La stele, conservata al Museo Egizio di Torino, reca un breve testo geroglifico posizionato su cinque registri verticali. Quello più a destra è didascalico del dio Amon. I quattro più a sinistra sono relativi al proprietario della stele. Come spesso accade il proprietario nomina anche altri parenti in modo da eternare pure a loro la memoria eterna.
Al Museo Egizio di Torino sono custodite moltissime stele funerarie. Quella soggetto della nostra analisi è chiamata, dal nome del suo proprietario, la stele di Nekhemmut. Essa ha il numero di inventario Cat. 1587 ed è registrata nel Catalogo Generale (del Museo Egizio di) Torino con il numero CGT 50070. La stele è in calcare e misura 24 cm di altezza, 16 cm di larghezza e 2 cm di spessore. È stata datata tra il 1190 e 1076 a.C. e ciò la colloca nel Nuovo Regno durante la XX dinastia. La stele fu repertata dagli agenti di Bernardino Drovetti nel 1824 durante la sua permanenza in Egitto come ambasciatore francese. L’origine del manufatto è Deir el Medina, il celeberrimo villaggio degli operai che scavavano le tombe dei sovrani dell’epoca. Il visitatore ne può prendere visione nella vetrina numero 2 della sala numero 6.
La nostra analisi filologica prevede, come da accordi internazionali, il riporto della grafia su registri verticali in linee orizzontali orientate da sinistra a destra; in ossequio al senso di lettura occidentale. Ciò comporta un diverso posizionamento relativo dei geroglifici.
Ne ho fatto un “Laboratorio rapido” che vi propongo sempre allo scopo di appassionarvi alla filologia egizia. Come al solito ho aggiunto la pronuncia secondo la codifica IPA per far leggere i geroglifici a chi non li ha (ancora) studiati.
Stele in calcare del Guardiano Maati Primo Periodo Intermedio – Medio Regno, Undicesima Dinastia, Regno di Mentuhotep II Nebhepetra (2051 – 2030 a.C. circa) Probabile luogo di provenienza: Tarif (Tebe) Dimensioni: 59 x 36,3 x 8 cm The Metropolitan Museum of Art, New York (acc. nr. 14.2.7)
Maati, Guardiano del Tesoro, è qui raffigurato seduto di fronte ad una tavola per le offerte, con un vaso per l’olio sacro nella sua mano sinistra. Il testo su questo splendido bassorilievo dei primi tempi del Medio Regno contiene, ad attestare gli stretti legami che univano governanti e soggetti nella Tebe del tempo, riferimenti ad altre eminenti figure, fra i quali il sovrintendente di Maati, il tesoriere Bebi, che in seguito assurse alla carica di visir:
Il Guardiano Maati
“. . .il guardiano Maati, dice: io sono uno che è amato dal suo signore e il suo favorito; sono uno che è amato dal suo sovrintendente, il ciambellano del re e tesoriere Bebi. . .”
Il Ciambellano e Tesoriere Bebi
e colui che fu il capostipite della famiglia dei sovrani dell’Undicesima Dinastia, l’antico nomarca Intef “il Grande”, qui menzionato e onorato:
“Un’offerta invocativa ad Antef il Grande, nato da Iku, affinchè mi conceda, nella necropoli, le offerte quotidiane di ogni giorno”
Formula introduttiva con la cosiddetta “Preghiere delle Offerte”: il Re compie un’offerta ad Anubi perché questi fornisca al defunto alimenti, indumenti e suppellettili per la vita ultraterrena.
Questa stele, realizzata per un funzionario tebano di rango inferiore vissuto ai primordi della restaurazione attuata da Mentuhotep II, è significativa non solo per il suo interesse storico, ma anche perché annuncia una nuova era di pace e prosperità in un paese da lungo tempo lacerato da conflitti civili e condizioni avverse alla produzione di eccellenti opere d’arte.
Nella figura ben proporzionata del titolare della stele e nella nitida, raffinata e sicura incisione del rilievo e delle iscrizioni, si avverte ancora una volta, come nelle sculture dell’Antico Regno, la sensazione di avere a che fare con un artista formatosi nei laboratori di uno stato ricco e potente. Qui si può vedere, come in passato, la formalità, la stretta aderenza a consolidate convenzioni, la nitidezza del disegno, la perfezione tecnica, il raffinato senso della composizione e l’impeccabile gusto che sono le vere e proprie caratteristiche della migliore tradizione artistica dell’antico Egitto.
Di più, nello stile e nella sensazione generale che proviene da quest’opera, vi sono delle nuove qualità mai prima riscontrate nei prodotti sia pure dignitosi ma un poco distaccati, dei laboratori menfiti dell’Antico Regno.
Testo che menziona Intef il Grande: “Un’offerta invocativa ad Antef il Grande, nato da Iku, affinché mi conceda, nella necropoli, le offerte quotidiane di ogni giorno”
Riferimenti
Adela Oppenheim, Dorothea Arnold, Dieter Arnold, and Kei Yamamoto
Ancient Egypt Transformed – The Middle Kingdom
The Metropolitan Museum of Art, New York – Yale University Press, New Haven and London. 2015
Granito grigio, altezza 75 cm Karnak, cortile della Cachette – Scavi di George’s Legrain 1904 Museo Egizio del Cairo, JE 36582 = CG 42162
Statua di Ramessunakht, primo sacerdote di Amon-Ra
La carriera di Ramessunakht è nota grazie a diversi documenti.
La carica più importante da lui rivestita fu quella di primo sacerdote di Amon-Ra, che detenne sotto i regni successivi di Ramses IV, V e VI.
Di Ramessunakht si sa che guidò la spedizione, che nel corso del regno di Ramses IV, si recò nello uadi Hammamat per procurarsi blocchi di pietra da costruzione.
Il potere di lui era tale da permettergli di edificare un proprio tempio funerario, recentemente riportato alla luce, tra le colline di Dra Abu el-Naga.
La statua lo rappresenta nella classica posizione dello scriba seduto.
Sculture di questo genere sono attestate in ogni periodo della storia faraonica.
La novità è qui rappresentata dal babbuino appollaiato sulle spalle.
L’animale era sacro a Thot, patrono degli scribi e inventore della scrittura, e la scelta di rappresentarlo con le mani che poggiano sulla testa della persona ha il senso di porrerla sotto la protezione della divinità medesima.
La statua era stata dedicata a Ramessunakht dal figlio Nesamon, anch’egli primo sacerdote di Amon – R a Tebe.
I tratti del volto sono quelli tipici dell’epoca ramesside.
Gli occhi sono stretti ed allungati, il naso sottile, la bocca stretta e larga con gli angoli posti in ulteriore risalto da due pieghe oblique.
La parrucca, tripartita e con i capelli realizzati in onde sottili, lascia scoperte le orecchie.
Lo sguardo è rivolto verso il basso, nel tipico atteggiamento dello scriba concentrato sul proprio lavoro.
L’abbigliamento è costituito da una tunica con le maniche plissettate e da una gonna, anch’essa plissettata nella parte inferiore.
L’abito è aderente e trasparente sul torace dove oltre ai muscoli pettorali è posto i risalto il ventre prominente , segno inequivocabile dell’elevato status e dell’agiatezza goduti da Ramessunakht.
Le braccia sono posate sulle cosce coperte dalla gonna su cui si sviluppa un geroglifico con i titoli e il nome di Ramessunakht.
La mano destra è rappresentata come se tra le dita vi fosse uno stilo la sinistra stringe il rotolo del papiro.
Fonte
Tesori egizi nella collezione del Museo del Cairo – F. Tiradritti – fotografie L’Araldo De Luca – Edizioni White Star.
Calcare dipinto; altezza cm 24,5, larghezza cm 41 Deir el- Medina, Temenos del tempio di Hathor Scavi di E. Baraize 1912 Museo Egizio del Cairo – JE 43566
Questa stele, dedicata da Bay al dio ariete Amon, proviene dal villaggio degli operai di Deir el-Medina.
I colori sono ancora vivaci ed è caratterizzata dalla presenza di tre orecchie dipinte di blu, giallo e verde sul lato destro, rappresentazioni delle orecchie del dio ” che ascolta le preghiere”.
È questa una forma del dio Amon alla quale soprattutto i ceti sociali modesti si rivolgevano durante il Nuovo Regno, quando maggiori erano le tracce lasciate dai culto della pietà personale accanto a quelli della religione ufficiale praticata nei templi e a corte.
Il proprietario della stele è un operaio del villaggio ed è ritratto sul lato sinistro, separato con una linea verticale dalle orecchie divine, mentre è Inginocchiato con le mani alzate in segno di adorazione.
Nel l’iscrizione sovrastante Bay spiega: “Adorazione di Amon-Ra da parte del servitore nella Sede della Verità, Bau”, ove “Sede della Verità” si riferisce alla tomba reale.
Nella parte superiore della stele compaiono due arieti affrontati e con il capo adorno delle piume di Amon, del disco solare e dell’ureo, inframmezati da una brocca poggiata su un tavolino.
In alto l’iscrizione identifica i due animali con “Amon-Ra, l’ariete Perfetto”.
Fonte e fotografia:
I tesori dell’antico Egitto – National Geographic – Edizioni White Star.
Stele commemorativa di Sesostri I della campagna militare in Nubia.
A volte la traduzione di un testo non è supportata da una buona qualità del testo geroglifico. In questi casi, se possibile, si procede a una ricostruzione grafica basandosi su diversi parametri. Primo la logica composizione della parola, secondo la sua posizione, terzo una sequenzialità testuale coerente, quarto una similitudine su altri reperti.
Presento qui uno di questi casi (immagine 1) che ha portato alla ricostruzione parziale della stele (immagine 2).
Immagine 2
Come riporta il titolo, si tratta della stele commemorativa della campagna militare in Nubia dell’anno 18 di Sesostris I. Il re è raffigurato con due piume sul capo, similmente all’iconografia tradizionale del dio Amon. Il dio Horus è stato aggiunto in tempi successivi e per motivi ignoti, dietro il re, che lo tiene per mano. Il dio Montu è in piedi davanti a Sesostris e lo benedice, mentre tiene le corde che tengono legate le tribù nubiane sottomesse (dietro a Montu e sotto ai piedi dei personaggi). Le iscrizioni in basso riportano i titoli del re, quelli del generale Mentuhotep che condusse la campagna, ed una descrizione della campagna stessa.
Calcare, XII dinastia, Medio Regno. Firenze, Museo archeologico nazionale.
The British Museum, London (UK) – (reg. numbers: EA 218, EA 233, EA 287 and EA 299)
Di Francesco Alba
Nel 1829 sull’isola di Malta furono sorprendentemente trovate quattro stele egizie attribuibili alla Dodicesima Dinastia e a due stadi della Diciottesima.
Sulla base del singolare luogo di ritrovamento, alcuni suggerirono che le stele fossero state realizzate in loco da coloni egizi stabilitasi sull’isola intorno al secondo millennio a.C. Recenti contributi scientifici (si vedano i riferimenti bibliografici) sostengono ragionevolmente che questi manufatti non forniscono alcuna prova adeguata a sostegno di questa bizzarra ricostruzione storica.
Al contrario, lo stile, il contenuto e lo studio petrografico dimostrano che tutte e quattro le stele sono state prodotte in Egitto e che provengono dalla necropoli di Abido, nell’Alto Egitto (centro di culto di Osiride).
Inoltre, la presenza di microfossili dimostra con certezza che per la realizzazione di queste ultime è stato impiegato calcare egiziano, che appartiene ad una differente era geologica rispetto a quella delle formazioni calcaree presenti a Malta.
L’esame di sottili sezioni levigate provenienti da campioni delle stele, mediante l’utilizzo della microscopia elettronica a scansione, suggerisce che il calcare impiegato provenga da quattro formazioni geologiche di diversa età nella Valle del Nilo.
È possibile che le stele siano giunte a Malta in un periodo tardo relativamente al loro allestimento, forse in epoca romana (la zavorra di un’imbarcazione?).
Un’altra ipotesi recentemente presa in considerazione è che i manufatti siano arrivati sull’isola al tempo di Napoleone, poco tempo dopo la conquista delle isole dell’arcipelago maltese, nel corso della campagna d’Egitto. Forse le stele erano state prelevate dai suoi “savants” quando questi riscoprirono Abido, alla fine del diciottesimo secolo ed erano in viaggio verso la Francia quando furono abbandonate nel porto della Valletta, nei torbidi dell’insurrezione maltese che ebbe termine nel settembre del 1800, quando Malta passò sotto il controllo dell’Inghilterra.
Stile e contenuto
Tutte e quattro le stele esibiscono stili ben documentati relativamente ad opere analoghe scoperte in Egitto e possono essere messe in relazione con le produzioni di specifici laboratori di scultura. Le stele del British Museum suggeriscono con evidenza come ciascuna di esse fosse destinata ad essere eretta in Abido, centro del culto del dio Osiride.
EA233 (figura 1)
Descrizione:
Parte superiore di stele calcarea centinata; superiormente è visibile il prenomen di Amenemhat III fiancheggiato da Osiride e Upuaut; nella parte inferiore vi sono dieci righe (sopravvissute) di testo geroglifico.
Dodicesima Dinastia
Dimensioni: 31,50 x 28,50 x 9,00 centimetri; Peso 7,50 Kg
L’ANALISI DI NICO POLLONE
Stele in pietra calcarea di Ankef, (da Hieroglyphic texts from Egyptian stelae vol IV ) e della sua famiglia. Il nome Ankef citato non sono riuscito a identificarlo. L’ iscrizione invita tutti coloro che “vivono sulla terra, che passano davanti a questa pietra d’offerta”, a pregare per le anime di Ankef e dei suoi parenti. Nella parte centinata il prenome di Amenemhat III, tra le figure di Osiri-Khentamentiu dio grande, e di Upuaut l’amato.
L’iscrizione del registro inferiore recita: “Oh viventi che siete sulla terra, tutti i sacerdoti wab, tutti i sacerdoti lettori, tutti gli scribi, tutti i sacerdoti ka, che passerete davanti a questa pietra d’offerta per sempre. Se desiderate che il vostro re viva per voi e che i vostri dèi vi lodino e trasmettano la vostra funzione ai vostri figli maggiori, dovete dire/recitare :”Un’offerta che fa il re a Osiride, signore di Abydos, affinchè faccia un’invocazione d’offerta di: pane e birra, bestiame e di uccelli, lino e vestiti, incenso e unguenti , ogni cosa buona e pura che il cielo dà, la terra crea, l’inondazione porta, e di cui vive un dio….(N. Pollone)
Segue un elenco di personaggi della famiglia: “per il Ka di” …..
Questa invocazione d’offerta è abbastanza frequente.
EA218 (figura 2)
Descrizione:
Stele calcarea centinata raffigurante una defunta seduta di fronte ad un tavolo per le offerte e la figura stante di sua sorella; superiormente occhio udjat e testo geroglifico; una riga di testo geroglifico, inferiormente.
Prima Diciottesima Dinastia
Dimensioni: 23,50 x 19,00 x 4,50 centimetri; Peso 3,50 Kg
EA299 (figura 3)
Descrizione:
Stele calcarea centinata raffigurante il defunto seduto di fronte alla figura di sua sorella, che versa una libagione; superiormente occhio udjat e testo geroglifico; tre righe di testo geroglifico, inferiormente.
Prima Diciottesima Dinastia
Dimensioni: 21,00 x 14,50 x 6,50 centimetri; Peso 2,50 Kg
EA287 (figura 4)
Descrizione:
Stele calcarea riportante il nome di Ttity; raffigurazione di Osiride
Diciottesima Dinastia
Dimensioni: 19,50 x 18,00 x 5,50 centimetri; Peso 3,50 Kg
Riferimenti bibliografici:
Jeremy Young, Marcel Marée, Caroline Cartwright and Andrew Middleton
Egyptian stelae from Malta
British Museum – Technical Research Bulletin, Vol. 3, p.23-30. 2009
Calcare, Larghezza 54 cm Deir el-Medina Museo Egizio di Torino – C. 1593.
Stele dedicata a Meretseger che lo ha guarito, da una malattia che lo affliggeva da tempo:
Chiamai la mia Signora
e trovai che era venuta a me con dolci brezze,
Fu misericordia con me:
mi ha teso la mano, si è rivolta a me favorevolmente,
Mi ha fatto dimenticare la malattia che era stata sopra di me.
Ecco, la Cima dell’Occidente è misericordiosa, se uno la invoca.
( adattamento da E . Bresciani, – Cultura e società attraverso i testi p. 447l
Sulla stele a incavo, Meretseger è raffigurata sulla destra con un corpo serpentiforme a tre teste: la prima di avvoltoio, la seconda di donna e la terza di serpente ; dinnanzi a lei si trova un altare con una brocca e dei fiori di loto.
Il documento appartiene al “Servitore della Sede della Verità” Neferabu, vissuto sotto il regno di Ramesse II, la cui tomba è la n. 5 della necropoli del villaggio.
Stele di Seti I rappresentante un tipo di statua reale chiamata “immagine protetta”.
Questa stele segnava i confini di due aree di terra. Il reddito della terra era destinato a sostenere rituali e offerte per un tipo di statua reale chiamata “immagine protetta”. La figura nella parte superiore della stele rappresenta l’immagine protetta di Seti I, attraverso la quale i pii egizi adoravano l’aspetto divino di questo re. A differenza delle statue degli dei nei templi, tali stele sono esempi della religione popolare egiziana, poiché si trovavano in campi dove potevano essere avvicinate da tutti i membri della società. Il ventaglio dietro la figura è un simbolo di protezione destinato a custodire l’immagine.
La parte superiore della stele più ravvicinata
Stele calcarea dalla sommità arrotondata recante una rappresentazione e incisa per il re Seti I (Mn-ma’at-r’). Il re è rappresentato, nella parte superiore della stele, in piedi e con indosso la corona azzurra. Sotto il re ci sono tre righe di iscrizione: l’iscrizione data il pezzo all’anno 1 di Seti 1. Sia la figura che l’iscrizione sono eseguite in rilievo sprofondato.
La parte inferiore della stele più ravvicinata
La stele è stata mozzata nella parte inferiore in epoca moderna; gli altri bordi e la superficie posteriore sono ruvidi. Il pezzo è leggermente più largo vicino alla parte superiore, rispetto alla parte inferiore.
L’immagine ravvicinata di Seti I.
MOSTRA: Egitto: arte per l’eternità – Museo di Brooklyn, Fondo Charles Edwin Wilbour, 69.116.1.
Materiale: pietra calcarea
Luogo di ritrovamento: Kom al-Lufi, Egitto
DATAZIONE: ca. 1294 a.E.V., XIX Dinastia, Nuovo Regno
DIMENSIONI: 25 1/2 × 15 1/2 × 6 3/4 pollici, 110 libbre (64,8 × 39,4 × 17,1 cm, 49,9 kg)
Fine Primo Periodo Intermedio – Medio Regno Tarda Undicesima Dinastia – Dodicesima Dinastia (ca. 2061 – 1900 a.C.) Dimensioni: 35,5 x 20,7 x 5,5 cm Luogo di provenienza sconosciuto. Acquisito nel 1821 da Ernst August Burghart. N. inventario: Ägyptische Sammlung, INV 95 Kunsthistorisches Museum Wien, Ägyptisch – Orientalische Sammlung “www.khm.at/en/object/325567/”
Stele in calcare dipinto per Keti e Senet
L’iscrizione riportata su questa stele funeraria dichiara che le due donne, raffigurate in piedi di fronte ad una tavola per le offerte, sono sorelle. Entrambe tengono un fazzoletto in una mano mentre inalano il profumo datore di vita di un fiore di loto retto con l’altra mano. Come è noto, il loto era simbolo di rinascita e rigenerazione.
La maggior parte delle informazioni che abbiamo sul Primo Periodo Intermedio proviene dalle stele funerarie che venivano depositate nelle cappelle delle tombe. Come nelle epoche precedenti, vi compare il defunto – in questo caso le due giovani, di ascendenza ignota, di fronte a un tavolo per le offerte sul quale sono depositate le vivande necessarie alla sussistenza nell’Aldilà.
Supporto Stele, già incisa sotto la XXV dinastia (747‑656 a.C.), dall’estremità tipicamente centinata; granito rosa; 65,2 × 112 × 30,1 cm. Frammentario. Nella parte superiore, una colonna verticale di geroglifici divide simmetricamente una scena epicoria di adorazione ad Amon‑Ra (sinistra) e Montu (destra) da parte di Tolemeo XV e Cleopatra VII (ricavati dall’erasione degli adoranti originali), che presentano offerte sormontati dal disco solare alato e circondati da altri geroglifici. Il fregio occupa poco più di un terzo della pietra. Al di sotto, la parte iscritta è visibilmente più profonda a causa della sostituzione dell’originale testo geroglifico con una breve epigrafe demotica e una, lunga, in greco seguita da un vuoto di 16,5 cm. Perduti il fianco sinistro e l’inizio di ciascuna riga (un frammento di 62,5 × 14,5 cm max). Lato destro presente, ma rovinato in superficie e difficilmente leggibile. In generale, la decifrazione è resa ardua su tutta la pietra pure dalla tessitura faneritica del granito.
Cronologia 39‑38 a.C. [con ogni probabilità il 18 marzo 39 a.C.].
Tipologia testo: Decreto.
Luogo ritrovamento Egitto, Tebe (Karnak), davanti al primo pilone del Grande Tempio di Amon‑Ra, da parte di Jean‑Jacques Rifaud per conto del console generale francese Bernardino Drovetti. 1817‑18.
Luogo conservazione: Italia, Torino, Museo Egizio, nr. inv. 1764.
Scrittura
Struttura del testo: prosa epigrafica.
Impaginazione: disegno dei singoli caratteri tendenzialmente irregolare quanto l’andatura complessiva delle righe (e.g. 80 lettere alla l. 15, 96 alla l. 21, 101 alla l. 27).
Tecnica: incisa. By Alessandro Rossini.
LE FOTO
Di Giuseppe e Laura Calvetti
Stele riutilizzata, infatti la lunetta sporge di molto dal sottostante testo scritto
L’ANALISI FILOLOGICA
Di Livio Secco
Come al solito ho aggiunto la fonetizzazione secondo i codici IPA.