Mai cosa simile fu fatta, Medio Regno, Templi

IL TEMPIO DI MENTUHOTEP II

Deir El Bahari

Di Grazia Musso

Il tempio di Mentuhotep II
Il monumento funerario che dominava il sontuoso tempio a terrazze è oggi un cumulo di macerie circondato dai resti del porticato ipostila.

Il lungo regno di Pepi II, segnò la fine della VI Dinastia.

Dopo il completamento del suo complesso piramidale, ultimato al più tardi nel trentesimo anno del suo regno, non accadde nulla di significativo.

Scultori e pittori continuavano ad essere parzialmente impegnati nella decorazione delle tombe private e, in questo specifico campo artistico, la tradizione procedete senza interruzioni nelle necropoli tebane.

Le squadre di operai specializzati, cavapietre, scalpellini, muratori, addetti al trasporto e ingegneri, dovettero invece fare a meno per lungo tempo delle committenza ufficiali, ciò implico’ la mancata formazione della generazione successiva e il deteriorarsi dell’organizzazione del lavoro.

I primi accenni di una tomba monumentale dalla forma completamente nuova apparvero a Tebe la città dalla quale era partita la riunificazione delle Due Terre.

I re minori o principi dell’XI Dinastia si facevano seppellire in tombe rupestri affacciate su ampi cortili.

Mentuhotep II, unificatore del regno, volle conferire effetti monumentali a questa tipologia funeraria e, trasformò il vasto avvallamento di Deir el- Bahri i un lungo cortile per la propria sepoltura.

Statua di Mentuhotep II. La statua fu rinvenuta in un cenotafio ( sepolcro simbolico) del re sotto il suo tempio funerario e, come un vero sostituto del sovrano, l’opera era avvolta in bende.
Ciò ne ha conservato perfettamente i colori : la pelle dipinta con il nero della resurrezione, il rosso della corona del Basso Egitto, il bianco delle vesti del giubileo.

Da Deir El Bahari, XI Dinastia
Arenaria dipints, Altezza 138 cm
Museo Egizio del Cairo – Scavi H. Carter 1900. JE 362195 

L’edificio funerario di Mentuhotep II non è più un complesso piramidale, ma un tempio a terrazze con vasto cortili alberati, facciate porticato e un massiccio edificio centrale circondato da un deambulatorio e sormontato non da una piramide ma dalla collina primordiale. Prima di assumere la sua forma definitiva ha subito molteplici modificazioni e ampliamenti.

Gli scavi hanno chiarito come la costruzione sia stata portata avanti in quattro tappe.

Probabilmente il primo progetto consisteva in una tomba a saff, di cui rimangono solo le tombe a pozzo dette ” delle sei principesse”, il cui stile delle raffigurazioni è ancora del I Periodo Intermedio.

Poi si procedette alla costruzione del tempio attuale e quindi, con un’altra modifica al progetto, si creò un santuario contro la montagna.

Il complesso era di nuova concezione : riuniva elementi e concezioni della tomba a saff, della mastaba dell’antico Regno e del tumulto primevo.

Il complesso funerario era formato da più parti: un tempio in valle, una rampa monumentale (oggi poco visibile) e un tempio funerario.

La sepoltura non è più costituita dalla piramide isolata, bensì è parte del complesso.

Oggi si vede la grande spianata del cortile antistante al tempio, dove si trovavano, all’epoca della sua creazione 55 tamerici e due file di 4 sicomori ( nasceva il concetto di “architettura vegetale”), le piante erano davanti a due porticati al centro dei quali si trovava una rampa centrale che portava alla terrazza.

Tre dei suoi lati erano coperti da colonne e dal portale anteriore si accedeva a una grande sala ipostila al cui centro un basamento sosteneva quella che per un lungo tempo gli archeologi hanno supposto fosse una piramide.

Ma con Mentuhotep la piramide sparisce e rimane il concetto di tumulto primevo, qui reso da una piramide tronca al centro del complesso.

Dalla terrazza si raggiunge l’ultima parte del complesso, dove un colonnato introduce a una corte da cui si accede a una sala ipostila.

Infine, la parte ipigeica include tomba e cappella.

Del complesso di Mentuhotep fa parte anche un cenotafio scoperto da H. Carter, o meglio dal suo cavallo che inciampò in una depressione (l’accesso), ciò ha valso al monumento il nome arabo “Bab el Hosan” la “Porta del Cavallo.

Questo accesso portava a un lungo corridoio di 150 metri e a una camera a volta con una statua reale.

La vera tomba si trova molto più a ovest, ma con accesso dalla corte porticata.

Fonte:

Egitto la terra dei faraoni – Regine Schulz e Matthias Seidel – Konemann

Antico Egitto – Maurizio Damiano – Electra

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