Di Luisa Bovitutti
AY SPOSÒ ANKHESENAMUN?
Tutankhamon morì senza eredi diretti ed i candidati più probabili alla successione erano il Gran Visir Ay ed il Generalissimo Horemheb, i quali, pur non essendo nobili, avevano raggiunto le più alte vette del potere grazie alle loro capacità, diventando membri del Consiglio di Reggenza del giovane sovrano ed inducendolo a restaurare l’ortodossia e ad abbandonare Akhetaton, riportando la capitale a Tebe.

https://www.egyptologie.nl/ring-met-de-namen-van-eje-en-anchesenamon-neues-museum-berlijn-foto-jan-koek-stichting-mehen/
L’anziano Ay era, probabilmente, fratello della regina Tiye e forse padre di Nefertiti, della quale sua moglie Tey era stata la nutrice; grazie a questi legami familiari ed alla sua lealtà alla corona acquisì grande autorevolezza a corte con Amenhotep III e poi con Akhenaton (che l’aveva gratificato con il titolo di “it-netjer” o “Padre del Dio”) e con Tutankhamon.

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Il vigoroso Horemheb invece era il Comandante supremo dell’esercito settentrionale, scelto forse da Akhenaton (del quale era cognato per avere sposato Mutnodjmet, sorella di Nefertiti), difendeva valorosamente il turbolento confine con il regno ittita e contava sulla fedeltà tributatagli dai suoi soldati; il suo prestigio era tale che Tutankhamon l’aveva nominato “iry-pat” (“Principe Ereditario o Coronato”) e “idnw” (“Vice del Re” in tutto il paese).
All’improvvisa morte del giovane sovrano, tuttavia, il Generalissimo era impegnato in una campagna contro gli Ittiti, per cui Ay approfittò fulmineamente della situazione e si impadronì del potere prima che il rivale riuscisse a rientrare in patria a contendergli il trono: in effetti sulla parete di fondo della camera sepolcrale della tomba di Tutankhamon il vecchio dignitario appare già come Kheper Kheperu Ra (quarto protocollo di Ay), indossa la corona khepresh e l’ureo reale sulla fronte ed esegue il rito dell’apertura della bocca sulla mummia del faraone defunto, prerogativa del suo successore.

https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=98957878
E’ controverso se per legittimare la sua pretesa al trono egli avesse anche sposato la giovane Ankhesenamon, figlia, sorella e vedova di re, di purissimo lignaggio e di indiscusso prestigio per avere restaurato il culto degli antichi dei.

https://commons.wikimedia.org/…/File:Kheperkheperure_Ay…
Dopo la morte di Tutankhamon ella scomparve dalla storia, il che induce a ritenere verosimile ciò che ipotizza il professor Aidan Dodson, e cioè che avesse abbandonato la corte ritirandosi a vita privata oppure che fosse morta; l’unico reperto risalente al breve regno di Ay che la menziona è un anello in faience azzurra recante il suo cartiglio affiancato a quello di Kheper Kheperu Ra, asseritamente trovato in un sito sconosciuto del Delta e descritto nel 1931 dall’egittologo Percy Newberry, dal quale esso prese il nome.

L’anello gli venne offerto in vendita da Ralph Blanchard, titolare di un famoso negozio di antiquariato del Cairo, ma egli non ritenne di comprarlo ed in seguito se ne perse ogni traccia; nel 1973 un anello simile, in faience di colore beige e dall’incerta provenienza fu acquistato dal Museo di Berlino ove si trova tuttora esposto.
Sebbene i sovrani fossero soliti commemorare il proprio matrimonio con l’emissione di scarabei e non di anelli, alcuni studiosi, tra i quali il dott. Bob Brier, ritengono che questo manufatto provi che effettivamente quelle nozze avvennero.
In passato, infatti, molti egittologi ritenevano che in Egitto il potere reale si trasmettesse per linea femminile e che l’aspirante al trono (chiunque fosse, anche lo stesso figlio maggiore del sovrano) lo potesse conquistare solo legandosi alla figlia o alla sorella del suo predecessore; per regnare legittimamente, quindi, Ay doveva prendere in moglie Ankhesenamon, anche solo in modo cerimoniale: come ho già sottolineato, questa teoria fondata su basi estremamente fragili ha trovato non pochi oppositori.
L’egittologa britannica dott. Joyce Tyldesley ha ipotizzato addirittura che l’anello potesse essere un falso, sebbene Blanchard rilasciasse certificati di autenticità per i reperti che vendeva e fosse considerato un professionista serio; egli infatti occasionalmente fece affari con l’antiquario e falsario armeno Oxnan Aslanian, e già i suoi contemporanei Herbert Winlock e Caroline Ramson Williams sospettavano che costui gli avesse venduto oggetti contraffatti che egli avrebbe messo in commercio credendoli autentici.
La studiosa ha altresì affermato che l’oggetto potrebbe essere stato distribuito da Ay per enfatizzare il vincolo di parentela con Ankhesenamon (figlia di Nefertiti e nipote di Tiye) e conferire maggiore lustro al suo lignaggio non reale, oppure che l’artigiano che ne plasmò lo stampo e che verosimilmente non sapeva né leggere nè scrivere potrebbe aver commesso un errore nell’iscrizione di uno dei due cartigli.
In effetti nell’Egitto antico gli anelli in faience erano molto diffusi in quanto economici e di facile produzione, ma diversamente da oggi non simboleggiavano un vincolo matrimoniale; inoltre sulle immagini scolpite sulle pareti della tomba di Ay il ruolo di Grande Sposa Reale è rivestito da Tey, la donna che egli aveva sposato molto prima di diventare Faraone; sarebbe quindi da escludere che egli avesse sposato la giovane vedova e che le dovesse il trono.
A quanto risulterebbe dalle fonti, inoltre, costei non desiderava affatto legarsi all’anziano dignitario, che all’epoca aveva tra i 60 ed i 70 anni e che giudicava inferiore, in quanto è quasi unanimemente ritenuta l’autrice della famosa lettera ritrovata ad Hattusa con la quale una regina egizia, rimasta vedova e senza eredi, affermava di non volersi unire ad un suo “servo” e chiedeva a Suppiluliuma I di inviarle uno dei suoi figli con il quale governare le Due Terre e perpetuare la sua dinastia.
La questione è ancora aperta, nella speranza di trovare nuovi elementi di valutazione.
Troverete i crediti delle immagini nelle didascalie.
FONTI:
Percy Edward Newberry, “King Ay, the Successor of Tut’ankhamūn,” The Journal of Egyptian Archaeology Vol. 18, No. 1/2 (May 1932) https://www.jstor.org/stable/3854904
https://egypt-museum.com/ankhesenamun/
https://missremember.substack.com/…/the-man-who-sold…
https://themator.museum-digital.de/t/1023/1027









































