E' un male contro cui lotterò

IL PAPIRO KAHUN

Di Andrea Petta e Franca Napoli

LA (QUASI) NASCITA DELLA GINECOLOGIA

La parte principale del Papiro Kahun (da “The Petrie Papyri – Hieratic Papyri from Kahun and Gurob” di Griffith, 1898)

Il Papiro Kahun non ha una storia “avventurosa” come quella dei Papiri Ebers ed Edwin Smith. Fu trovato direttamente da Flinders Petrie nel 1889 presso la cittadina di El-Lahun (no, non è un errore di battitura, Kahun è un quartiere di El-Lahun) nel delta del Nilo (vicino all’oasi del Fayyum) e di lì trasportato all’University College di Londra nel Museo Petrie.

Fu inizialmente tradotto e pubblicato da Griffith nel 1898 in una versione che, con pudore tipicamente inglese, riporta i termini dell’anatomia femminile (ritenuti poco consoni ai lettori) in latino invece che in inglese…

La traduzione in geroglifici di Griffith, 1898

Lungo circa un metro ed alto 32 cm, è composto da tre pagine con 34 colonne (ognuna descrive un caso) scritte in ieratico (ma una parte accessoria dedicata alla veterinaria, scritta da un’altra mano, è curiosamente in geroglifici).

Risale al Medio Regno e precisamente al regno di Amenhemet III (circa 1823 BCE) rendendolo il più antico finora ritrovato. Al ritrovamento non era in buone condizioni, e nonostante tutti gli interventi per conservarlo e ricostruirlo, alcune parti sono mancanti o danneggiate.

Dei 34 paragrafi, ben 17 seguono una formula tipica istruzioni/diagnosi:

  • “Istruzioni nel caso di una donna che…”
  • “Tu allora dirai…”
  • “Tu la tratterai in questo modo:…”

ma senza la parte che riguarda l’analisi della paziente (pudore? Ritenuta non necessaria?).

A volte la logica ci sfugge completamente: nel Paragrafo 5 si indica che una donna che abbia dolore ai denti ed alle gengive tanto da non poter aprire la bocca soffra di un dolore acuto del grembo (utero); il trattamento poi di fumigazione con olio e incenso, ricoprendola di urina d’asino potrebbe farci sorgere qualche dubbio sull’efficacia… Da notare comunque che “se il dolore è posizionato tra l’ombelico e le natiche”, il male è dichiarato incurabile (“bitu”)   

L’ultima parte, quella più danneggiata, del Papiro Kahun (da “The Petrie Papyri – Hieratic Papyri from Kahun and Gurob” di Griffith, 1898)

Oltre ai rimedi più strani (la fumigazione della vagina era molto praticata, apparentemente), per la prima volta si parla di stupro (paragrafo 2: “Una donna sofferente nelle parti intime e che sia stata maltrattata”), anche se la prescrizione è solo di assumere olio di oliva per bocca fino alla guarigione.

Di fianco a sistemi per facilitare la gravidanza (incenso, olio fresco, datteri e birra), abbiamo anche contraccettivi di dubbia efficacia: escrementi di coccodrillo sciolti in latte acido, oppure l’inserimento in vagina di un tampone con miele, spine di acacia tritate e natron, che viene indicato come “efficace per uno, due o tre anni”.

Se volete provare, non ci assumiamo responsabilità, ma è notevole il fatto che le spine di acacia contengano acido lattico, tuttora usato nelle creme e gelatine contraccettive…

Interessante è invece l’osservazione della distensione dei capillari (ma manca la parte del trattamento applicato per rivelarlo) come diagnosi di gravidanza.

Il metodo per determinare se una donna fosse fertile (inserimento di una cipolla in vagina per una notte e controllare se l’alito sappia di cipolla il mattino dopo) per quanto ci possa sembrare assurdo fu ripreso ed usato da Ippocrate ben 1,500 anni dopo.

Test di fertilità egizio…

Da un punto di vista medico, il Papiro Kahun ha un valore storico più che scientifico. Manca tutta la parte dell’analisi della paziente, il danneggiamento ha reso irrecuperabili molte parti, tanto da rendere incerta l’applicazione di molti trattamenti descritti.

Rimane una preziosa testimonianza della specializzazione della medicina egizia fin dai tempi più remoti

Un dettaglio della parte dedicata alla medicina veterinaria scritta in geroglifico
Nuovo Regno, Statue, XVIII Dinastia

TESTA IN STEATITE DELLA REGINA TIYE

Di Patrizia Burlini

Testa della Regina Tiye, Museo del Cairo JE 38257

Nel 1905, W.M.Flinders Petrie condusse una spedizione archeologica nel Sinai. Si concentrò in particolare sul tempio di Serabit-el-Khadim, dedicato alla dea Hathor, chiamata Signora del turchese, in onore delle miniere che qui si trovavano. Il tempio originariamente fu costruito da Snefru, ma nel corso dei millenni, molti faraoni lo modificarono ed arricchirono.

Nel suo rapporto « Ricerche nel Sinai » del 1906, Petrie riporta gli esiti degli scavi e dal suo resoconto emerge una piccola ma allo stesso grande scoperta: una magnifica testa in steatite della regina Tiye, alta soli 7 cm, oggi conservata al Museo del Cairo.

Le foto originali di Petrie

Emozionante la descrizione che ne fa Petrie:

« … Un’altra regina ha lasciato qui uno dei ritratti più suggestivi mai scolpiti da un egizio (fig. 133). La famosa regina Tiye, consorte del magnifico monarca Amenhotep III, è stata fino ad ora conosciuta solo da alcune sculture in rilievo e non da una figura con nome a tutto tondo. È strano che questo remoto insediamento d’Egitto abbia conservato per noi il suo ritratto, identificato inequivocabilmente dal cartiglio in mezzo alla corona. Il materiale è steatite scistosa verde scuro e l’intera statuetta doveva essere alta circa un piede. Sfortunatamente, nessun altro frammento della figura è rimasto nel tempio e solo la testa è stata conservata. La superba dignità del viso si fonde con un’affascinante immediatezza e fascino personale. La delicatezza delle superfici intorno all’occhio e sopra la guancia mostra la massima cura nella manipolazione. Le labbra curiosamente abbassate, con la loro pienezza e tuttavia delicatezza, il loro disprezzo senza malizia, sono evidentemente modellate dal vivo. Dopo aver visto questo ritratto, sembra probabile che il magnifico frammento di testa di regina in marmo proveniente dal tempio di Tell el Amarna sia il ritratto di Tiye, e non di Nefertiti (PETRIE, Tell el Amarna, tav. i, 15). Questa ipotesi è più probabile in quanto la testa di una regina trovata quest’anno a Gurob e acquistata da Berlino è indiscutibilmente coerente con i ritratti non a tutto tondo di Nefertiti e non assomiglia alla testa di marmo. Inoltre, N. Davies ha osservato che solo le statue di Akhenaton e Tiye sono raffigurate nel tempio dove è stata trovata la testa di marmo. Passando al nuovo ritratto, raccogliamo alcuni dettagli sulla regina. L’orecchio è rappresentato forato, come è anche il caso di suo figlio Akhenaton (Tell el Amarna, tav. i, 9). La corona che indossava era probabilmente traforata, in oro. I due uraei alati estendono la loro lunghezza in spire intorno alla testa, finché non si incontrano sul retro, mentre frontalmente sostengono il cartiglio con il nome. Dai due lati del cartiglio scendono i due urei sulla fronte, emblema della grande regina dell’Alto e del Basso Egitto. Questo pezzo da solo valeva tutto il resto dei nostri guadagni dell’anno; ora è al Museo del Cairo. …”

Testa della Regina Tiye,
Museo del Cairo JE 38257

Bibliografia;

Approfondimenti: