Di Andrea Petta e Franca Napoli
Abbiamo visto come il medico potesse debellare con la magia un demone maligno e placare l’ira divina con i corretti rituali, e come la magia fosse anche preventiva, per allontanare eventuali pericoli dalla vita di tutti i giorni.
La “forza” a cui si faceva riferimento era la “heka”, che abbiamo già incrociato su queste pagine (per quanto riguarda Heka come divinità, si veda l’articolo dedicatogli: https://laciviltaegizia.org/2022/06/07/heka/).
Heka è la forza soprannaturale che pervade l’universo consentendo alle divinità del pantheon egizio e all’umanità di agire. La heka era uno dei doni del dio creatore all’umanità; incarnata nella figura della divinità con lo stesso nome, la heka permeava quindi la vita, paragonabile forse alle “moderne” leggi della Natura. Non poteva perciò essere utilizzata per scopi contrari alla Natura stessa (non esisteva una magia nera nell’Antico Egitto) ma si poteva invece “indirizzare” verso percorsi più favorevoli per il malato. Inoltre, proprio per queste caratteristiche la heka non era sovrannaturale come viene considerata oggi.

Statua di Merikare, Faraone della X Dinastia.
Negli “Insegnamenti per Merikare” viene citato che “(il creatore) creò la heka per permettere agli uomini di combattere (letteralmente: essere armi contro) gli eventi”
Ricordiamoci inoltre che la connotazione negativa della parola “magia” (in copto: hik, direttamente derivato da “heka”) avvenne in contrapposizione alla religione (la cui definizione non esisteva nel linguaggio egizio) soltanto con l’avvento del cristianesimo, mentre nell’Antico Egitto era perfettamente naturale farvi ricorso. Inoltre, se vogliamo la “heka” era un primo tentativo di formulare principii attraverso i quali le forze della Natura possono essere comprese e manipolate.

Sarebbe sbagliato liquidare la magia come processo irrilevante per la guarigione. La suggestione e l’aspettativa del paziente hanno un valore curativo tangibile, soprattutto nel sollievo dal dolore – quello che ora chiamiamo “effetto placebo”.
La suggestione della magia, degli incantesimi, dei miti e delle divinità indubbiamente aumentava l’efficacia del placebo, ma forse per alcuni aspetti non si trattava solo di questo. Ad esempio, la quantica di alcaloidi presenti in certe piante varia a seconda del momento in cui vengono raccolte, per cui un “incantesimo” che prescrivesse di raccoglierle solo al mattino o alla sera aveva un valore empirico.
In particolare, la heka aveva un ruolo nel tentare di allontanare il “whdw”, ossia il dolore come incarnazione fisica della causa della malattia.

Il bizzarro contenuto della “scatola del mago” rinvenuta nella “Tomba del Ramesseum” o “Tomba 5”, risalente al medio Regno, nel disegno di James Quibell con diverse bacchette apotropaiche in zanna di ippopotamo, con decorazioni incise che intendevano pervadere la bacchetta con il potere della “heka”

Era legata alla magia anche la pratica di utilizzare una determinata pianta in funzione della sua somiglianza con l’organo da curare, oppure delle preparazioni di origine animale per le caratteristiche dell’animale stesso, come le gazzelle per l’agilità. Abbiamo anche accennato alla pratica di scrivere incantesimi su un supporto come il papiro (e successivamente la carta) da aggiungere sminuzzato al preparato medicamentoso, che è sopravvissuta fino ai nostri giorni
Alcune “figure” erano deputate all’utilizzo della magia nel processo di guarigione. I cosiddetti “sacerdoti-lettori” (khery-hebet) erano preposti alla lettura degli incantesimi, mentre i “guaritori” (sau) utilizzavano gli amuleti (“sa”).

Solo nel Medio Regno compaiono gli “hekay”, correlato come si evince dal nome alla “heka” ma il cui ruolo nella medicina rimane oscuro. Il loro ruolo si perse completamente nel Nuovo Regno.
I sacerdoti della dea Serqet (o Selqet), il cui simbolo era uno scorpione, erano invece responsabili della prevenzione e della cura degli attacchi da parte di serpenti e scorpioni. I testi medici pervenutici, in particolare il Papiro Brooklyn, contengono istruzioni molto pragmatiche sul trattamento di questi morsi e punture, ma sempre e comunque sotto gli auspici della dea (“Raccolta di rimedi per scacciare il veleno di tutti i serpenti, tutti gli scorpioni, tutte le tarantole nelle mani dei sacerdoti di Serqet e per scacciare tutti i serpenti e per sigillare le loro bocche”).
