Oggetti rituali

L’ORO DEL VALORE

O COLLARE SHEBIU

Amenhotep III indossa l’oro del valore. Rilievo calcareo da Luxor, custodito a Berlino.
Photo: Andreas Praefcke, Public domain, da Wikimedia Commons, a questo link:
https://commons.wikimedia.org/…/Image:Relief_Amenhotep…

Questa onorificenza fu introdotta da Thutmose IV per premiare i soldati più valorosi ed i funzionari più leali (normalmente coloro che ricoprivano i gradi più alti dell’amministrazione civile e militare).

Essa veniva consegnata nel corso di una solenne cerimonia, che poi i destinatari facevano rappresentare sulle pareti della propria tomba.

Rilievo decorativo del carro da parata di Thutmosi IV, bisnonno di Tutankhamon, rappresentato mentre scocca una freccia nel corso di una battaglia. Egli indossa l’oro del valore. Questo reperto si trova al NMEC del Cairo fu ritrovato nel 1903 da Howard Carter nella tomba del sovrano.
FOTO a questo link: https://wondersofthepast.quora.com/Pharaoh-Thutmose-IVs…

L’oro del valore era una collana formata di solito da due fili di dischetti d’oro massiccio (ma arrivava anche fino a quattro), che poteva essere conferita più volte al medesimo personaggio; nella tomba dell’ufficiale Ahmose figlio di Abana, sita a el-Kab, infatti, si legge: 

e nei rilievi parietali di tombe e templi si nota che altissimi funzionari ne indossano in gran numero.

Rilievo calcareo con uomo reale che indossa l’oro dell’onore, oggi al MET di New York. Probabilmente originario di Amarna.
Dimensioni: H. 20,9 cm; L. w. 53,3 cm Numero di adesione: 1991.240.1
https://www.metmuseum.org/art/collection/search/545007

A far tempo dal regno di Akhenaton il prescelto veniva convocato nel cortile del palazzo ed il sovrano, affacciandosi alla finestra delle apparizioni, gli lanciava il premio alla presenza del pubblico accorso per vederlo e per fare festa.

In epoca amarniana questo protocollo, in seguito standardizzatosi, aveva un profondo significato simbolico: in questo contesto, infatti, il Faraone agiva come incarnazione di Aton e consegnando l’oro al meritevole lo faceva partecipe, ancora in vita, di una dimensione divina al quale gli umani avrebbero avuto accesso solo dopo la morte.

Il famoso Kha, che fu architetto di Amenhotep III ed il cui corredo funerario è esposto al Museo Egizio di Torino insieme a quello della moglie Merit ne fu insignito; l’oro del valore ancora oggi si trova al collo della sua mummia, sotto le bende, dove è stato individuato sottoponendola ad una radiografia.

Radiografia della mummia di Kha, che evidenzia l’oro del valore, una coppia di grandi orecchini a forma di cerchio ed il cervello ancora in loco.
FOTO A QUESTO LINK https://www.lastampa.it/…/l-eleganza-in-stile…/…

La medesima decorazione fu riconosciuta anche ad Ay ed a Maya, all’epoca facenti parte insieme ad Horemheb del consiglio di reggenza del giovane Tutankhamon; nella tomba del primo ad Amarna, costruita prima di diventare faraone, è rappresentata la scena della premiazione e Maya, che era anche tesoriere del sovrano, ne aveva ricevuto un numero esorbitante, così come appare in un frammento di una scena nella sua tomba di Sakkara.

Ay riceve l’oro del valore da Akhenaton; dietro di lui la moglie Tyi, che a sua volta ne è stata insignita. Rilievo originale in calcare proveniente dalla Tomba di Ay ad Amarna; oggi al Museo del Cairo. FONTE: https://commons.wikimedia.org/…/Image:Ay_receiving_the… 
Autore: ddenisen (D. Denisenkov).
Hormin, capo dell’harem reale e “direttore delle cose sigillate” di Seti I, viene premiato dal re con l’oro del valore. Rilievo calcareo dalla tomba di Hormin a Sakkara; fu scoperto nel 1854 durante gli scavi del Serapeo da Mariette, il quale lo donò a Napoleone-Giuseppe-Carlo-Paolo Bonaparte (noto anche come Plon-Plon) in visita in Egitto. Quattro anni dopo il Principe lo attribuì al Louvre con tutta la collezione ricevuta in dono nel corso di quel viaggio.
H: 123 cm; L.: 93 cm; Spes.: 18,5 cm.
Numero di inventario: E 3337 / IM 6166 / C 213
Traduzione del testo, dal sito del Louvre:
“Sua Maestà dice…: Date oro in abbondanza al favorito, direttore dell’harem reale, Hormin, di lunga vita e di buona vecchiaia, senza rimprovero e senza colpa nel palazzo reale, colui che parlava rettamente e camminava sicuro… Ciò che disse il direttore del sigillo, direttore dell’harem reale, Hormin, assolto: Come è vero così come appari nella perfezione, o sovrano dalla volontà perfetta come Amon, sei qui per l’eternità, simile a tuo padre Re, vivendo finché lui, o sovrano che mi distinse tra gli uomini, che mi suscitò con il suo ka! Gioia perfetta perché coloro che ti circondano ascoltino il tuo insegnamento! Io ero solo un semplice mortale che hai allevato, un dignitario che hai creato. Sono giunto a una buona vecchiaia senza essere colto in colpa.”
FOTO Bridgeman / Aci, a questo link: https://www.storicang.it/a/lharem-dei-faraoni_14719

Un altro personaggio di rilievo rappresentato con indosso collari dell’onore è Amenhotep, sommo sacerdote di Amon a Karnak, vissuto nel corso della tarda XX dinastia.

Il Primo profeta di Amon Amenhotep riceve doni e l’oro del valore da Ramses IX.
Rilievo presso il tempio di Karnak.
Amenhotep divenne Primo profeta di Amon sotto il regno di Ramses IX succedendo al fratello, il quale, a sua volta, aveva ereditato la carica dal padre. Egli era talmente potente che osò farsi rappresentare alto quanto il re senza che costui reagisse, segno che il potere centrale in Egitto si era ormai parecchio indebolito.
Amenhotep mantenne la sua prestigiosa carica fino al 12º anno del regno di Ramses XI, il quale, resosi conto della sua pericolosità lo destituì.
Le conseguenze furono tragiche, in quanto il clero tebano si oppose alla decisione del faraone e diede l’avvio alla cosiddetta “guerra del gran sacerdote”.
Il Faraone incaricò il viceré di Nubia Panehesy di intervenire, e costui con le sue truppe depose Amenhotep, sulla sorte del quale non vi sono notizie, e ripristinò l’ordine nell’area tebana, assumendo personalmente la carica di Primo Profeta di Amon e cominciando a governare da usurpatore.
Ramses XI inviò contro di lui Herihor, Flabellifero alla destra del re, Capo degli scribi reali, Sovraintendente al doppio granaio, Responsabile di tutti i distretti del sud, Capo dell’esercito, il quale respinse Panehesy in Nubia, dove pare abbia governato per altri dieci anni.
Herihor resse a sua volta l’Alto Egitto come Primo Profeta di Amon, mentre Ramses XI, ultimo delle sua linea dinastica, rimase nel Delta a governare il Basso Egitto.
FONTI:
https://it.wikipedia.org/wiki/Amenhotep%28primo_profeta%29
https://it.wikipedia.org/wiki/Herihor
FOTOGRAFIA DA QUESTO LINK:
https://it.wikipedia.org/…/Amenhotep_%28primo_profeta…

Vi sono rilievi che provano che gli stessi Faraoni amavano indossarli, e anche Tutankhamon ne aveva molti, due dei quali furono trovati allacciati alla sua maschera funeraria ed al sarcofago antropoide più interno.

La mummia di Tutankhamon con ancora indosso la maschera d’oro e tre file di oro del valore; l’immagine fu scattata da Burton in bianco e nero al momento della scoperta, e fu colorata in epoca moderna.
FOTO DA QUESTO LINK: https://www.keblog.it/foto-storiche-colorate-scoperta…/

Oggetti rituali

IL DISCO IPOCEFALO

Ipocefalo di Irethorrou, XXX dinastia, lega di rame, oggi custodito al Louvre (cat. n. 3526). Diametro di 14,6 cm.,
Esso è suddiviso in due opposte sezioni, ognuna delle quali contiene più registri.
Il registro più ampio rappresenta la forma segreta di Amon Ra, raffigurato con quattro teste d’ariete che ne riflettono l’onnipotenza. I testi che compaiono sul disco sono rituali rivolti ai vari aspetti attribuiti al dio nella sua città sacra di Eliopoli. Egli è inoltre rappresentato come un uomo a due teste, nel registro superiore.
La seconda metà si divide in tre registri. In quello inferiore troviamo la Barca Solare notturna e quella della Luna, con sembianze di babbuino. Quello centrale contiene il riferimento al nome segreto del dio, evocato da tre geroglifici: un ariete, una foglia di ninfea e un leone, che costituiscono tre riferimenti grafici alla manifestazione del dio dal nome perfetto (non pronunciabile). La figura divina compresa in questo registro allude all’eterno ciclo del sole, con immagini inusuali che alludono alla complessità ed al mistero della divina essenza del dio Creatore.  https://collections.louvre.fr/ark:/53355/cl010038138
https://egittophilia.freeforumzone.com/…/discussione…

Il disco ipocefalo (“che sta sotto la testa”) è un amuleto funerario a forma di disco piatto e solo occasionalmente concavo, generalmente realizzato in lino stuccato, oppure in papiro, bronzo, oro, legno o argilla, con un diametro variabile da 8,0 a 23,0 cm. che rappresentava il sole, simbolo di rinascita perché gli Egizi ritenevano che viaggiasse la notte attraverso il mondo dei morti per poi risorgere il giorno successivo in quello dei vivi.

Esso venne utilizzato dalla XXVI alla XXX dinastia – tra il 662 ed il 342 a. C. – per le sepolture dei membri del clero e dei loro familiari ed in particolare a Tebe per i sacerdoti e le sacerdotesse di Amon, ad Akhmim per quelli di Min ed a Menfi per quelli di Ptah.

Ipocefalo di Neshorpakhered, da Tebe, tardo periodo tolemaico, oggi al BritishMuseum di Londra. In alto è raffigurata una divinità a due teste in forma umana che regge uno stendardo del dio Upuaut dalla testa di sciacallo. A sinistra e a destra due barche sulle quali viaggiano un falco con le ali spiegate e una figura mummiforme con testa di falco chiaramente riconoscibile come il dio del sole. Di fronte a lui è raffigurato lo scarabeo, anch’esso manifestazione del sole. Nel registro centrale il dio Amon Ra è raffigurato come una divinità mummiforme con quattro teste di ariete, adorato da coppie di babbuini. Ruotando il disco di 180 gradi, si trova il terzo registro che raffigura una mucca di fronte ai quattro figli di Horus e ad uno scarabeo. Dietro di essa c’è una figura femminile la cui testa è l’occhio “wedjat” all’interno di un disco, e una figura seduta con il braccio alzato che affronta un serpente con gambe umane. Questa parte dell’oggetto è parzialmente danneggiata.
https://www.britishmuseum.org/collection/object/Y_EA36188

Il disco ipocefalo doveva essere preparato secondo le istruzioni dei cosiddetti “testi supplementari” che nel corso dei secoli furono gradualmente integrati nel Libro dei Morti.

L’incantesimo 162 (“formula per far nascere una fiamma sotto la testa del beato”) prescriveva infatti che venisse posto sotto la testa del defunto perchè lo proteggesse nell’Oltretomba e perchè, grazie alle formule magiche ed alle invocazioni ad Amon su di esso iscritte, emettesse la luce e l’energia che gli avrebbero dato la vita ultraterrena, facendolo “apparire di nuovo come uno che è sulla terra” e trasformandolo in un dio.

Ipocefalo di Tanetirt, suonatrice di sistro di Amon Ra, cartonnage,
da Tebe, 300 a. C., ora al RMO di Leiden, Foto di Rob Koopman da Leiderdorp, Paesi Bassi
https://commons.wikimedia.org/…/File:Hypocephalus_(rmo…

Le superfici degli ipocefali erano riccamente decorate e iscritte; normalmente sul bordo si trova inciso un testo circolare (quasi sempre un estratto dal citato capitolo 162 del Libro dei Morti), che delimita la sezione interna a sua volta suddivisa in due, tre o quattro registri orizzontali.

Il tipo a quattro registri con due emisferi opposti che rappresentano sopra il mondo degli uomini e il cielo diurno e sotto, specularmente, l’Oltretomba e il cielo notturno è stato forse il primo ad essere utilizzato ed è il più diffuso.

Ipocefalo del sacerdote di Thot di nome Pa-sheri-Khonsu, Diametro 14.5 cm, realizzato in papiro, Museo civico di Bologna, Numero di inventario: MCA-EGI-EG_2025.
Nel registro centrale è riconoscibile Amon-Ra con quattro teste di ariete, accoccolato al suolo e adorato da quattro babbuini; attraverso questa immagine si associava il defunto al sole e alla sua rinascita eterna salutata appunto dai babbuini con alte grida.
http://www.museibologna.it/…/47680/id/48733/oggetto/48737/

La decorazione dei registri era personalizzata, perché ognuno di essi aveva iconografia e testi differenti, scelti dal committente in base alla propria sensibilità.

Elemento imprescindibile era l’immagine della vacca sacra perché il capitolo 162 del libro dei morti descriveva l’ipocefalo come un pezzo di papiro nuovo sul quale è stata disegnata una vacca da collocare sotto la testa del defunto, ma non sempre queste indicazioni venivano rispettate.

Tutti, comunque, riportano le immagini di divinità solari (di solito Amon Ra) e formule magiche che garantivano al defunto a poco prezzo una protezione analoga a quella offerta dalle iscrizioni nelle tombe e dai papiri funerari.

Ipocefalo di Tasheritenkhonsu, XXVI dinastia – Periodo tardo – greco romano, lino e gesso, Diametro di 21,20 cm., BM/Grande numero EA35875. L’amuleto è decorato con quattro registri recanti le tradizionali immagini di Amon Ra con quattro teste di ariete il cui sorgere è salutato dai babbuini urlanti, della vacca sacra, delle divinità (Sokar?, Hathor? e Khnum) e dei Figli di Horus.
https://www.britishmuseum.org/collection/object/Y_EA35875

FONTI:

Oggetti rituali

LE CASE DELL’ANIMA

(SOUL HOUSES)

British Museum, EA32612

Scavando a Rifah, vicino ad Assiut, accanto alle tombe prestigiose di notabili e di governatori, Petrie ne trovò molte appartenute a persone meno abbienti, semplici pozzi funerari sopra o davanti ai quali erano stati deposti vassoi d’offerta e circa 150 modellini di edifici in argilla cotta risalenti al Primo Periodo Intermedio ed all’inizio del Medio Regno, giunti intatti fino a noi in quanto protetti dalla sabbia depositatasi sopra di essi nel corso dei secoli.

VASSOIO – CASA DELL’ANIMA – M. EGIZIO TORINO
https://collezioni.museoegizio.it/it-IT/material/S_11962/
Questo reperto risale al Primo periodo intermedio e fu rinvenuto da Schiaparelli nel corso dei suoi scavi a Gebelein. E’ realizzato in modo piuttosto grossolano, e presenta una dimora costituita da un semplice riparo ad arco, la cui sommitè è raggiungibile tramite una scala; nel cortile sono visibili ricche offerte: verdure, cosce di manzo, un pesce e la testa di un animale, probabilmente un bovino. Anche qui era previsto un beccuccio per permettere lo scolo delle offerte liquide. Misura cm. 7,5 x 33,9

Poiché questi reperti sono completamente anepigrafici, sono stati datati sulla base del loro contesto archeologico, costituito dal vasellame trovato nelle tombe; essi sono tipici del Medio Egitto (oltre che a Rifah ne sono stati trovati anche ad Assyut ed a Beni Hassan) e Petrie li catalogò in ordine cronologico, dalle semplici tavole recanti cibo alle più elaborate case per l’anima, contrassegnandoli dai più antichi ai più recenti con le lettere dalla A alla N.

KMKG DI BRUXELLES – N. DI INV. E.3175
https://www.globalegyptianmuseum.org/record.aspx?id=492…
Questa “casa dell’anima” proviene da Rifah; rappresenta una casa rettangolare a tetto piatto, sostenuto da quattro colonne. Davanti ad essa alla sua destra si trovano delle offerte: una testa di bue, una coscia animale e dei pani. I fori intorno al bacino centrale servivano come fissaggio per dei pali od ospitavano in passato delle piante.
Altezza cm. 20; larghezza cm. 30; lunghezza cm. 32.

In realtà gli studi più recenti effettuati dall’egittologo polacco Andrzej Niwiński e pubblicati nel 1984 hanno permesso di affermare che i modelli più elaborati non rappresentano un’evoluzione dei vassoi d’offerta e quindi che non c’è una differenza cronologica tra le due versioni.

Petrie (ed in seguito la quasi totalità della comunità scientifica) ipotizzò che questi reperti fossero una specie di tavole d’offerta che le persone comuni meno abbienti ponevano sulla tomba perché il ka potesse disporre delle offerte raffigurate su di essi (teste, cosce e costole di bue, pani, pesci, fasci di cipolle, verdure, giare di birra e recipienti per l’acqua) perché non sarebbe stato loro possibile portarne regolarmente di fresche.

VASSOIO – CASA DELL’ANIMA – M. EGIZIO TORINO
https://collezioni.museoegizio.it/it-IT/material/S_11963/
Questo reperto risale al Primo periodo intermedio e fu rinvenuto da Schiaparelli nel corso dei suoi scavi a Gebelein. E’ in vassoio per le offerte in senso stretto, in quanto non presenta la miniatura dell’abitazione; rappresenta comunque un cortile circondato da un muro basso, come erano quelli in uso in Egitto nel corso della sua lunga storia.
Nell’area disponibile sono visibili le offerte: verdure, una coscia di manzo, dei pani e la testa di un bovino. Anche qui sono previsti due beccucci per permettere il defluire delle offerte liquide. Misura cm. 6,5 x 28 x 22

Gli Egizi, infatti, ritenevano indispensabile fornire cibo ai defunti, o attraverso la reale deposizione di offerte alimentari presso la tomba, oppure recitando o scrivendo su stele degli incantesimi definiti “formule d’offerta”, oppure ancora attraverso l’uso di tavole d’offerta vere e proprie, sulle quali erano rappresentate simbolicamente.

L’egittologo inglese ritenne altresì che servissero come dimora per il ba quando transitava nel mondo dei vivi (da qui il nome di “case dell’anima” da lui attribuito a questi singolari oggetti) ed alcuni ne sottolineano la somiglianza con le facciate delle tombe dell’élite site nella necropoli di Rifah, in particolare il reperto E4368 custodito al MET in New York.

MUSEO PUSHKIN – MOSCA https://pushkinmuseum.art/…/1_1_a/1_1_a_6114/index.php…
Casa dell’anima risalente al Medio Regno (XII dinastia).
lunghezza 29,5 cm; altezza 37,7 cm; larghezza 32 cm
Acquistato da una collezione privata a Londra nel 1913 – n. I.1.a 6114

La catalogazione più semplice individua tre grandi tipi di case dell’anima: 1) tavole d’offerta, 2) tavole d’offerta che includono un piccolo modello di cappella e 3) casa completa del tutto simile ad una vera abitazione; tutte, però, hanno un beccuccio perchè i liquidi delle libagioni che venivano versate su di esse potessero defluire a terra.

I vassoi per le offerte e le case dell’anima costituiscono le copie economiche degli altari di pietra tipici dell’Antico Regno e sopravvissuti per tutta la storia dell’Egitto, a loro volta subentrati a stuoie sulle quali veniva posto un vaso di offerte (dalla quale è derivato il geroglifico htp) che nelle prime dinastie venivano deposte ad est della tomba.

PETRIE MUSEUM – LONDRA https://www.worldhistory.org/…/egyptian-pottery-soul…/
Casa dell’anima, da El Kab, XI-XII dinastia. Le palline tonde che si trovano lungo la parte superiore della casa rappresentano pali di legno che costituivano il soffitto (visto che alcuni ritengono che la casa dell’anima rappresentasse una tomba, mi chiedo se non potessero essere dei coni funerari). Uno dei due pilastri che sorreggono il tetto è andato perduto. Sul vassoio compaiono due piccole vasche per la raccolta dell’acqua e miniature di pane e carne che avrebbero sostenuto il defunto nell’aldilà.

FONTI:

Oggetti rituali

STATUETTE DI PRIGIONIERI

Prigioniero siriano, fango. NMEC. Dettaglio foto di David G.Robbins, 2022

Queste statuette di prigionieri, conservate al NMEC, appartengono alla XIX Dinastia, 1295-1186 BC.

Statuine come queste venivano utilizzate in rituali sacri che venivano svolti nei templi con l’intento di proteggere l’Egitto e il sovrano dai nemici.

I riti di esecrazione, diffusi in Egitto fin dall’Antico Regno, sono comparabili, semplificando, a moderni riti woodoo oppure esorcismi. Sulle statuine, con le sembianze del nemico, in questo caso i Siriani, venivano incisi degli incantesimi ed esse venivano legate con corde e gettate nel fuoco oppure fatte a pezzi.

Scrive Silverman, (Silverman, David P. Ancient Egypt. Oxford University Press, 2003):

Prigionieri siriani, NMEC. Courtesy of Merija Attua

I rituali servivano ad attirare il favore degli dei sulle campagne militari che il faraone portava avanti. Durante la XIX dinastia, in particolare, ci fu una forte spinta all’espansione delle terre d’Egitto e alla costruzione di templi con il rafforzamento del culto del faraone.

Perché le statuine venivano distrutte o bruciate? Secondo gli Egizi, la distruzione del nome o dell’immagine di una persona significava neutralizzarne il potere, poiché significava cancellarla dalla storia.

I rituali di stato venivano svolti per punire i ribelli e i traditori e per diminuire il potere dei nemici dell’Egitto ma lo stesso tipo di formule veniva usato in ambito privato.

Queste statuine, realizzate in fango, sono state trovate a Tura-El-Asmant.NMEC

Foto:

  • Merja Attia
  • David G. Robbins, 2022

Fonti e approfondimenti:

Oggetti rituali

IL GIOCO DEL SENET

Di Francesco Volpe

Il termine Seneto /Sen’to/Senat significa “passaggio”. Il gioco probabilmente aveva, infatti, una funzione multipla: gioco di sfida e gioco con significati religiosi legati al “passaggio” dalla vita terrena all’aldilà.

La regina Nefertari gioca a senet contro il destino, parte di un affresco proveniente dalla sua tomba (QV66).

In un primo momento fu un gioco praticato solo dalla classe sociale più alta, quella dei faraoni (V- IV millennio a.C.). In seguito, intorno al 1500 a.C. divenne un gioco per tutti, e assunse anche significato religioso: si cominciò a credere che le sorti dopo la morte fossero legate al risultato di una partita di senet, giocata fra il defunto e il Destino in persona, il che spiegherebbe perché si siano ritrovati nelle tombe molti giochi, immagini e spiegazioni di partite di senet; ad esempio, nella tomba di Tutankhamon sono stati ritrovati tavoli da gioco in legno e avorio, con cassetti per le pedine sotto la tavola. Raffigurazioni di giocatori di senet si trovano anche nei geroglifici egizi che raccontano la vita quotidiana e il passaggio dalla vita alla morte.

Un set completo di pedine e scacchiera al Museo Egizio di Torino.

Regole:

Nonostante siano state trovate numerose testimonianze sul senet, le sue regole non sono arrivate fino a noi in forma integrale e univoca. Vari studiosi del gioco hanno cercato di ricostruire il funzionamento del senet e oggi esistono, quindi, diverse varianti moderne di questo gioco antichissimo (le più note sono quelle di Timothy Kendall e R.C. Bell), comprese alcune versioni online.

Si presentano qui le regole proposte dal “Gruppo di ricerca sul gioco” dei CEMEA.

lanciano nuovamente il legnetti (o dado). Quando si realizza 2 o 3, si sposta una delle pedine secondo il numero ottenuto e si passa la mano all’avversario. Nel caso di tiro nullo per l’avanzamento, il giocatore fa retrocedere una pedina qualsiasi per un numero di caselle pari al punteggio ottenuto; se anche ciò non è possibile si passa la mano.

Se una pedina arriva in una casella occupata da un pezzo avversario, quest’ultimo retrocede fino alla casella occupata dalla pedina attaccante.

Se per forza di gioco si deve occupare una casella occupata da una propria pedina, questa ritorna alla casella 1 o, in caso sia occupata, alla successiva disponibile.

Due pedine dello stesso colore non possono mai occupare la stessa casella. Due pedine dello stesso colore situate in due caselle contigue, costituiscono un “muro” che non può essere attaccato, ma può essere oltrepassato se il punteggio lo consente. Tre pedine dello stesso colore che si trovino in tre caselle consecutive, formano un “muro” che non può essere né attaccato né superato dai pezzi avversari.

Le ultime cinque caselle hanno un significato particolare per lo svolgimento del gioco:

• La casella 26 è la “casa dell’abbondanza”, è di buon augurio e protegge dalle insidie della ventisettesima il giocatore che, se ottiene 1, ha la possibilità di saltare la “casa della malasorte”.

• La casella 27, contrassegnate con una “X”, rappresenta la “casa della malasorte”. La pedina che arriva sulla casella 27 deve tornare indietro fino alla casella 15, denominata “casa della rinascita”. Se la 15 è occupata, il giocatore rimane bloccato con tutte le sue pedine finché non ottiene 4, punteggio che gli permette di far uscire la pedina sventurata dal gioco.

• Le caselle 28, 29 e 30 sono dei rifugi: la pedina che vi si trova non può essere attaccata. I simboli III, II, I raffigurati in queste caselle indicano il numero preciso da ottenere con i legnetti per poter uscire con le pedine.

Il tavolo di Tutankamon da senet, in questa foto sono perfettamente visibili le caselle 26, 27, 28, 29 e 30. (Questo tavolo è una copia del originale quindi un prodotto commerciale).

Conclusione del Gioco

Nella versione moderna, vince il giocatore che per primo riesce a portare fuori dalla scacchiera tutte le sue pedine. Molto probabilmente in epoca antica, quando il gioco veniva praticato anche con un significato religioso, tutti e due i giocatori dovevano comunque terminare la partita. Il giocatore che era uscito prima non abbandonava l’altro, ma lo assisteva fino a che anche lui non fosse arrivato alla meta.

Fonte Immagini:

https://unoscacchista.com/…/scaccobollo-1965-senet…/amp/

https://commons.m.wikimedia.org/wiki/File:_01_Torino,_Museo_Egizio_antico_gioco_in_legno.jpg

Fonte Testo:

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Senet

Oggetti rituali

I SETTE OLI SACRI DI ANKHAF

Di Francesco Alba

Tavoletta in alabastro per i Sette Oli Sacri appartenente ad Ankhaf
Antico Regno, Quarta Dinastia
Provenienza: Necropoli di Giza, mastaba G 7510
Museo Egizio del Cairo (JE 72303)

Questa manufatto fu scoperto nella camera funeraria del principe Ankhaf, figlio di Snefru e visir durante il regno di Chefren, che fu suo nipote.

Sulla tavoletta sono presenti dei piccoli incavi semisferici per gli oli sacri utilizzati nelle cerimonie funebri in onore del defunto; trascritti verticalmente in inchiostro nero sotto i pozzetti, i loro nomi li identificano così (da destra a sinistra):

Seti Heb – Fragranza della Festa

Hekhenu – Olio del Giubilo

Sefet – Olio di Pino (o genericamente di conifera)

Khenem Tuau(t) – Olio del Sostegno

Hat-en-Ash – Olio di Cedro di prima categoria

Hat-en-Tjehenu – Olio della Libia di prima categoria

Wad Ra – Ombretto verde

L’ANALISI DEI NOMI A CURA DI LIVIO SECCO QUI

Una curiosità: le tre sferette presenti in alcuni nomi indicano la presenza di materiali polverulenti o finemente macinati, generalmente di origine minerale, dissolti nella matrice oleosa.

Un esempio significativo è rappresentato dall’ombretto (ultimo pozzetto), ottenuto miscelando l’olio con polvere di malachite dal colore verde. La presenza del nome della divinità, associa il prodotto di bellezza all’Occhio di Ra e alle sue caratteristiche magiche.

Nel corso della storia egizia gli oli (e le materie grasse in generale) furono sempre tenuti in grande considerazione, sia nei rituali funerari che nella vita quotidiana.

Oli e grassi fornivano la base per la preparazione di molti unguenti e profumi (la civiltà egizia non conobbe veri e propri profumi ottenuti con la distillazione). Numerose erbe aromatiche e spezie venivano aggiunte alla materia oleosa allo scopo di conferirle fragranze peculiari. Ad un livello più prosaico, l’olio era il combustibile utilizzato per le lampade, che servivano per illuminare le abitazioni, le tombe (nel corso del loro allestimento) e le miniere. Si ritiene che all’olio si aggiungesse del sale per ridurre la quantità di fuliggine prodotta durante la combustione.

Tavoletta per gli oli sacri – Sesta Dinastia
https://collections.mfa.org/download/147502

L’identificazione degli antichi nomi degli oli con le piante attualmente note dal quale questi venivano estratti si è rivelata estremamente difficoltosa e numerosi tentativi passati, in tal senso, si sarebbero rivelati erronei.

Vasi contenenti oli o grassi di probabile fragranza singola furono inclusi nel corredo funerario fin dall’era predinastica.

Una categoria di oli profumati di particolare importanza è attualmente nota come i “Sette Oli Sacri”, benché gli Egizi si riferissero a loro semplicemente col termine di oli, collettivamente noti come “Merhet”. Questi costituivano parte integrante del rituale religioso: avevano, cioè, il significato di attestare il compimento dei riti sacri messi in atto prima che il defunto venisse collocato nel sarcofago. Significativa a tal proposito è l’unzione della mummia durante la cerimonia della “Apertura della Bocca”.

Il loro utilizzo faceva parte anche dei riti quotidiani che si svolgevano nei templi.

Tavoletta per gli oli sacri appartenente al nobile Ankhwadjes
https://www.metmuseum.org/art/collection/search/544001

Alcuni dei sette oli sacri sono noti grazie a delle targhette in legno o avorio risalenti alla Prima Dinastia, ma non risulta che il gruppo sia stato utilizzato collettivamente se non a partire dall’Antico Regno (2686-2181 a.C.), quando venivano rappresentati come parti della formula d’offerta sulle pareti o sulle stele falsa-porta delle tombe. Il più antico vero e proprio set noto dei sette oli sacri proviene dalla tomba di Hetepheres, madre di Cheope; durante l’Antico Regno, piccole tavolette in pietra con incavi per gli oli venivano spesso poste nelle sepolture, soprattutto di personaggi appartenenti all’élite; l’usanza ebbe la sua massima espressione nel corso della Quinta e della Sesta Dinastia. Come gli altri set noti di vasi appartenenti a sepolture del Medio Regno (2055-1650 a.C.), quello di Hetepheres conteneva otto giare, ma l’identità del loro contenuto non fu mai accertata con sicurezza. In base ai rilievi delle tombe e dei templi, sembrerebbe che il gruppo sia stato ulteriormente esteso a nove o dieci oli nel corso del Nuovo Regno (1550-1069 a.C.).

Riferimenti

I. Shaw, P. Nicholson, The British Museum Dictionary of Ancient Egypt. The American University in Cairo Press – 1995

Busto di Ankhaf: Museum of Fine Arts – Boston (“https://collections.mfa.org/objects/45982“)

Oggetti rituali

VASCA PER IL CULTO FUNERARIO

Di Francesco Alba

Antico Regno, Sesta Dinastia, ca. 2374-2191 a.C.
Provenienza: Necropoli Ovest, Giza
Dimensioni: Vasca: 30 x 18 x 14 cm; Pannello: 41 x 61 x 11 cm.
Kunsthistorisches Museum Wien, Ägyptisch – Orientalische Sammlung
N. Inventario: 7448, 7449

Vasca per il culto funerario di Hesi e pannello della falsa porta.

I due manufatti, pannello e catino, sono stati rinvenuti insieme nella mastaba di Hesi a Giza.

Provengono dal luogo di culto principale della tomba, che era per l’appunto contrassegnato da una falsa porta e dalla piccola vasca. Il pannello fittizio della porta di solito mostra il proprietario della tomba seduto davanti a una tavola per le offerte, mentre prende possesso del pasto funebre rituale per l’eternità.

Qui Hesi è raffigurato con sua moglie Nebet-ib, probabilmente sepolta nella mastaba del marito, perché la tomba possiede una seconda struttura sotterranea accanto al luogo di sepoltura di Hesi. Le vasche di culto, come quella di Hesi qui raffigurata, erano utilizzate per contenere offerte ma soprattutto liquidi per la purificazione e libagioni che venivano versati davanti alla cappella funeraria nel corso dei riti sacrificali. L’iscrizione che circonda il bordo del catino riporta il nome e il titolo del proprietario della tomba.

Riferimenti:

1913 Geschenk der Akademie der Wissenschaften in Wien aus der Grabung von H. Junker in Giza 1912

https://www.khm.at/en/object/555776/

Nuovo Regno, Oggetti rituali

IL GIARDINO FUNERARIO

Di Patrizia Burlini

Qui è rappresentato il particolare di un rilievo dalla Tomba di Renni a El Kab (Renni era nomarca di el Kab per Amenhotep I e Grande Sacerdote di Nekhbet), raffigurante due danzatori muu con copricapo (in basso a destra) in piedi all’interno di un edificio, accanto a un giardino con piscina rettangolare, palme, sicomori e due obelischi. Il dio funerario Anubi si trova in una sacrario a sinistra.

Secondo Emma Brunner-Traut in “Der Tanz im Alten Ägypten (La danza nell’antico Egitto, 1938)“ gli spazi che si trovano sopra i due muu sono probabilmente una rappresentazione delle stanze interne dell’edificio mentre questo giardino rappresenta il giardino ideale per gli Egizi della XVIII Dinastia, con alberi, obelischi ed una bella piscina.

Forse avrete notato anche un particolare nel giardino e cioè un reticolo verde. Si tratta del cosiddetto Giardino Funerario, un rettangolo di circa 3 x 2 metri, diviso in compartimenti interni destinati ad ospitare diverse varietà di fiori , piante e frutti dal valore simbolico, soprattutto durante i riti funerari. Tra di esse l’albero della Persea (rinascita), i fiori di loto (rinascita), la lattuga (fertilità), il tamarisco ecc

Ebbene, nel 2017 gli archeologi spagnoli del Progetto Djehuty diretto dal Prof. José Manuel Galán hanno ritrovato per la prima volta, sulla collina di Dra Abu el-Naga, vicino a Luxor, un antico giardino funerario, di fronte alla tomba di Sinuhé, un alto funzionario egiziano vissuto nel 1900 a.C., durante il regno del faraone Sesostri I, XII Dinastia.

Il giardino funerario scoperto dal Progetto Djehuty diretto dal Prof. José Manuel Galán, sulla collina di Dra Abu el-Naga, vicino a Luxor
Altra immagine del giardino funerario scoperto da Progetto Djehuty diretto dal Prof. José Manuel Galán sulla collina di Dra Abu el-Naga, vicino a Luxor

Nel giardino era ancora presente la radice e il tronco di un tamarisco e una ciotola con frutta e datteri, resti di un’offerta rituale.

Una ricostruzione del giardino funerario scoperto da Progetto Djehuty diretto dal Prof. José Manuel Galán sulla collina di Dra Abu el-Naga, vicino a Luxor

Tra i semi identificati nel giardino, sono stati trovati coriandolo, un tipo di cucurbitacee, simile a un melone non dolce, e parti di fiori della famiglia delle asteracee.

La ciotola con i datteri e la frutta trovata lungo il recinto del giardino funerario

Esiste una pubblicazione a proposito dei giardini nell’Antico Egitto, ad opera di Silvana Cincotto ed Andrea Ghisolfi disponibile QUI:

Fonti:

Approfondimenti:

Oggetti rituali

GLI STRUMENTI DEL CULTO: L’INCENSIERE

Di Luisa Bovitutti

Seti I – rilievo parietale dal suo tempio ad Abydos
Particolare del rilievo precedente

Uno dei rituali più importanti della liturgia faraonica, insieme alle libagioni d’acqua, era la fumigazione dell’incenso, ritenuto effluvio del corpo di Osiride, attraverso il quale si creava un’atmosfera profumata favorevole all’entrata in comunione con il divino e si purificava il sacrario sempre chiuso in cui risiedeva la statua del dio.

Rilievo parietale da una tomba di Sakkara risalente al nuovo regno, ora al museo di Berlino

Il rituale è spesso riprodotto sulle pareti dei templi o delle tombe, eseguito da un sacerdote Sem o dallo stesso Faraone.

Incensiere tolemaico – British nuseum

Si usavano soprattutto resine di olibano, di terebinto, di mirra, di stirace e il ricercatissimo kyphi, prodotto da una miscela di molteplici sostanze aromatiche (normalmente 16, ma anche fino a 50) tra le quali vino, miele, uva passa, resina di terebinto, asfalto, mirra, lentisco, ginepro e cardamomo; esse venivano bruciate in un incensiere dal quale diffondevano i loro aromi benefici e purificanti.

Tempio di Abydos – Seti I offre incenso agli dei

Questo strumento di culto nell’Antico Regno era in terracotta ed aveva la forma di una ciotola semisferica, che veniva tenuta nella mano aperta, o di una specie di mestolo dalla lunga impugnatura.

Tomba di Roy – il sacerdote Sem offre incenso agli dei

Nel Medio Regno apparvero incensieri in bronzo lunghi circa 50 cm., detti “a braccio di Horus” che continuarono ad essere utilizzati anche nel Nuovo Regno e fino al periodo greco-romano.

Incensiere tolemaico in bronzo custodito ai musei vaticani di Roma

Essi erano composti da un lungo manico in forma di stelo di papiro – simbolo di prosperità e rinascita -, che aveva una testa di falco ad una delle estremità e all’altra una mano aperta che reggeva un vasetto all’interno del quale si bruciava la polvere di incenso.

Incensiere tolemaico in legno dorato proveniente dal Fayyum e conservato al Cairo

Sul braccio spesso era apposta una piccola figura del faraone inginocchiato – idealmente di fronte alla divinità a cui era rivolta l’offerta -, che poggia le sue mani su una vaschetta in forma di cartiglio, in cui veniva posto l’incenso di riserva; in alcuni casi si è rinvenuta anche la palettina usata per “caricare” il vasetto.

FONTI:

Oggetti rituali

LA FESTA DELLE LAMPADE

Di Luisa Bovitutti

IL culto di Iside si è sviluppato nell’area mediterranea tra il II sec. a.C. ed il III – IV sec. d.C. quando perse terreno di fronte all’affermarsi del cristianesimo.

Lampada con l’immagine di Iside e di Serapide – collezione privata

La dea veniva onorata con grandi feste dai tratti esotici, caratterizzate dall’ampio utilizzo dell’illuminazione; in effetti si sono rinvenute numerose lampade decorate con scene isiache e sia l’officiante che i fedeli venivano rappresentati con una lampada in mano.

Queste feste hanno avuto origine in Egitto, ed Erodoto, nelle sue Storie (Libro II, Capitolo 62) descrive la Festa delle Lampade (Lychnokaia), che si teneva annualmente nella città di Sais in onore della dea Neith.

Lampada a olio con l’immagine di una dea che è una fusione tra Iside ed Hathor, spesso identificata con Cleopatra VII – collezione privata

Lo storico racconta che in quell’occasione i devoti, anche quelli che non potevano essere presenti a Sais, accendevano attorno alla propria abitazione molte lampade, costituite da ciotoline piatte piene di sale e di olio, sulla cui superficie galleggiava lo stoppino che bruciava per tutta la notte, così tutto l’Egitto risplendeva di luce.

Il legame tra Neith ed Iside è il frutto di un sincretismo religioso: nel corso della storia faraonica, infatti, Iside assorbì progressivamente le caratteristiche di altre divinità femminili, tra le quali appunto Neith ed Hathor, e l’identificazione si completò in epoca ellenistica, quando la dea ebbe grande seguito anche nel mondo greco – romano.

Lampada a olio con l’immagine di Iside e Serapide- I’ secolo dopo Cristo. Romana.

In Egitto, fin dal Medio Regno si svolgeva una festa delle lampade anche nei giorni epagomeni, i cinque giorni complementari che segnavano il passaggio da un anno all’altro, e quindi al Capodanno, che cadeva poco dopo la metà di luglio; in quel periodo si celebravano anche i defunti, ponendo lumi davanti alle loro statue, nella cappella della loro tomba o nel tempio di Osiride.

Lampada a olio con l’immagine di Iside e di Arpocrate – terracotta – periodo romano

La sera del giorno 22 del mese di Khoiak (che con il calendario introdotto da Augusto andava dal 27 novembre al 26 dicembre) venivano accese 365 lampade, una per ogni giorno dell’anno, che venivano poste su barche insieme alle statue di trentaquattro divinità, tra cui Iside, Anubi e soprattutto l’Osiride vegetante, simbolo del trionfo sulla morte e della rinascita della vegetazione.

Lucerna romana con l’immagine di Iside ed Anubi – terracotta – III sec. d. C.

Per chi desiderasse un’interessante panoramica delle feste delle lampade successive alla conquista romana: