Età Ramesside, Mai cosa simile fu fatta, Templi

IL TEMPIO DI ABU SIMBEL: I COLOSSI DI PIETRA

In Nubia Ramses II edificò niente meno che sette templi.

Due di questi, quelli di Abu Simbel, sono annoverati tra i più belli lasciati dalla civiltà faraonica: il tempio maggiore di Ramses II e quello dedicato alla sua Grande Sposa reale, la regina Nefertiti.

Le due costruzioni si trovano circa a 380 km a sud di Elefantina, confine meridionale dell’Egitto.

Il tempio di Abu Simbel è sicuramente uno dei luoghi di culto dell’Antico Egitto. Costruito da Ramesse II in Nubia, sulla riva occidentale del Nilo, era chiamato dagli egizi ” Tempio di Ramesse Mariamon (Ramesse, l’amato di Amon)”.

La parete rocciosa della montagna fu trasformata nel basamento a terrazza sul quale si ergono le quattro statue colossali assise del re, alte circa 21 metri e appoggiate a una struttura che imita la facciata di un pilone, alta 32 m e ampia 38 alla base. Le quattro statue ritraggono il sovrano con il gonnellino corto il copricapo nemes, la doppia corona con l’ ureo frontale e la barba posticcia. I quattro colossi erano dotati di nomi propri quelli meridionali si chiamavano “Ramesse sole dei re” e “Sovrano delle due Terre”, quelli settentrionali “Ramesse amato di Amon” e “Amato di Atum”.

Il 22 marzo 1813 l’esploratore e viaggiatore svizzero Burckardt fu il primo europeo che, travestito da arabo, riuscì a visitare il sito di Abu Simbel. Queste le sue parole:

Quindi poté’ vedere del Grande Tempio solo ciò che emergeva dalla sabbia.

La parete rocciosa della montagna fu trasformata nel basamento a terrazza sul quale si ergono le quattro statue colossali assise del re, alte circa 21 metri e appoggiate a una struttura che imita la facciata di un pilone, alta 32 m e ampia 38 alla base. Le quattro statue ritraggono il sovrano con il gonnellino corto il copricapo nemes, la doppia corona con l’ ureo frontale e la barba posticcia. I quattro colossi erano dotati di nomi propri quelli meridionali si chiamavano “Ramesse sole dei re” e “Sovrano delle due Terre”, quelli settentrionali “Ramesse amato di Amon” e “Amato di Atum”.
Il tempio Maggiore parzialmente scavato in una foto del 1923

Circa quattro anni dopo l’italiano Giovanni Belzoni riuscì a liberare l’entrata del tempio dalla sabbia e insieme ai suoi collaboratori effettuò le prime indagini e le misurazioni degli ambienti interni, con una temperatura di 55° c. È giusto che a descrivere per primo il Grande Tempio di Abu Simbel sia lo stesso Belzoni: “entrammo nel più bello è più vasto speos della Nubia, uno speos che può rivaleggiare con qualsiasi speos o ipogeo dell’Egitto, eccetto la tomba da poco scoperta a Biban el-Mulook (la tomba di Seti I, a lungo chiamata tomba Belzoni)”.

I raggi del sole illuminano la facciata del tempio dall’alto verso il basso. Il primo elemento decorativo che incontrano è una serie di babbuini accovacciati. Questi animali sono spesso associati al sorgere del sole, forse per i versi che emettono all’alba.

Ad Abu Simbel Ramesse II porta a termine il processo di glorificazione del sovrano che il padre Seti I aveva iniziato, ridonando dignità divina alla funzione regale.

Il Tempio fungeva da elemento propagandistico, oltre che dissuasorio nella ricca terra nubiana. La Nubia, paese tributario dell’Egitto, costituiva un’area molto ambita per i suoi giacimenti auriferi, tanto che Ramses II costruì una serie di forti e 7 tempi scavati nelle gole, come simboli del potere e dominio sui ribelli nubiani.

“La luce del sole inizia la discesa verso il basso illuminando i colossi di Ramesse II. Il sole prima di tuffarsi all’interno del tempio irraggia la statua di Ra posizionata alla porta di ingresso. La statua dell’a ntico dio di Eliopoli è un vero e proprio rebus: la mano destra poggia sul geroglifico “User”,mentre quella sinistra su un’immagine di Maat. Combinando queste parole con il nome del Dio si ottiene il praenomen di Ramesse II: User- Maat- Ra”

Negli anni Sessanta, per via della costruzione della diga di Assuan, che minacciava di sommergerli, i due templi furono trasferiti in una posizione 65 m più in alto e circa 200 m più lontano dalla loro collocazione iniziale.

In origine, i due speos erano stati scavati ognuno su un promontorio roccioso di arenaria rossa, situato sulla sponda occidentale del fiume, per poter così ricevere il sole dell’alba.

È possibile, anche se non lo si sa con certezza, che i lavori siano iniziati poco dopo il quinto anno di regno di Ramses II (1274 a. C.), periodo della mitica battaglia di Qadsh e siano stati terminati circa trent’anni piu tardi.

Quattro colossali statue sedute, a gruppi di due, reggono la facciata di questo tempio rupestre.

Sono tra i principali simboli dell’antico Egitto e rappresentano Ramses II seduto, vestito con il gonnellino reale, sul capo Indossa il nemes, con un ureo sulla fronte, ha la barba posticcia e la doppia Corona dell’Alto e Basso Egitto.

Il sovrano è inoltre abbigliato con pettorale e bracciali decorati con cartigli.

Cartiglio di Ramesse II. Nome di re dell’Alto e del Basso Egitto.

Le statue misurano oltre 20 metri di altezza dalla pianta dei piedi fino alla punta della doppia corona, il che conferisce agli altri lineamenti del faraone dimensioni colossali.

Per esempio la sua fronte misura 59 cm, il naso 98 cm è il viso 4, 17 di larghezza, se a questo sia giunge l’espressione maestosa e di serena autorità trasmessa dai volti, non c’è dubbio che l’effetto dovesse essere sconvolgente…

Colosso 1 – Ramesse II seduto su un trono, sul capo la corona “pschent”, la doppia corona dell’Alto Egitto, l’ureo regale sulla fronte, al mento la barba posticcia.
Colosso 2 – La parte superiore è andata distrutta durante il terremoto accaduto nel 31mo. anno di regno di Ramesse II (1263 a.C.).
Raffigurate in formato ridotto da sinistra: la figlia Nebettauy, un figlio non nominato, Tuia la regina madre.

La facciata del tempio è coronata da 22 figure di babbuino, alti circa 2 metri, seduti in posizione frontale.

Non si tratta di un abbellimento casuale, perché tutta l”arte faraonica è piena di significato.

Grandi osservatori della natura, gli egizi si soffermarono su una peculiare abitudine che queste scimmie avevano quando si svegliavano all’alba: si mettevano a guardare il sole e facevano molto chiasso.

Gli egizi interpretarlo o questo gesto come se le scimmie iniziassero le giornate adorano Ra ed è per tale motivo che sono raffigurate su questa facciata, per salutare il sole quando riappare al termine della notte.

Più in basso, nel punto centrale della facciata, c’è una nicchia rettangolare fiancheggiato da due immagini del re in piedi in atteggiamento di adorazione.

Colosso 1. Il re porta sul capo lo “pschent” la doppia corona dell’Alto e del Basso Egitto, l’ureo regale sulla fronte, al mento la barba posticcia. Sul braccio destro il cartiglio nome di re dell’Alto e del Basso Egitto.
Nella nicchia, la statua di Ra-Harakhty con testa di falco e il grande disco solare sul capo riceve un’offerta da Ramesse II.

All’interno di questa nicchia fu intagliato, in alto rilievo, una statua del dio Ra-Horakhti; ma in realtà si tratta di qualcosa di più di una rappresentazione del dio, perché gli attributi che lo connotano sono la chiave per leggere il criptogramma che forma l’immagine : Il dio è coronato da un immenso disco solare e Indossa un ureo sulla fronte, mentre nella mano sinistra tiene una immagine della dea Maat e, nella destra, la testa e il collo di candide, cioè il segno geroglifico user.

Così tali elementi permettono di leggere la statua , oltre che per quello che è, una immagine di Ra-Horakhti, come una rappresentazione tridimensionale dl nome del re: Usermaatre.

Colossi 3 – 4. Le piccole figure di fianco e tra le gambe dei colossi sono, da sinistra: la Grande Sposa Reale Nefertari, il figlio Ramessu, la regina madre Tuia, la figlia Meritanon, la figlia Nefertari II, la figlia Baket-Mut. Sulla terrazza davanti ai colossi statue osiriache di Ramesse II alte ca. 3 mt. e di Horus come falco.
Colosso 3. Ramesse II porta sul capo il “nemes” e la corona “pschent” la doppia corona dell’Alto e del Basso Egitto, la parte superiore è distrutta. Sulla fronte l’ureo regale e al mento la barba posticcia. Sul braccio destro e sul petto è inciso il cartiglio con il nome di re dell’Alto e del Basso Egitto.

Colosso 3. Di fianco alla gamba destra del colosso 3 la Grande Sposa Reale Nefertari, sul capo una pesante parrucca, il “modio” una sorta di corona decorata con cartigli e urei. Di fianco alla gamba sinistra il cartiglio della regina: “La bellissima amata da Mut” – “La Grande sposa reale”.

I quattro colossi si innalzano su un’ampia terrazza, a cui si accede tramite una breve scalinata di 1 5 m di altezza e dai bassi gradini.

Ai loro piedi, proprio all’esterno di ogni gamba e in mezzo ad esse, ci sono altre statue di piccole dimensioni che rappresentano la famiglia reale, tra cui quella di Nefertari e quella di Mut-Tuya, la madre del re.

Tra il colosso 1 e il colosso 2.
A sinistra: la figlia Bentanat, sul capo una grande parrucca un basso modio, due grandi piume e l’ureo regale sulla fronte, un pezzo di stoffa nella mano sinistra.
A destra; Tuia la regina Madre, sul capo il “modio”, una sorta di corona decorata con cartigli e l’ureo regale sulla fronte, un pezzo di stoffa nella mano destra

Le altre corrispondono ai vari figli e nipoti.

Tra le gambe del colosso 2. Il figlio Amon-Her-Khepeshef indossa una lunga veste, i capelli con la treccia dell’infanzia. Con la mano destra regge l’ accessorio solitamente portato dai principi reali, il “flabello” formato da una piuma di struzzo,

La vistosa ornamentazione della facciata continua in altri elementi che non sono così in vista: è il caso dei rilievi che si trovano ai lati dei troni e che delimitano l’entrata del tempio.

Sul lato nord si può vedere una fila di prigionieri asiatico legati e inginocchiati, mentre sul lato sud i prigionieri sono nubiani.

Nonostante la particolarità del terreno, roccioso e scosceso, dove venne edificato il tempio i costruttori fecero tutto il possibile per riprodurre la pianta tipica dei templi egizi ( pilone, cortile colonnato, sala ipostila e sancta sanctorum), nel superbo speos di Ramses II.

La sala ipostila assume nel caso di Abu Simbel una dimensione colossale.

È la prima sala del tempio e, indubbiamente, la più spettacolare: si tratta di una stanza di 18 metri di profondità per 16,7 metri di Larghezza e con un’ampiezza di circa 10 metri.

Ciò che la caratterizza è la presenza delle enormi statue che raffigurano il re.

Due file di quattro pilastri ciascuna delimitano il corridoio centrale, fiancheggiato da otto colossali figure osiriache di Ramses II, scolpite, sui lati frontali dei pilastri.

Quelle del lato sud, che rimangono a sinistra dell’entrata del tempio sono ornate con la Corona bianca dell’Alto Egitto, mentre quelle del lato nord rappresentano la doppia corona, o pschent.

Il re non appare mummiforme , ma Indossa un gonnellino e porta la barba posticcia ; le braccia incrociate sul petto e le mani che stringono l’una il bastone e l’altra il flagellum, lo identificano come Osiride.

I tratti di questa figura sono in armonia con l’aspetto del monarca.

Dal soffitto, la dea avvoltoio Nekhbet sorvola i colossi.

Con le poderose ali spiegate, varie immagini delle dea protettrice dell’Alto Egitto decorano il soffitto del corridoio centrale, con gli artigli la dea tiene due piume a lunga canna che la separano dai cartiglio con i nomi del re e delle “Due Signore” ( le dee Nekhbet e Uadjet) del sovrano che si alternano agli avvoltoi.

Il resto del soffitto, quello delle navate laterali, è decorato da stelle rosse dipinte su fondo azzurro.

Le pareti della sala ipostila, che rimangono ai due lati della galleria centrale, sono decorate con incisioni che ricordano le imprese belliche di Ramses II.

Delle gesta evocate in questi rilievi, la battaglia di Qadesh è la predominante.

La parete nord è occupata da questo combattimento, tutto l’insieme compone una grande narrazione iconografica che si somma ad altre rappresentazioni di questa battaglia in monumenti come il pilone del tempio di Luxor, la parete sud della sala ipostila del tempio di Karnak e il Ramessum, tra gli altri.

Ma i rilievi di argomento militare non si esauriscono con Qadesh, ci sono anche immagini dove si può vedere Ramses che conduce gruppi di prigionieri davanti a triadi di dei.

Anche la parete sud è divisa in due registri: quello superiore è dedicato a scene i cui il re presenta offerte a diversi dei, e quello inferiore è dedicato a tre scene belliche: il re e tre dei suoi figli, in testa all’esercito, attaccano una fortezza asiatica a bordo dei propri carri ( a sinistra); Ramses II combatte a piedi contro un nubiano (al centro), e file di prigionieri nubiani condotti davanti a dei tebano (a destra).

L’ultima parete, entrando nella sala sulla sinistra, mostra Ramses II davanti ad Amon-Ra mentre i mola prigionieri di ogni razza e nel registro inferiore appaiono otto principesse reali con in mano un flabello.

Dopo aver percorso l’impressionante spazio della grande sala ipostila, il tempio cambia la propria fisionomia: il soffitto e il pavimento si avvicinano mano a mano che si penetra nell’interno.

Questa progressiva elevazione della quota pavimentale è, contemporaneamente, l’abbassamento della copertura producono una graduale diminuzione della luce.

È la modalità che gli architetti egizi avevano di indicare il percorso che conduceva alla penombra della sancta sanctorum, il luogo più profondo del tempio.

Prima di arrivare a questo luogo di raccoglimento, una volta lasciata la sala ipostila, si accede a una seconda sala decorata con immagini di Ramses II abbracciato agli dei e scene di offerta e adorazione.

In una delle pareti si apre una porta che dà accesso alla sancta sanctorum o santuario del tempio, dove solo il re e il gran sacerdote potevano entrare.

È una stanza di 7 metri di profondità x 4 metri di larghezza , nella cui parete in fondo sono intagliate quattro statue sedute su una panca.

Sono le solenni immagini, da destra a sinistra, di Ra-Horakhty, Ramses II divinizzato , Amon e Ptah.

Le pareti che le circondano sono decorate da immagini della barca sacra di Ramses II.

Queste statue sono protagoniste di un curioso fenomeno astronomico che si verifica due volte l’anno.

Intorno al 20 febbraio e 22 ottobre i raggi del sole dell’alba colpiscono direttamente il santuario illuminando le statue seguendo un ordine preciso, illuminano di luce l’immagine di Amon, quella del re divinizzato e la spalla destra di Ra-Horakhty ; l’unica che rimane nell’oscurità é quella del dio Ptah, dio dell’oltretomba.

Il fenomeno, ampiamente sfruttato dalle agenzie di viaggio negli ultimi anni, è stato reclamizzato come il “miracolo di Abu Simbel”, tuttavia l’ipotesi che queste due date coincidano con i giorni della nascita e incoronazione di Ramses II non trova alcun riscontro.

Età Ramesside, Mai cosa simile fu fatta

LA TOMBA DI MAYA

Di Grazia Musso

Statua assisa di Maya Saqqara, tomba di Maya
Pietra calcarea, altezza 216 cm – Leida, Rijsmuseum van Oudheden AST 1

L’alto funzionario siede su uno scanno con schienale, e nella mano sinistra trattiene una “stoffa amuleto”.
Maya Indossa un corpetto plissettato e una parrucca bipartita, con lembi a piccoli ricci che ricadono sul petto.
Per il morbido modellato del corpo e la finezza dei lineamenti questa statua assisa è una delle creazioni più notevoli della statuaria privata della fine della XVIII Dinastia.

La concessione di scavo accordata all’ équipe anglo- olandese era legata inizialmente al ritrovamento del complesso funerario di Maya.

Infatti, quando la spedizione prussiana diretta da Richard Lepsius aveva lavorato a Saqqara, nel 1843, alcuni blocchi della sovrastruttura ancora accessibile erano stati prelevati e portati a Berlino.

Lepsius indicò la posizione approssimativa della tomba su una piantina della necropoli e pubblicò i rilievi nella sua opera “Denkmaeler aus Aevypten und Aethiopien”.

Purtroppo quasi tutti i rilievi di Maya portati all’Egyptisches Museum di Berlino andarono distrutti sotto i bombardamenti della seconda guerra mondiale.

Il Rijsmuseum van Oudheden di Leida nutriva inoltre un particolare interesse per la figura di questo funzionario, dal momento che era in possesso, già dagli anni Venti del XIX secolo, di tre magnifiche statue assise di Maya e della sua Sposa Merit, che dovevano provenire senza dubbio dalla sepoltura di Saqqara.

Statua assisa di Merit. Saqqara, tomba di Maya
Pietra calcarea, altezza 190 cm
Leida, Rijsmuseum van Oudheden AST 2
Con indosso una veste finemente plissettata Merit è seduta su una sedia con un alto schienale. Il volto è incorniciato da una pesante parrucca realizzata con la più grande cura per i particolari, che le scende quasi fino alla vita. Merit, in qualità di ” cantrice del tempio di Amon”, regge con la mano sinistra il menat.

Gli Scavi della tomba di Maya sono iniziati nel 1987, sebbene già un anno prima gli archeologi si fossero imbattuti casualmente nel relativo complesso sotterraneo, seguendo una diramazione trasversale che partiva dal pozzo di una tomba vicina.

Posta solo a pochi metri da quella di Haremhab, la sepoltura di Maya eguaglia, per forma e dimensione, l’architettura funeraria del suo predecessore nonché futuro sovrano.

In qualità di “soprintendente del tesoro” , Maya apparteneva al vertice della gerarchia amministrativa e aveva ricoperto questo importante incarico già sotto Tutankhamon e Ay.

Nella sua ulteriore funzione di ” sommo soprintendente ai lavori nel luogo per l’eternità egli era stato inoltre responsabile della pianificazione e realizzazione dei complessi funerari degli ultimi tre sovrani della XVIII Dinastia.

Probabilmente per questo gli fu concesso il privilegio di donare due oggetti alla tomba di Tutankhamon, un ushabti cerimoniale e un letto in miniatura con la figura distesa del dio Osiride.

Successivamente venne incaricato da Haremhab di soprintendente ai suoi imponenti progetti architettonici nel tempio di Amon-Ra a Karnak.

Si accede al complesso funerario di Maya, orientato da est a ovest, attraverso un ampio pilone decorato che si trova all’interno della volta, da due grandi ritratti in rilievo di Maya.

Seguiva un primo cortile con pavimentazione in mattoni e di cui si conserva ancora, solo sul lato occidentale, una fila di colonne papiroformi.

Maya mentre prega Osiride. – Saqqara, tomba di Maya ingresso del pilone
Pietra calcarea, altezza 65 cm
La pittura, in buono stato di conservazione, permette di farsi un’idea dell’originaria ricchezza cromatica dei bassorilievi. Il signore della tomba e la sua sposa Merit ( di cui si conserva solo la mano, dietro la spalla dello sposo) sono raffigurati come oranti, le mani alzate volte al dio Osiride, la cui figura in trono ( non riprodotta in questo particolare), fronteggiano la coppia.

L’attigua grande sala delle statue conduceva nel cortile interno circondato da un colonnato, come quello di Haremhab.

I rilievi sulle pareti sono dedicati in particolare a temi religiosi, come il corteo funerario o la venerazione della vacca-Hathor, ma mostrano anche l’ambito professionale del defunto, quando viene raffigurato mentre registra il numero di prigionieri e i loro animali.

Si è conservata particolarmente bene una breve processione di fedeli che recano offerte.

Sul lato occidentale del cortile si trovano la camera di culto e due cappelle laterali, il cui rivestimento in pietra calcarea decorata a rilievo è però andato perduto fin dall’antichità.

Scena di offerte. – Saqqara, tomba di Maya, secondo cortile
Pietra calcarea, altezza 90 cm
Indossando eleganti abiti plissettati e pesanti parrucche i personaggi della processione recano in offerta diversi bastoni fioriti, fiori e volatili. I loro volti non sono affatto ritratti realistici, testimoniano piuttosto la stilizzazione in auge sotto Tutankhamon.

In complesso la struttura ha subito gravi danni a opera di ladri sia antichi sia moderni (XIX secolo) e si è conservata solo una piccola parte delle decorazioni originarie.

Gli archeologi sono tuttavia stati ricompensati da un ritrovamento sorprendente: alcune stanze del complesso sotterraneo con le camere sepolcrali del funzionario e della sua sposa erano ancora decorate per intero, e mostrano la coppia in adozione delle divinità dell’Aldilà.

È singolare notare che nella scelta dei colori ci si è limitato a una tonalità giallo-oro: si tratta certamente di un’allusione allo stato di trasfigurazione dei defunti.

Fonte

Egizio la terra dei faraoni – Regine Schulz e Matthias Seidel – Konemann

Età Ramesside, Mai cosa simile fu fatta

IL COLOSSO DI RAMESSE II

Di Grazia Musso

Menfi, Tempio di Ptah
Pietra calcarea cristallina, altezza attuale 10,95 m.
Mut Rahina, parco archeologico

La statua, oggi sdraiata, una volta si erge a davanti al portale meridionale del tempio di Ptah.

Fa parte dei preziosi colossi del re.

Le proporzioni sono armoniche malgrado le dimensioni, la lavorazione e la levigatura della superficie sono di notevole qualità.

L’espressione mite è al contempo ieratica è caratteristica del primo stile del regno di Ramses II.

Fonte

Egitto la terra dei faraoni – Regine Schulz e Matthias Seidel – Konemann

Fotografie della statua coricata di Gian Piero Liori

Età Ramesside, Mai cosa simile fu fatta

IL RE TRA “LE ANIME DI PE E NEKHEN”

Di Grazia Musso

Tebe Ovest, Valle dei Re
Tomba di di Ramses I KV 16

Il breve regno di Ramses I, fondatore della XIX Dinastia, costrinse il sovrano a costruire una tomba che si limitava alla Camera sepolcrale.

Nella scena qui riprodotta il re si inginocchia in gesto di giubilo tra le “anime di Pe e Nekhen”, dalla testa zoomorfa, potenti spiriti che rappresentano la primitiva tradizione mitologica della regalità, nel rispetto del dualismo dell’Alto e Basso Egitto.

Lo stile della pittura manifesta stretti legami con le raffigurazioni parietali della tomba di Harem ha.

Fonte

Egitto la terra dei faraoni – Regine Schulz e Matthias Seidel – Konemann

Età Ramesside, Mai cosa simile fu fatta

BUOI SACRIFICALI

Di Grazia Musso

Buoi sacrificali addobbati per la festa di Opet.

Luxor, cortile di Ramses II

Meta delle barche sacre nel corso della festa di Opet erano gli altari carichi di offerte votive nel santuario del tempio di Luxor.

I grassi buoi sacrificali, che accompagnavano la processione, erano successivamente immolati in onore degli dei

È assai probabile che, per evitare una inutile perdita di massa corporea durante l’ingrassamento , i buoi venissero tenuti pressoché immobili, tanto che gli zoccoli non riuscivano a crescere formando escrescenze ricurve in avanti

Fonte

Egitto la terra dei Faraoni – Regine Schulz e Matthias Seidel – Konemann

Età Ramesside, Mai cosa simile fu fatta

VASO CON ANSA A FORMA DI BOVINO

Di Grazia Musso

Oro, altezza cm 11,2
Tell Basta ( Bubasti), tesoro scoperto nel 1905
Museo Egizio del Cairo – JE 39870

Questo vaso è stato rinvenuto, insieme ad altri reperti, a Tell Basta, L’antico Per-Bastet, nel Delta sud-orientale.

Gli oggetti facevano parte probabilmente di una stipe votiva del tempio dedicato a Bastet, divinità come donna dalla testa di gatto, che aveva il suo centro di culto in questa località.

Il raffinato vasetto ha il corpo impreziosito da una decorazione a piccoli grani realizzata a sbalzo; il motivo intende riprodurre la forma del melograno, un frutto introdotto in Egitto dall’Oriente all’inizio del Nuovo Regno.

I melograni erano molto apprezzati dagli Egizi e comparivano frequentemente fra le offerte funerarie.

Sul collo del vaso sono incisi motivi floreali disposti su quattro registri, che comprendono, partendo dall’alto, un fregio di foglie lanceolate, una successione di fiori di loto, grappoli d’uva una fila di rosette stilizzate e una ghirlanda di fiori.

L’ansa è costituita da un anello mobile che passa attraverso una barretta fissata al bordo del vaso sulla quale è raffigurato a rilievo un vitello sdraiato.

L’uso di vasellame di lusso, in oro e argento, era limitato all’ambiente di corte e comprendeva solitamente esemplari di piccole dimensioni.

Fonte

I tesori dell’antico Egitto nella collezione del Museo Egizio del Cairo – National Geographic – Edizioni White Stat.

Foto di Paolo Masetti

Età Ramesside, Mai cosa simile fu fatta

VASO CON ANSA A FORMA DI CAPRIDE

Di Grazia Musso

Oro e argento, altezza cm. 16,5
Tell Basta (Bubasti) – Tesoro scoperto nel 1906
Museo Egizio del Cairo – JE 39867 = CG 53262

Questo vaso fa parte del primo tesoro ritrovato nel corso dei lavori ferroviari a Tell Basta, dove un tempo sorgeva il tempio dedicato alla dea Bastet , patrona di Bubasti.

Il vaso ha forma globulare, il corpo è decorato con motivo a “gocce” leggermente sovrimposte le une alle altre in modo da formare delle colonne.

Sul lato opposto a quello dell’ansia è raffigurato un personaggio maschile, riccamente vestito, che protende le braccia in segno di adorazione, verso una divinità femminile che Indossa una lunga veste attillata e un copricapo dalla cui sommità spunta un ciuffo di piume.

La mano sinistra stringe l’ ankh, mentre la destra impugna uno scettro con la sommità a fiore di papiro su cui è posato un volatile non meglio identificabile.

Due iscrizioni geroglifiche contengono frasi augurali all’indirizzo del coppiere del re Atumentyneb.

Il collo del vaso reca una doppia banda di decorazioni a carattere naturalistico.

Il registro superiore trae ispirazione da modelli orientaleggianti: vi si scorgono animali reali e fantastici divisi da composizioni floreali che richiamano l’albero della vita orientale.

L’ ansa del vaso, in oro, è configurata a forma di capride.

L’animale si erge sulle zampe posteriori e appoggia quelle anteriori, piegate, contro il collo del vaso.

Il muso tocca il bordo superiore, nelle narici è infilato un anello d’argento.

Un foro triangolare sulla fronte indica che un tempo doveva esservi incastonata una pietra.

L’unione di motivo decorativi orientaleggianti con elementi di origine più prettamente egizia, si iscrive a pieno titolo nel periodo culturale ramesside, quando l’incontro dell’Egitto con le culture limitrofe porta all’introduzione di nuovi stilemi, conducendo così a un arricchimento del repertorio figurativo degli artisti egizi.

L’ANALISI DEL TESTO a cura di NICO POLLONE

Fonte

Tesoro egizi nella collezione del Museo Egizio del Cairo – F. Tiradritti – fotografie di Arnaldo De Luca – Edizioni White Star.

Età Ramesside, Gioielli, Mai cosa simile fu fatta

BRACCIALI DI SETHY II

Di Grazia Musso

Argento, larghezza massima cm 6,5
Valle dei Re, tomba anonima N. 56 – Scavi di Th. Davis 1908
Museo Egizio del Cairo – JE 39688

Ornamento diffuso, i bracciali erano indossati sia dalle donne che dagli uomini.

Questi esemplari provengono dalla Valle dei Re e sono stati ritrovati, insieme ad altri gioielli appartenenti a Sethy e alla sua consorte, la regina Tausert, in una tomba anonima, probabilmente usata come nascondiglio dai saccheggiatori che violarono le sepolture dei due sovrani.

I due monili d’argento, di fattura simile, sono composti da due parti unite da una cerniera e da un fermaglio.

La parte principale, che veniva portata sull’esterno del polso, è decorata da una scena che raffigura la regina Tausert in piedi, mentre offre al faraone un vaso e un fiore; Sethy è seduto su un trono e tiene nella mano sinistra una coppa e nella destra un fusto di palma, simbolo degli anni.

In alto sono riportati i cartiglio con il nome di Tausert, ” Grande Sposa Reale” e i nomi di nascita e di incoronazione di Sethy II ( Userkheperura Sethy).

L’altra parte dei bracciali è decorata da cinque bande sovrapposte che recano motivi floreali stilizzati.

L’argento, importato dall’oriente, era definito dagli Egizi ” il metallo bianco” ed era considerato una varietà di oro.

Fonte :
I tesori dell’antico Egitto nella collezione del Museo Egizio del Cairo g National Geographic – Edizioni White Star

Età Ramesside, Mai cosa simile fu fatta, Sarcofagi

COPERCHIO DEL SARCOFAGO DI RAMSES II

Di Grazia Musso

Legno dipinto, altezza cm 206
Tebe Ovest – Tomba della regina Inhapy TT 320
Scavi del Servizio delle Antichità 1881
Museo Egizio del Cairo – JE 26214 = CG 61020

La Cachette di Deir el-Bahari si trova tra le rocce a sud del tempio della regina Hatshepsut.

Si tratta di una semplice galleria scavata nel terreno, a cui si accede tramite un pozzo, senza particolari sovrastrutture.

Era la sepoltura di Inhapy, una regina vissuta nel corso della XXI Dinastia, e anche il luogo scelto dai sacerdoti del dio Amon per nascondevi le salme di tutti i più celebri sovrani del Nuovo Regno.

Utilizzando un sepolcri esteriormente anonimi si riteneva, a ragione, che le mummie reali potessero essere più al sicuro dalle continue e sistematiche ruberie a cui si trovavano sottoposte le necropoli tebana sin dalla fine del Nuovo Regno

Prima di essere trasportate nell’impiego della regina Inhapy, le spoglie di Ramses II erano state nascoste nella tomba del padre Sethy I, evidentemente considerata più sicura del sepolcro dello stesso Ramses II.

Il trasferimento definitivo era stato deciso quando anche la tomba di Sethy era stata visitata dai ladri

Le peripezie dei resti mortali di Ramses II possono essere lette nell’iscrizione ieratica tracciata sul coperchio del sarcofago che lo conteneva

Il testo con i tre resoconti dei vari spostamenti è sovrastato da due cartigli con il nome del sovrano, apposti probabilmente per identificare la mummia contenuta all’interno.

Resta infatti ancora da risolvere il dubbio se questo sarcofago fosse stato preparato proprio per Ramses II già in origine.

Per un sovrano che ha regnato sull’Egitto 67 anni, costruendo più di quanti, prima e dopo di lui, abbiano mai fatto, sarebbe lecito attendersi un sarcofago d’oro come quello di Tutankhamon.

Quello che conteneva la salma di Ramses II, invece, è realizzato con pezzi di legno pregiato tenuti insieme per mezzo di un sistema di tenoni e mortase.

In passato si è supposto che potesse essere stato inizialmente ricoperto da una lamina d’oro, asportato in seguito da coloro che avevano violato la tomba del sovrano.

Questo però appare un po’ difficile, posto che lo stato attuale del sarcofago lascia pensare più a un oggetto non portato a termine, piuttosto che il risultato di un’azione di rapina.

Sono infatti assenti i segni di effrazione che risulterebbero dall’asportazione violenta della lamina d’oro.

Anche i lineamenti del volto, semplicemente dipinti e realizzati in uno stile ascrivibile al movimento artistico appena successivo al regno di Akhenaton, servono ad accrescere i dubbi su una reale e primaria attribuzione del sarcofago a Ramses II.

Sulla base dei pochi dati a disposizione e, la questione non può essere certo risolta in modo soddisfacente.

Sebbene si si possa supporre che, nel corso di uno dei trasferimenti, la mummia del sovrano sia stata posta nel sarcofago di un sovrano (come suggerirebbero l’ureo, la barba posticcia, il flagello e lo scettro) vissuto poco prima, questo non può essere affermato con certezza.

L’ureo infatti potrebbe essere stato aggiunto quando la salma del sovrano vi fu deposta

Fonte

Tesoro egizi nella collezione del Museo Egizio del Cairo – F. Tiradritti – fotografie Arnaldo De Luca – Edizioni White Star

Età Ramesside, Mai cosa simile fu fatta, Tombe

LA TOMBA DI RAMSES II E QUELLA DEI SUOI FIGLI

Di Grazia Musso

Piantina della tomba di Ramses II

Degna di un così grande faraone e della sua ambiziosa politica costruttiva , la tomba di Ramses II si distingue per le sue enormi dimensioni e per essere l’unico ipogeo della Valle dei Re il cui asse gira a destra esattamente di 90°, prima di arrivare alla camera funeraria.

Questa devia a sua volta di alcuni gradi a destra rispetto all’asse della tomba.

Sfortunatamente la sua posizione, all’inizio della Valle dei Re, l’ha resa particolarmente soggetta alle inondazioni, che l’hanno danneggiata in diverse occasioni.

Essendo stata scavata in uno strato roccioso di scarsa qualità, le acque piovane hanno deteriorato tanto la struttura come l’apparato decorativo.

All’ingresso vi è una rampa di scale divisa al centro, priva di decorazioni e lunga quasi 14 metri che immette in un corridoio lungo 12,3 m., seguito da un’altra scala.

Le pareti di questo settore dell’ipogeo sono decorate con scene delle Litanie di Ra.

Segue un altro corridoio di 8,5 m. di lunghezza, decorato con scene del Libro dell’Amduat, che sbocca nel pizzo della tomba, chiamato dagli egizi “sala dell’attesa” ; un ambiente delle sepolture faraoniche la cui funzione non è del tutto chiara, secondo alcuni studiosi avrebbe un significato religioso, per altri era un sistema per evitare le inondazioni o una trappola contro eventuali ladri.

Il pozzo di Ramses II Misura 4,2m x 3,6 m ed è profondo circa 6 metri.

La parte superiore delle pareti è decorata con scene che rappresentano il re in presenza di divinità.

Dal pozzo si accede alla prima sala ipostila della tomba, di forma quadrata e attraversata lungo l’asse principale da una rampa di scale discendente.

Sappiamo che era decorata con scene del Libro delle Porte ; lungo la parete destra (rispetto a chi entra) si apre una camera laterale con quattro pilastri, dalla cui parete di fondo si entra in una seconda camera.

Uscendo dalla prima sala ipostila si trova un’altra scala, seguita da due corridoi consecutivi, di 8,5 m. di lunghezza il primo è di 7,4 m. il secondo, sulle cui pareti è raffigurata la cerimonia dell’apertura della bocca.

Il secondo corridoio sbocca nell’antica era, decorata con scene del Libro dei Morti, sulla cui parete destra si apre la camera funeraria, disposta ortogonalmente rispetto al resto della tomba.

Otto pilastri, divisi in due file di 4, delimitano la parte centrale della camera del sarcofago , che si trova ad un livello inferiore ; il soffitto è alto 5,8 m. ed è i curvato.

Sui lati corti della camera si aprono quattro piccoli ambienti, due nella parete di destra e due in quella di sinistra, che misurano circa 3m x 2,6 m.

Nella parete di fondo due porte conducono a due camere, entrambe con una banchina e due pilastri; la decorazione dei due ambienti appare molto danneggiata

Dalla camera sulla destra si accede ad altre due sale consecutive, anch’esse con la decorazione molto deteriorato, la prima delle quali misura 5,2 m x 7,4 m, mentre la seconda 8,4m x 7,4 m.

In quest’ultima vi sono due pilastri situati in prossimità della parete di fondo e una banchina lungo tre lati della stanza.


La tomba di Ramses II è, come abbiamo visto, impressionante, ma quella dei suoi figli maschi, la KV 5, è la più grande della necropoli reale.

Probabilmente risale alla XVIII Dinastia, ma venne poi usurpata e ampliata da Ramses II, che la destinò ai suoi figli.

Scoperta dall’egittologo James Burton nel 1825, era talmente colma di detriti che l’egittologo britannico riuscì a visitare solo le prime sale, senza rendersi conto che le pareti dell’ ipogeo erano decorate.

Neppure coloro che la visitarono in seguito riuscirono a spingersi molto più in là e fu solo a partire dal 1989, quando L’ egittologo statunitense Ken Weeks e la sua squadra localizzarono l’entrata, che cominciò lo studio scientifico del sepolcro.

Negli anni Weeks ha scoperto diverse mummie e numerose immagini dei figli di Ramses II raffigurati sulle pareti della tomba.

Frammento di un rilievo con un volto proveniente dalla tomba KV5.
È probabile che raffigura il faraone o uno dei suoi figli che vennero sepolti in questa enorme tomba.

Superata una scala lunga 4 m. e le due camere consecutive di 5m x 3,6n, sulle cui pareti sono raffigurate scene di Ramses II che presenta i suoi figli agli dei, si accede a una grande camera con 16 pilastri, che misura 15,5 m x 15,6 m, e una grande sala ipostila

Sulla parete destra si apre un annesso con 6 pilastri, mentre su quella sinistra una porta dà accesso a una sala quasi quadrata, con un numero indeterminato di pilastri, distrutti dalle inondazioni.

Statua di Osiride scolpita in una nicchia della tomba dei figli di Ramses II Kv5, l’ipogeo più grande della necropoli tebana della Valle dei Re. Osiride era il dio dei morti e la sua immagine ricorre con frequenza nella decorazione dei sepolcri del Nuovo Regno

Sui pilastri della sala centrale sono raffigurati i principi al cospetto degli dei, mentre la parete di fondo presenta scene della cerimonia dell’apertura della bocca.

In realtà originariamente le pareti della tomba dovevano essere decorate, ma le varie inondazioni le hanno in gran parte danneggiate.

Acquerello di Susan Week che riproduce la parete meridionale della camera 2
Le scena mostra Ramses II nell’atto di presentare un figlio defunto agli dei dell’aldilà.

Dalla parete di fondo di disparte una rampa discendente che conduce a due corridoi ortogonalmente a formare una T, fiancheggiato su ambo i lati da piccole stanze quadrate, di circa 3m. di lato, alcune delle quali hanno il soffitto a volta.

Il corridoio 12 continua scendendo verso il basso, passando sotto la strada e proseguendo dall’ingresso di Kv5 fino a un complesso che contiene almeno due dozzine di camere e corridoi.

Analogamente, dagli angoli della parete opposta della sala dei 16 pilastri si di partono altri due corridoi discendenti, anch’essi fiancheggiati da stanze con il soffitto piano.

Scheletro della mummia di un maschio adulto, trovato in una fossa sotto il pavimento della camera 2, potrebbe trattarsi dei resti di uno dei figli di Ramses II

La tomba è ancora in fase di scavo, ma si calcola che di queste piccole stanze laterali possono essercene moltissime.

Fonte

National Geographic – le tombe reali d’Egitto