Di Franca Loi e Grazia Musso

In Nubia Ramses II edificò niente meno che sette templi.
Due di questi, quelli di Abu Simbel, sono annoverati tra i più belli lasciati dalla civiltà faraonica: il tempio maggiore di Ramses II e quello dedicato alla sua Grande Sposa reale, la regina Nefertiti.

Le due costruzioni si trovano circa a 380 km a sud di Elefantina, confine meridionale dell’Egitto.
Il tempio di Abu Simbel è sicuramente uno dei luoghi di culto dell’Antico Egitto. Costruito da Ramesse II in Nubia, sulla riva occidentale del Nilo, era chiamato dagli egizi ” Tempio di Ramesse Mariamon (Ramesse, l’amato di Amon)”.

Il 22 marzo 1813 l’esploratore e viaggiatore svizzero Burckardt fu il primo europeo che, travestito da arabo, riuscì a visitare il sito di Abu Simbel. Queste le sue parole:
“per un caso fortunato mi ha allontanai verso sud e i miei occhi incontrarono la parte ancora visibile di quattro immense statue colossali tagliate nella roccia… . è davvero un peccato che esse siano quasi completamente sepolte nella sabbia, che il vento fa precipitare in questo punto dalla montagna, come precipiterebbero le acque di un torrente”.
Quindi poté’ vedere del Grande Tempio solo ciò che emergeva dalla sabbia.


Circa quattro anni dopo l’italiano Giovanni Belzoni riuscì a liberare l’entrata del tempio dalla sabbia e insieme ai suoi collaboratori effettuò le prime indagini e le misurazioni degli ambienti interni, con una temperatura di 55° c. È giusto che a descrivere per primo il Grande Tempio di Abu Simbel sia lo stesso Belzoni: “entrammo nel più bello è più vasto speos della Nubia, uno speos che può rivaleggiare con qualsiasi speos o ipogeo dell’Egitto, eccetto la tomba da poco scoperta a Biban el-Mulook (la tomba di Seti I, a lungo chiamata tomba Belzoni)”.

Ad Abu Simbel Ramesse II porta a termine il processo di glorificazione del sovrano che il padre Seti I aveva iniziato, ridonando dignità divina alla funzione regale.
Il Tempio fungeva da elemento propagandistico, oltre che dissuasorio nella ricca terra nubiana. La Nubia, paese tributario dell’Egitto, costituiva un’area molto ambita per i suoi giacimenti auriferi, tanto che Ramses II costruì una serie di forti e 7 tempi scavati nelle gole, come simboli del potere e dominio sui ribelli nubiani.

Negli anni Sessanta, per via della costruzione della diga di Assuan, che minacciava di sommergerli, i due templi furono trasferiti in una posizione 65 m più in alto e circa 200 m più lontano dalla loro collocazione iniziale.

In origine, i due speos erano stati scavati ognuno su un promontorio roccioso di arenaria rossa, situato sulla sponda occidentale del fiume, per poter così ricevere il sole dell’alba.

È possibile, anche se non lo si sa con certezza, che i lavori siano iniziati poco dopo il quinto anno di regno di Ramses II (1274 a. C.), periodo della mitica battaglia di Qadsh e siano stati terminati circa trent’anni piu tardi.
I COLOSSI DELLA FACCIATA
Quattro colossali statue sedute, a gruppi di due, reggono la facciata di questo tempio rupestre.

Sono tra i principali simboli dell’antico Egitto e rappresentano Ramses II seduto, vestito con il gonnellino reale, sul capo Indossa il nemes, con un ureo sulla fronte, ha la barba posticcia e la doppia Corona dell’Alto e Basso Egitto.
Il sovrano è inoltre abbigliato con pettorale e bracciali decorati con cartigli.

Le statue misurano oltre 20 metri di altezza dalla pianta dei piedi fino alla punta della doppia corona, il che conferisce agli altri lineamenti del faraone dimensioni colossali.

Per esempio la sua fronte misura 59 cm, il naso 98 cm è il viso 4, 17 di larghezza, se a questo sia giunge l’espressione maestosa e di serena autorità trasmessa dai volti, non c’è dubbio che l’effetto dovesse essere sconvolgente…

Colosso 2 – La parte superiore è andata distrutta durante il terremoto accaduto nel 31mo. anno di regno di Ramesse II (1263 a.C.).
Raffigurate in formato ridotto da sinistra: la figlia Nebettauy, un figlio non nominato, Tuia la regina madre.
La facciata del tempio è coronata da 22 figure di babbuino, alti circa 2 metri, seduti in posizione frontale.
Non si tratta di un abbellimento casuale, perché tutta l”arte faraonica è piena di significato.
Grandi osservatori della natura, gli egizi si soffermarono su una peculiare abitudine che queste scimmie avevano quando si svegliavano all’alba: si mettevano a guardare il sole e facevano molto chiasso.
Gli egizi interpretarlo o questo gesto come se le scimmie iniziassero le giornate adorano Ra ed è per tale motivo che sono raffigurate su questa facciata, per salutare il sole quando riappare al termine della notte.
Più in basso, nel punto centrale della facciata, c’è una nicchia rettangolare fiancheggiato da due immagini del re in piedi in atteggiamento di adorazione.

Nella nicchia, la statua di Ra-Harakhty con testa di falco e il grande disco solare sul capo riceve un’offerta da Ramesse II.
All’interno di questa nicchia fu intagliato, in alto rilievo, una statua del dio Ra-Horakhti; ma in realtà si tratta di qualcosa di più di una rappresentazione del dio, perché gli attributi che lo connotano sono la chiave per leggere il criptogramma che forma l’immagine : Il dio è coronato da un immenso disco solare e Indossa un ureo sulla fronte, mentre nella mano sinistra tiene una immagine della dea Maat e, nella destra, la testa e il collo di candide, cioè il segno geroglifico user.

Così tali elementi permettono di leggere la statua , oltre che per quello che è, una immagine di Ra-Horakhti, come una rappresentazione tridimensionale dl nome del re: Usermaatre.




Colosso 3. Di fianco alla gamba destra del colosso 3 la Grande Sposa Reale Nefertari, sul capo una pesante parrucca, il “modio” una sorta di corona decorata con cartigli e urei. Di fianco alla gamba sinistra il cartiglio della regina: “La bellissima amata da Mut” – “La Grande sposa reale”.
I quattro colossi si innalzano su un’ampia terrazza, a cui si accede tramite una breve scalinata di 1 5 m di altezza e dai bassi gradini.

Ai loro piedi, proprio all’esterno di ogni gamba e in mezzo ad esse, ci sono altre statue di piccole dimensioni che rappresentano la famiglia reale, tra cui quella di Nefertari e quella di Mut-Tuya, la madre del re.

A sinistra: la figlia Bentanat, sul capo una grande parrucca un basso modio, due grandi piume e l’ureo regale sulla fronte, un pezzo di stoffa nella mano sinistra.
A destra; Tuia la regina Madre, sul capo il “modio”, una sorta di corona decorata con cartigli e l’ureo regale sulla fronte, un pezzo di stoffa nella mano destra
Le altre corrispondono ai vari figli e nipoti.


Tra le gambe del colosso 2. Il figlio Amon-Her-Khepeshef indossa una lunga veste, i capelli con la treccia dell’infanzia. Con la mano destra regge l’ accessorio solitamente portato dai principi reali, il “flabello” formato da una piuma di struzzo,
La vistosa ornamentazione della facciata continua in altri elementi che non sono così in vista: è il caso dei rilievi che si trovano ai lati dei troni e che delimitano l’entrata del tempio.
Sul lato nord si può vedere una fila di prigionieri asiatico legati e inginocchiati, mentre sul lato sud i prigionieri sono nubiani.
LA GRANDE SALA IPOSTILA
Nonostante la particolarità del terreno, roccioso e scosceso, dove venne edificato il tempio i costruttori fecero tutto il possibile per riprodurre la pianta tipica dei templi egizi ( pilone, cortile colonnato, sala ipostila e sancta sanctorum), nel superbo speos di Ramses II.
La sala ipostila assume nel caso di Abu Simbel una dimensione colossale.
È la prima sala del tempio e, indubbiamente, la più spettacolare: si tratta di una stanza di 18 metri di profondità per 16,7 metri di Larghezza e con un’ampiezza di circa 10 metri.
Ciò che la caratterizza è la presenza delle enormi statue che raffigurano il re.

Due file di quattro pilastri ciascuna delimitano il corridoio centrale, fiancheggiato da otto colossali figure osiriache di Ramses II, scolpite, sui lati frontali dei pilastri.
Quelle del lato sud, che rimangono a sinistra dell’entrata del tempio sono ornate con la Corona bianca dell’Alto Egitto, mentre quelle del lato nord rappresentano la doppia corona, o pschent.

Il re non appare mummiforme , ma Indossa un gonnellino e porta la barba posticcia ; le braccia incrociate sul petto e le mani che stringono l’una il bastone e l’altra il flagellum, lo identificano come Osiride.
I tratti di questa figura sono in armonia con l’aspetto del monarca.

Dal soffitto, la dea avvoltoio Nekhbet sorvola i colossi.
Con le poderose ali spiegate, varie immagini delle dea protettrice dell’Alto Egitto decorano il soffitto del corridoio centrale, con gli artigli la dea tiene due piume a lunga canna che la separano dai cartiglio con i nomi del re e delle “Due Signore” ( le dee Nekhbet e Uadjet) del sovrano che si alternano agli avvoltoi.
Il resto del soffitto, quello delle navate laterali, è decorato da stelle rosse dipinte su fondo azzurro.
Le pareti della sala ipostila, che rimangono ai due lati della galleria centrale, sono decorate con incisioni che ricordano le imprese belliche di Ramses II.
Delle gesta evocate in questi rilievi, la battaglia di Qadesh è la predominante.
La parete nord è occupata da questo combattimento, tutto l’insieme compone una grande narrazione iconografica che si somma ad altre rappresentazioni di questa battaglia in monumenti come il pilone del tempio di Luxor, la parete sud della sala ipostila del tempio di Karnak e il Ramessum, tra gli altri.
Ma i rilievi di argomento militare non si esauriscono con Qadesh, ci sono anche immagini dove si può vedere Ramses che conduce gruppi di prigionieri davanti a triadi di dei.

Anche la parete sud è divisa in due registri: quello superiore è dedicato a scene i cui il re presenta offerte a diversi dei, e quello inferiore è dedicato a tre scene belliche: il re e tre dei suoi figli, in testa all’esercito, attaccano una fortezza asiatica a bordo dei propri carri ( a sinistra); Ramses II combatte a piedi contro un nubiano (al centro), e file di prigionieri nubiani condotti davanti a dei tebano (a destra).
L’ultima parete, entrando nella sala sulla sinistra, mostra Ramses II davanti ad Amon-Ra mentre i mola prigionieri di ogni razza e nel registro inferiore appaiono otto principesse reali con in mano un flabello.
LE STATUE DEL SANTUARIO
Dopo aver percorso l’impressionante spazio della grande sala ipostila, il tempio cambia la propria fisionomia: il soffitto e il pavimento si avvicinano mano a mano che si penetra nell’interno.
Questa progressiva elevazione della quota pavimentale è, contemporaneamente, l’abbassamento della copertura producono una graduale diminuzione della luce.
È la modalità che gli architetti egizi avevano di indicare il percorso che conduceva alla penombra della sancta sanctorum, il luogo più profondo del tempio.
Prima di arrivare a questo luogo di raccoglimento, una volta lasciata la sala ipostila, si accede a una seconda sala decorata con immagini di Ramses II abbracciato agli dei e scene di offerta e adorazione.

In una delle pareti si apre una porta che dà accesso alla sancta sanctorum o santuario del tempio, dove solo il re e il gran sacerdote potevano entrare.
È una stanza di 7 metri di profondità x 4 metri di larghezza , nella cui parete in fondo sono intagliate quattro statue sedute su una panca.
Sono le solenni immagini, da destra a sinistra, di Ra-Horakhty, Ramses II divinizzato , Amon e Ptah.

Le pareti che le circondano sono decorate da immagini della barca sacra di Ramses II.
Queste statue sono protagoniste di un curioso fenomeno astronomico che si verifica due volte l’anno.
Intorno al 20 febbraio e 22 ottobre i raggi del sole dell’alba colpiscono direttamente il santuario illuminando le statue seguendo un ordine preciso, illuminano di luce l’immagine di Amon, quella del re divinizzato e la spalla destra di Ra-Horakhty ; l’unica che rimane nell’oscurità é quella del dio Ptah, dio dell’oltretomba.

Il fenomeno, ampiamente sfruttato dalle agenzie di viaggio negli ultimi anni, è stato reclamizzato come il “miracolo di Abu Simbel”, tuttavia l’ipotesi che queste due date coincidano con i giorni della nascita e incoronazione di Ramses II non trova alcun riscontro.






























