lato c’è un forte interesse a ricostruire le coreografie egizie leggendo i rilievi e i dipinti tombali, dall’altra c’è la constatazione che i personaggi raffigurati sono spesso dei giganteschi determinativi del testo che è scritto sulle pareti.
Questo vuol dire che gli artigiani hanno rappresentato quei movimenti e quei passi che erano più facili da disegnare e più conformi ai canoni che, ricordiamo, erano tutt’altro che ritrattistici.
Come abbiamo già visto nella TT38 di Djeserkaraseneb e nella TT75 di Amenhotep Sise, molti temi venivano ripetuti seguendo dei modelli soffocando la libertà e la spontaneità dell’artista e riducendolo ad un comune artigiano.
Alla Lexova, che cercava di riprodurre le antiche coreografie, non piacevano le danze dell’Egitto degli Anni Trenta.
Nei suoi scritti respinge ogni somiglianza tra le danze moderne e quelle antiche.
D’altra parte anche a noi sembra che la forma attuale, che noi chiamiamo, danza del ventre sia lontanissima da quella del Nuovo Regno e strizzi un po’ troppo l’occhio all’aspetto commerciale.

La conclusione viene da sé: la danza del ventre sarà curiosa, divertente e “appetitosa”… ma con l’antico Egitto non è afferente assolutamente in nulla.

TERZA DIAPOSITIVA: Una delle raffigurazioni di danza più disinibite sopravvissute dall’antico Egitto include ballerini di coppia.

In questo caso diciamo proprio ballerini perché la scena raffigurata risulta molto libera anche relativamente alle espressioni dei protagonisti. Più che una danza funeraria sembra un ballo festivo domestico.

La scena originariamente proveniva dalla tomba di lntef (Secondo Periodo Intermedio, 1550 a.C. circa) ubicata a Dra Abu el Naga, sulla riva occidentale di Luxor. Oggi il reperto parietale è conservata all’Ashmolean Museum, di Oxford.

Il rilassamento del rigido controllo dello stato che si verificava sempre durante un Periodo Intermedio, quando il governo centralizzato diventava vacante, ha permesso all’artista (non più artigiano) di rappresentare liberamente l’evidente godimento da parte dei ballerini delle loro prestazioni.

Nelle immagini: Petrie nel 1909 trova un pozzo quadrato di circa 6 metri all’estremità nord di Dra Abu el Naga che è risultato parzialmente dipinto. Petrie lo ha fatto risalire alla XVII Dinastia.

I TERMINI

Sfogliando il mio Dizionario Egizio-Italiano troviamo un certo numero di lemmi che sono stati usati per descrivere il verbo ballare o danzare, il più comune è “ibȜ“.

Sono usati anche altri termini che sembrano descrivere danze oppure dei movimenti specifici di danza.
Questi lemmi sono usati nelle didascalie dei dipinti o dei rilievi parietali, ma, purtroppo, non ci dettagliano ulteriormente la natura dell’evento in questione.
Per fortuna sia nei documenti amministrativi che nella letteratura esistono dei riferimenti occasionali o casuali che ci permettono di indagare in merito alla danza e ai danzatori nell’antico Egitto, facendo così luce sulla vita e sulla professionalità di questi antichi artisti.

Nella cultura popolare la danza era qualcosa che la gente considerava scontata e comune, perciò è stata raramente descritta e documentata quanto invece più volte raffigurata.
Questo, naturalmente, non è univoco per l’Egitto nell’antichità, i riferimenti alla danza in Egitto dal periodo bizantino al XVIII secolo sono scarsi ma questo non significa che essa abbia cessato di esistere.

Per facilitare chi volesse pronunciare i lemmi senza aver studiato i geroglifici ho aggiunto la pronuncia secondo il codice IPA.

Ugualmente lascio qui il link per trovare il Dizionario Egizio – Italiano: https://www.amazon.it/Diziona…/dp/8899334129/ref=sr_1_3…

ATTENZIONE: il grosso punto nero, nelle immagini del Dizionario, separa diverse varianti grafiche dello stesso lemma.