Di Piero Cargnino

Keperkara Senousret, Sesostri I, il cui nome significa “Uomo della dea Uosret”, si trovò ad assumere il potere in modo cruento in seguito alla “congiura dell’harem” nella quale venne assassinato il proprio padre Amenemhat I, sovrano regnante.
La dott.ssa Maria Cristina Guidotti, direttore del Museo Egizio di Firenze, ha trattato questo episodio in una lezione dal titolo: ”Complotti, crimini e processi nell’antico Egitto” tenuta in occasione di una conferenza organizzata dall’associazione culturale fiorentina Eumeswil. La dottoressa Guidotti ha dedicato la parte centrale del suo intervento al racconto di due complotti, mossi contro i faraoni Amenemhat I e Ramesse III, di cui abbiamo oggi testimonianza grazie al ritrovamento di particolari documenti.

Spiega la Dott.ssa Guidotti:
“……Secondo le scritture pervenuteci Amenemhat I, faraone della XII dinastia, fu assassinato nel 1962 a.C., da una congiura ordita da nobili con la complicità di alcuni personaggi di corte, in particolare all’interno dell’harem del faraone……..”.I
l mancato ritrovamento della mummia di Amenemhat I non ha permesso di accertare le effettive cause del decesso del faraone, ma in aiuto alla tesi del complotto ci vengono due documenti. Il primo è il racconto di Sinhue, del quale abbiamo già ampiamente trattato nei precedenti articoli, in esso si afferma che il futuro sovrano, Sesostri I, si trovava in missione nel deserto occidentale contro i libici. Alla notizia dell’assassinio del proprio padre, Sesostri accorre a Menfi e prende subito il controllo della situazione.

Per farlo, secondo alcuni studiosi, non dovette incontrare problemi in quanto era formalmente faraone già da un decennio. Amenemhat I sarebbe il primo re d’Egitto ad avere nominato come coreggente il figlio per evitare ogni disputa sulla successione. Una stele rinvenuta ad Abidos, oggi al Museo del Cairo, riporta come data il 30º anno di regno di Amenemhat ed il 10° di Sesostri, prova dunque che la coreggenza ebbe inizio nel 20° anno di regno del padre.
Altri egittologi, tra cui Nicolas Grimal, dissentono da questa ipotesi ritenendo che alla morte di Amenemhat I la successione non fosse ancora perfezionata poiché è riportato che Sesostri salì al trono “non senza problemi”. A sostegno della loro tesi citano il secondo documento che ci riporta alla teoria del complotto “L’insegnamento di Amenemhat” al figlio Sesostri (anche di questo abbiamo già trattato).

Comunque sia Sesostri I salì al trono e regnò intorno al 1950 a.C. e fu uno dei più potenti faraoni della XII dinastia, godette di enorme prestigio al punto da essere annoverato fra i sovrani più meritevoli nelle liste d’epoca ramesside. Di lui scrive l’egittologo italiano Franco Cimmino:
“…..con lui l’Egitto della XII dinastia assunse una dimensione classica che rimarrà fino alla fine della storia faraonica…….”.
Dal suo matrimonio con la sorella Neferu III nacque Amenemhat II che gli succederà sul trono. Sesostri I regnò circa 43 anni (45 secondo il Canone di Torino) durante i quali perseguì la politica del padre creando, all’interno del paese, le figure del Visir per il Basso Egitto e del Visir per l’Alto Egitto ai quali i nomarchi furono sottoposti impedendo così che si ricreasse uno strapotere periferico. Respinse i nomadi libici allo scopo di garantire la sicurezza delle piste carovaniere che collegavano Abydos con l’oasi di El-Kharga mentre a sud raggiunse la seconda cateratta del Nilo, la conquista è documentata su alcune stele a Beni Assan e ad Assiut.

Fece iniziare la costruzione delle fortezze di Buhen, Aniba, Faras, Kuban e Ikkur. Ripristinò contatti mercantili con la Siria e la Palestina, assenti fin dai tempi di Pepi II, e i mercanti tornarono a spingersi fino a Ugarit. Organizzò numerose spedizioni alle cave dello Uadi Hammamat dalle quali importò grandi quantità di pietra per la costruzione di 60 sfingi e 150 statue.
Nel terzo anno di regno fece costruire l’importante tempio di Atum-Ra ad Eliopoli ed in occasione del suo Heb-Sed, il giubileo per i trent’anni di regno, fece erigere due obelischi in granito rosso uno dei quali si trova ancora ad Al-Matariyya, (Eliopoli), è alto 20 metri e pesa 121 tonnellate. Fece inoltre costruire altri numerosi templi in varie località dell’Egitto. Sempre in occasione del suo giubileo fece costruire a Karnak la “Cappella Bianca”, che contiene rilievi molto raffinati del sovrano. Di questa parleremo in seguito.

LA PIRAMIDE DI SESOSTRI I
Andiamo ora a visitare il complesso piramidale di Senousret I.
Per la sua piramide Sesostri I scelse anch’esso la necropoli di El-Lisht, la fece costruire circa 1,5 chilometri a sud di quella del padre e la chiamò “Senousret-peter-tawy” (Senousret contempla le Due Terre). Pur essendo poco più grande di quella del padre non si differenzia molto da quest’ultima.

Uno scheletro murario in pietra calcarea poggiante su una piattaforma di blocchi di pietra. Con una base di 105 metri di lato ed una pendenza di 49° 24′ doveva superare i 62 metri di altezza. Quattro pareti costituite da grandi blocchi di pietra solo sbozzati che diventano più piccoli mano a mano che si sale verso il vertice della piramide Come materiale di riempimento vennero usati detriti vari e materiale di risulta del cantiere, il tutto racchiuso dal paramento in blocchi di fine calcare bianco, oggi quasi del tutto scomparso.

Eccezionalmente in questa piramide non sono stati trovati blocchi di pietra depredati da altri complessi funerari. Questa nuova tecnica costruttiva si rivelò ben presto fallimentare presentando presto problemi di stabilità che col passare dei secoli ridusse l’edificio a quello che vediamo oggi, una montagnola di materiale litico.
Sul lato nord della piramide insisteva una cappella sotto la quale era ricavato l’ingresso alla sottostruttura, verso la parete nord della cappella era incuneata una stele di alabastro con innanzi un altare in granito. Le restanti pareti erano decorate con scene a bassorilievo policromo raffiguranti probabilmente rituali di sacrificio e processioni di divinità, oggi si trovano in pessimo stato di conservazione.
Il corridoio discendente in direzione sud-est era rivestito in calcare nel quale ancora oggi vi sono incastrati gli enormi blocchi della chiusura originaria ciascuno del peso di circa 20 tonnellate.
Tutta la parte sotterranea è sommersa dall’acqua, come nel caso della piramide di Amenemhat I, Arnold ipotizza che la camera funeraria si trovi ad una profondità di circa 24 metri. Al di sotto del corridoio discendente fu scoperto un tunnel anch’esso discendente che probabilmente era servito per il trasporto del materiale per la costruzione della sottostruttura che successivamente, ad ultimazione dei lavori fu chiuso e riempito di terra.

Una prima cerchia di mura racchiudeva la piramide, la parte occidentale del tempio funerario e la piccola piramide cultuale. Il muro reca nella parte inferiore raffigurazioni a bassorilievo con le divinità dell’abbondanza che porgono offerte mentre nella parte superiore compare il serech con il nome del faraone, quello di Horo Ankhmesut seguito alternativamente da quello di incoronazione Kheperkare e da quello comune Senousret.
Il tempio funerario, chiamato “I luoghi (di culto di Senousret) sono uniti”, è stato completamente devastato dai saccheggiatori e cavatori di pietre come pure la piramide cultuale nelle cui camere sotterranee Arnold ipotizzò che vi si trovassero la statua del ka reale e la cassa dei canopi.

Una seconda cerchia di mura racchiude l’intero complesso con il tempio funerario e ben nove piccoli complessi piramidali, ciascuno dotato di un muro di cinta che racchiude la piramide e una o più cappelle, questi complessi si trovano, tre sul lato sud e due per ogni lato, ovest, est e nord. In un primo momento Lensing ritenne che si trattasse di semplici cenotafi. Oggi però si pensa piuttosto a tombe di regine e membri della famiglia reale, per due di questi complessi è stato possibile identificare le proprietarie che sono le regine Nofret I, figlia di Amenemhat I e moglie di Senousret I, e di Itakaiet, figlia o ulteriore moglie di Senousret I.

Per quanto riguarda Nofret il suo nome si trova iscritto in un cartiglio, privilegio fino ad allora riservato solo al faraone. Secondo alcuni egittologi si tratterebbe della regina che ordì il complotto nel quale venne ucciso Amenemhat I come pare riscontrarsi nel “Racconto di Sinhue”.
Il tempio a valle si trova sepolto sotto immensi cumuli di sabbia ai limiti del deserto, doveva trattarsi di un complesso simile a quello di Mentuhotep II, nella lontana Tebe, con al suo interno statue policrome del re stante in forma di mummia di Osiride con le braccia incrociate sul petto e la testa coronata alternativamente con le corone dell’Alto e del Basso Egitto. Alcune di queste statue ritrovate in loco si trovano oggi suddivise tra il Museo Egizio del Cairo ed il Metropolitan Museum di New York.

Prima di concludere è necessario citare l’importante scoperta fatta da Gautier nel 1884. Sotto il pavimento del cortile interno, a nord del tempio funerario, Gautier scoprì un nascondiglio nel quale si trovavano dieci statue in calcare del faraone Senousret I assiso in trono, più grandi che in natura, che oggi sono esposte al Museo Egizio del Cairo. Fra gli egittologi prevale l’idea che la statue, alcune delle quali evidentemente incompiute, fossero poste nel cortile aperto a pilastri del tempio e che siano state rimosse velocemente e nascoste dai sacerdoti all’arrivo degli Hyksos per preservarle dalla profanazione degli asiatici. Arnold invece ritiene che fossero state predisposte per la decorazione della rampa cerimoniale, sostituite poi da quelle in forma osiriaca e pietosamente riposte nel nascondiglio sotto il lastricato del cortile.
LA CAPPELLA BIANCA

Kheperkara Senuosret I, (in greco Sesostri), fu un grande sovrano, di lui abbiamo parlato in precedenza e penso che non sia necessario aggiungere molto altro. Con il suo popolo fu molto magnanimo, attuò una illuminata politica di riforme amministrative, legislative e sociali che gli guadagnarono titoli quali: “Stella che illumina il Doppio Regno” o anche “Falco che conquista alla sua potenza”. Nel racconto di Sinuhe viene definito “Maestro di saggezza i cui piani sono perfetti”. Liberò dalla schiavitù molti prigionieri di guerra e dal capestro dei debiti, tutti i sudditi dimostrandosi però risoluto e severo nel sedare ogni tentativo di ribellione per evitare il ritorno all’anarchia del Primo Periodo Intermedio appena chiuso. Dedicò templi a tutti gli Dei, da Ra ad Ammon, da Atum a Ptha, il più superbo, di cui rimangono solo poche tracce, fu un grandioso Tempio dedicato a Ra-Haracthy. Valorizzò il Fayyum dove intraprese una vasta opera di canalizzazione e qui fondò la sua capitale, Shedet (dai Greci chiamata Coccodrillopolis) sotto la protezione di Sobek, il Dio-Coccodrillo, “Signore dei Pantani”.
Per celebrare il suo giubileo, la festa Heb-Sed per i trent’anni di regno, il faraone Senousret I fece costruire, tra l’altro, una piccola cappella a Karnak, dedicata ad Amon-Ra, la cosiddetta “Cappella Bianca” (o il “Chiosco di Senousret I”).

Si tratta di un piccolo edificio a pianta quasi quadrata di circa 7 metri per lato, un piccolo tempio periptero, interamente circondato da un portico con sedici colonne. E’ situata su un basso piedistallo accessibile tramite due rampe d’accesso contrapposte che salgono a poco più di un metro dal livello del suolo. Ciascuna rampa conduce ad un trono simboleggiante uno l’Alto Egitto e l’altro il Basso Egitto.
Poiché la cappella era parte dell’apparato cerimoniale della festa giubilare di Senousret I, dove si sarebbe dovuto ripetere la cerimonia dell’incoronazione, si pensa che ospitasse la barca solare di Amon.
Al suo interno si possono ammirare gli stupendi rilievi, tracciati con grande precisione sui pilastri, dove si vede il faraone Senousret I, con il dio Amon e altre divinità come Min, Thoth, Ptah e Horus.

Il vestiario del faraone, come quello degli dei, presenta una raffinatezza unica nel suo genere, è rappresentato fin nei minimi particolari che ne mettono in risalto la pieghettatura, la dimostrazione di un’estrema abilità la si ammira nella trasparenza delle ali dell’ape. I geroglifici che accompagnano le rappresentazioni recano i titoli e gli epiteti del re e delle divinità che sono finemente lavorati nel rispetto degli attributi iconografici.
Sulle pareti, insieme ai magnifici geroglifici che spiegano i riti della festa Heb-Sed, è rappresentata una lista dei Nomoi dell’Egitto, cioè delle province amministrative in cui il paese era diviso fin dall’antichità.



La cappella venne poi demolita all’epoca di Amenofi III della XVIII dinastia ed i suoi blocchi utilizzati come materiale di riempimento durante i lavori di ristrutturazione del terzo pilone del tempio di Karnak. Vennero ritrovati soltanto quando si effettuarono i lavori di restauro del suddetto pilone. L’ottima condizione in cui vennero rinvenuti ha permesso la fedele ricostruzione della Cappella Bianca, avvenuta negli anni ’30 del secolo scorso ad opera di Henry Chevrier utilizzando i blocchi di pietra originali, cosa che gli guadagnò il titolo del “lavoro di rilievo più delicato del Regno Medio”. Al momento della sua scoperta, la Cappella Bianca era unica in quanto non era conosciuto nessun altro esempio di questo tipo di edificio, e divenne il primo monumento installato nel Museo all’aperto del tempio di Karnak a Luxor.
Fonti e bibliografia:
- Miroslav Verner, “Il mistero delle piramidi” Newton & Compton editori, 2002
- M. Cristina Guidotti, ”Complotti, crimini e processi nell’antico Egitto”, Dossier & Intelligence 2004
- Nicolas Grimal, “Storia dell’antico Egitto”, Roma-Bari, Biblioteca Storica Laterza, 2011
- Elio Moschetti, Mario Tosi, “Amenemhat I e Senusert I”, Torino, Ananke, 2007
- Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Oxford University Press 1961, Einaudi, Torino 1997
- Mark Lehner, “The Complete Pyramids”, London: Thames and Hudson Ltd. 1997 Cimmino Franco, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bompiani, Milano 2003