E' un male contro cui lotterò

LAME E BISTURI

Di Andrea Petta e Franca Napoli

In questo campo dobbiamo necessariamente affidarci ai papiri medici, tenendo conto che purtroppo non ci sono pervenuti strumenti chirurgici con l’etichetta e la descrizione – quindi in molti casi gli studiosi si basano sulla descrizione e sul contesto per cercare di identificare gli strumenti stessi.

Sappiamo quindi che i chirurghi egizi avevano a disposizione lame diverse per i tipi diversi di interventi che dovevano effettuare. Abbiamo già visto il coltello peseskhef utilizzato per recidere il cordone ombelicale (vedi: https://laciviltaegizia.org/…/la-nascita-e-i-riti-del…/), ma in questo caso si trattava di un oggetto rituale più che uno strumento chirurgico. Si tratta comunque del primo strumento chirurgico “specialistico” conosciuto.

Coltello peseskehf della IV Dinastia, collezione privata

La lama che veniva usata per rimuovere frammenti di oggetti dalla ferita o tessuto devitalizzato (sbrigliamento chirurgico, lo chiameremmo oggi) era chiamata “khepet”, e da come viene descritta era a lama sottile, adatta sia al taglio che alla rimozione dei corpi estranei o frammenti ossei della ferita. Un paragone moderno potrebbe essere un bisturi con lama di tipo 11.

Una moderna lama da bisturi tipo 11, simile probabilmente alla lama “khepet”, a confronto con uno dei “coltelli” della collezione Petrie.

L’incisione invece di un ascesso o di un tumore avveniva con la lama “des”, con ogni probabilità a lama curva ed estremamente affilata, equivalente – ma non uguale – ai nostri bisturi moderni tipo 22 con la curvatura ancora più pronunciata.

E una moderna lama da bisturi tipo 22, “erede” della lama “des”. Attenzione, però: la lama “des” era probabilmente molto più panciuta, con forma a semi-foglia

La lama des veniva usata anche per allargare i bordi di una ferita, ad esempio per estrarre una freccia. Il recupero dei frammenti rimasti all’interno della ferita stessa poteva avvenire anche con uno strumento definito “henweh”, presumibilmente pinze a punta sottili, o con una sorta di forcipe per l’estrazione delle punte di freccia.

Tra le “pinzette” catalogate da Petrie c’è anche questo curioso oggetto, una sorta di piccolo forcipe a tre braccia, uno degli “indiziati” per essere il famoso “henweh” – in attesa di nuove scoperte

Un ulteriore tipo di lama menzionata, “shash” non ha invece una descrizione associata, se non che fosse usata per “asportare un gonfiore/tumore”; quindi si presume fosse quella a lama più lunga.

Purtroppo i reperti specifici del campo medico/chirurgico non hanno mai destato grande entusiasmo negli archeologi “classici”. Accade così che l’unica opera di classificazione degli strumenti da taglio sia tuttora quella di Flinders Petrie del 1917. Al buon Petrie, però, non poteva importare di meno della parte medica della sua collezione, tanto che le lame chirurgiche – se ci sono – sono mescolate agli altri coltelli ed utensili.

Una delle raccolte di lame e rasoi catalogati da Petrie: si nasconderanno qui alcuni degli strumenti descritti nei papiri medici? Gli esperti ritengono che sia probabile

Si considera comunque generalmente che queste lame fossero inizialmente in selce e monouso, ma già dall’Antico Regno si diffusero gli strumenti in metallo.

Non va dimenticato infine che tra gli attrezzi chirurgici dovremmo inserire – se li conoscessimo – quelli utilizzati per la trapanazione del cranio (trefinazione) di cui ci sono alcune evidenze tuttora oggetto di accesi dibattiti tra gli studiosi.

La possibile prima evidenza di trapanazione del cranio, la mummia C2 – un uomo di 40-50 anni vissuto durante la IV Dinastia e ritrovato a Giza nella necropoli occidentale della piramide di Cheope, ora all’Istituto di Anatomia dell’Università del Cairo

Questo cranio frantumato, ritrovato a Megiddo e vissuto all’epoca della XVII Dinastia egizia, mostra un foro di forma quadrangolare attribuito ad una trapanazione del cranio (da: Kalisher, Rachel, et al. “Cranial trephination and infectious disease in the Eastern Mediterranean: The evidence from two elite brothers from Late Bronze Megiddo, Israel.” Plos one 18.2 (2023): e0281020)
Il cranio ritrovato nella tomba Primo Profeta di Amon Horsaset (XXII Dinastia) mostra i segni di quella che potrebbe essere stata una trapanazione del cranio. Da: Pahl, Wolfgang Michael. “Altägyptische Schädelchirurgie.” G Fischer, Stuttgart Jena New York (1993), fotografia del Dr. Douglas Derry
L’ipotesi di Wolfgang Pahl, che identifica in uno degli attrezzi mostrati a Kom Ombo (vedi: https://laciviltaegizia.org/2023/07/08/chirurgia-egizia/) un attrezzo per la trapanazione del cranio. Da: Pahl, Wolfgang Michael. “Altägyptische Schädelchirurgie.” G Fischer, Stuttgart Jena New York (1993).
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IL PAPIRO KAHUN

Di Andrea Petta e Franca Napoli

LA (QUASI) NASCITA DELLA GINECOLOGIA

La parte principale del Papiro Kahun (da “The Petrie Papyri – Hieratic Papyri from Kahun and Gurob” di Griffith, 1898)

Il Papiro Kahun non ha una storia “avventurosa” come quella dei Papiri Ebers ed Edwin Smith. Fu trovato direttamente da Flinders Petrie nel 1889 presso la cittadina di El-Lahun (no, non è un errore di battitura, Kahun è un quartiere di El-Lahun) nel delta del Nilo (vicino all’oasi del Fayyum) e di lì trasportato all’University College di Londra nel Museo Petrie.

Fu inizialmente tradotto e pubblicato da Griffith nel 1898 in una versione che, con pudore tipicamente inglese, riporta i termini dell’anatomia femminile (ritenuti poco consoni ai lettori) in latino invece che in inglese…

La traduzione in geroglifici di Griffith, 1898

Lungo circa un metro ed alto 32 cm, è composto da tre pagine con 34 colonne (ognuna descrive un caso) scritte in ieratico (ma una parte accessoria dedicata alla veterinaria, scritta da un’altra mano, è curiosamente in geroglifici).

Risale al Medio Regno e precisamente al regno di Amenhemet III (circa 1823 BCE) rendendolo il più antico finora ritrovato. Al ritrovamento non era in buone condizioni, e nonostante tutti gli interventi per conservarlo e ricostruirlo, alcune parti sono mancanti o danneggiate.

Dei 34 paragrafi, ben 17 seguono una formula tipica istruzioni/diagnosi:

  • “Istruzioni nel caso di una donna che…”
  • “Tu allora dirai…”
  • “Tu la tratterai in questo modo:…”

ma senza la parte che riguarda l’analisi della paziente (pudore? Ritenuta non necessaria?).

A volte la logica ci sfugge completamente: nel Paragrafo 5 si indica che una donna che abbia dolore ai denti ed alle gengive tanto da non poter aprire la bocca soffra di un dolore acuto del grembo (utero); il trattamento poi di fumigazione con olio e incenso, ricoprendola di urina d’asino potrebbe farci sorgere qualche dubbio sull’efficacia… Da notare comunque che “se il dolore è posizionato tra l’ombelico e le natiche”, il male è dichiarato incurabile (“bitu”)   

L’ultima parte, quella più danneggiata, del Papiro Kahun (da “The Petrie Papyri – Hieratic Papyri from Kahun and Gurob” di Griffith, 1898)

Oltre ai rimedi più strani (la fumigazione della vagina era molto praticata, apparentemente), per la prima volta si parla di stupro (paragrafo 2: “Una donna sofferente nelle parti intime e che sia stata maltrattata”), anche se la prescrizione è solo di assumere olio di oliva per bocca fino alla guarigione.

Di fianco a sistemi per facilitare la gravidanza (incenso, olio fresco, datteri e birra), abbiamo anche contraccettivi di dubbia efficacia: escrementi di coccodrillo sciolti in latte acido, oppure l’inserimento in vagina di un tampone con miele, spine di acacia tritate e natron, che viene indicato come “efficace per uno, due o tre anni”.

Se volete provare, non ci assumiamo responsabilità, ma è notevole il fatto che le spine di acacia contengano acido lattico, tuttora usato nelle creme e gelatine contraccettive…

Interessante è invece l’osservazione della distensione dei capillari (ma manca la parte del trattamento applicato per rivelarlo) come diagnosi di gravidanza.

Il metodo per determinare se una donna fosse fertile (inserimento di una cipolla in vagina per una notte e controllare se l’alito sappia di cipolla il mattino dopo) per quanto ci possa sembrare assurdo fu ripreso ed usato da Ippocrate ben 1,500 anni dopo.

Test di fertilità egizio…

Da un punto di vista medico, il Papiro Kahun ha un valore storico più che scientifico. Manca tutta la parte dell’analisi della paziente, il danneggiamento ha reso irrecuperabili molte parti, tanto da rendere incerta l’applicazione di molti trattamenti descritti.

Rimane una preziosa testimonianza della specializzazione della medicina egizia fin dai tempi più remoti

Un dettaglio della parte dedicata alla medicina veterinaria scritta in geroglifico
Nuovo Regno, Statue, XVIII Dinastia

TESTA IN STEATITE DELLA REGINA TIYE

Di Patrizia Burlini

Testa della Regina Tiye, Museo del Cairo JE 38257

Nel 1905, W.M.Flinders Petrie condusse una spedizione archeologica nel Sinai. Si concentrò in particolare sul tempio di Serabit-el-Khadim, dedicato alla dea Hathor, chiamata Signora del turchese, in onore delle miniere che qui si trovavano. Il tempio originariamente fu costruito da Snefru, ma nel corso dei millenni, molti faraoni lo modificarono ed arricchirono.

Nel suo rapporto « Ricerche nel Sinai » del 1906, Petrie riporta gli esiti degli scavi e dal suo resoconto emerge una piccola ma allo stesso grande scoperta: una magnifica testa in steatite della regina Tiye, alta soli 7 cm, oggi conservata al Museo del Cairo.

Le foto originali di Petrie

Emozionante la descrizione che ne fa Petrie:

« … Un’altra regina ha lasciato qui uno dei ritratti più suggestivi mai scolpiti da un egizio (fig. 133). La famosa regina Tiye, consorte del magnifico monarca Amenhotep III, è stata fino ad ora conosciuta solo da alcune sculture in rilievo e non da una figura con nome a tutto tondo. È strano che questo remoto insediamento d’Egitto abbia conservato per noi il suo ritratto, identificato inequivocabilmente dal cartiglio in mezzo alla corona. Il materiale è steatite scistosa verde scuro e l’intera statuetta doveva essere alta circa un piede. Sfortunatamente, nessun altro frammento della figura è rimasto nel tempio e solo la testa è stata conservata. La superba dignità del viso si fonde con un’affascinante immediatezza e fascino personale. La delicatezza delle superfici intorno all’occhio e sopra la guancia mostra la massima cura nella manipolazione. Le labbra curiosamente abbassate, con la loro pienezza e tuttavia delicatezza, il loro disprezzo senza malizia, sono evidentemente modellate dal vivo. Dopo aver visto questo ritratto, sembra probabile che il magnifico frammento di testa di regina in marmo proveniente dal tempio di Tell el Amarna sia il ritratto di Tiye, e non di Nefertiti (PETRIE, Tell el Amarna, tav. i, 15). Questa ipotesi è più probabile in quanto la testa di una regina trovata quest’anno a Gurob e acquistata da Berlino è indiscutibilmente coerente con i ritratti non a tutto tondo di Nefertiti e non assomiglia alla testa di marmo. Inoltre, N. Davies ha osservato che solo le statue di Akhenaton e Tiye sono raffigurate nel tempio dove è stata trovata la testa di marmo. Passando al nuovo ritratto, raccogliamo alcuni dettagli sulla regina. L’orecchio è rappresentato forato, come è anche il caso di suo figlio Akhenaton (Tell el Amarna, tav. i, 9). La corona che indossava era probabilmente traforata, in oro. I due uraei alati estendono la loro lunghezza in spire intorno alla testa, finché non si incontrano sul retro, mentre frontalmente sostengono il cartiglio con il nome. Dai due lati del cartiglio scendono i due urei sulla fronte, emblema della grande regina dell’Alto e del Basso Egitto. Questo pezzo da solo valeva tutto il resto dei nostri guadagni dell’anno; ora è al Museo del Cairo. …”

Testa della Regina Tiye,
Museo del Cairo JE 38257

Bibliografia;

Approfondimenti: