Di Grazia Musso

Avorio; altezza cm 7, larghezza cm 2,5
Museo Egizio del Cairo, JE 36143
Nell’epoca delle piramidi il panorama della statuaria è ormai completato, adesso si possono riconoscere varie tipologie, molto più ricche rispetto a quelle della III Dinastia.
Innanzi tutto possiamo distinguere le statue con un nome da quelle anonime: le prime hanno un nome evidenziato da una chiara iscrizione o, nel caso di alcune statue divine dal loro aspetto, furono create per riposare nell’intimità dei Templi e tombe, sia esposte in cortili o cappelle, con funzioni culturali, sia nascoste nell’oscurità di naos o cripte , quando si tratta di statue funerarie.
La categoria delle statue anonime è quella raffigurante comuni persone, nobili o lavoranti impegnati in lavori quotidiani che esse simbolizzano.
Queste statue sono sempre destinate alla tomba, spesso usate come sostituzione o integrazione delle raffigurazioni parietali.
Queste statue hanno una maggiore libertà rispetto a quelle della prima categoria, questo deriva dal fatto che sono prodotte in laboratori reali che seguono i dettami del sovrano, standardizzati nei secoli, mentre le statue minori erano opera di laboratori indipendenti riservati al popolo con artigiani liberi di scegliere soggetto, schema e tecnica, seguendo la propria iniziativa personale.
Analizzando la statuaria maggiore bisogna tenere conto delle tecniche di lavorazione, a loro volta basate sui materiali : pietra dura o semidura ( Granito, porfido, diorite, basanite, quartzite, basato), legno, pietra tenera ( calcare e arenaria).
Va sottolineata una cosa di fondale importanza: la statuaria , per le sue particolari finalità religiose, è sempre collegata a degli ambienti architettonici.
Osservare, queste statue, al di fuori del loro contesto ne falsa il valore originario, dobbiamo tener viva nella nostra mente l’idea che ogni statua egizia va immaginata all’interno di templi o tombe, di cui è parte integrante.

Nella fotografia la statuetta, che raffigura Khufu, è la sola che si possa attribuire con certezza al sovrano.
In quest’opera eburnea del re, indossa la corona rossa del Basso Egitto, nella mano destra impugna il flagello reale.
È vestito di un semplice perizoma shendyt.
Sul lato destro del trono si legge il nome del re.
Fonte: Antico Egitto di Maurizio Damiano – Electra