Di Andrea Petta e Franca Napoli
È un po’ più facile per noi cercare prove di alcune malattie genetiche, ovvero di quelle che hanno lasciato traccia nelle mummie e nei reperti pervenuti fino a noi. Nei papiri medici non c’è assolutamente traccia di queste patologie – anche perché non era possibile per i medici dell’epoca intervenire in alcun modo. Non solo: essendo ignota l’origine della patologia, soprattutto le deformità fisiche venivano viste come un intervento diretto delle divinità, e quindi una sorta di “dono” che rendeva le persone “speciali”. Il concetto di Ma’at imponeva di “compensare” le difficoltà degli altri e di non creare alcun tipo di emarginazione.
Non solo: negli “Insegnamenti di Amenemope” (uno scriba del periodo Ramesside) si trova una citazione diretta sulle persone affette da disabilità, come le chiameremmo oggi:
“Non ridere di un cieco né prendere in giro un nano
Né creare difficoltà ad uno storpio;
Non schernire un uomo che è nelle mani di Dio,
Né guardarlo accigliato se sbaglia.”
Erano un po’ più avanti di noi.
IL NANISMO

Abbiamo numerose testimonianze del nanismo sia dalle mummie pervenute fino a noi fin dall’epoca predinastica che dai ritratti. Il caso più antico, risalente al Badariano, è stato incredibilmente perso dopo essere stato analizzato a Londra nel 1932, un brutto episodio che dimostra l’approssimazione dell’approccio scientifico all’archeologia di quei tempi. Gli studiosi si sono presi la briga di contarli, arrivando a più di 200 rappresentazioni di nani conosciute; per la maggior parte di tratta di acondroplasia (termine di origine greca che significa mancato sviluppo delle cartilagini), dove tronco e testa vengono sviluppati normalmente, mentre gli arti – soprattutto quelli inferiori – sono molto corti).

Scheletro di un nano acondroplasico risalente alla I Dinastia. Il ritrovamento di diversi vasi ed oggetti nella tomba ha fatto supporre che si trattasse di un funzionario di rango abbastanza elevato
Da notare che anche il dio Bes è un nano, tipicamente rappresentato di fronte e non di profilo (come sarebbe stato normale nell’iconografia egizia) per mostrarne le gambe corte e storte.

Il dio Bes, raffigurato come un nano. Bes è una delle divinità più antiche; il suo ruolo era prevalentemente quello di allontanare i demoni e spesso è in associazione a Taweret nel proteggere le gestanti e gli infanti.
La figura dei nani nella vita quotidiana egizia era essenzialmente positiva. Erano in qualche modo “magici”, legati a Ra nelle sue molteplici forme e fornivano protezione contro i demoni – ma anche, prosaicamente, negli eventi terreni. Ben tre incantesimi contro i serpenti invocano un nano (riferimento indiretto a Bes?) ed un altro è legato direttamente al parto (più precisamente all’espulsione della placenta).
Il più famoso nano nell’arte egizia è indubbiamente Seneb (si veda al riguardo https://laciviltaegizia.org/2022/09/18/il-nano-seneb/ e https://laciviltaegizia.org/2022/02/16/seneb-il-sano/), funzionario della IV Dinastia sepolto a Giza che arrivò ad essere nominato “Tutore dei Figli del Re”.

Il ritrovamento della tomba di Perniankh nella stessa zona, un altro nano che diventò alto funzionario e forse padre di Seneb, ha dimostrato che la malformazione non era un ostacolo per l’ascesa sociale, quantomeno nell’Antico Regno.

Il nano Perniankh, forse il padre di Seneb. Perniankh era il “nano danzante di Corte”, “Colui che diverte Sua Maestà ogni giorno”. Di Perniankh ci è giunto anche il suo scheletro, che dimostra il suo nanismo acondroplasico.
Dalle rappresentazioni nelle tombe, per la maggior parte dell’Antico Regno, sappiamo che i nani erano soprattutto orafi, accudivano gli animali ed i vestiti/tessuti delle abitazioni in cui erano impiegati, ma erano anche musici, danzatori e probabilmente cantori/poeti. La presenza di un nano in casa era indizio del favore degli dèi e protezione dai demoni.




Khnumhotep, un funzionario della IV Dinastia menzionato come “Supervisore dell’Abbigliamento” e “Sacerdote del Ka”. I suoi arti inferiori sono particolarmente corti, ma la qualità della sua statua testimonia il suo rango

Il sarcofago del nano Djuho, “danzatore per il toro Apis” vissuto ai tempi di Nectanebo II (XXX Dinastia, circa 350 BCE). Djuho mostra tutti i caratteri tipici dell’acondroplasia (fronte prominente, ponte nasale infossato, arti accorciati, cifosi), mentre il suo sarcofago è sicuramente di ottima fattura.
Le nane erano spesso ostetriche; probabilmente la somiglianza con il dio Bes suggeriva un ruolo benefico per la gestante ed il nascituro.
Non molti sanno che anche il dio-creatore Ptah è a volte rappresentato come un nano acondroplasico in età giovanile.

Ptah raffigurato come un giovane acondroplasico, con la treccia dell’infanzia. Non sappiamo cosa tenesse con le mani
PIEDE TORTO CONGENITO
Nelle persone affette dal piede torto congenito la parte esterna della pianta del piede tende a piegarsi verso la parte mediana del corpo, creando una sorta di torsione verso l’interno del piede stesso (talipes equinovarus).

Una delle mummie che mostra possibili segni di talipes equinovarus è quella di Siptah, su cui però gli studiosi propendono per gli effetti della poliomielite, come abbiamo già visto.
La mummia di Khnum-Nakht attualmente a Manchester (e che abbiamo già incontrato in quanto affetto anche da bilharziosi) mostra anch’essa i segni di un possibile piede equino.

TUTANKHAMON
Nonostante tutte le ipotesi fatte, il piede torto congenito declamato da Zahi Hawass nel 2010 per il piede sinistro del Faraone non rientra sicuramente tra le patologie di Tutankhamon – la cui mummia ha subito danni pesantissimi dopo la scoperta e la cui prima autopsia effettuata dal Prof. Derry nel 1925 non aveva evidenziato alcuna patologia simile.

Non solo: le radiografie rifatte nel 1968 dal Prof. Harrison, nonostante i gravissimi danni inferti alla mummia del Faraone (si veda: https://laciviltaegizia.org/2022/08/29/la-mummia-di-tutankhamon/) non mostrano alcuna deformazione al piede sinistro.

Il piede sinistro di Tutankhamon, radiografia del 1968 del Prof. Harrison (da “Chronicle, Essays from Ten Years of Television Archaeology“). Nessuna traccia di piede torto o equino, deformità delle falangi o mancanza di alcune di esse. O Harrison si è radiografato il suo piede oppure i danni alla mummia sono stati fatti dopo il 1968
Zahi Hawass sottopose la mummia di Tutankhamon ad una famosa TAC nel 2005; il lavoro pubblicato (ben 4 anni dopo…) non evidenziò alcun danno al piede sinistro, salvo poi rimangiarsi tutto e ribaltare l’analisi un anno dopo con un lavoro controverso molto screditato dagli esperti del settore (“Tutankhamun’s left foot is not in equinus and not in varus, and is not a clubfoot”, Dr. Gamble, Stanford University, 2010). Non per niente il Prof. Rühli di Zurigo, uno dei massimi esperti mondiali di paleopatologia e co-autore del lavoro del 2009 con Hawass nonché di una sua analisi sulle patologie presunte di Tutankhamon, fu estromesso dal lavoro pubblicato l’anno dopo. Lasciamo a voi giudicare.
Tutankhamon potrebbe (condizionale d’obbligo) essere stato costretto a camminare appoggiando maggiormente il peso sull’esterno del piede sinistro per la malattia di Freiberg (necrosi della testa del metatarso, solitamente del secondo dito del piede), una condizione non invalidante ben diversa dal piede torto o equino.
IDROCEFALIA
L’idrocefalia è il risultato di un aumento della pressione del liquido cerebrospinale negli infanti quando il cranio non è ancora ossificato, con conseguente deformazione del cranio stesso mentre le ossa facciali rimangono normali. Può essere fatale e spesso conduce a forme più o meno accentuate di ritardo mentale.

Il prof. Derry descrisse nel 1912 un caso di idrocefalia in una mummia del periodo romano in cui lo scheletro mostrava uno sviluppo asimmetrico suggerendo una deambulazione appoggiato ad una gruccia.
Al British Museum è conservata una stele funeraria di Intef, un funzionario della XII Dinastia probabilmente affetto da idrocefalia, in cui utilizza un bastone come gruccia esattamente come suggerito da Derry. Prove indiziarie, in attesa di ulteriori riscontri.

AKHENATON
Le congetture su presunte malattie congenite di Amenhotep IV/Akhenaton sono un ottimo esempio di come discipline diverse (archeologia e medicina in questo caso) dovrebbero lavorare insieme e non parallelamente.
Su Akhenaton si è scritto di tutto in campo medico. Sarebbe stato infatti affetto da: ipogonadismo, disfunzione ipofisaria, acromegalia, gigantismo, idrocefalia, sindrome di Frolich (distrofia adiposo-genitale che comporta sterilità, in un Faraone ritratto con sei figlie…), sindrome di Marfan (malattia ereditaria del tessuto connettivo che causa alterazioni oculari, ossee, cardiache, dei vasi sanguigni, polmonari e del sistema nervoso centrale) e probabilmente ce ne siamo dimenticati qualcuna. Tutto questo sulla base delle statue e rappresentazioni dell’epoca amarniana.
Con un briciolo di onestà intellettuale sarebbe stato chiaro che tali rappresentazioni corrispondono ad un canone estetico ed artistico e non alla realtà (lo dimostrano le rappresentazioni del Faraone stesso e dei suoi consanguinei prima della “rivoluzione amarniana” e dopo la restaurazione tebana).
Non solo: se effettivamente la mummia della tomba KV55 fosse quella di Akhenaton (cosa su cui non punterei nemmeno un euro) sarebbe la dimostrazione che Akhenaton era affetto da…pura normalità.
