“COSE (ANCORA PIÙ) MERAVIGLIOSE”, Mummie, XVIII Dinastia

LA MUMMIA DI KHA

Le mummie di Kha e Merit non sono mai state sbendate, ma gli esami radiologici hanno permesso uno sbendaggio virtuale che ha permesso di conoscere gli oggetti rituali che li hanno accompagnati nella sepoltura.

La mummia di Kha porta una particolare collana formata da numerosi dischi chiamata “shebyu”, che il re donava come “Oro dell’Onore” ai suoi funzionari più capaci e che Kha ha ovviamente voluto indossare nel suo viaggio ultraterreno. Kha porta inoltre una catenella con appeso uno scarabeo del cuore, un paio di larghi orecchini, due bracciali e due cavigliere, cinque anelli e due amuleti a forma di cobra e di nodo di Iside, rispettivamente collocati sul petto e sulla testa

Abbiamo quindi potuto scoprire che la mummificazione sarebbe avvenuta per semplice immersione in bagno di natron (non ci sono segni di eviscerazione, quindi non ci sono vasi canopi per la conservazione degli organi interni).

Nella proiezione laterale si capiscono bene le dimensioni dei gioielli indossati da Kha nella sepoltura

Le mummie furono esaminate ai raggi X negli anni ’60, e la conclusione di allora fu che, nonostante lo status di Kha e Merit, la mummificazione fosse stata fatta in maniera frettolosa e “povera”. Si ipotizzò addirittura che fossero stati semplicemente bendati e sepolti. Le indagini successive con la TAC hanno mostrato invece che i corpi sono molto ben conservati (soprattutto quello di Kha).

Il cervello di Kha non è stato estratto, come è evidenziato dalle frecce (da: Bianucci, Raffaella, et al. “Shedding new light on the 18th dynasty mummies of the royal architect Kha and his spouse Merit.” PloS one 10.7 (2015): e0131916.)

La mummia di Kha ci mostra che era alto circa 170 cm (168 all’ultimo esame nel 2014). Fu mummificato con le braccia distese lungo i fianchi e le mani sul pube. Era anziano per l’epoca, intorno ai 60 anni, quasi completamente sdentato (curiosamente aveva perso premolari e molari ma aveva mantenuto gli incisivi) e con segni di aterosclerosi e di artrite. Mostra anche la frattura di una vertebra, probabilmente un infortunio sul lavoro

La mummia di Kha indossa due grandi orecchini in oro, una collana in dischi d’oro e sei anelli. Kha è uno dei primi esempi di un personaggio egizio di sesso maschile che indossava grandi orecchini ad anello, molto spessi. Si pensa che questa “moda” sia stata importata dalla Nubia alla fine della XVII Dinastia. La collana invece è l’Oro dell’Onore, la massima onorificenza donata dal Faraone a chi si distingueva particolarmente nei suoi compiti. Si calcola che pesi tra un chilo ed un chilo e mezzo. La ricostruzione fa vedere molto bene anche lo scarabeo del cuore, probabilmente con inciso sul retro una delle formule magiche del Libro dei Morti. Sulla fronte, in posizione inusuale, una testa di serpente (ureo) normalmente posizionata sul collo del defunto. La posizione sulla fronte (come per l’ureo dei Faraoni) ha lasciato supporre un particolare onore reso dagli addetti alla mummificazione. Sotto l’Oro dell’Onore, un Nodo di Iside (“tiet”) probabilmente in pietra rossa. Due ornamenti in foglia d’oro avvolgono entrambe le braccia. Da: Bianucci, Raffaella, et al. “Shedding new light on the 18th dynasty mummies of the royal architect Kha and his spouse Merit.” PloS one 10.7 (2015): e0131916. 

La scelta di non sbendare le mummie è ovviamente comprensibile, ma su cui si può discutere; è un peccato non poter ammirare i gioielli di Kha e Merit “dal vivo”, ma in fondo sono rimasti dove dovevano essere. Un eterno dilemma in questo campo.

Fonti:

  • Museo Egizio di Torino
  • Martina, Maria Cristina, et al. “Kha and Merit: multidetector computed tomography and 3D reconstructions of two mummies from the Egyptian Museum of Turin.” Journal of Biological Research-Bollettino della Società Italiana di Biologia Sperimentale 80.1 (2005).
  • Bianucci, Raffaella, et al. “Shedding new light on the 18th dynasty mummies of the royal architect Kha and his spouse Merit.” PloS one 10.7 (2015): e0131916.
Mummie, XVII Dinastia

LA MUMMIA DI SEQENENRE TAA

Di Ivo Prezioso

Immagine n. 1 L’impressionante mummia del re Seqenenre Taa (© Immagine fornita dal Ministero del Turismo e delle Antichità egiziano, per la rivista Ancient Egypt).

Allorquando visitai il Museo del Cairo (si fa per dire, considerando che nelle circa due ore messe a disposizione ci si poteva soffermare davvero poco sui reperti), ci fu concesso un supersonico accesso alla sala delle mummie. Qui, ci trovammo al cospetto di alcuni tra i più famosi faraoni egizi. In quella brevissima permanenza devo riconoscere che l’emozione fu tantissima e se, ad esempio Ramses II, mi ispirò un inspiegabile timore reverenziale, devo ammettere che a scioccarmi letteralmente furono i resti di Seqenenre Taa: una tragicità maestosa, crudele e al contempo commovente. Di questo faraone della XVII dinastia è ben nota la sua lotta di liberazione intrapresa contro gli invasori Hyksos. All’epoca della mia visita (parlo di ben 18 anni orsono) si dava pressoché per scontato che fosse caduto in battaglia.

In realtà le recenti scansioni in 2D e 3D della mummia (Immagine n. 1) sembrano raccontarciuna storia leggermente diversa, ma forse ancor più drammatica. Il team guidato da Zahi Hawass e Sahar Saleem, a seguito delle analisi condotte, conclude che la posizione flessa, ai gomiti e ai polsi delle braccia del re, la cui età al momento della morte doveva aggirarsi intorno ai quaranta anni, indica che le mani fossero legate.

Immagine n. 2 Le ferite presenti sul cranio del re (© Immagine fornita dal Ministero del Turismo e delle Antichità egiziano, per la rivista Ancient Egypt).
Immagine n. 3 Ulteriori ferite emerse durante le scansioni (© Immagine fornita dal Ministero del Turismo e delle Antichità egiziano, per la rivista Ancient Egypt).

Oltre alle evidenti ferite alla testa (Immagine n. 2), il team ha scoperto ulteriori danni che furono celati sotto vari strati di materiale durante la mummificazione (Immagine n. 3). 

Tutto ciò avvalorerebbe l’ipotesi che la mummificazione fu effettuata in un laboratorio reale e non in un’area di fortuna vicino al luogo della battaglia, come si era ipotizzato in precedenza. La forma e lo schema delle ferite suggeriscono che il re fosse legato e inginocchiato e che sia stato giustiziato da diversi aggressori Hyksos con armi diverse come in una vera e propria esecuzione. Il cervello, che non era stato rimosso, sembra essersi depositato sul lato sinistro del cranio, il che fa supporre che il cadavere del re sia stato lasciato sul fianco sinistro per qualche tempo.

Immagine n. 4 Una testa d’ascia Hyksos simile a quelle usate sul re (© Immagine fornita dal Ministero del Turismo e delle Antichità egiziano, per la rivista Ancient Egypt)

Fonte: Ancient Egypte The History, People and Culture of the Nile Valley. Vol.21, Num. 125 Maggio/Giugno 2021, pag. 11)

Donne di potere, Mummie, Tutankhamon

LE MUMMIE DELLE FIGLIE DI TUTANKHAMON E ANKHESENAMON

A cura di Luisa Bovitutti

Ankhesenamon non riuscì a dare un erede a Tutankhamon; nella tomba del sovrano furono rinvenute le mummie di due bimbe, che probabilmente egli aveva concepito con la sua Grande Sposa Reale e che nacquero premature, morendo subito dopo.

Ognuna delle piccole mummie, una delle quali portava una maschera di cartonnage dorato con i tratti del viso dipinti di nero, era custodita in un sarcofago antropoide in legno ricoperto di foglia d’oro, a sua volta contenuto in un altro sarcofago dipinto di nero con bande dorate; essi erano stati deposti in una scatola di legno non decorata che misurava circa 61 centimetri di lunghezza, in origine chiusa con una corda e con il sigillo dello sciacallo e dei nove prigionieri, infranto già nell’antichità.

È verosimile che anche per il secondo feto fosse stata predisposta una maschera, da identificarsi in quella rinvenuta nel 1907 da Davis, nel pozzo n. 54 della Valle dei Re insieme a residui di imbalsamazione, non utilizzata perché probabilmente troppo piccola.

L’autopsia venne eseguita nel 1932 dal dott. Douglas Derry; i corpicini sono lunghi rispettivamente 39,5 cm e 27,7 cm.; la bambina più piccola era nata al quinto mese di gestazione ed è ben conservata sebbene non fosse stata imbalsamata, mentre la più grande, di sette od otto mesi, è in condizioni meno buone ed il corpicino era stato imbottito di lino attraverso le narici ed una piccola incisione addominale.

Più recenti analisi, svolte presso l’Università di Liverpool dal professor R.G. Harrison, hanno rivelato che la piccola era affetta da deformità di Sprengel, spina bifida e scoliosi.

Nelle immagini: a sinistra in alto la scatola con i piccoli sarcofagi al momento della scoperta; a sinistra in basso la maschera funeraria; a sinistra in altoi sarcofagi esterni; a destra al centro e in basso le mummie con i loro sarcofagi.

FONTI: liberamente tratto da un articolo di Jimmy Dunn, in rete; ampia bibliografia in calce all’articolo.

Immagini, Mummie

LA MUMMIA URLANTE

A cura di Raffaele Biancolillo

La mummia urlante della principessa Meret Amun, figlia del faraone Seqenenra Tao asceso al trono tra il 1560 a.C. e il 1558 a.C.

Il celebre Zahi Hawass e Sahar Saleem, professore di Radiologia presso la Cairo University, hanno analizzato la “Mummia urlante” tramite radiografie e TAC, ricavando nuovi dati interessanti. Intanto l’età della morte è collocata tra i 50 e i 60 anni; poi è stato evidenziato il metodo di mummificazione che è consistito nell’eviscerazione, la sostituzione degli organi interni con impacchi, resine e spezie profumate e la mancata asportazione del cervello, ancora presente essiccato sul lato destro del cranio.

Ma il risultato più importante riguarda la causa di morte e il conseguente motivo dell’urlo. La donna è forse deceduta sul colpo a causa di un infarto; è stata infatti rilevata una grave forma di aterosclerosi con l’avanzata calcificazione delle pareti delle arterie coronarie destra e sinistra, iliache, del collo, degli arti inferiori e dell’aorta addominale.

La mummificazione sarebbe iniziata quando il corpo era ancora contratto per il rigor mortis. Per questo la donna ha le gambe accavallate e leggermente flesse, la testa reclinata verso destra e la mandibola abbassata.

Età Predinastica, Immagini, Mummie

GINGER: UN OMICIDIO PREDINASTICO

Ricollegandosi alle sepolture predinastiche, i risultati di un’analisi condotta sulla mummia oggi custodita al British Museum di Londra e chiamata l’uomo di Gebelein (dal deserto sabbioso a circa 30 km da Luxor luogo del ritrovamento) o più affettuosamente Ginger per i suoi capelli rossicci.

Essa risale al periodo Naqada II ed è tra le più antiche mummie egiziane finora conosciute: dalle analisi delle ossa e dei denti è emerso che il cadavere apparteneva ad un uomo morto tra i 18 e i 21 anni; dalla visualizzazione in 3D di femori e tibie che era alto m. 1, 60; dalla TAC che aveva ancora in situ gli organi interni ed il cervello e tracce di cibo nello stomaco.

La TAC ha altresì evidenziato una strana incrinatura sulla scapola sinistra, chiaro indizio che Ginger venne ucciso con una pugnalata alle spalle.

Recenti analisi agli infrarossi hanno permesso di accertare inoltre che la macchia scura visibile sul braccio destro del cadavere è in realtà, l’immagine di un uro (un grande toro selvatico ormai estinto) e di una capra berbera, ricorrenti nell’arte predinastica, tatuati con un ago, tramite il quale il pigmento, probabilmente fuliggine, è stato inserito in profondità nel derma.

FONTI:

FOTO PRINCIPALE DI JACK 1956 – https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Bm-ginger.jpg.

Età Predinastica, Immagini, Mummie

SEPOLTURA PREDINASTICA

Le prime forme di sepoltura note per l’Egitto antico risalgono alla fase predinastica, quando era consuetudine seppellire i morti in semplici fosse scavate nella sabbia del deserto.

In quell’epoca i corpi non erano ancora sottoposti ai processi di imbalsamazione che si sarebbero sviluppati in seguito per salvaguardare la fisionomia e l’identità del defunto, ma grazie alla natura stessa del terreno e al clima secco i cadaveri andavano incontro a un naturale processo di mummificazione per essiccamento.

Nel museo torinese è stata ricostruita una antica sepoltura di questo tipo con il corpo in posizione rannicchiata, secondo l’usanza dell’epoca, attorniato dal suo semplice corredo funerario.Sin dall’epoca preistorica, infatti, era consuetudine dotare il defunto di cibo e di oggetti di uso quotidiano ritenuti utili per la vita post mortem che secondo il pensiero Egizio, era un’ ideale continuazione dell’esistenza terrena.

L’identità di questo uomo, morto circa cinquemila anni fa, ci è sconosciuta, ma per lui parlano, a distanza di tanto tempo, i poveri oggetti che lo accompagnano: un paio di sandali, alcuni contenitori in fibre vegetali, una sacca di cuoio, una serie di frecce e un boomerang destinati alla caccia.

Al momento della scoperta, sul cadavere vi erano ancora i resti di un “lenzuolo” e di una stuoia in fibre vegetali.

Museo Egizio di Torino( acquisto di E. Schiapparelli)

Fonte: I grandi musei – Il museo Egizio di Torino – Electra.