COME GLI EGIZI TRASPORTAVANO I COLOSSI
Di Piero Cargnino

Nei pressi del villaggio copto di Deyr el-Bersha, sulla riva orientale del Nilo nel Governatorato di Minya, nella primavera del 1915 venne scavata, a cura del Museum of Fine Arts di Boston, la tomba classificata come 10A. La tomba era appartenuta al nomarca Djehutihotep, “Grande Signore del nomos della Lepre”. Djehutihotep era il governatore egizio, del 15° nomos dell’Alto Egitto con capoluogo Hermopolis Magna nel corso della XII dinastia.
La tomba, ancorché saccheggiata fin dall’antichità, rivelò subito l’altissima qualità delle decorazioni al suo interno; è l’unica a non aver subito gravi danni dagli esplosivi usati dai cavatori. In base a come si presenta la tomba si suppone che Djehutihotep fu sepolto prima che il faraone Sesostri III adottasse dei provvedimenti atti ad abolire i distretti provinciali le cui continue tendenze indipendentiste minavano l’autorità centrale.

Gli scavi hanno portato alla luce gli straordinari sarcofagi del nomarca e di sua moglie, oggi conservati, con gli altri oggetti ritrovati, presso il Museum of Fine Arts.
Su due stipiti in calcare, acquistati da Ernesto Schiaparelli nel 1891-92 ed oggi conservati al Museo Archeologico Nazionale di Firenze (inv. n. 7596 e 7597), sono elencati i numerosi titoli civili e religiosi di Djehutihotep, tra i quali: tesoriere del faraone, “Unico amico” e soprintendente dei sacerdoti; (nella foto di uno stipite sono visibili grosse croci rosse frutto di vandalismo d’epoca cristiana).

Bene, ma ora vi chiederete perché ho scelto di trattare proprio questa tomba fra le migliaia presenti in Egitto. C’è una ragione molto particolare, la tomba di Djehutihotep è nota soprattutto per la celebre decorazione dell’interno che rappresenta il trasporto di una statua colossale il cui peso si stima in circa 60 tonnellate.

Quattro file composte da 172 uomini, con l’uso di corde, trascinano l’enorme colosso di pietra posto su una slitta di legno. La statua è l’immagine seduta di Djehutihotep, misura quasi 7 metri di altezza, e si pensa fosse fatta di alabastro. Sappiamo che a scolpire questo colosso, irrimediabilmente distrutto nel 1890 e del quale non è mai stata trovata traccia, è stato uno scriba, Sipa figlio di Hennakhtankh.

I disegni che rappresentano la scena sono basati su una singola foto scattata nel 1889 dal maggiore Brown. La scena, che per millenni è rimasta chiusa nella tomba di Djehutihotep, ha sorpreso non poco quanti si sono sempre chiesti come facessero gli antichi egizi a trasportare attraverso le sabbie del deserto massi così pesanti come quelli che troviamo nei vari monumenti. Questa sorprendente rappresentazione, unica nella storia dell’arte egizia, ci autorizza a pensare che quello era il modo utilizzato dagli antichi egizi per spostare blocchi di pietra che a volte superavano le 1.000 tonnellate.
NEL DETTAGLIO: IL COLOSSO DI DJEHUTIHOTEP
Osservando attentamente la rappresentazione si nota un uomo ritto sulle ginocchia della statua che probabilmente dirige le operazioni ma, soprattutto quello che attira l’attenzione è che, ai piedi della statua, sul basamento si trova un altro uomo intento a versare acqua sulla sabbia dove transita la slitta. Per lungo tempo si è ritenuto trattarsi di un rituale a scopo purificatorio. Nel 2014 alcuni ricercatori, sotto la direzione di Daniel Bonn dell’Università di Amsterdam, ha ripetuto la scena constatando che inumidire nel modo appropriato la sabbia si riduce l’attrito della slitta fino al 50% agevolandone così il trasporto.

Fonti e bibliografia:
Percy Newberry, “El Bersheh, parte I: La tomba di Tehuti-Hetep”, London, 1891 James Henry Breasted, “Antichi documenti d’Egitto”, The University of Chicago, 1906