Di Piero Cargnino

Raggiunta la maggiore età, Ahmose sale al trono divenendo a tutti gli effetti il primo faraone della XVIII dinastia.
Pur essendo uno dei faraoni più importanti, di lui conosciamo ben poco e quello che conosciamo ci è pervenuto dalle iscrizioni presenti nelle tombe di due suoi soldati, probabilmente generali del suo esercito, Ahmes figlio di Abana e Ahmes Pennekhebet.


Intorno alla sua figura regna una certa confusione creata da Giuseppe Flavio il quale traducendo Manetone riferisce che a cacciare gli Hyksos fu un re di nome Misphragmuthosis salvo poi trasformarne il nome in Tethmosis inducendo erroneamente a pensare alla figura di Thutmose.
Manetone gli assegna 25 anni di regno che paiono confermati da un graffito rinvenuto nelle cave di Maasara che riporta il 22° anno di Ahmose.

Salito al trono, dopo la reggenza della madre, Ahmose riprese subito le ostilità e col suo esercito marciò su Avaris dove in luogo di Apophis ora governava il sovrano Hyksos Khamudi. Khamudi è l’unico sovrano della XV dinastia a comparire nel Canone Reale, alla riga 10 colonna 20, di lui sono noti anche due sigilli scarabei, entrambi provenienti da Gerico.

Un altro sigillo, forse proveniente da Byblos, porta un’incisione che parrebbe “Khamudi”. Di parere contrario Kim Ryholt secondo il quale l’incisione va letta “Kandy” riferito ad un re sconosciuto.

Dalle iscrizioni ritrovate nelle tombe sopra citate, si apprende che Ahmose si scagliò subito contro Menfi ed Eliopoli che riconquistò senza quasi combattere. Poi puntò a nord verso Avaris, qui non fu necessario porvi l’assedio in quanto gli occupanti si arresero senza che ci fossero combattimenti.
La presa di Avaris sarebbe avvenuta intorno all’undicesimo anno di regna di Khamudi (circa 1530 a.C.). Ma questo ad Ahmose non era sufficiente, il grave insulto all’onore e all’integrità dell’Egitto dovuto all’occupazione Hyksos bruciava troppo e l’unico modo per il completo riscatto, e per evitarne il ripetersi in futuro, richiedeva di estendere il controllo da parte dell’Egitto sugli asiatici del nord e dell’est.
Cacciati gli occupanti di Avaris, e “tutti” gli Hyksos presenti in Egitto, Ahmose passò il confine inseguendo le altre guarnigioni in rotta. (Ho scritto “tutti” tra virgolette, la ragione la vedremo in un momento successivo). Ultima roccaforte nella quale si rinchiusero gli Hyksos fu l’antica città di Sharuhen nel deserto del Negev. Dopo un assedio durato tre anni, l’esercito di Ahmose conquistò la città e la fece radere al suolo. L’intento di controllare l’area siro-palestinese per bloccare eventuali tentativi di nuove infiltrazioni da parte di genti semite, portò l’Egitto a scontri con i regni Mitanni ed Ittita.

Nella città di Avaris Ahmose fece costruire diversi palazzi la cui decorazione pittorica, ritrovata frammentata, si presenta stranamente eseguita con tecnica e colori del tutto estranei alla tradizione egiziana, ricordano quelli del palazzo di Cnosso. Ma per completare l’opera occorreva anche dare una lezione ai nubiani che con gli Hyksos si erano alleati contro l’Egitto riconquistando la Nubia. Senza ulteriori indugi Ahmose si rivolse a sud ed in breve si riprese la Nubia.
La riunificazione dell’Egitto era ora completa ma per mantenerla sicura dovette ricorrere a sedare le ribellioni nel regno di Kush dove, in seguito a tre campagne militari, raggiunse l’isola di Sai, tra la seconda e la terza cateratta, delle quali assunse il controllo nominando un governatore con il titolo di “Figlio del re di Kush”, carica ricoperta da un principe reale. Pare inoltre che verso la fine del suo regno abbia inviato una spedizione punitiva anche in Fenicia.
Con Ahmose, il cui potere passa ora da “re-dio” a “re-generale”, si accentuò il contrasto interno con il clero il cui “Primo Profeta di Amon” aspirava ad assumere “de facto” il controllo dello Stato ma questo sarà un problema che vedremo in seguito.

Inizia con Ahmose I il Nuovo Regno che durerà circa 500 anni e comprenderà la dinastie dalla XVIII alla XX, secondo Manetone, e sarà il momento della massima espansione dell’influenza egizia tanto da indurre spesso a chiamarlo impero. Periodo nel quale assisteremo alla più grande riforma religiosa mai riscontrata in Egitto ad opera del faraone eretico Akhenaton, ma questa è storia che affronteremo in seguito.
Ahmose si fece edificare una “piramide” ad Abido, l’ho messa tra virgolette in quanto non si tratta di una vera piramide bensì di un cenotafio che, nonostante presenti un lato di circa 53 metri ed un’altezza, in origine, di circa 40 metri, è stata realizzata con sabbia e detriti litici poi ricoperti con pietra calcarea per renderla più stabile. Non contiene alcuna camera funeraria o corridoi a conferma della sua natura di semplice cenotafio. Oggi si presenta come una collina di detriti alta una decina di metri.

Il sarcofago di Ahmose, contenente la sua mummia, venne ritrovato nella famosa cachette di Deir el-Bahari dove fu nascosta con molte altre per preservarle dalle violazioni, oggi sono conservati al Museo di Luxor. L’esame della mummia ha rivelato che il sovrano deve essere deceduto fra i trenta ed i quaranta anni.

Come abbiamo detto sopra Ahmose cacciò gli Hyksos dall’Egitto, (tutti?), questo lo andremo a vedere nel seguito analizzando come l’evento viene trattato dagli studiosi cercando di districarci fra le numerose, e spesso contrastanti, ipotesi che in proposito sono state avanzate.
Fonti e bibliografia:
- Gardiner Alan, “La civiltà egizia”, Oxford University Press 1961 (Einaudi, Torino 1997
- Edda Brasciani, “Grande enciclopedia illustrata dell’antico Egitto”, De Agostini 2005
- Salima Ikram, “Antico Egitto”, Ananke 2013
- G. Elliot Smith, “The Royal Mummies, Duckworth Egyptology”, 1912 (ristampa 2000)
- Giampiero Lovelli, “Ahmose I : il faraone che scacciò gli Hyksos dall’Egitto”, articolo da Storie di Storia, 2017
- Margaret Bunson, “Enciclopedia dell’antico Egitto”, Fratelli Melita Editori 1995
- Cimmino Franco, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bompiani 2003
- Kemet . La voce dell’Antico Egitto, “Gli Hyksos, il popolo invasore”, Web 2017
- Kim Ryholt, “The Political Situation in Egypt during the Second Intermediate Period”, Copenhagen, Museum Tusculanum Press, 1997