Di Piero Cargnino
Altra opera letteraria, facente parte dei cosiddetti “Testi sapienziali”, relativa al Medio Regno, XII dinastia (1950 a.C. circa.) ma, come la maggior parte dei testi, prodotta nel Nuovo Regno XVIII – XIX dinastia (1300 a.C.) è il “l’Insegnamento di Amenemhat I a suo figlio Sesostri I”. Poiché stiamo trattando quel periodo della storia egizia sarebbe un peccato non leggerlo.

L’opera viene attribuita allo scriba Iti ed è composta in forma autobiografica, è come se lo stesso Amenemhat I, dall’oltretomba si rivolge al figlio Sesostri I impartendogli consigli sul comportamento da tenere una volta nominato faraone, alludendo alla congiura di cui sarà egli stesso vittima.
L’opera è giunta a noi in cinque papiri, purtroppo l’unico completo, il papiro Sallier II è scorretto, quello più corretto e quasi completo è il papiro di Millingen. Esistono poi altri reperti tipo un rotolo di cuoio, però è quasi del tutto illeggibile, oltre a tre tavolette di scriba e numerosissimi ostraka del Nuovo Regno. Fra tutto si è riusciti ad estrarne una copia completa.

L’Insegnamento di Amenemhat I è un testo breve dal valore di un testamento politico, scritto secondo l’intenzione regale, con tutta probabilità dallo stesso scriba che ha scritto la “Satira dei mestieri” ed altri testi, lo scriba Kheti, che conosceva bene la storia antica, questo stando a quanto riportato nel Papiro Chester Beatty VI. Nel testo Amenemhat mette in guardia il figlio Sesostri a non fidarsi di amici e servitori in nessun caso, un chiaro esempio di prudenza forse un po eccessiva da sfociare quasi in misantropia. Infatti il re porta come esempio la sua situazione, lui, che diffondeva beneficenza a tutti, cosa ha avuto in riconoscenza? E’ stato ucciso da un complotto ordito nel suo stesso palazzo proprio da coloro che gli stavano accanto. Il re racconta appunto del complotto confessando la sua impotente ingenuità e di essere stato preso alla sprovvista non dubitando minimamente dell’attentato che si stava tramando. Secondo Gardiner, ancorché la stesura che conosciamo risalga al Nuovo Regno, si sarebbe indotti a credere che sia stato copiato da un testo più antico, forse commissionato dallo stesso Sesostri I, destinatario dell’Insegnamento, onde usarlo come strumento di deterrenza nei confronti dei suoi eventuali avversari (o rivali al trono).

<< Inizio dell’insegnamento fatto dalla Maestà del Re dell’Alto e del Basso Egitto, Sehotepibra, figlio di Ra, Amenemete (Amenemhat), giustificato, quando parlò in un sogno rivelatore di verità a suo figlio, signore universale. Egli disse:
“Tu che sei apparso come re, dà ascolto a ciò che ti dirò, che tu sia re sulla terra e sovrano delle regioni, e tu aumenti il benessere. Diffida dei tuoi sottoposti, che non avvenga qualcosa i cui preparativi sono stati trascurati. Non avvicinarti a loro, quando sei solo, non aver fiducia in un fratello. Non conoscere un amico, non crearti degli intimi: non c’è vantaggio. Quando dormi, ti guardi il tuo stesso cuore, perché l’uomo non ha amici il giorno della disgrazia. Ho dato al bisognoso, ho fatto vivere il povero, ho fatto giungere fino a me chi non aveva niente come chi possedeva. Ma colui che mangiò i miei alimenti fece una sollevazione, colui al quale avevo dato la mano, ne ha profittato per suscitare spavento, colui che indossava i miei lini, mi guardava come se fossi un’ombra, coloro che si erano unti della mia mirra, intanto versavano acqua. La mia immaginazione era tra i viventi, la mia partecipazione era fra gli uomini, e facevano per me un ricordo non udito, un grande combattimento non visto. Ecco, si combatte sul campo di battaglia ché si dimentica lo ieri, ma non potrà andar bene a chi ignora colui che conosceva. Era dopo la cena ed era venuta la notte: mi presi un’ora di tranquillità, sdraiato sul mio letto. Ero stanco, e la mia mente cominciò a seguire il sonno. Ecco, furono fatte circolare armi; era devoto il capo (della guardia), ma altri erano come serpenti della necropoli. Mi svegliai al combattimento ed ero solo, trovai un caduto, era il capo della guardia del corpo. Se avessi preso prontamente in mano le armi, avrei potuto far indietreggiare i vigliacchi con la lancia: ma non c’è uno valoroso la notte, non c’è chi combatta solo, non avviene un’azione con successo senza un protettore. Ecco l’aggressione venne, mentre ero senza di te, prima che i cortigiani avessero udito che ti avevo lasciato in eredità (il regno), prima che avessi seduto sul trono con te, sicché potessi fare le tue decisioni. Ma non ero preparato a questo, non ne ero a conoscenza, e il mio cuore non poteva pensare la negligenza dei servitori. Forse che un harem comanda il combattimento? Forse che si introducono i banditi nell’interno della casa? Si apre forse ai ladri? I borghesi sono staccati dal loro dovere. (Eppure), da quando sono nato, la disgrazia non è venuta dietro a me, e non è esistita nessuna azione simile alla mia come valoroso. Sono andato fino a Elefantina e sono andato indietro fino nel Delta, avendo controllato le frontiere del paese, ho sorvegliato il suo interno. Mi portai ai confini della fortificazioni con il mio braccio potente e i miei prodigi. Io sono uno che creava l’orzo, che era amico di Nepri, il Nilo mi rispettava in ogni pianura. Non si aveva fame nei miei anni, non vi si aveva sete, ma si restava seduti, grazie a ciò che avevo fatto, e si parlava (con elogio) di me. Tutto ciò che ordinavo era al suo (giusto) posto. Ho domato i leoni e ho catturato i coccodrilli; ho vinto gli abitanti di Uauat e ho catturato i Megiai, ho fatto camminare gli asiatici come cani. Mi sono fatta una casa ornata d’oro, con il soffitto di lapislazzuli e le pareti d’argento, i pavimenti di legno di sicomoro, le porte di rame e i chiavistelli di bronzo. Il mio personale ha fatto i preparativi per essa. Lo so perché sono il suo signore. Certo, molti (ignari come) ragazzi sono nella strada. L’intelligente dice “Sì”, lo stolto dice “No”, poiché non lo sa, essendo senza vista, che tu eri la mia lingua, o Sesostri, figlio mio, i miei piedi mentre camminavo, che tu eri il mio proprio cuore e i miei occhi mentre guardavo, che tu fosti generato in un’ora di serenità per gli uomini, sicché ti danno lode. Ecco, ho fatto l’inizio, tu annoda la fine. Io sono approdato a quelli che sono là, e tu sei incoronato con la corona bianca del rampollo divino. I sigilli sono al loro (giusto) posto: ha cominciato per te il giubilo nella barca di Ra. Levati per la regalità che è esistita prima di me, e non per ciò che ho fatto. Sii valoroso, innalza i tuoi monumenti, abbellisci le tue costruzioni, combatti contro coloro che conosci (come cattivi), perché non li amerei accanto alla Tua Maestà” >>.
Fonti e bibliografia:
- Edda BrescianI, “Letteratura e poesia dell’Antico Egitto”, Ed. Einaudi, Torino 2007
- Edda Bresciani, “Testi religiosi dell’Antico Egitto”, Mondadori, Milano 2001
- Alessandro Roccati, “Sapienza Egizia”, Brescia 1994
- Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Einaudi, Torino 1997
- Sergio Donadoni, “Storia della letteratura egiziana antica”, Milano, Nuova Accademia, 1957
- Nicolas Grimal, “Storia dell’antico Egitto”, Biblioteca Storica Laterza, Roma-Bari, 2011
- Elio Moschetti, Mario Tosi, “Amenemhat I e Senusert I”, Torino, Ananke, 2007