Cose meravigliose, Tanis

LA PRIMA MASCHERA D’ORO DI AMENEMOPE

Di Andrea Petta

Lo sguardo di Amenemope nel suo riposo.
Museo Egizio del Cairo – JE 86059. Altezza 30 cm, oro e pietre dure

Del sarcofago in cui giaceva Amenemope e della bara in legno (o di quanto rimane) non ci sono praticamente foto. Dalle iscrizioni scalpellate sappiamo che il sarcofago è quello originale della madre, usurpato per la ri-sepoltura del figlio, il cui sarcofago in quarzite è rimasto, vuoto, nella tomba NRT-IV. Secondo Montet, il sarcofago è stato effettivamente utilizzato per la sepoltura di Mutnodjemet, ma ciò che è successo dopo è avvolto nel mistero.

Il sarcofago di Amenemope in situ. Non sono riuscito a trovare altre foto di questo sarcofago

Le parti in legno sono della bara sono andate perse per sempre; sono sopravvissute però le coperture in oro delle mani del Faraone e la parte superiore della bara, costituita da una maschera d’oro (la terza trovata da Montet, e non sarà l’ultima).

La copertura delle mani della mummia

Questa maschera è forgiata da una lamina in oro massiccio, più spessa di quella della maschera di Sheshonq, con il contorno degli occhi, le sopracciglia e il supporto per la barba cerimoniale (andata perduta) in bronzo.

La maschera ancora nel sarcofago
La foto ufficiale del Museo Egizio

Il volto del Faraone è ritratto da giovane, con le guance piene ed un’espressione delicata. Il re indossa il nemes, che ha la particolarità di essere liscio, essendo totalmente assenti le solite strisce. Sulla fronte del Faraone un ureo in oro massiccio, simbolo di regalità e di protezione, ha il corpo intarsiato con corniola, lapislazzuli e pasta vitrea; sono gli unici elementi colorati della maschera.

Il dettaglio dell’ureo

Le orecchie sono scoperte; gli occhi sono in ossidiana, quello destro ricostruito sulla base del sinistro.

La maschera era pesantemente danneggiata; è stata restaurata al Museo Egizio dal restauratore Ahmed Yousef ed applicata su una forma in gesso da lui creata appositamente.

Ahmed Yousuf modella la forma in gesso che farà da supporto alla maschera
Ahmed Yousuf contempla finalmente il risultato del suo lavoro
La maschera restaurata
La maschera restaurata

FONTI:

Pierre Montet, La nécropole royale de Tanis (Parigi, 1951):

Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)

Tanis: tesori dei faraoni, Henri Stierlin e Christiane Ziegler , Seuil, 1987

Tesori d’Egitto – Le meraviglie del Museo Egizio del Cairo, Francesco Tiradritti

Foto: Pierre Montet, Merja Attia, Marie Grillot, Artists in Antiquities

Cose meravigliose, Tanis

AMENEMOPE

Di Andrea Petta

Usermaatra Setepenamon – Amonemopet Meriamon
La Ma’at di Ra è potente, scelto da Amon – Amon è la Festa di Opet, amato da Amon

A Psusennes I succedette Amenemope, con ogni probabilità figlio suo e di Mutnodjemet, ma gli eventi che portarono Amenemope al trono non sono del tutto chiari.

Regnò per nove anni, forse preceduti o comprendenti un periodo di co-reggenza con l’anziano Psusennes. Non lasciò una traccia profonda nella storia egizia; di lui si sa che contribuì ad un tempio di Iside a Giza ed uno a Menfi.

Morì anch’egli in età avanzata; alcuni segni di infezione sul cranio fanno supporre per una meningite. Soffriva anche di una grave forma di artrosi che deve aver reso difficile la deambulazione nei suoi ultimi anni.

Fu sepolto nella tomba NRT IV a Tanis, e successivamente spostato nella tomba della madre Mutnodjemet.

La pianta della necropoli reale di Tanis
Il dettaglio della tomba NRT-III, che accolse definitivamente Amenemope

La Grande Coppia Reale aveva però un altro figlio, Ramesses-Ankhefenmut, che era già insignito del titolo di Generale delle Truppe del Faraone e di Gran Sacerdote di Amon. A lui era destinata la terza camera della tomba NRT-III, vicino a quella di Mutnodjemet, ma il suo nome è stato scalpellato dalle pareti e da buona parte del sarcofago rimasto nella tomba. Anche se il sarcofago appariva intatto al momento della scoperta, era vuoto. Del corpo non c’è traccia, solo uno dei canopi abbandonato nel vestibolo comune della necropoli reale.

Ankhefenmut appare insieme ai suoi genitori come sacerdoti officianti della Triade Amon-Ra, Mut e Khonsu a Tanis, ed è difficile non immaginarlo come erede al trono. Cosa è successo allora? E perché Amenemope è stato spostato, presumibilmente dal Faraone Siamon, nella tomba della madre, che è scomparsa? Forse una congiura di Palazzo, che ha destituito e ucciso Ankhefenmut, con la complicità di Mutnodjemet? Una “vendetta” postuma? O semplicemente una traslazione dopo un saccheggio della tomba di Mutnodjemet? Ma allora perché sarebbe stato scalpellato il nome della Regina?

Misteri che, senza ulteriori scoperte, sono destinati a rimanere tali

Cose meravigliose, Tanis

L’ELSA DI SPADA DI PSUSENNES I

Di Andrea Petta

Museo Egizio del Cairo, JE 85854; lunghezza: 16 cm

IL POTERE DELL’ORO

Le spade, i bastoni e la mazza cerimoniale di Psusennes I, come abbiamo visto, sono andate perse. Anche il bronzo delle lame non ha superato la corrosione derivata dalle infiltrazioni d’acqua.

Eppure, è bastato ricoprire l’elsa di una spada con una foglia d’oro per conservarla quasi perfettamente fino a noi.

L’elsa ha sul pomolo una testa di falco il cui occhio è stato finemente cesellato a raffigurare un simbolo “udjat“; il manico è stato inciso altrettanto finemente con un decoro che ricorda il piumaggio del rapace.

Un piccolo capolavoro che ci ricorda perché l’oro fosse definito “la carne degli dei”

Cose meravigliose, Tanis

I BRACCIALI DI PSUSENNES I DONATI DA MUTNODJEMET

Di Andrea Petta

Museo Egizio del Cairo, JE 85760 e 85761

Tra i bracciali di Psusennes I, questi sono forse i più particolari, sia per la foggia sia per la “provenienza”.

Con un diametro esterno di 6.1 cm ed un’altezza di 4.5 cm, sono formati da sette anelli sovrapposti di circa 6 mm di diametro, divisi in semi anelli dalla chiusura a scomparsa e dalla cerniera sul lato opposto, composte entrambe da tre tubuli verticali a piccoli anelli.

In oro massiccio, pesano 128 grammi ciascuno.

All’interno degli anelli 3 e 5 è inciso un testo su due righe in geroglifici, che riporta il proprietario (“Il Re, il Signore delle Due Terre, il Primo Profeta di Amon-Ra, il Re degli Dei, Figlio di Ra, Psusennes, amato da Amon”) e colei che l’ha donato: “Fatto per la Sua Maestà dalla Grande Sposa Reale, Signora delle Due Terre, Mutnodjemet”.

Si vede all’interno degli anelli 3 e 5 l’iscrizione di Mutnodjemet

Sappiamo quindi da questa iscrizione che i bracciali furono donati a Psusennes dalla moglie e sorella Mutnodjemet. Da notare però che Montet, anche a causa di altre iscrizioni della tomba e di un altro bracciale, aveva interpretato la scritta come “…Psusennes Amato da Amon, NATO DALLA Grande Sposa Reale…” attribuendo a Mutnodjemet il ruolo di madre del Faraone. Tuttora il ruolo di Mutnodjemet è oggetto di discussione tra gli esperti.

La foto originale di Montet della coppia di bracciali

Comunque stessero le cose, Mutnodjemet sembra ricoprire un ruolo importante alla morte di Psusennes, o che la sua memoria sia venerabile in quella data. La sua tomba era a fianco di quella di Psusennes, ma lei in quella tomba non c’è, e forse non c’è mai stata.

Ma allora, cosa è successo a Mutnodjemet? Cercheremo più avanti di capirlo

FONTI:

Pierre Montet, La nécropole royale de Tanis (Parigi, 1951):

Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)

Tanis: tesori dei faraoni, Henri Stierlin e Christiane Ziegler , Seuil, 1987Tesori d’Egitto – Le meraviglie del Museo Egizio del Cairo, Francesco Tiradritti

Cose meravigliose, Tanis

I BRACCIALI AD ANELLO DI PSUSENNES I

Di Andrea Petta

Museo Egizio del Cairo, JE 85160/85167

È una delle coppie più famose di bracciali di Psusennes I; di forma ad anello semplice, in oro e lapislazzuli, hanno un diametro esterno di 7,6 cm e sono formati da due “sezioni” disuguali, incastrate l’una nell’altra e chiuse da un fermo sempre in oro.

Il bracciale è cavo per ridurne il peso, ed ha una decorazione costituita da un fregio che orna la parte superiore ed inferiore a onde dorate su fondo blu probabilmente di ispirazione cretese. Il blu dei lapislazzuli evocherebbe qui le acque primordiali da cui si formano le onde d’oro, la carne degli dei.

Il dettaglio della lavorazione

Sulla parte centrale un’iscrizione intarsiata anch’essa in lapislazzuli invoca “Vita al Re dell’Alto e Basso Egitto, Signore delle Due Terre, Aakheperre Scelto da Amon, dotato di vita come Ra, eternamente. Vita al figlio di Ra, maestro delle apparizioni, Psusennes Amato da Amon, dotato di vita come Ra, eternamente”.

Le foto ufficiali di Montet, sulle quali si vedono bene le iscrizioni sul lato esterno

All’interno questi bracciali recano solo un simbolo per identificare il sinistro (“iabt”, oriente) dal destro (“wnmy”, occidente) seguendo l’abitudine egizia di orientarsi verso sud ed avere quindi l’est a sinistra e l’ovest a destra. Curiosamente, però, i due bracciali erano stati invertiti sulla mummia del Faraone.

La trascrizione del decoro e delle iscrizioni effettuata da Montet
La foto ufficiale del Museo Egizio

FONTI:

Pierre Montet, La nécropole royale de Tanis (Parigi, 1951):

Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)

Tanis: tesori dei faraoni, Henri Stierlin e Christiane Ziegler , Seuil, 1987

Tesori d’Egitto – Le meraviglie del Museo Egizio del Cairo, Francesco Tiradritti

Cose meravigliose, Tanis

LA COPERTURA DELLA MUMMIA DI PSUSENNES I

Di Andrea Petta

Se ancora non credete alla “Maledizione di Tanis” che ha relegato i tesori scoperti da Pierre Montet in una sorta di limbo perpetuo, guardate questo oggetto.

E’ la copertura della mummia di Psusennes I, posta sopra il corpo del Faraone ed idealmente continuazione della maschera funeraria del re.

Lunga 1,25 m e larga 42 cm, è ricavata da un’unica lastra d’oro lavorata a sbalzo. Le mani del Faraone reggono il flagello ed il pastorale; al di sotto una divinità alata splendidamente incisa con la testa d’ariete e gli usuali simboli shen abbraccia il re defunto.

Particolare della copertura

Le iscrizioni verticali rivolgono un’invocazione a Nut, la cui parentela con Psusennes, identificato come Anubi e come i quattro figli di Horus, è ribadita dalle altre iscrizioni.

A livello dei piedi, Iside e Nephti sono rappresentate in lutto, con una mano sulla fronte.

Iside e Nephti in lutto nella trascrizione delle incisioni fatta da Montet. Ho rovesciato l’immagine per renderla più facilmente leggibile; essendo praticamente sul piede della copertura le due dee sono raffigurate capovolte rispetto al testo al centro della copertura stessa

Un altro piccolo capolavoro, praticamente sconosciuto e di cui è difficilissimo trovare foto.

FONTI:

Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)

Foto: Aidan McRae Thomson

Cose meravigliose, Tanis

IL PETTORALE CON SCARABEO ALATO DI PSUSENNES I

Di Andrea Petta

Museo Egizio del Cairo, JE 85788 e 85789 (collana) – Montet 510

Questo magnifico pettorale era al collo della mummia di Psusennes I insieme ad altri tre molto simili, seppure di fattura inferiore

Lo scarabeo, alto 6,5 cm e largo 4,5 cm, è stato ricavato da un diaspro verde molto scuro ed incastonato in oro. La sua morfologia è riprodotta molto fedelmente e nei minimi dettagli, rivelando una conoscenza ed un’osservazione molto attenta unita ad una straordinaria padronanza dell’esecuzione  

Le sue ali sono composte da 21 linee orizzontali, incastonate in oro a cloisonné egiziano con pietre policrome ad alternanza di colori caldi e freddi utilizzando diaspro rosso, pasta di vetro nera, rossa e blu.

La foto originale di Montet

Davanti allo scarabeo, posto orizzontalmente, c’è il cartiglio del Faraone in oro, le cui estremità poggiano, ai lati, sulle ali. È inciso con il nome di nascita del faraone Psusennes I “Pasebakbaenniut Merimon” (letteralmente ‘la stella è apparsa in città, amata da Amon’). 

La lavorazione del cartiglio è – incredibilmente – anch’esso in cloisonné egiziano: ogni segno è lavorato individualmente, con minuscole cellette delimitate da contorni in oro e riempite con pietre colorate o pasta vitrea, con una resa finale perfetta.

Il forte significato simbolico è sottolineato dalla presenza del segno ‘shen’. lo scarabeo spinge instancabilmente il cartiglio con il nome del re, mentre si trascina dietro il segno ‘shen’ che simboleggia l’eternità.

Inoltre, per aumentare il potere dell’amuleto, per accentuarne la protezione, sul retro è inciso il capitolo 30 del Libro dei Morti, che invoca cuore del defunto a non testimoniare contro di lui durante il giudizio finale della psicostasia.

Il retro del pettorale; sul castone dello scarabeo è inciso il Capitolo 30 del Libro dei Morti
La foto di Montet del retro di questo collare evidenzia meglio il testo sul retro del castone

Il ciondolo era appeso, mediante due anelli fissati alle ali dello scarabeo, ad una doppia catena di perle oblunghe, in oro e pietre multicolori. 

Questa catena, lunga 42 cm, è rifinita con un delicato e grazioso contrappeso floreale, formato da strisce di pasta vitrea incastonate in oro, un perfetto complemento per questo pettorale.

Il pettorale con la splendida collana che lo accompagna

FONTI:

  • Pierre Montet, La nécropole royale de Tanis (Parigi, 1951):
  • Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)
  • Tanis: tesori dei faraoni, Henri Stierlin e Christiane Ziegler , Seuil, 1987
  • Tesori d’Egitto – Le meraviglie del Museo Egizio del Cairo, Francesco Tiradritti
Cose meravigliose, Tanis

IL COLLARE SHEBYU DI PSUSENNES I

Di Andrea Petta

Museo Egizio del Cairo, JE 85751 (Montet 484). Oro e pietre dure. Diametro 35 cm, peso 8 kg

Pierre Montet ritrovò sulla mummia di Psusennes I ben tre collari shebyu, composti da dischetti d’oro forati al centro ed infilati in file concentriche chiuse da una piastra ornata da pendenti (cat. 482, 483 e 484). 

La collana 483, con cinque fili di dischetti d’oro, una chiusura a piastra pressoché identica ed una serie di pendenti più semplice

Questa particolare forma della collana caratterizzava, in una forma molto più semplice, il cosiddetto “Oro dell’Onore” con cui il Faraone ricompensava i suoi funzionari più fedeli (lo abbiamo visto al collo di Kha al Museo Egizio di Torino, ad esempio).  

L’Oro dell’Onore al collo di Kha

Il peso notevolissimo dell’oro delle collane ha creato diversi problemi alla loro preservazione nella forma originale. Al momento della chiusura del sarcofago è probabile che si fossero già spostati dalla sede originale; l’umidità ha distrutto i fili su cui erano inseriti i dischetti e l’apertura della bara d’argento, che era rimasta saldamente incastrata nel secondo sarcofago, ha ulteriormente contribuito al deterioramento.

Alcune parti siano state coinvolte nel furto avvenuto al Museo del Cairo nel 1943 ed alcune di esse non sono mai state recuperate.

Questa specifica collana, di circa 35 cm di diametro, ha sette fili formati da cinquemila minuscoli dischetti d’oro, per un peso totale di circa 8 kg. Le altre due collane shebyu sono a cinque fili e pesano circa 6 kg ciascuna, per un totale di 20 kg d’oro al collo del Faraone…

Sul petto presenta una grande chiusura cloisonné, una piastra alta 6,2 cm e raffigurante i cartigli reali affiancati da due divinità. A destra, il dio Amon rappresentato con la corona a due piume; a sinistra la dea Mut che indossa la doppia corona ed un ureo regale sulla fronte. Entrambi impugnano un simbolo ankh (vita) ed uno scettro was (potere).

La piastra di chiusura, un altro capolavoro dell’arte orafa egizia

La parte superiore della chiusura è decorata con un disco solare alato. Tutti gli elementi decorativi della chiusura sono intarsiati con pietre semipreziose (corniola rossa, lapislazzuli e feldspato verde). 

Dalla chiusura si dipartono 10 pendenti che si ramificano; l’artista che ha creato questa collana è riuscito a sviluppare un intero fascio di catenelle d’oro, che lungo la loro lunghezza sembrano moltiplicarsi dividendosi, “sbocciando” così in una sontuosa cascata d’oro. Ogni “giunzione” e ogni estremità è adornata con nappe simili a fiordalisi; in totale erano 110, scesi a 98 dopo il furto del 1943.

Ci sono versioni discordanti su come queste collane venissero indossate: secondo alcuni la collana veniva portata con la chiusura sulla nuca, in modo che la cascata delle catenelle ricordasse una capigliatura d’oro; secondo altri veniva portata sul torace ad adornare il petto del faraone.

FONTI:

  • Pierre Montet, La nécropole royale de Tanis (Parigi, 1951):
  • Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)
  • Tanis: tesori dei faraoni, Henri Stierlin e Christiane Ziegler , Seuil, 1987
  • Tesori d’Egitto – Le meraviglie del Museo Egizio del Cairo, Francesco Tiradritti
Cose meravigliose, Tanis

I BRACCIALI IN ORO E LAPISLAZZULI DI PSUSENNES I

Di Andrea Petta

Museo Egizio del Cairo, JE 85779 e 85780. Oro e pietre dure. Lunghezza aperto 23.5 cm, altezza 4.5 cm

Pierre Montet scrisse nei suoi resoconti degli scavi a Tanis che

La mummia, tutta vestita d’oro, riposava nella sua bara d’argento con le sue sei collane, ventidue braccialetti da polso, quattro braccialetti al ginocchio e alla caviglia, pettorali, scarabei e amuleti, copridita e sandali d’oro, più di trenta anelli, e tutto di splendido gusto

Alcuni oggetti sono straordinariamente moderni nel loro stile, come questa coppia di bracciali in oro e lapislazzuli. Furono ritrovati aperti, all’altezza delle ginocchia del Faraone (uno addirittura completamente a pezzi), e non è stato possibile determinarne la posizione originale, anche se è possibile che fossero indossati sotto al ginocchio.

Sono suddivisi in quattro sezioni dalla chiusura e da tre cerniere, costituite da piastre verticali di 35 mm di altezza; ogni sezione è formata da cinque elementi a mezzaluna, alternativamente in oro e lapislazzuli incastonati in oro. Ogni elemento è indipendente, agganciato alle piastre verticali con piccole cerniere in oro, un lavoro incredibilmente raffinato.

Il bracciale aperto e chiuso

Le piastre riportano i cartigli del Faraone (Psusennes Miamon) alternati al titolo di primo Profeta di Amon all’esterno, dove sono incisi su un fondo blu lapislazzulo. All’interno troviamo invece ripetuto per quattro volte “Nato dal Sommo Sacerdote di Amon, Nesbanebdjed (Smendes I)”, che in realtà fu suo nonno.

La discendenza da Smendes I ribadita all’interno dei bracciali

La chiusura era con uno spillone che attraversava i piccoli tubuli delle cerniere principali, perfettamente mimetizzata con le altre piastre.

I bordi superiore e inferiore del bracciale sono costituiti da perline tubolari, infilate orizzontalmente, sempre alternate tra oro e lapislazzuli. Nel simbolismo egizio sappiamo che l’oro costituiva la carne degli dèi, mentre il blu dei lapislazzuli evocava sia il cielo stellato che l’oceano primordiale.

I bracciali nelle foto di Montet; da notare quello ritrovato completamente “smontato”

FONTI:

Pierre Montet, La nécropole royale de Tanis (Parigi, 1951):

Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)

Tanis: tesori dei faraoni, Henri Stierlin e Christiane Ziegler , Seuil, 1987

Tesori d’Egitto – Le meraviglie del Museo Egizio del Cairo, Francesco Tiradritti

Cose meravigliose, Tanis

LA PIASTRA DI IMBALSAMAZIONE DI PSUSENNES I

Di Andrea Petta

Museo Egizio del Cairo, JE 85821. Dimensioni 16.6 x 9.9 cm, spessore 0.7 mm. Oro

Le “piastre per imbalsamazione” venivano posizionate sopra l’incisione praticata sull’addome del defunto per estrarre gli organi interni durante il processo di mummificazione.

Entrate nell’uso comune durante il Nuovo Regno, furono utilizzate fino all’Età Tolemaica, anche se normalmente di materiali meno nobili. Il loro significato esoterico era quello di “guarire” la ferita necessaria per la pratica di mummificazione del defunto ed impedire che spiriti maligni potessero profanarne il corpo.

La piastra di Psusennes I era cucita sulle bende che ricoprivano l’incisione grazie a quattro fori sugli angoli della piastra stessa. L’importanza simbolica di questo oggetto è testimoniata dall’estrema cura riservata ai dettagli dell’incisione, che vede al centro un occhio protettivo udjat circondato dai quattro figli di Horus, che sappiamo sovrintendere alla protezione degli organi interni del defunto e che abbiamo visto riprodotti sui vasi canopi del Faraone.

Ogni divinità (da sinistra Hapi, Imsety, Duamutef e Qebehsenuf) è raffigurata con indosso un gonnellino corto ed un collare usekh; ognuna ha inoltre un ureo regale sulla fronte. I loro nomi sono incisi sopra le loro teste insieme al cartiglio del Faraone “L’Osiride Psusennes Meriamon, giusto di voce”.

FONTE: Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)

Foto reperita in rete