Antico Regno, C'era una volta l'Egitto, Piramidi

LA GRANDE PIRAMIDE DI KHEOPE – DENTRO LA PIRAMIDE

Di Piero Cargnino

GLI AGGIORNAMENTI SUL NUOVO CORRIDOIO SCOPERTO DA ScanPyramids A CURA DI FRANCK MONNIER SONO DISPONIBILI QUI

LE PRIME ESPLORAZIONI

Naturalmente le piramidi, ed in modo particolare quella di Cheope, non sono solo cumuli massicci di pietre, al loro interno sono presenti corridoi e camere che già di per se costituiscono mirabili opere di ingegneria e architettura. Sicuramente già nell’antichità la piramide di Cheope venne in qualche modo violata, nonostante la cosa si presentasse decisamente ardua, vista la complessità della costruzione e le misure adottate per evitare intrusioni. Per oltre 3000 anni nessuno riuscì a penetrare all’interno della piramide anche se dalla stessa veniva asportato il suo rivestimento esterno in calcare.

L’ingresso originale della Grande Piramide si trova sul lato nord, a 17 metri dal suolo e 7,29 metri a sinistra dalla linea mediana della facciata ed è ben visibile a causa del grande scavo compiuto per riportarlo alla luce. Tutto lascia supporre che nell’antichità questo non fosse visibile perché coperto dal rivestimento in calcare della piramide quindi nessuno sapeva della sua esistenza.

Da quanto afferma Strabone di Amasea, nel suo “Geographia”, al cap. XVII, 1,33, si direbbe invece che la cosa fosse risaputa:

<<………Una è appena più grande dell’altra e in alto, quasi a metà di una faccia, reca un masso estraibile; rimuovendolo, c’è un budello sinuoso che porta fino alla camera mortuaria………>>.

Ho detto che per oltre 3000 anni nessuno riuscì a penetrare all’interno della piramide, giungiamo quindi al periodo della dominazione araba in Egitto. Molti studiosi arabi medievali, tra cui Masudi, Idrisi, Latif e Al Maqrizi, si cimentarono nello studio di come poter penetrare all’interno della piramide nella convinzione che in essa fossero contenuti chissà quali tesori. Secondo il vescovo Cosma di Gerusalemme (vissuto intorno alla metà dell’VIII secolo d.C.) le piramidi erano i granai delle storie di Giuseppe citate nella Bibbia in Genesi 41. Anche se tale ipotesi non trovò gran seguito, per molti credenti la cosa era vera.

Da diversi scritti islamici e copti si apprende che intorno all’anno 820 d.C. il califfo abbaside Ahu Ja ‘Abd Allah al-Ma’Mun, (più noto come al-Mamun), grande intellettuale desideroso di conoscere, sempre alla ricerca della verità, ispirato dai racconti che si tramandavano dalla notte dei tempi circa enormi tesori che sarebbero stati contenuti all’interno delle piramidi, venne preso dalla smania di verificare se la cosa fosse vera violando la Grande Piramide di Cheope. Al-Mamun fu ispirato principalmente dal racconto della principessa Scheherazade che nella silloge favolistica islamica, “Le mille e una notte”, parlando delle piramidi d’Egitto racconta:

<<………Dicono gli antichi che nell’interno della piramide occidentale vi sono trenta ambienti di granito colorato, pieni di gemme preziose, di monete in quantità e di immagini singolari, strumenti ed armi magnifiche, le quali sono spalmate di unguenti composti con magia, in modo da non arrugginire fino al giorno del giudizio. Si trova nella piramide vetro pieghevole che non si rompe, ogni specie di droghe raffinate e di acque preparate, ed altre cose ancora. Nella piramide sono celate le cronache dei sacerdoti scritte su lastre di granito; ciascun sacerdote ha la sua lastra sulla quale sono iscritte le meraviglie della sua arte e le sue azioni. Sulle pareti vi sono immagini di persone, simili a idoli, che compiono con le mani i lavori di tutte le arti, e queste figure sono sedute su gradinate. Ciascuna piramide ha il suo tesoriere che la custodisce; detti custodi la preservano, attraverso i secoli, da ogni calamità che potrebbe accaderle……..>>.

A questo proposito lo scrittore e storiografo arabo Ibn Abd Hokm, (IX sec.), racconta che, raggiunta la piramide, al-Mamun, non conoscendone l’ingresso, si apprestò ad aprire una breccia nei blocchi di rivestimento, (che all’epoca erano ancora presenti), della parete nord della piramide.

Per realizzare l’impresa, al-Mamun radunò numerosi architetti e capomastri nella speranza, vana purtroppo, di riuscire a rintracciare, sotto lo strato di blocchi di calcare di copertura un ingresso. Ad un certo punto, irritato per non aver trovato nulla, decise di forzare la parete scavando nella roccia un tunnel nella speranza di riuscire a penetrare all’interno. Scelse il centro della facciata settentrionale, al livello del settimo filare di blocchi. Presto però si accorse che, scalpelli e mazzuoli sulla dura roccia non sortivano l’effetto sperato, allora, scrive Hokm:

<<…….Dapprima ammorbidiva la roccia con fuoco e aceto per poi proseguire nella roccia resa ormai friabile. Ci vollero due fabbri, che appuntirono i ferri e gli attrezzi con i quali forzarono l’ingresso e occorse una grande fatica per aprirlo…….>>.

Del fatto esiste anche la conferma dello storico mamelucco Al-Maqrizi, che scrive nel XV secolo, il cui testo, tradotto in francese da Urbain Bouriant, si intitola “Description topographique et historique de l’Egypte”:

<<……… Gli operai scaldavano con il fuoco i blocchi di pietra per poi raffreddarli all’istante rovesciandoci sopra aceto……..>>.

Dopo circa 30 metri di scavo, senza aver trovato nulla, nell’atto di desistere, all’improvviso sentirono un suono sordo provenire da oltre la  parete. Subito venne deviato l’asse di scavo in quella direzione e, dopo alcuni metri, sfociarono nel “Corridoio Discendente”, proprio nel punto dove finisce il terzo tappo di granito.

Da qui il califfo procedette, non senza incontrare altre difficoltà, ad esplorare tutto l’interno della piramide senza però trovare alcun tesoro. Non solo non trovò alcun tesoro ma non trovò proprio nulla tranne un sarcofago di granito rosso nella cosiddetta Camera del Re. Alcune leggende che si sono aggiunte nel tempo raccontano che al-Mamun, fece aprire il sarcofago, che al tempo possedeva ancora il coperchio (questo giustificherebbe l’angolo rotto), ma non vi trovò nulla, né il feretro né il corredo funerario.

Alcune fonti storiche citano un episodio che però non è verificabile, si dice che, avendo trovato vuoto il sarcofago, al-Mamun contrariato decise di portarsi via il coperchio che fece spezzare per poterlo far passare attraverso i cunicoli. Altre fonti contraddicono questa ipotesi asserendo che il sarcofago era già mancante del coperchio che non venne mai trovato. A questo punto al-Mamun, in un ultimo tentativo di trovare qualcosa fece spostare due blocchi di granito dal pavimento in un angolo della stanza, ma non trovò nulla (di questi blocchi spostati parleremo quando giungeremo nella Camera del Re). Stando sempre alle leggende si racconta che al-Mamun, per calmare la rabbia dei suoi uomini che reclamavano la paga, abbia fatto trasportare nottetempo, in gran segreto, dentro la piramide un tesoro affinché gli operai lo ritrovassero il giorno dopo. Si nutrono molti dubbi sulla veridicità del racconto di Hokm, ma tuttavia, gonfiate o meno, sono le uniche notizie di cui disponiamo e, secondo molti studiosi, non tenerne conto per nulla sarebbe un grave errore.

Sia stato effettivamente al-Mamun o qualcun altro prima o dopo di lui ad aprire quel passaggio ha poca importanza, una cosa è certa, che da allora, con tutte le tecnologie moderne, per fare un confronto, siamo riusciti a scoprire ben poco di più. Una volta violata, della piramide, se ne perse l’interesse e alla fine del XIV secolo fu sostanzialmente trasformata in cava di calcare. Quello che si evince dai racconti non è confutabile, è scritto. Però a me sorgono alcuni dubbi su tutta la vicenda.

  1. In base a quale considerazione al-Mamun scelse di scavare proprio la parete nord che, guarda caso, è proprio quella dove si trova l’ingresso originario?.
  2. Perché scelse di scavare proprio all’altezza del settimo filare di blocchi che, guarda caso, si trova alla stessa altezza della congiunzione del corridoio ascendente col corridoio discendente in corrispondenza del punto in cui si trovano i tappi di granito?. Non sarebbe stato più agevole iniziare a scavare al livello della base?.
  3. Perché dopo circa 30 metri (appena aggirati i tappi di granito) lo scavo devia proprio verso il corridoio discendente?. I

l racconto di Al-Maqrizi afferma che gli scavatori sentirono un suono sordo oltre la parete e per questo deviarono l’asse di scavo. Permettetemi di dire che tutte queste combinazioni mi suonano strane, non è che per caso il califfo al-Mamun sapesse già benissimo dove scavare?

DENTRO LA PIRAMIDE

Dal momento che il califfo abbaside al-Mamun gentilmente, anche se in modo forse un tantino invasivo, ha provveduto ad aprirci la strada, penso che possiamo introdurci anche noi nella Grande Piramide per esplorare l’interno. Prima però vorrei soffermarmi su di un argomento che ritengo perlomeno curioso ma decisamente interessante. L’entrata originale della piramide, una maestosa opera megalitica costituita da un enorme ingresso sovrastato da possenti lastroni di calcare sovrapposti che formano una capriata dando un’impressione di eccezionale potenza e bellezza.

Invece il tutto è stato inspiegabilmente murato all’interno del profilo piramidale nascosto alla vista dai blocchi di rivestimento che ricoprivano interamente la facciata. Seppure non è utilizzabile, oggi è ben visibile a causa del grande scavo compiuto per riportarlo alla luce, alcuni ricercatori pensano che in antichità fosse dotato di una porta di pietra a cardini orizzontali. Ma se così fosse non se ne comprende l’utilità poiché l’ingresso fu bloccato dall’interno con tre grossi blocchi di granito.

Questo magnifico ed imponente portale si trova, come detto, sul lato nord, a 17 metri dal suolo e 7,29 metri a sinistra della linea mediana della facciata. Se la piramide doveva presentare fin dall’inizio l’aspetto di una costruzione con le facce completamente lisce e splendenti, non si spiega perché i costruttori avrebbero sprecato tempo e fatica per creare un simile maestoso portale d’accesso per poi occultarlo alla vista appena terminato. Quel portale nascosto ha sempre suscitato un dubbio immane, non è che per caso sia l’entrata di una più antica costruzione, magari inizialmente a gradoni, poi trasformata in una piramide a facce lisce in un secondo momento? (la domanda non me la sono posta solo io ma molti studiosi). Chissà, comunque di li non si passa.

Scendiamo alcuni metri più sotto ed incontriamo l’accesso al cunicolo che scavò il califfo al-Mamun, (di cui abbiamo ampiamente parlato in precedenza). Entriamo ed avanziamo per una trentina di metri circa dopo di che il passaggio gira bruscamente a sinistra per scavalcare i massi che bloccano il cunicolo discendente, i massi sono di granito quindi gli operai arabi proseguirono il tunnel sopra di essi, attraverso la più morbida pietra calcarea, finché non raggiunsero il cunicolo ascendente. Da qui è possibile raggiungere anche il cunicolo discendente, il cui accesso è vietato ai visitatori.

La congiunzione tra il cunicolo discendente e quello ascendente, come già accennato, si trova all’incirca alla stessa altezza della galleria scavata da al-Mamun. Come accennato il cunicolo è sempre chiuso al pubblico ma noi facciamo finta di niente e ci entriamo virtualmente. Percorriamo quindi il cunicolo che si presenta alto 96 cm (attenti alla testa) e largo 1,04 metri, e scende con un angolo di circa 26°.

Dopo oltre 100 metri (di cui 28 attraverso le pietre della piramide e 77 nella base rocciosa), il passaggio prosegue in orizzontale per circa 9 metri fino a sbucare in una camera la cui funzione è del tutto misteriosa.

La “Camera Sotterranea” o Inferiore, (o Fossa) è la struttura più bassa della piramide. Questa si presenta di forma rettangolare, dalle dimensioni approssimative di 14 m di larghezza, 8,3 m di lunghezza e 4,3 m di altezza, ed è visibilmente solo abbozzata. Infatti questa non fu mai terminata e non presenta alcuno sbarramento protettivo all’ingresso. Non avrebbe mai potuto ospitare un sarcofago in pietra in quanto non sarebbe stato possibile farlo passare per lo stretto accesso.

Nella parete sud della camera  troviamo un pozzo profondo circa 3 m dal quale parte uno stretto cunicolo cieco (circa 75 × 78 cm), anch’esso solo abbozzato che prosegue in direzione sud per 16,4 metri. La camera presenta anche un pozzo scavato nel pavimento. Entrambi vennero scavati dagli archeologi Perring e Wyse, durante la loro campagna del 1837 alla ricerca di una stanza sepolcrale nascosta. Questo perché basavano le loro ricerche sulla testimonianza di Erodoto che, nel suo II libro delle “Storie”, riferito all’Egitto (124: 1), aveva scritto:

<<……..il Re costruì le camere, destinate alla sua sepoltura, in un’isola, ch’egli creò col condurre dal Nilo fin là un canale……..il Nilo infatti attraverso un condotto artificiale circonda un isolotto dove pare che Cheope sia seppellito………>>.

Inutile dire che non è mai stato rinvenuto un eventuale canale che portasse le acque del Nilo fino all’eventuale camera citata da Erodoto. Nessuno sa come si spiega la presenza di questa camera, alcuni studiosi avanzano l’ipotesi secondo cui si tratterebbe dell’originale camera sepolcrale, ipogea, come quella di tutti gli altri faraoni prima e dopo Cheope in base al principio che “Il corpo alla terra perché dalla terra è stato creato”, se così non è per quale ragione il faraone avrebbe deciso di farsi seppellire più in alto nella Piramide?

L’egittologo Stadelmann è invece dell’opinione che questa camera sotterranea, ancorché incompiuta, dovesse rappresentare la caverna simbolica del dio dei morti Sokar, il cui luogo di culto più significativo e, forse, addirittura primitivo, era ubicato nell’odierna Giza. Secondo questa ipotesi il faraone deceduto si sarebbe unito simbolicamente a Sokar nella tomba. Altre ipotesi parlano di un diversivo per sviare i tombaroli o più semplicemente che si tratti di una realizzazione già presente prima della costruzione della piramide, magari la camera funeraria di una eventuale mastaba già esistente sulla quale si decise di costruire la piramide. Ma allora a questo punto sarebbe inspiegabile la realizzazione del cunicolo discendente che non avrebbe avuto alcuna utilità.

Torniamo indietro ed appena terminato il tratto orizzontale, alcuni metri oltre, sul soffitto incontriamo l’imbocco della cosiddetta “Tromba del Pozzo”, argomento che tratteremo nel prossimo articolo. Proseguiamo risalendo il cunicolo discendente fino allo sbocco della galleria di al-Mamun, qui ci troviamo a circa 28,2 m dall’ingresso originale dove si presenta un buco quadrato nel soffitto del passaggio discendente, in origine doveva essere nascosto da una lastra di pietra, li ha inizio il Cunicolo ascendente, lungo 39,9 metri, dalle dimensioni di 105 x 125 cm, con un’inclinazione pressoché simile a quella del cunicolo discendente, che prosegue fino all’inizio della “Grande Galleria”.

Come già detto, l’estremità inferiore di questo cunicolo è chiusa da tre enormi blocchi di granito, lunghi ognuno circa 1,5 m. che vanno a bloccare l’ingresso principale.

Ora ci troviamo in un punto particolare (cerchiato in bianco nell’ultima foto), da qui si dipartono tre passaggi. Restiamo sulla prosecuzione del cunicolo ascendente dove al termine troviamo la “Grande Galleria”, un’opera meravigliosa che vorrei paragonare ad una cattedrale medievale, che tratteremo in un capitolo apposito. Nell’angolo inferiore della Galleria una grata blocca l’accesso alla “Tromba del Pozzo”. Nella parte centrale della Grande Galleria incontriamo un’altra grata metallica che chiude l’ingresso al corridoio orizzontale che conduce alla Camera della Regina, ma li ci andremo dopo.

LA TROMBA DEL POZZO E IL “GROTTO”

Proprio sotto l’angolo inferiore nord-ovest della Grande Galleria si trova un’apertura, un tempo coperta da una pietra, (oggi bloccata da una grata metallica), da cui si diparte un pozzo verticale, la cosiddetta “Tromba del Pozzo”. Non molti la conoscono perché pochi ne parlano tanto che in alcune rappresentazioni della piramide in sezione non viene neppure indicata.

Si tratta di un cunicolo quasi verticale rivestito da blocchi di calcare perfettamente squadrati. Va detto che questa è un’area della piramide che, più di qualunque altra, è stata trascurata da quasi tutti i ricercatori ed esploratori. Sono pochissime le persone che l’hanno visitata e la ragione è semplicissima, poiché si trova in una posizione praticamente inaccessibile, la discesa nel pozzo deve avvenire per forza con l’aiuto di qualcuno che da sopra regge una corda con la quale calarsi in sicurezza. La ragione per cui è trascurata sta anche nel fatto che molti esperti, pur non soffrendo di claustrofobia, vanno incontro a diversi problemi viste le ridotte dimensioni e la lunghezza del condotto, ed è proprio per la sua pericolosità che la discesa è stata effettuata da pochi. Tra quei pochi che l’hanno visitata, nel XIX secolo ci furono Caviglia, Vyse e Perring, ed infine Smith. Ma noi, che siamo temerari, proveremo ad infilarci dall’accesso ai piedi della Grande Galleria ed a calarci per tutto il percorso. (I claustrofobici e quelli che temono gli scorpioni non mi seguano).

Si scende in verticale per 7 metri, proseguendo, il tunnel scende obliquo, rozzamente scavato nel corpo della piramide per altri 11 metri. A questo punto si incontra la roccia viva ed il tunnel prosegue verticalmente per altri 4 metri fino a sbucare nel ”Grotto” (Grotta).

Il Pozzo, in questo punto, è costituito da 10 strati di blocchi di calcare squadrato grossolanamente, in fondo, sul lato meridionale, presenta un’apertura di 71 centimetri che fornisce una via d’accesso alla Grotta. Alcuni studiosi avanzano l’ipotesi che questa sezione della Tromba del Pozzo, alta 3 metri, esistesse già molti secoli prima della piramide e costituisse forse il pozzo per una precedente tomba, la Grotta appunto, come tale quindi sia del tutto indipendente dalla piramide stessa. Anche qui però viene da obiettare: se era preesistente alla piramide, per quale ragione venne collegata tramite un pozzo scavato nel corpo della piramide? Perché la tromba del pozzo prosegue fino ad incontrarsi col cunicolo discendente sicuramente costruito con la piramide? Se lo scopo, in un remoto passato era quello di collegare la Grotta alla Camera sotterranea perché finisce prima, proprio sul cunicolo discendente? Su questo non esistono ipotesi di chicchessia.

Attraversiamo l’apertura ed affacciamoci alla Grotta, in sostanza parrebbe una caverna naturale, secondo alcuni potrebbe trattarsi di un’oasi di terra preesistente nel mezzo della piana di roccia viva che venne poi inglobata nella piramide. La sua conformazione è decisamente strana e misteriosa. Si può descrivere come una caverna bassa di forma irregolare con il pavimento a tre livelli, solo al centro è abbastanza alta da permettere ad un uomo di rimanere eretto.

Non credo che esistano foto della Grotta, quello che possiamo vedere ci proviene dai disegni eseguiti da coloro che l’hanno visitata in passato. Inspiegabile la presenza di un blocco di granito delle dimensioni di 107 x 64 x 50,8 posto in bilico sul pavimento, vicino alla profonda buca centrale; il blocco è attraversato da un foro di 9 centimetri, forse utilizzato per rendere più facile calarlo nella stanza, ma a quale scopo, come mai così in bilico e come fa a starci?. Curioso il fatto che il soffitto, pur essendo compatto, non è composto di dura pietra ma di un agglomerato di piccole pietre, tipo ghiaia, sistemate in modo talmente approssimativo che è sufficiente grattare con le dita per estrarne intere manciate. Sorge spontanea la domanda: quale era la funzione di questa stanza?.

Come detto sopra lo studio della Grotta non è mai stato approfondito e sono poche e superficiali le notizie in proposito presenti nei vari trattati degli archeologi che l’hanno visitata. In sostanza la Grotta sarebbe, come molte altre caverne, considerata un luogo sacro, l’egittologo J. P. Lepre l’ha definita la “dimora degli Dei morti che assistettero il Creatore nel suo atto di creazione”. Come detto, molti studiosi stanno ancora cercando di stabilire per quale ragione è stata integrata nel già complesso sistema di cunicoli della Piramide.

Torniamo nella Tromba del Pozzo che dalla Grotta prosegue, scavato nella viva roccia per 31 metri obliqui, seguono 9 metri con una pendenza maggiore ed infine, dopo 3 metri con pendenza minore, il tunnel si collega al cunicolo discendente nella parte terminale prima che questi prosegua in orizzontale fino alla camera sotterranea (già trattata nel precedente articolo).

Alcuni studiosi sostengono che questo strano cunicolo verticale sia servito da via d’uscita per gli operai subito dopo aver bloccato il cunicolo ascendente, ipotesi rifiutata da molti perché ritenuta non sostenibile. Sarebbe assurdo pensare che alcuni operai siano rimasti all’interno della piramide, abbiano fatto precipitare i massi di granito che bloccano l’ingresso originale poi, completamente al buio, in mancanza d’aria, essendo tutto bloccato, si siano messi a scavare un simile pozzo per raggiungere il cunicolo discendente, risalendo il quale si sarebbero comunque trovati bloccati dai tappi di granito. Da non trascurare inoltre l’assoluta assenza del materiale di risulta dello scavo che si dovrebbe trovare in abbondanza. Altri sostengono che sia stata la via attraverso la quale i predoni hanno raggiunto le camere reali già in antichità, (da cui il nomignolo “passaggio dei ladri”), anche questa assurda ipotesi viene scartata, è impensabile che i saccheggiatori abbiano scavato un simile cunicolo che, combinazione si va a connettere alla Grande Galleria, lo stesso vale se fosse stato iniziato dall’alto verso il basso senza sapere dove sarebbe sbucato. Inoltre se fossero stati i ladri a scavarla anche in questo caso si sarebbero trovate le macerie, per cui il mistero rimane. Di sicuro questo pozzo non fu scoperto dagli operai del Califfo al-Mamun perché troppo impegnati nella battaglia contro i tappi di granito che bloccavano la galleria ascendente.

Senza aver appagato la nostra curiosità, portandoci appresso questo ennesimo mistero, risaliamo il pozzo e torniamo all’imbocco della Grande Galleria.

LA CAMERA DELLA REGINA

Ed eccoci di nuovo all’intersezione dei tre cunicoli, al centro ci troviamo di fronte ad una grata che chiude l’accesso al corridoio centrale, come ho già accennato la grata è quasi sempre chiusa in quanto l’accesso è solitamente inibito ai turisti anche se in alcuni casi viene permessa la visita. Noi, come sempre, facciamo finta di niente ed entriamo lo stesso.

Da qui imbocchiamo il cunicolo orizzontale che presenta una sezione approssimativamente quadra di 1,1 m di lato. Abbassiamo la testa per evitare bernoccoli e ci infiliamo; procediamo per circa 35 m per andare a visitare la cosiddetta “Camera della Regina”.

Per dovere di cronaca va detto che il nome “Camera della Regina” è considerato falso dagli egiziani visto che mai nessuna regina fu sepolta insieme al suo faraone (che forse non vi fu sepolto neppure lui). Infatti le regine, Hetepheres I, madre, Meretites e Henutsen, mogli di Cheope furono sepolte nelle loro tre piramidi minori che si trovano vicino alla grande piramide verso sud-est. Ma ora proseguiamo nel corridoio.

Un po’ prima dell’ingresso alla camera improvvisamente, senza una ragione apparente, il suolo si abbassa di circa 60 cm ed il passaggio diventa alto 1,73 metri, ci troviamo al livello del pavimento della Camera della Regina. Da scartare a priori la tesi di alcuni secondo cui, essendo il pavimento lastricato di blocchi di granito rosa, questi sarebbero stati asportati dai saccheggiatori di pietra. E’ già difficile pensare come avrebbero potuto entrare nella piramide per tutte le ragioni di cui abbiamo già parlato che pensare che si siano inoltrati fin lassù per rubare massi di granito rasenta l’assurdo (in ogni caso diciamo che tutto è possibile). Alcuni studiosi sostengono invece che si sia verificato un cambiamento nel progetto originario per cui gli architetti, o lo stesso Khufu, optarono per una camera funeraria più grande e più in alto (prendetela così).

E’ sorprendente il fatto che questa camera, oltre a trovarsi a metà strada tra le facce nord e sud della piramide occupi una posizione esattamente perpendicolare al vertice della piramide. Prego entriamo, la Camera  misura 5,75 x 5,23 metri, il soffitto è formato da enormi lastroni sistemati a V rovesciata con un’altezza al vertice di 6,23 metri. La camera, compreso il tetto, è costituita interamente in calcare. Il nome gli fu assegnato dai visitatori arabi anche se non esistono prove archeologiche che abbia mai contenuto una sepoltura.

La cosa che colpisce subito appena entrati si trova nella parete ad est, si tratta di una grande nicchia aggettante alta 4,67 metri della quale si ignora il significato, (potrebbe aver contenuto una statua ma nulla lo fa supporre).

Forse gli uomini di al-Mamun, pensando che la nicchia nascondesse un passaggio poi murato, scavarono nella parete di fondo e dopo poco si trovarono di fronte un cunicolo alto 84 cm e largo 100 cm che si fermava dopo soli 7 metri. Altri, o forse gli stessi, continuarono a scavare per ulteriori 7 metri ma poi, non trovando nulla si fermarono. Oggi il cunicolo è chiuso con una grata. La presenza della nicchia e del cunicolo rimangono un mistero, è stato ipotizzato che potesse avere un qualche significato simbolico-religioso.

Come per la Camera del Re, (che vedremo in seguito), anche nella Camera della Regina sono stati ritrovati due condotti di circa 20 x 20 cm che si estendono dalle pareti nord e sud e si fermano a delle porte di pietra, scoperte in epoca recente delle quali parleremo più dettagliatamente in seguito.

I due condotti simili, che si trovano nella Camera del Re, furono descritti già nel 1610 mentre non si conoscevano quelli della Camera della Regina. Nel 1872, Waynman Dixon e il suo amico, il dottor James Grant, decisero di verificare se condotti simili esistessero anche nella camera della Regina, dal momento che erano già presenti nella camera del re. Guardando una sezione della parete meridionale, notarono una crepa nel muro all’incirca nella stessa posizione in cui si trova il cunicolo della Camera del Re. Inserito un lungo filo nella fessura capirono che probabilmente dietro la lastra vi era il vuoto. Dixon assunse allora un falegname di nome Bill Grundy per tagliare la lastra del muro. Venne così scoperta l’esistenza di un canale che si snoda per quasi 3 metri all’interno della piramide, prima di curvare verso l’alto con un angolo di circa 39°. Perché questo condotto, mai terminato, è stato interrotto diversi centimetri all’interno del muro?. Dato che la camera superiore aveva due cunicoli simili, Dixon misurò la posizione, analoga al cunicolo appena scoperto, sulla parete nord e, come previsto, Grundy trovò l’apertura del cunicolo gemello. Venne acceso un fuoco all’interno della camera per scoprire dove sarebbe sbucato il fumo all’esterno, il fumo ristagnò nel condotto nord mentre salì da quello sud ma non fu visto uscire all’esterno della piramide.

A differenza di quelli della Camera del Re, i condotti della Camera della Regina non sfociano all’aperto ma ad un certo punto si interrompono. Come abbiamo già descritto nell’introduzione, Dixon scoprì in uno di questi condotti tre oggetti, una sfera di diorite, un piccolo gancio di bronzo a doppia punta ed un pezzo di legno di cedro lungo circa 13 cm. Mentre i reperti finirono al British Museum, dove sono custoditi tutt’ora, del pezzo di legno di cedro si persero le tracce. Ritrovato nel 2019 venne sottoposto all’esame al radiocarbonio C-14, risultò che risaliva al 3341 a.C., circa sette secoli prima del regno di Cheope.

Il ricercatore bolognese Mario Pincherle (considerato “eretico” per le sue pubblicazioni su argomenti pseudoscientifici di paleotecnologia e archeologia misteriosa), nel 1972, fece un esperimento: inserì un fumogeno all’interno di un condotto della Camera della Regina. Il fumo generato fu in parte rigettato al di fuori del condotto e in parte risucchiato al suo interno. Con questo esperimento, Pincherle, volle dimostrare l’esistenza di nuovi passaggi segreti dove parte del fumo si sarebbe infilato.

Ci fermeremo ancora per un po’ nella Camera della Regina poiché sono ancora molte le curiosità che ci offre. Come abbiamo detto anche qui vennero rinvenuti dei condotti simili a quelli che si trovano nella camera del re e sono gli unici nei quali sono stati rinvenuti dei reperti.

Che funzione avessero questi stretti condotti è del tutto sconosciuta. Qualcuno avanzò l’ipotesi che si trattasse di condotti il cui compito era quello di portare aria all’interno delle camere, da cui il nome di “condotti di aerazione”. La cosa sarebbe accettabile per quanto riguarda la Camera del Re dove i condotti sfociano all’esterno della piramide, ma non può esserlo sicuramente per quelli della camera della regina perché, come abbiamo detto erano chiusi all’interno della camera, ma soprattutto perché, a differenza degli altri, questi non sbucano nemmeno all’esterno, pare che si fermino a circa 6 metri dalla superficie esterna della piramide.

Alcuni studiosi attribuiscono ai condotti una funzione rituale, Stadelmann suggerisce che si tratti di corridoi attraverso i quali il “Ba” (anima) del defunto poteva salire direttamente verso le stelle imperiture. (parere personale, per permettere al Ba di raggiungere l’aldilà sarebbe stata sufficiente una “falsa porta”, presente in tutte le mastabe, la cui realizzazione si sarebbe rivelata meno complicata e dispendiosa).

I suoi oppositori rifiutano questa teoria adducendo il fatto che in nessuna altra piramide, la camera sepolcrale è dotata di condotti simili, (ma tutta la piramide di Cheope è dissimile dalle altre!). Va evidenziato il fatto che, se davvero la piramide era una tomba, la sua costruzione sarà stata pianificata nei minimi dettagli. Il grande architetto Hemiunu avrà sicuramente previsto come sarebbe dovuto venire l’interno della piramide soprattutto dove doveva essere collocata la camera funeraria. E qui sorge un dubbio, se era previsto che la camera funeraria doveva essere costruita dove in effetti si trova, perché costruire un’altra camera più in basso? Per di più perché dotarla pure dei condotti di aerazione? Quale sarebbe il suo significato reale?

L’egittologo ceco, Miroslav Verner specializzato in storia e archeologia dell’Università di Praga, avanza l’ipotesi che, consapevole dell’immane impresa in cui si era impegnato, Hemiunu, perfettamente conscio delle enormi difficoltà e rischi cui andava incontro nell’intraprendere un’opera mai tentata prima, non abbia pensato che, nel caso di una prematura dipartita del sovrano, questi si sarebbe trovato privo di una tomba in cui giacere. Non è quindi da escludere l’ipotesi che questa camera avesse le funzioni di riserva, l’assenza di un sarcofago e del complicato meccanismo di chiusura si sarebbe potuto risolvere all’occorrenza, per Hemiunu non doveva costituire un problema. Volutamente la camera non sarebbe stata completata (vedi il pavimento mancante) anche se stranamente si sarebbe comunque proseguito nella costruzione dei condotti. Con il completamento della camera del re, con la messa in opera del tetto a doppio spiovente, i condotti della camera della regina vennero interrotti e chiusi.

Dalle esplorazioni effettuate con i vari robot (dei quali parleremo più avanti) è emerso che i condotti si interrompono circa allo stesso livello del vertice della capriata che sovrasta la camere di scarico della camera del re.

Nel 1872, Dixon e Grant trovarono i condotti sotto alcuni centimetri di pietra nella camera, il perché questi si interrompono prima di sbucare nella parete esterna della piramide è un mistero che forse non conosceremo mai. I condotti vennero per lungo tempo trascurati dagli studiosi per l’impossibilità di effettuare ulteriori ricerche date le ridotte dimensioni (20 x 20 cm) degli stessi.

Alcuni avanzano l’ipotesi che i condotti avrebbero svolto una funzione astronomica; nel 1982 Robert Bauval, ingegnere edile studioso di Egittologia, che abbiamo già incontrato in precedenza, durante una visita al museo del Cairo osservò una fotografia aerea della piana di Giza. Trovando curioso il disallineamento della piramide di Micerino rispetto alle altre due, approfondì i suoi studi che portò avanti con il giornalista e scrittore Graham Hancock. Nel libro pubblicato congiuntamente mettono in evidenza la corrispondenza della posizione disallineata della piramide di Micerino rispetto a quelle di Cheope e Chefren e la raffrontano a quella delle stelle della cintura di Orione.

L’egittologia ufficiale rifiuta l’ipotesi di Bauval e Hancock. Io mi fermo qui e rimando gli interessati alla lettura del libro (citato in bibliografia). Se proprio si vuole cercare un’eventuale corrispondenza con le stelle, questa la troviamo; se si traccia una linea ideale che segue il loro percorso, il condotto nord punta sulla stella Beta Ursae Minoris, quello sud punta sulla stella Sirio, sarà un caso oppure una cosa voluta? Questo non lo sapremo mai.

Arriviamo al 1993 quando, l’ingegnere tedesco Rudolf Gantenbrink, con la supervisione dell’archeologo Rainer Stadelmann, ottenne il permesso di poter esplorare i condotti con un piccolo robot che avrebbe dovuto risalire il condotto meridionale della camera della Regina. Gantembrink, affiancato da Ulrich Kapp del GAI e da due ispettori egiziani, introduce il suo piccolo robot, appositamente chiamato come il dio egizio Upuaut, “Colui che apre le strade”.

Nei primi anni 90, Rudolf Gantenbrink, con il Prof. Stadelmann, approfittando di tre sporadici cedimenti nella riottosità di Zahi Hawass, riuscì ad ottenere il permesso di condurre delle esplorazioni all’interno dei condotti della Camera della Regina utilizzando un apposito robot semovente assai simile al Sojourner, sceso su Marte con la missione della NASA Mars Pathfinder nel 1997. Per l’occasione Gantenbrink non scelse un nome a caso, chiamò il suo robot  “Upuaut”.

Upuaut era un dio della religione egizia il cui nome significa: “Colui che apre le strade” (nome volutamente appropriato). La divinità si presenta in forma di lupo ed era il dio patrono del XIII nomo, Licopoli. Anch’esso divinità funeraria, data la forma viene spesso scambiato con Anubi.

Sulle tracce degli studi di Hancock, Bauval e Lemesurier, l’ingegnere tedesco bavarese Rudolf Gantenbrink. supponeva che i cosiddetti “condotti di aerazione” presenti nella camera del re ed in quella della regina nella piramide di Cheope, fossero qualcosa di ben diverso da semplici canali di aerazione. Gantenbrink, nel marzo 1992, partì per una prima campagna di due settimane per realizzare un’ispezione video dei minuscoli condotti della camera della regina utilizzando il suo primo robot, appositamente costruito.

Purtroppo, una volta infilato nel condotto qualcosa non funzionò, il robot (che essendo il primo diventerà noto come il “Padre di Upuaut”) si blocca dopo aver percorso solo 9 metri in tutti e due i condotti rivelandosi incapace di proseguire. La telecamera installata dimostra che i cunicoli non sono simbolici ma proseguono correttamente.

Deluso, Gantenbrink torna in Germania e costruisce un nuovo robot che chiama, “Upuaut 1”, anch’esso monta una telecamera ed è dotato di un’asta laser per misurare le dimensioni del condotto. Due mesi dopo Upuaut 1 viene inviato per un tratto più lungo nei due condotti rilevando le misure dei giunti dei blocchi di calcare. Purtroppo anche stavolta sorsero alcuni problemi di funzionamento che impedirono per la seconda volta di completare la spedizione.

Nuovamente tornato in Germania, Gantenbrink dedicò tutto il 1992 alla messa appunto delle modifiche necessarie dopo di che tornò in Egitto e riprese la spedizione iniziata nel 1991. La seconda campagna inizia a marzo del 1993 con un nuovo robot, migliorato grazie all’esperienza maturata in precedenza, sempre costruito da  Gantenbrink chiamato per l’occasione “Upuaut 2”, al quale aggiunse un robottino di supporto detto “Rope Climber”.

Questa volta l’operazione viene seguita da una troupe televisiva per le riprese. Upuaut 2 sale per 19 metri nel condotto nord fino a scoprire una vecchia asta di metallo, introdotta e poi lasciata (o dimenticata) durante una spedizione del XIX secolo dall’esploratore Waynman Dixon, a questo punto l’ispezione venne interrotta.

L’operazione continua nel condotto sud incontrando numerosi ostacoli, grazie al Rope Climber viene misurato l’esatto angolo di salita. In un secondo tentativo nel condotto sud, Upuaut 2 prosegue per 53 metri, qui incontra un gradino di 6 centimetri che riesce a superare dopo alcuni giorni di tentativi. Dopo altri 12 metri il condotto appare improvvisamente bloccato da una lastra di pietra, questa presenta una parete completamente liscia con, ai due lati superiori due protuberanze, all’apparenza di bronzo o rame molto corrose, ciò fa pensare ad una porta con due maniglie.

La porta diventerà famosa nella letteratura popolare come “The Door”. Un altro tentativo venne fatto anche nel condotto nord ma poiché dopo 18 metri si presentò una curva venne deciso di interrompere l’esplorazione per non rischiare di incastrare il robot. L’esplorazione nei condotti della Camera della Regina venne quindi interrotta e successivamente, per ragioni che non conosciamo, non venne rinnovata a Gantembrink la concessione per effettuare ulteriori ricerche.

Passarono circa 10 anni prima che il dott. Hawass, (forse incoraggiato dai finanziamenti della National Geographic Society), autorizzasse una nuova missione. Questa volta non si trattava più di Gantembrink ed il protagonista era un nuovo robot, il “Pyramid Rover”.

Tutto si fermò per una decina di anni e più nessuno parlò dei condotti della Camera della Regina. Ad un certo punto si presentò la National Geographic Society (NGS), una delle più grandi istituzioni scientifiche ed educative no profit al mondo, alla quale Zahi Hawass (forse incoraggiato dai finanziamenti offerti), autorizzò una nuova missione. Questa comportava l’esplorazione dei condotti per mezzo di un robot di nuova concezione, il “Pyramid Rover” (costato sei mesi di lavoro e più di 250.000 dollari).

L’operazione ebbe luogo sotto la supervisione dell’immancabile Hawass e di Mark Lehener, direttore del “Giza Plateau Mapping Project” e venne trasmessa in diretta sul canale televisivo National Geographic il 17 settembre 2002. Penso che molti di voi l’avranno vista. Il Rover procedette facendo presa sia sul pavimento irregolare del cunicolo, sia sulla superficie del soffitto, ricorrendo a complessi algoritmi progettati per affrontare ogni ostacolo e mettendo a punto la giusta strategia per proseguire il cammino.

Il Rover era dotato di una intelligenza artificiale che gli permetteva di agire in totale autonomia. Alimentato per mezzo di un cavo che lo teneva fisicamente collegato al team di scienziati il “Piramid Rover” dispone di un corpo in alluminio e sette motori indipendenti che animano le varie parti strutturali di cui è composto permettendogli di adattare il suo lento cammino al percorso irregolare dello stretto cunicolo: ad ogni ostacolo il robot è in grado di mettere in atto la giusta strategia per proseguire il cammino in modo autonomo. Percorsi circa 50 metri alla velocità di 1,5 metri al minuto, supera lo scalino alto quasi 6 cm già riscontrato in precedenza dal robot Upuaut, proseguendo poi fino ad arrivare alla famosa Porta di Gantenbrink (di cui abbiamo parlato nell’articolo precedente). Utilizzando un piccolo trapano di cui era dotato, eseguì un foro del diametro di pochi millimetri nella roccia calcarea, la punta del perforatore avanzò lentamente fino a trovarsi dall’altra parte della lastra.

Il mio spirito indagatore a questo punto si mette in moto. Perché venne inviato fin lassù un trapano dotato di una punta più o meno lunga per praticare un foro nella “Porta di Gantenbrink? Chi lo aveva detto che quella era una lastra sottile di calcare? Poteva benissimo essere un blocco massiccio. Considerando che il tutto avveniva “in diretta” sotto gli occhi del mondo, non è che per caso qualcuno sapeva già che oltre la lastra c’era il vuoto? Il Rover, ritrasse la punta perforante ed inserì con precisione chirurgica una micro-camera in fibra ottica capace di ruotare e zoomare sui particolari che si presentavano agli scienziati per la prima volta nella storia dopo oltre 4.500 anni.

La missione si rivelò un successo, ma al di là della porta non c’era nulla di tutto ciò che la fantasia degli studiosi più accreditati avevano fino ad allora supposto: nessuna camera sepolcrale, ne statue, ne oggetti, ne antiche raffigurazioni. Dietro la Porta di Gantenbrink, a pochi centimetri di distanza, se ne trova un’altra, molto simile alla prima ma sprovvista di manici di rame e fratturata in modo evidente. In altri termini nulla di sorprendente anche se Zahi Hawass attribuì alla missione un’importanza eccessiva, ritenendo la scoperta di altissimo valore scientifico.

Il 18 settembre 2002 l’operazione venne ripetuta nel condotto nord  dove si scoprì  una porta del tutto analoga alla precedente. A causa delle agitazioni che hanno coinvolto l’Egitto, come altri paesi arabi, tra il 2010 e il 2011, note come “primavera araba”, il progetto venne interrotto bruscamente poiché il Consiglio Supremo delle Antichità cancellò tutti i permessi per la ricerca.

Tornata la normalità, nel 2011 ha inizio un nuovo progetto che utilizza sempre un Piramid Rover chiamato “Djedi Scoutek UK” (Djedi come il nome del mago che Cheope avrebbe consultato quando progettava la sua piramide) ideato dall’ingegnere Rob Richardson della University of Leeds supportato dalla Dassault Systems francese. Il rover si avvaleva di una telecamera snodabile (micro snake-camera o camera serpente) in grado di documentare anche le pareti laterali del vano scoperto in precedenza.

Il Djedi Scoutek UK è penetrato nel condotto inserendo la sua “snake-camera” all’interno del foro praticato nella porta di Gantenbrink nel 2002 dal suo predecessore Pyramid Rover. Le prime immagini inviate dal robot hanno mostrato un minuscolo locale sulle cui pareti sono presenti numerosi segni realizzati con pittura rossa, secondo alcuni rozzi georoglifici (!).

Luca Miatello, un ricercatore indipendente specializzato nella matematica dell’antico Egitto, ha avanzato l’ipotesi che: “Le marcature siano segni numerici in ieratico. Secondo lui si leggono da destra a sinistra e significano 100, 20, 1. Secondo altri si tratterebbe di appunti di cantiere simili a quelli che vedremo nelle camere di scarico della camera del re, ovvero, segni tracciati dagli operai egizi durante la costruzione della piramide anche se pare che in questo caso si tratti effettivamente di caratteri ieratici. I costruttori semplicemente registrarono la lunghezza totale del cunicolo: 121 cubiti”.

Una domanda mi balza alla mente, ma se gli operai di cantiere usavano contrassegnare i massi come mai gli unici punti dove sono stati riscontrati questi segni si trovano in punti praticamente irraggiungibili? Per quanto riguarda la Camera della Regina a tutt’oggi non si conosce altro, non si sa perché sia stata costruita, non si conosce a cosa fosse adibita e soprattutto rimane il mistero del significato della nicchia e dei cunicoli ciechi; in molti pensano che abbia un qualche significato simbolico-religioso.

LA GRANDE GALLERIA E LA CAMERA DELLE SARACINESCHE

Ora che abbiamo visitato la Camera della Regina ripercorriamo il cunicolo orizzontale fino a raggiungere l’intersezione dei tre cunicoli. Quello che stiamo per vedere è forse l’opera più ardita e spettacolare dell’intera piramide, sollevate lo sguardo, quella che vi trovate di fronte è la “Grande Galleria”, qualcosa che neppure la miglior fotografia gli rende merito, il poterla ammirare per la prima volta non può che lasciarci esterrefatti, senza fiato.

Qui lo stretto cunicolo ascendente, si trasforma in una immensa opera di architettura che il solo pensare che risalga ad oltre 4500 anni fa e sia opera di questo meraviglioso popolo ci lascia allibiti. Pensare che gli antichi egizi l’abbiano costruita quando qui da noi in Europa si era da poco usciti dal neolitico ci fa sentire piccoli e non ci suggerisce nessun aggettivo adatto a definirla. L’impressione è quella di entrare in una di quelle cattedrali che vennero costruite in Europa durante il Medioevo nonostante questa sia larga poco più di 2 metri.

La cosiddetta “Grande Galleria” è alta 8,6 metri e lunga 46,68. Alla base è larga 2,06 metri, ma dopo 2,29 metri i giganteschi blocchi di granito di Assuan rientrano verso l’interno per 7,6 cm su ogni lato. Ci sono 7 di questi gradini aggettanti dopo i quali, alla sommità, la galleria è larga solo 1,04 metri.

Per coloro che non l’hanno ancora visitata ogni descrizione può apparire eccessiva. Quando vi entrai per la prima volta rimasi senza fiato, mi soffermai ad ammirare la precisione con la quale erano stati sistemati quegli enormi blocchi di granito pesanti fino a 70 tonnellate, perfettamente lisciati e combacianti, e per di più posati su un piano inclinato di 26° 31′. E’ già arduo immaginare come siano stati portati fin lassù ma vederli così inclinati riesce difficile immaginare gli accorgimenti che debbono essere stati presi dai costruttori per fermarli in quella posizione vista la ripida inclinazione che li porta ad esercitare un’enorme spinta sul corpo della piramide. La copertura è fatta di blocchi posati in modo leggermente più inclinato rispetto al pavimento, così da incastrare ogni blocco in un incavo ricavato nella sommità della galleria come un dente di un crick.

Il pavimento della Grande Galleria è formato da una rampa liscia centrale larga 1,04 metri, (come il soffitto), e da due rampe disposte su ciascun lato, larghe 51 cm. Ognuna di queste rampe presenta sul pavimento, vicino alla parete, alternate ad intervalli regolari, 27 aperture angolari a ciascuna delle quali corrisponde una nicchia nella parete laterale il cui uso è ignoto. Secondo Borchardt queste aperture servivano per fissare una struttura di travi e assi, si, ma per farci cosa? A tutt’oggi nessuno ha trovato una risposta alla domanda.

L’estremità inferiore della galleria, come accennato sopra, si presenta come un crocevia, infatti in questo punto termina il cunicolo ascendente mentre, sempre da qui, parte il cunicolo orizzontale che conduce alla cosiddetta Camera della Regina da cui arriviamo. In basso nell’angolo inferiore si trova l’apertura del pozzo che conduce al Grotto ed alla Camera sotterranea chiuso da una grata (del quale abbiamo già trattato).

Il perché sia stata costruita un’opera così imponente è, e rimane ancora, un mistero inspiegabile. Alcuni studiosi avanzano l’ipotesi che questa sia servita a trattenere i blocchi di granito che ostruiscono l’ingresso principale fino ad ultimazione dei lavori per poi liberarli in modo che scivolassero fino a bloccare l’ingresso. Cioè sarebbe a dire che per far scivolare tre massi di granito che andassero a bloccare l’ingresso della piramide, invece di un cunicolo di poco più di un metro di lato, gli architetti egizi hanno ecceduto in grandezza costruendone uno di 2 metri per 9 metri? Personalmente mi rifiuto di credere che un popolo, che sapeva bene quel che faceva, abbia fatto una cosa così assurda. Se poi il piano offriva anche la possibilità di far scorrere i blocchi di granito va bene, ma direi che è da escludere nel modo più assoluto che questo fosse il suo scopo.

Ma allora qual era lo scopo e l’utilità di costruire un’opera così mastodontica? Forse non lo sapremo mai. Secondo alcuni studiosi quest’opera rappresenterebbe una specie di “cattedrale” per le cerimonie funebri dove si celebravano riti religiosi quali l’”Apertura della bocca” o la “Pesatura del cuore”. Altra cosa poco credibile, sarebbe assurdo pensare che gli antichi egizi abbiano costruito un corridoio alto circa 9 metri, lungo poco meno di 50 metri e largo alla base 2 metri, con una pendenza di 26°, decisamente scomodo per celebrare riti o per porre al suo interno una ipotetica bilancia per la pesa del cuore (anche perché va considerato il fatto che i riti suddetti erano celebrati solo dagli dei). Alcuni studiosi affermano che sarebbe servita a contenere un sistema di contrappesi ed argani destinati al sollevamento dei blocchi più pesanti, cosa che convince ancor meno. Che senso avrebbe costruire un apparato del genere, composto da blocchi enormi, per sollevare altri blocchi enormi.

All’estremità superiore della galleria, sul lato destro, si trova un foro nel soffitto che, attraverso un breve tunnel raggiunge la Camera di scarico inferiore proprio sopra la Camera del Re, ma di questo ne parleremo in un prossimo articolo. In cima alla Grande Galleria è presente un gradone alto 90 cm superato il quale si entra in un cunicolo lungo circa 1 m e alto 111 cm che introduce alla cosiddetta “Camera delle Saracinesche” (o anticamera).

Si tratta di un vano abbastanza piccolo sulle cui pareti sono visibili quattro scanalature, molto probabilmente servivano per contenere delle grandi lastre di granito che, con un complicato sistema di corde venivano abbassate fino al pavimento chiudendo così definitivamente la Camera del Re. A tutt’oggi nessuno è in grado di spiegarne il funzionamento ammesso che la teoria delle saracinesche sia corretta.

Di queste ipotetiche lastre non è stato ritrovato nulla ad esclusione di alcuni piccoli frammenti di granito, trovati da Petrie nel 1881. Questa rimane un’ulteriore fonte di mistero, chi e come si sarebbe portato via quelle pesanti lastre di granito?.

Dalla Camera delle Saracinesche, attraverso un passaggio giungiamo finalmente nella Camera del Re

LA CAMERA DEL RE

Superata la Camera delle Saracinesche (senza sbattere la testa, mi raccomando), abbassiamoci per superare un breve budello alto meno di 1 metro ed entriamo nella Camera del Re. Per uno come me è stata una cosa fantastica, mi sono ritrovato in  una meravigliosa “scatola” interamente costruita di granito perfettamente levigato e splendente.

La Camera del Re è un’imponente stanza di 10,47 per 5,23 metri con un soffitto piatto alto circa 6 metri. L’intera camera, pavimento, pareti e soffitto sono stati realizzati con ciclopici blocchi di granito provenienti da Assuan. Il tutto è costruito con una precisione maniacale, perfettamente lisci, i blocchi combaciano in modo tale per cui è impossibile inserire tra loro un foglio di carta. Il soffitto è formato da 9 massicci blocchi di granito il cui peso complessivo è stato calcolato in 400 tonnellate. Il pavimento misura esattamente 10 per 20 cubiti il che fa supporre che l’unità di misura usata, il cubito, rapportata al metro, corrisponda a 0,524 metri e non agli 0,525 metri generalmente usata (ma queste sono quisquilie).

Ci siamo dentro, lo sguardo non sa più dove posarsi, l’impressione è quella di trovarsi in uno scrigno prezioso senza capire come ci siamo arrivati. Osservare l’interno della camera è addirittura impressionante, nel vuoto più assoluto spicca sul fondo un “sarcofago” monolitico in granito rosa, le sue dimensioni sono: 230 x 100 cm circa con un’altezza di circa 1 metro.

Mi avvicino lentamente con fare rispettoso, e come sarebbe possibile altrimenti. Non oso toccarlo mentre lo osservo nei dettagli, l’interno del sarcofago si presenta straordinariamente lisciato, mentre l’esterno è assai meno curato. La cosa che risulta molto strana è che se veramente la piramide è la tomba del faraone pare impossibile che ad un re come Cheope sia stato riservato un sarcofago incompleto, ancor più se si pensa che sono stati ritrovati sarcofagi perfettamente rifiniti dentro e fuori, risalenti allo stesso periodo.

Sorprende comunque la perfezione con la quale è stato costruito, basti pensare che oggi, per la sua durezza, tale materiale viene intagliato con abrasivi quali la polvere di diamante o di carburo di silicio detto carborundum, inutile sottolineare che all’epoca della costruzione del sarcofago il metallo più duro che gli egizi conoscevano era il bronzo (!). Diffidate di chi parla di ferro, quel poco che era conosciuto era ferro meteoritico e di difficile lavorazione, comunque, come ho già detto in precedenza, la durezza del ferro sul duro granito, mi si permetta l’espressione, ci fa un baffo, inoltre va detto che, forse, all’epoca di Cheope non era neppure conosciuto. Inoltre c’è da dire che svuotare un simile monolite con scalpelli senza provocare rotture o crepe nelle pareti è un’impresa che sfiora l’impossibile.

Un’altra sorprendente particolarità del sarcofago è che il volume della roccia che forma le pareti più il fondo, è pari al volume del vuoto dello stesso (coincidenza? Io non credo.). Il sarcofago presenta un angolo superiore rotto ed è privo del coperchio, (forse razziato in antichità o, come si racconta, da Al Mamun che non avendo trovato tesori spezzò il coperchio asportandone i pezzi). Forse non è mai esistito un coperchio (parere personale) perché questa scatola di granito non era un sarcofago.

Ma quanti di voi, visitando la Camera del Re, hanno notato che le dimensioni del sarcofago sono più grandi del condotto che introduce alla camera? A questo punto è evidente che deve essere stato introdotto già durante la costruzione della Piramide prima di procedere alla copertura della camera. Ma con la camera del Re non è finita qui; essa ci riserva ancora altri misteri.

Navigando tra biblioteche e web mi è capitato sotto mano un articolo che non avevo mai letto e personalmente non ricordo che l’argomento sia mai stato trattato nei vari documentari in televisione o da altri media. Nel pavimento della Camera del Re, sotto la parete Nord, proprio a fianco del sarcofago, fino ad alcuni anni fa erano presenti due grossi blocchi di granito che in passato dovevano far parte del pavimento.

Lo storico mamelucco Al-Maqrizi scrisse nel XV secolo che al-Mamun, contrariato dal non aver trovato tesori, nella convinzione che da qualche parte dovessero esserci, fece spostare due blocchi di granito dal pavimento in un angolo della stanza ma, deluso, dopo poco desistette. Fino a poco tempo fa, subito accostata alla parete si trovava una grata di metallo che chiudeva una strana apertura praticata da chi e quando non ci è dato a sapere, (forse proprio quella citata da Al-Maqrizi ed attribuita ad al-Mamun).

Nel 1997, venne calata nella grata una piccola telecamera, le riprese mostrano un vano con  una parete chiusa con mattoni moderni. Perché?. Chi ha rizzato quella parete? Da alcune foto più recenti si nota che uno dei due blocchi è stato spostato sopra la grata.

Dal 2008 la grata non c’è più, i blocchi sono spariti ed il pavimento si presenta integro (probabilmente i blocchi sono stati utilizzati per chiudere l’apertura e ripristinare l’integrità dal pavimento). Poiché quanto detto sopra è documentato, sorge spontanea una domanda: perché il tutto è stato richiuso? Inutile chiedercelo tanto forse non lo sapremo mai ed il tutto entrerà nella lista dei misteri della piramide.

Come per la camera della Regina, anche quella del Re presenta due condotti, posizionati approssimativamente allo stesso livello e ad un’altezza di 91 cm dal pavimento. A differenza di quelli della Camera della Regina però questi condotti comunicano con l’esterno della piramide, inoltre erano già conosciuti in passato poiché sbucavano nella camera e furono descritti già nel 1610.

Anche per questi condotti non se ne conosce lo scopo, secondo alcuni rappresenterebbero degli allineamenti astronomici. Affermazione forse un po’ azzardata poiché uno di essi segue un percorso irregolare attraverso la struttura, e di conseguenza non si può parlare di allineamento diretto alle stelle. Per tutti e quattro i condotti, la struttura superiore ed entrambe le pareti sono stati ricavate da blocchi appositamente tagliati in modo da formare una sorta di canale di pietra, dopo di che posizionati capovolti mentre il pavimento dei canali è formato dal blocco sottostante. Il condotto settentrionale prosegue in orizzontale per circa 180 cm poi prende una serie di quattro curve, per evitare la Grande Galleria, pur mantenendo la sua angolazione verso l’alto abbastanza costante. Attualmente in uno dei condotti è stata installata una ventola per permettere all’aria di circolare nella camera eliminando l’umidità generata dalla presenza dei numerosi turisti. Ma la camera del Re, nel suo complesso, ci riserva altre sorprese che vedremo nel seguito.

LE CAMERE DI SCARICO

Parlando della Camera del Re abbiamo detto che il soffitto è formato da 9 massicci blocchi di granito il cui peso complessivo è stato calcolato in circa 400 tonnellate, ma non basta, sopra la Camera del Re sono stati realizzati cinque comparti chiamati “erroneamente” “Camere di scarico”.

La prima camera era nota fin dall’antichità per via del passaggio realizzato già dai costruttori che sale dalla Grande Galleria, le altre quattro furono esplorate tra il 1837 ed il 1838 dal colonnello Howard Vyse e da John Shae Perring, che, durante le loro campagne di esplorazioni scavarono dei tunnel verso l’alto. La scarsa sensibilità scientifica di quei periodi in cui la maggior parte di coloro che scavavano in Egitto erano per lo più esploratori e avventurieri in cerca di tesori, indusse i due ad aprirsi la strada facendo anche uso della dinamite (!). A ciascuna delle cinque “stanze” i vari esploratori assegnarono un nome. La prima camera, la più bassa, venne chiamata Camera Davidson, in onore a Nathaniel Davison che  nel 1765 vi entrò per primo, la seconda venne chiamata Camera Wellington, la terza Camera di Lady Arbuthnotr, la quarta Camera di Campbell. Il soffitto delle prime quattro camere, come quello della Camera del Re, è composto da enormi travi di granito, lisce nelle parti inferiori e laterali, perfettamente combacianti tra di loro, ma molto difformi nella parte superiore. Non offrendo alcuna visibilità le ciclopiche travi non sarebbero state rifinite nella parte superiore ma allora perché in quella inferiore si?.

La quinta camera posta in alto ha il soffitto a capriata formato da grandi massi disposti obliquamente. Come ho già accennato in precedenza, diversamente dal corpo della piramide, la Camera del Re, pavimento, pareti e soffitto e tutte le camere di scarico, compresa la capriata sono costruite interamente con blocchi di granito di Assuan di diverse misure.

Molti ritengono che queste camere bassissime avessero lo scopo di scaricare e ridistribuire l’enorme peso della massa di pietra sovrastante che verrebbe a gravare sul soffitto della Camera del Re. Ma non è così! Per questo ho scritto “erroneamente” chiamate Camere di Scarico. Se le leggi della fisica statica non sono un’opinione, in presenza di una capriata, la forza costituita dal peso sovrastante si distribuisce lungo gli elementi verticali che la sostengono e, in parte minore, verso l’esterno dove continua a degradare quando incontra altri elementi verticali. Pertanto appare evidente che l’intera struttura, esclusa la capriata, nulla ha a che fare con problemi di statica costruttiva e, quindi, non “scarica” assolutamente nulla. Ciascuna trave dei soffitti, disposta orizzontalmente, non avendo alcun ulteriore peso su tutta la sua lunghezza, scarica sulle pareti della camera soltanto il suo peso, (vedere l’azione delle forze sulla foto).

Se questa struttura è stata costruita così aveva certamente una ragione, questa però non va ricercata nell’ambito della fisica statica con cui nulla ha a che fare. Forse il suo è un significato simbolico, religioso o rituale. Chissà! Ora però ci soffermiamo ancora qualche istante nella camera del Re, non è tempo perso, ci troviamo in un’opera d’arte. Si racconta che durante la campagna d’Egitto Napoleone abbia passato la notte tra il 12 e il 13 agosto del 1799, solo ed in gran segreto, all’interno della Camera del Re. Il mattino dopo quando uscì il suo volto aveva una strana espressione, quasi traumatizzata. I suoi assistenti gli chiesero se aveva visto qualcosa di strano ma il generale non ne volle parlare e non raccontò mai la sua avventura neppure sul letto di morte.

Una notte nella piramide, disteso all’interno del sarcofago, la passò anche l’ingegnere ricercatore Mario Pincherle che successivamente elaborò la teoria dello “Zed”. Anche altri studiosi, osservando la piramide in sezione, ritengono che il tutto, cioè la camera del Re, sovrastata dalle “Camere di Scarico”, costituirebbero l’esatta rappresentazione, in forma ciclopica, dello “Zed” (o Djed). Lo Zed era il più sacro simbolo dell’Antico Egitto che molte mummie portano al collo e che si ritrova disegnata in centinaia di tombe, la troviamo riprodotta nei gioielli antichi esposti in moltissimi musei.

Secondo Mario Pincherle, lo Zed: “E’ il simbolo dell’asse del mondo, della stabilità, dell’eternità, dell’essere opposto al divenire!”. Nella religione antico egizia, lo Zed (stabilità, presenza) rappresentava la spina dorsale di Osiride, dio dell’Oltretomba, nella quale scorreva il fluido vitale che simboleggiava appunto la stabilità (ddj in egizio da cui Djed). Lo Zed viene rappresentato con un geroglifico formato da un pilastro, che a volte lo troviamo anche in forma antropomorfa con in mano una verga o un bastone. Per gli antichi egizi lo Zed aveva una grande importanza nella simbologia sacra già fin dal neolitico ed era associato ad Osiride. Nelle rappresentazioni viene presentato di colore turchese considerato prezioso. Secondo Pincherle la torre Zed con il “sarcofago di Cheope” sarebbero una sorta di luogo in cui il tempo e lo spazio sembrano modificarsi per la diffusione di onde alfa verso i lobi frontali. Inutile aggiungere che la teoria viene accolta con molto scetticismo dagli studiosi accademici.

La teoria di Pincherle però non tiene conto di due particolari che, pensare che siano stati trascurati dai costruttori della piramide pare quantomeno strano. Primo: il pilastro Zed è sempre rappresentato con quattro sporgenze laterali, quello che sarebbe rappresentato dalle camere di scarico ne riporta cinque; secondo: la sommità dello Zed è sempre rappresentata piatta mentre nella piramide è sovrastato dalla capriata. Nel prossimo articolo vedremo quello che è emerso da una esplorazione approfondita delle camere.

Quale che sia lo scopo delle “Camere di scarico” penso che non lo sapremo mai, però già che ci siamo andiamo a farci un giro al loro interno, non sono molti quelli che ci sono andati e i misteri non sono ancora finiti.

Dallo stretto passaggio, realizzato già in antichità dai costruttori, entriamo  nella prima camera, quella subito sopra la Camera del Re, la Camera di Davison dove, come abbiamo detto, nel 1837 passò il maggiore generale Richard William Howard Vyse. In questa sala furono rinvenute delle scritte in rosso su un muro tra cui un cartiglio di forma allungata con il nome di un faraone. Con una buona dose di dinamite, Vise risalì la struttura scoprendo le altre camere.

Ad esclusione della prima sala, le altre quattro camere presentano su alcuni blocchi segni tracciati qua e là con vernice rossa che, sempre secondo Vise sarebbero stati lasciati dai lavoratori addetti alle cave. I cartigli vennero inviati al British Museum dove furono letti da un esperto di geroglifici come Samuel Birch che riscontrò la presenza del nome di Khufu, (Cheope) ma anche di quello di. Khnum-Khufu. Si decise così definitivamente di  attribuire la Grande Piramide al faraone Khnum-Khufu (Cheope per l’appunto). Secondo Vise, che li scoprì, questa sarebbe la prima testimonianza moderna che consente l’assegnazione univoca della piramide a questo faraone.

Su questo ritrovamento sono stati però sollevati dubbi da parte di molti archeologi i quali ritengono che, il poco professionale e screditato ricercatore, potesse avere disegnato lui stesso sulle pareti quei pochi sedicenti scritti con lo scopo di dare importanza e giustificazione alla sua disastrosa campagna di scavi. Poiché penso che i più appassionati della storia antico-egizia un po’ di malizia l’avranno già acquisita, credo che come me, si porranno il dilemma: quei “geroglifici” sono veri o sono un falso storico?. Sappiamo benissimo che il mondo abbonda di reperti antico-egizi falsi. Il dibattito continua anche se queste contestazioni sarebbero facilmente verificabili con un’analisi al carbonio 14 del pigmento rosso di detti geroglifici. Questa semplice analisi, però, sembra che non sia mai stata fatta (almeno ufficialmente).

Nonostante le dichiarazioni di Birch, va detto che, ad un più attento esame, gli stessi geroglifici hanno rivelato evidenti errori ortografici, insomma sono scorretti se confrontati con le leggi grammaticali dell’antica lingua egizia; da aggiungere poi che, il tipo di vernice rosso ocra col quale sono stati tracciati corrisponderebbe a quello usato dagli arabi nel periodo degli scavi di Vise.

“Personalmente” concordo con coloro che affermano trattarsi di un falso per diverse ragioni: primo, all’epoca di Cheope, scribi a parte, non credo proprio che esistesse un operaio in grado di capire i geroglifici e tanto meno di tracciarli nelle cave; secondo: se nella cava fossero stati tracciati da uno scriba non si giustificherebbero gli errori grammaticali; terzo: guarda caso con tutti i massi che compongono la piramide solo su quelli che si trovano nei posti più impensabili si trovano geroglifici, quelli nel condotto di aerazione della Camera della Regina (che deve ancora essere stabilito con certezza se si tratta proprio di geroglifici) e e quelli nelle camere di scarico di difficile accesso. Se era una pratica corrente marcare i blocchi se ne dovrebbero trovare anche su molti altri presenti nella piramide.

Va inoltre tenuto in considerazione che durante l’Antico Regno, ma anche per qualche tempo dopo, i geroglifici non erano fatti per essere letti, (da chi poi?). Prima di diventare oggetto di decorazione i geroglifici venivano tracciati nei posti dove nessuno li avrebbe mai visti, basti pensare ai “Testi delle Piramidi” che ornavano le tombe le quali poi venivano chiuse e nessuno li poteva ammirare. Pensiamo al significato del nome, gli egizi li chiamavano “medu netjer”, letteralmente “Parola del Dio” (o parola Sacra), con riferimento al dio Thot cui era attribuita l’invenzione della scrittura, ma sempre “parola” non “scritto”. Furono i greci che, scambiandoli per una forma di scrittura, li chiamarono erroneamente “hieroglyphikós”, parola composta dall’aggettivo “Sacro” e dal verbo “Incidere” con il significato di “segni sacri incisi”.

Ricordo sempre le parole del Prof. Alessandro Roccati, docente di egittologia all’Università di Torino:

<<…..nell’Antico Regno i geroglifici erano simboli sacri che non potevano essere per nessuna ragione tracciati a caso o letti da qualcuno, essi erano la “Parola” sacra, non la “scrittura”  tipica delle epoche posteriori……>>.

Per gli scritti amministrativi, contabili e diplomatici veniva usata una scrittura più adatta e veloce, lo ieratico. I saggi Egizi non comunicavano la loro sapienza per mezzo di caratteri scritti, (anche tenuto conto che nessuno avrebbe saputo leggerli), essi nei loro templi e nelle tombe dei sovrani disegnavano figure nei cui contorni era racchiuso il pensiero di ogni cosa. Per ultimo va detto che è perlomeno curioso che in queste camere venissero menzionati due Faraoni, Khufu e Khnum-Khufu. Come si suol dire…….il mistero rimane!

LA CAMERA SEGRETA

Adesso però muoviamoci perché ci troviamo ancora nell’ultima Camera di Scarico e sarà meglio approssimarci all’uscita. Scendiamo fino all’inizio della Grande Galleria, la percorriamo per tutta la sua lunghezza (attenti a non scivolare) e sbuchiamo all’imbocco dei tre cunicoli, quello discendente, quello orizzontale ed il pozzo. Percorriamo ancora alcuni metri nel corridoio discendente fino alla galleria di al-Mamun ed usciamo all’aperto. Ora che siamo fuori ci voltiamo ad osservare ancora una volta la maestosità della Grande Piramide. Adesso che abbiamo visitato tutto il visitabile penso che la Grande Piramide non abbia altro da offrirci se non i numerosi misteri che si porta dietro da millenni. Ma la conoscenza umana non accetta limiti e molti studiosi sono ancora in cerca di svelarne alcuni avvalendosi di una scienza e tecnologia che oggi fa grandi progressi offrendo sempre nuovi strumenti di indagine.

Davvero non ci riserva più nulla questa meravigliosa costruzione? Forse si, forse ci riserva ancora qualcosa che sarebbe emerso da studi recenti compiuti nell’ambito dello “Scan Pyramid Project”, di cui ho già accennato, lo studio, che prosegue ormai da due anni avvalendosi di tecniche innovative di rilevamento, non invasive, basate sulla fisica delle particelle. Viene portato avanti da un team di archeologi sotto la guida di Mehdi Tayoubi dell’Hip Institute di Parigi, e Kunihiro Morishima dell’Università di Nagoya, in Giappone. L’archeoastronomo e matematico italiano Giulio Magli del Politecnico di Milano, che ha seguito l’evolversi degli studi, ci spiega in cosa consiste lo “Scan Pyramid Project”:

<< Lo studio impiega una tecnica particolare chiamata muografia, che permette di “leggere” il cammino di particelle subatomiche (muoni) prodotte dall’interazione dei raggi cosmici provenienti dallo spazio con l’atmosfera terrestre. I muoni seguono traiettorie differenti quando si muovono nell’aria rispetto a quando attraversano le pietre, e dunque sono in grado di svelare la presenza di cavità all’interno di una massa >>.

E’ stata così riscontrata una cavità anomala che si estenderebbe per almeno 30 metri, al di sopra della Grande Galleria. La notizia ha alimentato la curiosità degli archeologi in modo particolare sul contenuto che potrebbe trovarsi nella stanza (se di stanza si tratta). In un primo momento fu avanzata l’ipotesi che la “nuova camera” svolgesse la funzione di alleggerimento del carico sopra la Grande Galleria, ipotesi subito abbandonata in quanto il soffitto della stessa, è già di per se atto a scaricare il peso sovrastante in quanto, come spiegato nei precedenti articoli, è costruito secondo la forma aggettante.

Nell’intento di fornire una spiegazione, Magli fa ricorso ai “Testi delle Piramidi” dove è riportato che, nel suo viaggio verso le stelle imperiture, il faraone doveva attraversare le “porte del cielo”:

<< ……..Sono aperte per te le porte del cielo esci come Horus, come lo sciacallo sul suo fianco, la cui forma supera i suoi nemici e il volto dello sciacallo oltre lui che si nasconde la sua forma……..>>,

(quali porte quelle trovate nei cunicoli?) per potersi sedere sul “Trono di ferro” prima di raggiungere la sua destinazione finale nell’aldilà.

Qui voglio fare una piccola precisazione: tutti parlano di “Trono di ferro” che sarebbe descritto nei “Testi delle Piramidi”, nelle mie ricerche ho trovato una traduzione dei testi delle piramidi effettuata dal Prof. Raymond Oliver Faulkner, egittologo britannico specializzato nella filologia egizia (assistente di Alan Gardiner) non certo l’ultimo arrivato. Nel suo libro “The ancient egyptian pyramid text” (Pag. 188) Faulkner riporta quella che dovrebbe essere la traduzione reale:

<<  Hmsi rk Hr xnD.k pw biA/ Sspn.k HD.k Ams.k/ sSm.k imw Nnw, wD.k mdw n nTr/ di-k Ax m Ax.f  >>.

<< Siediti dunque sopra il tuo trono di metallo/ prendi la tua mazza e il tuo scettro/possa tu guidare coloro che sono nel Nnw, comanda gli dei/ poni lo spirito nel suo spirito  >>. S

e la traduzione del prof. Faulkner è corretta (e per quel che mi riguarda non ho dubbi), vorrei capire perché tutti insistono nel dire ferro, (qualcuno mi può dire come si legge ferro in geroglifico?).

Per quanto riguarda il “Grande Vuoto”, come viene chiamata la camera dagli archeologi, dobbiamo attendere notizie più certe che al momento non siamo ancora in grado di prevedere quando arriveranno. Per quanto riguarda invece il presunto “Trono di ferro” al momento si tratta di pura congettura.

A questo proposito apro una parentesi e non vorrei sembrare pedante ma ci tengo a ricordare che il ferro conosciuto dagli egizi era meteoritico, ovvero ricavato dalle meteoriti ferrose cadute sulla Terra. Anche ammesso che ne avessero trovate a sufficienza va detto che gli Egizi nei loro forni non erano in grado di raggiungere la temperatura sufficiente a fondere il ferro (1538°). I loro forni potevano permettere, nella migliore delle ipotesi, di raggiungere la temperatura necessaria per forgiare il ferro (800°-900°). Inutile ripetere che per fare ciò sono necessari martelli robusti per modellarlo, non bastano pietre e meno che mai mazzuoli di legno. Rimane comunque un mistero la lama del famoso pugnale di Tutankamon.

Ma torniamo a noi, è stato suggerito che il condotto nord della Camera del Re potrebbe sbucare nel “Grande Vuoto”. Supponendo che la Grande Piramide fosse realmente la tomba del faraone Cheope, nella Camera del Re sarebbe stata sepolta la mummia del faraone all’interno del sarcofago mentre nella Camera della Regina, secondo la dott.ssa Kate Spence, potrebbero aver trovato posto gli ushabti del re. Il Ka di Cheope avrebbe potuto salire nel condotto a nord, fermarsi nel “Grande Vuoto” per sedersi sul “Trono di ferro” ed infine attraversare la vita ultraterrena. Mi piace sempre ricordare che il Ka del defunto non necessitava di condotti per raggiungere la Duat, tutte le tombe disponevano di “false porte” attraverso le quali il Ka poteva transitare.

Allo stato attuale, segnala Magli, “……..è infatti difficile dire con sicurezza che il canale nord sfoci proprio nella camera appena scoperta………”.

CHI? – COME? – QUANDO? – PERCHE’?

Ora che abbiamo visitato tutto quanto era possibile visitare nella Piramide di Cheope vorrei riproporre le quattro domande fondamentali, già poste all’inizio, che per me stanno alla base di tutto: chi ha costruito la Piramide? Come hanno fatto a costruirla? Quando è stata costruita? Perché hanno costruito un simile monumento? So che mi attirerò le contestazioni di quelli che conoscono già tutte le risposte ma io, che non le conosco, continuerò ad interpretare e, perché no, ad esporre la mia personale opinione sulle ipotesi che sono state fin qui avanzate.

Come ebbi modo di dire già in precedenza estenderei il discorso relativo alla costruzione delle piramidi fino a quella di Micerino. Perché? Perché sono le uniche che non ci dicono nulla, prive di iscrizioni tipiche delle piramidi successive (qualcuno obietterà che fino alla IV dinastia non era molto in uso decorare le tombe, e questo ci può stare), prive della benché minima traccia di sepoltura, nonostante alcune strane “scatole di pietra” all’interno (sarcofagi?) anch’essi privi di indicazioni, prive di tracce certe sulle quali fondare delle supposizioni e, stando alla realtà dei fatti, nulla ci permette di stabilire con certezza la data della loro costruzione. In poche parole non esiste alcuna prova (almeno per noi comuni mortali) che ci permette di fare affermazioni certe, solo ipotesi che vanno da quelle degli egittologi e studiosi accademici fino alle fantasie più sfrenate ed incredibili dei meno seri (certamente non spetta a me stabilire chi sono gli uni e chi sono gli altri).

Iniziamo dalla prima domanda: chi ha effettivamente costruito un’opera così grandiosa e dispendiosa di energie con costi enormi soprattutto per l’epoca a cui viene attribuita?. Malgrado le numerose ricerche e gli studi che da centinaia di anni sono stati compiuti, la scienza antica e moderna fino ad oggi non è stata in grado di dimostrare e tanto meno provare con assoluta certezza, (e ribadisco “assoluta certezza”), da chi venne costruita la Grande Piramide (soffermiamoci su questa). Gli studiosi ci dicono che si tratta della tomba del faraone Cheope, come abbiamo visto però, nulla ci dimostra l’esattezza di questa affermazione. Ad eccezione di alcuni segni simili a rozzi geroglifici visibili nelle cosiddette camere di scarico della piramide di Cheope di cui abbiamo parlato in precedenza (molto probabilmente falsi), non esiste la benché minima traccia che nella Grande Piramide sia mai stato sepolto qualcuno. Le ipotesi abbondano fino ad arrivare agli extra terrestri, passando per una ipotetica civiltà, vissuta molti anni prima, poi scomparsa forse a causa di qualche cataclisma o cos’altro. Restiamo sull’accademico, forse più semplicemente l’hanno proprio costruita gli egizi, a questo punto però dobbiamo rispondere alle successive domande.

Come? Come è stata costruita un’opera così grandiosa e strana da apparire impensabile per l’epoca in cui è stata costruita? Un’opera di fronte alla quale si troverebbero oggi in difficoltà fior di ingegneri e architetti se fossero chiamati a riprodurla. Sono stati fatti tentativi atti a dimostrare come è stato possibile costruire una piramide, ricordo che tempo fa un team giapponese provò a costruire una piramide alta 50 metri utilizzando massi simili, ricavati con il calcestruzzo, i risultati però furono deludenti e non corrisposero alle aspettative. Sono molti quelli che cercano di spiegare le tecniche che sarebbero state usate, in genere si tratta di studiosi specializzati in costruzioni, ingegneri e architetti con alle spalle anni di esperienza sicuramente più esperti degli archeologi nel loro campo. Non vorrei sembrare polemico ma non dimentichiamo che con tutte le cognizioni e l’esperienza maturata negli anni, oggi cadono ancora palazzi e ponti mentre le piramidi reggono (ma questo è un altro discorso). Non è mia intenzione dilungarmi oltre in questo campo per cui vi rimando alla miriade di testi di eminenti studiosi, alcuni dei quali ho citato nelle fonti e bibliografia (ho detto “eminenti studiosi” nella speranza che sappiate distinguere tra scienza e fantarcheologia).

Passiamo ora alla terza domanda, quando è stata costruita la Grande Piramide?. Anche a questo proposito ci sono intere biblioteche colme di libri di archeologi, egittologi, architetti ed ingegneri che hanno avanzato le loro ipotesi fondate su dati che ciascuno ritiene esaustivi. Se queste piramidi sono state realmente costruite all’epoca dei faraoni ai quali vengono attribuite, questa domanda può essere scartata, ma solo dopo aver risposto alle altre tre. Poiché nulla ci autorizza a pensare che sia proprio così allora cosa possiamo rispondere? Scesero gli alieni un tempo e costruirono loro stessi le piramidi o istruirono (ed aiutarono) gli egizi a farlo? Ho citato gli alieni, vedo già molti saltare sulla loro poltrona, tranquilli non ho alcuna intenzione di proporre questa ipotesi che personalmente ritengo improbabile.

Perché? Chiederà qualcuno. Ammesso che tutto è possibile, al momento nulla ce lo fa pensare. Altri propongono l’idea di una civiltà esistita molti anni prima (12.000 anni fa o più) che raggiunse un grado di sviluppo uguale se non addirittura superiore al nostro, poi estintasi inspiegabilmente. A questo proposito va detto che al mondo esistono innumerevoli testimonianze che potrebbero farci propendere per questa ipotesi. Personalmente debbo dire che il pensiero mi ha sfiorato e quanto meno incuriosito. Un amico (che non posso citare) sostiene che esisterebbero prove che lo confermerebbero. Ultima domanda, forse la più intrigante: Perché? Perché un popolo il cui pensiero più grande era quello di sopravvivere, decide di intraprendere una simile avventura? Per dare una tomba al suo sovrano considerato un Dio? Le tombe già esistevano ed erano anche complesse, le mastabe reali spiccavano per la loro magnificenza, e dove il corpo del sovrano veniva giustamente affidato alla terra. Nella Piramide di Cheope sappiamo che non è mai stata trovata traccia di sepoltura. Inoltre la struttura stessa della piramide, in modo particolare quella interna, così complessa e diversa dalle altre, ci induce a sollevare numerosi dubbi. Le sepolture, prima e dopo Cheope, venivano sempre fatte dagli Egizi nelle profondità, nelle viscere della Terra, mai ad un livello superiore del terreno che rappresentava l’orizzonte, la linea di separazione fra il Cielo e la Terra. <<…….Terra, inghiotti quello che è uscito da te…….>>, (dai testi delle piramidi). Perché mai dunque Cheope, e solo lui, avrebbe deciso di farsi seppellire lassù in alto? E se la Piramide non fosse una tomba? Ma se non era una tomba, allora cos’era? Mi piace a questo punto usare le parole del poeta: ”Ai posteri l’ardua sentenza”, già………ma i posteri siamo noi! A questo punto abbiamo concluso il discorso riferito alla Grande Piramide in quanto tale, ma la piramide era solo una parte del complesso funerario del faraone Cheope, certo la più importante, ora vedremo di farci un giro intorno ad essa per vedere cosa ci attende fuori.

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