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IL COMPLESSO OSIRIACO

Presentazione delle offerte da parte di Sethi I

Prologo

Arrivando nel sito di Abydos, spicca il Grande Tempio di Sethi I, uno dei più completi e solenni templi di tutto l’Egitto. Il tempio di Abydos fu costruito in onore della dea Maàt, al cui culto era fedele il secondo sovrano della XIX dinastia egizia Sethi I, il quale fu anche il primo ad occuparsi dell’influenza egiziana nel resto del Medio Oriente. Sethi I, faraone nella XIX dinastia, regnò mirabilmente in un momento storico cruciale. Fu destinato a riportare l’ordine religioso nel Paese e a ristabilire la sovranità nei territori a est, minacciati dal rafforzamento degli Ittiti in un periodo di instabilità causato dalle precedenti scelte politiche e dalla rivoluzione religiosa attuate dal faraone Akhenaton, che trasferì la capitale da Tebe ad Amarna e proclamò Aton unico dio, rappresentato iconograficamente soltanto da un disco solare con dei lunghi raggi.

Il complesso Osiriaco.

Questo è il nome attuale dato a tutte le stanze la cui collocazione è sul retro delle sette cappelle dedicate a varie divinità e al sovrano stesso Sethi: Sethi Ptah Rê-Horakhty Amon-Rê Osiride Iside Horus Questo complesso è dedicato al culto di Osiride che era il dio principale di Abydos e come tale richiedeva un’attenzione particolare. Questo complesso comprende due stanze ipostile, associate a cappelle. La vista in alto mostra la grande stanza ipostila con l’ingresso alla cappella di Osiride, conosciuta come la cappella di Sethy I divinizzata. La planimetria sottostante descrive l’intero complesso.

Questa analisi prende in esame la 1° sala ipostila parete est del complesso Osiriaco. Sono 22 riquadri sovrapposti i due file. Si esaminerà il tipo di offerta, il dio che la fa o che la riceve.

A conferma delle offerte saranno presentati testi con trascrizione e traduzione.

Qui è presentata la planimetria della 1° sala ipostila del complesso Osiriaco, e la disposizione fotografica delle varie scene.

Per la bibliografia, si fa riferimento ai volumi di Amice Calverley’s Record of the Temple of Seti I.

L’ANALISI TESTUALE

Parete est – Riquadro 1 in alto

Il re offre a Horus offerta di vino in classici recipienti tondeggianti nw. Horus porta la doppia corona circondata alla base da urei. Regge nelle mani un segno della vita e uno scettro Was.

PS Le immagini a colori avranno diverso grado di qualità. Possono essere danneggiate e avere una posizione tale da aver avuto danni maggiori rispetto a altre.

L’immagine in B.N. permette una migliore lettura dei testi geroglifici. Questi, sono espressi nelle parti più rappresentative. A volte, per motivi di spazio, non esprimono al completo tutto il testo del riquadro.

Parete est – Riquadro 1 in basso

Qui inizia il Registro Inferiore (Scena 1), tra l’ingresso della Cappella di Osiride e il muro nord, il Re offre una libagione/purificazione (di acqua fresca) a Horus, figlio di Osiride. La scena è intitolata “Esecuzione di una libagione per suo padre” scritta innanzi al re.

Parete Est – Riquadro 2 in alto

Il re offre pane bianco a Upuaut (Anubi) che risiede nella dimora di Men Maât Ra. Upuaut (Anubi) giace su una cassa in una cappella portatile. La cassa su cui è accovacciato è decorata con coppie di pilastri Djed e amuleti Tit.

Sul testo posto sul capo del re è citata la dea Nekhbet (la bianca) di Nekhen (Hieraconpolis, località) – (ved. Testo)

Parete Est – Riquadro 2 in basso

Il re (Men Maât Ra)I fa l’offerta dell’immagine di Maât al dio Horus, in forma di falco con la doppia corona.

Il dio è posto su un sostegno nella sua cappella portatile. La figura del re sembra sia stata danneggiata volutamente.

Parete Est – Riquadro 3 in alto

Il sovrano con corona rossa Deshret fa offerta di incenso al dio falco Horus, incoronato con la corona bianca Hedjet, su una colonna a forma di papiro sorretta da una piccola figura a immagine del sovrano.

Parete Est – Riquadro 3 in basso

Offerta di vasi da vino (irp) chiamati nu a Irrenefdjesef, iri-rn.f-Ds.f. ICONOGRAFIA: Si manifesta di regola come un falco o un uomo con la testa di falco (non in questo caso) Il suo nome significa “Colui che crea il proprio nome”, un epiteto che può essere interpretato come “Colui che ha creato se stesso”, conferendogli un carattere di creatore (demiurgo). Si trova nel pantheon egizio fin dal Nuovo Regno. Si trova nelle formule XVII e XCIX del Libro dei Morti, un testo che si riferisce a ciò che il defunto doveva recitare per ricondurre la barca a sé. Raramente rappresentato. Qui, nel tempio di Sethy ad Abydos, è in forma umana. Un’altra dea è citata nel testo innanzi alla fronte del sovrano, si tratta di Wadjet.

Parete Est – Riquadro 4 in alto

Nella Scena, il re si trova di fronte al dio (Osiri) e a una dea (Isis). Il re è inginocchiato e presenta due vasi nmst di olio mDt ai due dei. A entrambi i lati del trono di Osiri, uno sciacallo è accovacciato su un’ edicola, in dimensioni molto piccole, entrambi rivolti verso Osiri. Isis non porta sul capo il caratteristico segno distintivo st ma un disco solare rinchiuso tra corna bovine.

Parete Est – Riquadro 4 in basso

Il re apre la porta di accesso al naos in modo che venga rivelato il dio. Il dio Horus che risiede nel palazzo di Men Maât Rê sta su una cassa decorata con segni raffiguranti coppie di pilastri Djed e amuleti Tit . In cima al naos è collocata una immagine Hathorica. Il dio è rappresentato come falco coronato con la doppia corona, ritratto solo per metà. Nel testo, il dio conferisce al re l’eternità come sovrano delle Due Terre.

Parete Est – Riquadro 5 in alto

Il re è nell’atto di offrire un omaggio floreale a Tehery signore dell’occidente: divinità antropomorfa dal viso di babbuino.

Nota: di questa divinità non ho trovato riscontri in vari dizionari di divinità. ? L’ho riscontrata solo in un sito sul tempio di Abido.

Una possibilità può essere un riferimento al dio Babi o Baba: bby – 📷, dio antropomorfo dalla testa di Babbuino.

Parete Est – Riquadro 5 in basso

In ginocchio, il re Sethy offre incenso per il dio Ândjety, “quello di Ândjet*”, nome sia di una località che del 9° nomo del Basso EgittoThe Routledge Dictionary of EgyptianGods and Goddesses. Questo dio fu successivamente equiparato a Osiride, come ad esempio Sokar. (dal testo) Il dio dà al re tutta la vita, stabilità e potere. Dietro al dio, la grande sorella Isis dà al re tutta la salute e la gioia. Andjety è presente in contesti funerari. L’idea che sia responsabile della rinascita nell’Aldilà, è probabilmente il motivo della sostituzione delle piume sul capo in un utero bicorne. Anche nell’ Oltretomba c’è un’ovvia identificazione tra Andjety e Osiride che regge uno scettro “a bastone”.

* – Nome egiziano di Busiris.Dio patrono di tale città; precursore di d’Osiris.

Parete Est, Riquadro 6 in alto.

Il re inginocchiato, offre incenso a Osiride accompagnato da Iside che sono in piedi davanti a lui.

Osiride è su una base di statua a forma del segno Aa11

Su una colonna è posto un vaso e due steli floreali. Nessun testo fa cenno alle offerte

Parete Est, Riquadro 6 in basso.

Il re offre due brocche per libagione al dio Merehy (Merhy, Mereh). Spesso questo dio, è rappresentato con una testa di toro come qui, e può essere paragonato a diversi dei, come Osiride o Chu (vedi il dio Merehou (o Merehy) in Corteggiani, p.321). In questa scena, il dio impugna lo scettro wAs e il segno della vita. Iside la Grande lo accompagna. Secondo E.Otto e H.Junker, il suo nome significa “L’Unto” e potrebbe essere una forma di Osiride associata alla luna. È una divinità minore, “Signore di Athribis”, e una delle forme del dio Osiride. È rappresentato in alcuni santuari, in particolare nel tempio di Sethy I ad Abydos, dove il suo aspetto di dio è enfatizzato ed è connesso agli aspetti della morte e della rigenerazione. Iside stessa è chiamata “Figlia del toro Merhy”.

Parete Est, Riquadro 7 in alto.

Il re dispensa incenso come azione di purificazione, davanti ad Anubi. Tra il sovrano e Anubi c’è un piccolo tavolo d’offerta con steli floreali e altro non classificabile. Nessun riferimento nel testo al tipo di offerta.

Parete Est, Riquadro 7 in basso.

Il re offre pane bianco Hd al dio Osiride, seduto su un trono, accompagnato da Iside, definita madre del dio. Porta la corona bianca HDt, e impugna un flabello , uno scettro WAs, e uno scettro HqAt – Heket. Nel testo il dio dona salute, stabilità e vita eterna.

Parete Est, Riquadro 8 in alto.

Il sovrano è nell’atto di aprire la porta di una cappella dove si trovano il dio Hapy , rappresentato come dio oca a due teste *, e la dea Nefti senza segno identificativo sul capo, ma posto nella scrittura davanti al viso. Il dio dona al re vita e gioia come Ra (vedi testo), così come tutte le provviste (I doni non sono visibili ma sono citati nel testo).

Ps. Da notare una citazione di offerta molto rara che si riscontra pochissime volte nei testi egizi, sia come parola che come rappresentazione. Si tratta di “pesci” mai (o rarissimamente) riprodotti o citati (come qui) nelle tavole d’offerta.

Le due teste di oca derivano dal fatto che il nome di Hapy può essere scritto con i segni rappresentanti due oche.

vedi: Hapy – dio figlio di Horus Vigus p.717

Parete Est, Riquadro 8 in basso.

Il re offre fiori al dio Geb accompagnato dalla dea Nut. In cambio, come rileva parte del testo, il dio Geb promette al re che tutti i paesi, tutte le terre straniere, i 9 archi, saranno sotto i suoi sandali.

Parete Est, Riquadro 9 in alto.

Il re dona vino alla dea Heqat, (Dea Rana). La dea sta su una cassa in una cappella portatile posta su un piedistallo su cui è iscritto un protocollo del re che inizia con “amato di Heqat…”

Parete Est, Riquadro 9 in basso.

Il re si trova davanti a Min-Horus che è all’interno del suo naos. E’ nell’atto di aprire la porta. Horus-Min non è rappresentato in immagine itifallica. Il dio porta la corona bianca, è eretto sul segno Aa11 e impugna uno scettro e un flabello. Dietro di lui un cippo con in cima uno stelo floreale inserito in cima. Egli dà gli anni di Tatenen * al re. La identificazione delle divinità è resa possibile dai testi ancora conservati.

Parete Est, Riquadro 10 in alto.

L’offerta non è identificabile né dalla rappresentazione nè dal testo davanti al sovrano. L’offerta è fatta a Horus a testa di falco portatore di una bastone/scettro non classificabile ? e di un segno di vita.

Parete Est, Riquadro 10 in basso.

Il re offre incenso davanti alla dea Shentyt racchiusa in una edicola, rappresentata come una mucca coronata dal disco solare. Sotto la dea, un baldacchino è decorato con segni raffiguranti coppie di pilastri Djed e amuleti Tit. A suo volta il baldacchino portatile appoggia su un catafalco che rinchiude un testo che inneggia a Sethi I .

Il nome di questa dea (Shentayet ) significa “vedova” ?, ma le sue origini sono oscure. Era raffigurata come una mucca o donna con la testa di vacca, ma alla fine è stata assimilata alla alla dea Iside con il nome di Iside-Shentayet. In questa forma tardiva Shentayet era associata alla resurrezione di Osiride e identificata con il sarcofago del dio.

da Goddesses of Ancient Egypt Richard H. Crystal Wilkinson

Parete Est, Riquadro 11 in alto.

Il re inginocchiato porta la corona blu xprs (Chepresh), adora Osiride Unnenefer e Iside, che sono in una cappella. Un piccolo re è offerente di vino a entrambi. Osiride è su una base di statua a forma del segno Aa11.

Parete Est, Riquadro 11 in basso.

Il re inginocchiato offre un vaso non identificato * al dio Osiride. Il dio siede su un trono in un naos. È accompagnato da un dio che è di fatto il re divinizzato (Men-Maât-Rê). E’ menzionata anche la dea Nekhbet, ma questa non figura tra le immagini.

* Il vaso ha una forma tale da sembrare quasi rotondo. Non ha beccuccio ne coperchio e non si distingue la forma dell’apertura.

La dea-avvoltoio Nekheb (el-Kab), sosteneva il dominio del monarca nell’Alto Egitto. Iconograficamente la dea è spesso rappresentata con le ali spiegate, mentre afferra i simboli dell’eternità tra i suoi artigli. Appare anche come un avvoltoio a riposo nella statuaria o come elemento di uno dei titoli del re con un’ala tesa davanti a sé come simbolo protettivo scolpito sopra scene reali o rituali.

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LA TAVOLA D’OFFERTA DI QAR

TOMBA DI QAR – G7101

Al momento della scoperta, le cappelle e il sito sono stati fotografati dal fotografo della spedizione Mohamadani, al quale si devono quasi tutte le fotografie illustrate. I disegni al tratto dei rilievi di Qar in situ, sono stati realizzati da Hansmartin Handrick, e successivamente corrette da Stevenson Smith nel 1951. Ridisegnati poi da Suzanne Chapman nel 1974 in “The mastabas of Qar and Idu, G7101 and 7102.” di William Kelly Simpson.

Questa tavola contiene un N° impressionante di offerte che vale la pena contare. Provateci.

Il tutto sembra una pura e semplice elencazione, ma non è così.  L’elenco e composto da 99 caselle. Sotto ogni parola sono raffigurate delle stanghette a indicare numericamente la quantità. Sotto alle stanghette è raffigurato un uomo nell’atto di compiere l’offerta. In mano porta il recipiente adatto all’offerta: vaso specifico o vaso sovrastato da indicazione a disegno dell’offerta es. un volatile o un pane. Da una analisi comparata su altre tavole dell’antico Regno, non ho rilevato offerte di pesci. Strano perché il pesce era la fonte primaria di sostentamento.

Le tavole d’offerta, in raffigurazione pittorica, in incisione e in forme e dimensioni diverse, compaiono a partire dall’antico regno. La cosa più semplice per offrire una offerta era un tappetino con sopra una pagnotta di pane. L’evoluzione culturale e religiosa, li ha trasformati in “tavoli” delle offerte, scolpiti o dipinti con immagini di offerte tipiche, come pane, birra, carni e pollami. Se la famiglia non avesse più fatto offerte, si pensava che le immagini delle offerte avrebbero sostenuto il defunto.

Le “tavole” consistono in una elencazione di vari prodotti della vita quotidiana raffigurati in immagine e/o in forma scritta (Testo geroglifico) davanti o in prossimità del personaggio a cui sono dedicate o in manufatti appositi, di varie forme ritrovate in varie tombe. Il N° di queste offerte è estremamente variabile. Parte da poche rappresentazioni fino ad arrivare ad elenchi che ne contengono più di cento. In appositi riquadri o caselle è scritto il nome dell’offerta e la quantità in valore numerale: i, 2, ecc. In aggiunta viene accompagnato il disegno con la rappresentazione della categoria a cui si riferisce (es. pollame, carne, spezie, ecc.).

Un’altra aggiunta può essere la rappresentazione reale di un uomo in offerta di quel particolare prodotto

La disposizione delle offerte, a un primo impatto visivo, sembra non avere un senso logico ma può sembrare solo un insieme di elencazioni di offerte, raggruppate tra loro per affinità.

Esiste invece un preciso ordine che riguarda praticamente tutte le rappresentazioni con le simili quantità di offerte.

L’inizio della rappresentazione è sempre preceduta da due caselle che non sono offerte vere e proprie, ma rappresentano (in forma scritta) due atti di purificazione. Il primo con abluzione di acqua e il secondo con fumigazione d’incenso.

Dopo le due parole che indicano una purificazione con acqua e incenso, sono elencati i sette oli sacri.

Questi erano utilizzati nella preparazione del cadavere, per la mummificazione o per ungere occhi e/o bocca del corpo o della statua del defunto durante il “Rituale dell’apertura della bocca”.

Nelle tavole d’offerta reali, in corrispondenza con il nome dell’olio era ricavata una coppella dove l’olio era realmente versato. (vedi foto sotto)


Tutte le versioni delle tavole sono concordi nell’elencare i sette oli. (in molte varianti di scrittura).

Questa ulteriore serie di offerte (mediamente otto), segue l’elenco degli oli e appartengono a diverse categorie.

Tutte però sembrano determinare una sorta di indicazione che sono usate verso la persona, nel senso di tolettatura personale, o alla purificazione delle strutture funerarie.

Ad es:

  • le creme per il trucco degli occhi, le stoffe/abiti, per la persona.
  • L’incenso, il natron, tavolo d’offerta, preparazione ambiente e purificazione.
  • Offerta al re, offerta nell’ampia sala a un luogo e a una simbolica citazione al re in quanto dio ?

In immagine elenco da tre tavole d’offerta ricavate da materiali diversi e di forma tondeggiante.


Con questa ultima parte termina l’analisi della parte preliminare delle tavole d’offerta. Si tratta di una casella unica, posizionata in modo categorico in diciottesima posizione.

In realtà, questo elemento è un invito al defunto a sedersi alla sua tavola d’offerta, e logicamente, seguire la presentazione successiva del tavolo dove sono elencati i cibi e/o altro. Per quanto ne so, non compare in nessuna lista prima della seconda metà della quarta dinastia.

Per chi vuole scaricare la versione PdF, questa è già inserita grazie ad Andrea nella pag. Web del gruppo al link indicato.

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I TESTI DELLA TOMBA QH90

Tomba di QUEBBET EL-HAWA QH90 a nome di SobekHotep

Parte Prima

Nel 1799 le truppe napoleoniche arrivarono ad Asun e lì la commissione di studiosi guidata da Vivan Denon documentò i monumenti visibili, tra cui alcune catacombe? situato su una collina situata poco più a nord e di fronte alla città di Assuan. I successivi rapporti sull’esistenza di tombe in Europa furono forniti da JL Burckhardt. Nel 1819 furono pubblicati gli appunti di un viaggio che l’orientalista svizzero aveva compiuto sei anni prima nella Bassa Nubia. In essi veniva menzionata l’esistenza di tombe e templi su una collina di fronte ad Assuan. Passarono più di sessant’anni prima che si sentisse nuovamente notizia della necropoli. In quei decenni venne decifrata la scrittura geroglifica e furono create le prime cattedre di egittologia nelle università più prestigiose d’Europa, permettendo all’antico Egitto di emergere poco a poco dal mare nebbioso dell’ignoranza. I primi egittologi non si concentrarono sugli scavi archeologici ma sulla raccolta di dati e iscrizioni su monumenti privi di sabbia. Incredibilmente, gli scavi furono effettuati da tutti i tipi di persone che potevano permettersi le spese che ne derivarono. Sebbene nel 1858 Auguste Mariette fosse incaricato di dirigere il neonato Servizio delle antichità egiziane, la mancanza di specialisti permise agli appassionati di antichità di continuare gli scavi, anche se con un controllo crescente.


Nel 1892 Ernesto Schiaparelli iniziò gli scavi sul versante N.E. del Quebbet el-Hawa e poco dopo portò alla luce la tomba del governatore Herjuf, nella quale trovò alcune “mummie di epoca romana”, di cui da allora non si ha più notizia. Tuttavia Schiaparelli ha riportato alla luce una delle iscrizioni più importanti della storia dell’umanità. Sulla facciata della tomba erano stati incisi gli eventi che Herjuf considerò i più importanti della sua vita e che narravano principalmente i suoi viaggi nell’interno dell’Africa e che avevano come obiettivo principale l’instaurazione di rapporti commerciali con il Paese di Yam (Kerma). Di per sé, queste iscrizioni erano molto importanti, poiché menzionavano la dinamica situazione politica, in cui veniva rilevata la presenza di diverse società di capi e la loro interazione con lo Stato egiziano, nonché la composizione etnica della Bassa Nubia, fatti che, come sarebbe successivamente verificabili, non sono stati rilevabili da soli dalla cultura materiale rinvenuta nei numerosi siti della regione. Ma in più Herjuf fece riprodurre una lettera in cui il re Pepi II (2216-2153 a.C.) si rivolgeva al governatore per portare a corte il pigmeo che aveva portato in uno dei suoi viaggi. Ciò non è solo importante dal punto di vista che si tratta della più antica menzione di questo gruppo etnico umano che vive nell’attuale Camerun, ma dimostra le estese reti commerciali che già esistevano in Africa a quel tempo. Schiaparelli continuò il suo lavoro archeologico in un’altra tomba, anche se non sappiamo quale, poiché la descrizione che ne diede fu molto superficiale (forse la 102).

Da Proyecto Qubbet el-Hawa

https://web.ujaen.es/investiga/qubbetelhawa/historia.php

La parte testuale non è particolarmente abbondante, viste le condizioni della tomba. Oltre al nome del personaggio e dei suoi famigliari, sono inclusi alcuni titoli. Il testo è in grafia particolare che in alcuni punti si può considerare “fuori dalla norma” Sono omesse parole in certe frasi non so a che titolo, forse per abbreviare il tutto. La traduzione come al solito è personale.

Parte Seconda

La tomba di Sobekhetep si trova a circa 30 metri a nord-ovest del piazzale di Mekhu e Sabni1. Poiché le tombe del livello inferiore tendono a essere più piccole di quelle del livello superiore, Sobekhetep è più difficile da distinguere da lontano. Le tombe vicine hanno facciate di altezza simile, e i rispettivi piazzali sono divisi da muri di pietra parzialmente costruiti, trasmettendo una sorta di unità visiva di questo gruppo, piuttosto che distinguerle singolarmente. Rimane tuttavia traccia di una rampa che dal bordo inferiore della scarpata conduceva dalla scarpata, direttamente nel piazzale della tomba di Sobekhetep, che potrebbe aver migliorato la visuale.

E’ proporzionalmente simile alle porte alte di Mekhu e Sabni1, ed è tagliata vicino al lato nord della facciata, all’interno di una stretta porta rettangolare. Due stele a forma di obelisco fiancheggiano entrambi i lati del portone, ma non ci sono tracce della porta. Non si hanno tracce di testi o immagini iscritte sulla facciata, né sono presenti rilievi sugli stipiti dell’ingresso che della tomba.

La tomba, di forma rettangolare ma irregolare, è significativamente più piccola della doppia tomba di Mekhu e Sabni1, ma con i suoi 90 metri quadrati è tra le tombe più grandi dell’Antico Regno, soprattutto quelle del secondo livello. La tomba di Sobekhetep è stata ampliata in una serie di fasi costruttive, iniziando solo con la zona intorno alla porta d’ingresso, per poi estendersi verso sud. Come tutte le tombe del secondo livello, il soffitto è molto più basso di quello delle tombe di Mekhu e Sabni1, raggiungendo poco più della metà della sua altezza (2,55 m). Lo spazio è è riempito da pilastri di forma approssimativamente rettangolare disposti in tre file che seguono la linea angolare della parete est. Le dimensioni dei pilastri variano e molti di essi non mantengono una superficie coerenti dal pavimento al soffitto. Gli angoli irregolari della della cappella e l’elevato numero di pilastri disposti in file ricurve, creano uno spazio affollato e in qualche modo disorientante, ma questo effetto è contrastato dall’asse primario del culto che va dall’ingresso alla falsa porta principale.

Parte Terza

Come nella tomba di Mekhu, la falsa porta di Sobekhetep è ricavata in una nicchia incassata nella parete ovest, proprio di fronte all’ingresso. Conserva uno spesso strato di bianco brillante, ma non sopravvivono né testi né immagini. L’imbiancatura è presente anche nell’area settentrionale della tomba, sui pilastri, sulle immagini e sulle superfici delle pareti. Concentrando questo strumento visivo nell’area tra l’ingresso e la falsa porta, la combinazione della luce solare che entra attraverso l’ingresso e le superfici imbiancate produce un’area luminosa dedicata al culto di Sobekhetep.

I quattro pannelli a rilievo dipinti che compongono il programma pittorico della tomba si trovano sui pilastri E4, E5 e M4 sul lato rivolto verso l’asse d’ingresso e sulla faccia est del pilastro M5. Tutti i pannelli ricevono luce diretta attraverso la porta, sono posizionati vicino o leggermente al di sopra del livello degli occhi e sono facilmente visibili dall’ingresso della tomba. Analogamente alla cappella della tomba di Mekhu, sono state trovate tracce di un muro parziale che blocca la vista della falsa porta, ma non dei quattro pannelli. Questa evidenza suggerisce, come per la tomba di Mekhu, una preoccupazione per la visibilità delle immagini, oltre che per la protezione visiva della falsa porta, indicando un possibile pubblico misto nella tomba. Sebbene la tomba di Sobekhetep sia relativamente grande, utilizza un piccolo programma di testo e di immagini che si concentra sul proprietario della tomba e su due sacerdoti di alto rango, Sobekhetep e Mekwt.

Il “supervisore dei sacerdoti ka” di rango superiore, Sobekhetep, appare sul pilastro E5 con la sua famiglia, e in A2 rialzato, che non è comune per i pannelli completi di figure offerenti dove è più spesso utilizzato per figure singole associate alle immagini del proprietario della tomba. Le posture e le offerte sono simili a quelle dei pannelli in stile Sunken A, a testimonianza dei legami tra i diversi stili e della probabile esistenza di influenze artistiche condivise o sovrapposte.

In diagonale rispetto all’asse del pilastro M4, il pannello che raffigura l'”ispettore dei sacerdoti ka” di rango inferiore, Mekwt, con la sua famiglia. Il testo relativamente lungo scritto sulla parte superiore del pannello si riferisce all’offerta dei sacerdoti ka sotto forma di cibo tramite uno dei tanti testi di questo tipo che si trovano in tutto il cimitero e che forniscono indicazioni sul ruolo dei culti ka nell’economia locale.

Parte Terza

Questa rappresentazione conclude l’illustrazione della parte pittorica della tomba. Quella presentata in copertina, è l’unica immagine che sono riuscito a trovare. Il testo geroglifico è rappresentato seguendo il testo in traduzione. Non ho altri riscontri.

Grazie per la lettura.

Nico Pollone.

Testi

IL PAPIRO MAGICO DI KHONSU-MES

I papiri “magici” sono caratterizzati dalla sostituzione del testo con immagini accompagnate solo da alcune leggende. Queste immagini hanno origine dalle vignette degli incantesimi, delle illustrazioni convenzionali dei capitoli del Libro dei Morti e da altri testi funerari. Una delle più belle copie di papiro mitologico è quella di Khonsu-mes che si andrà qui ad esaminare.

La base di questa analisi è supportata dal lavoro di Alexander Piankoff completata il più possibile da altri studi e con l’aggiunta delle trascrizioni/traduzioni dei testi.

Questa seconda parte è rinchiusa tra il tracciato che compie il sole nella sua quotidianità. Ovvero da est a ovest qui indicato dalle parole dei cardinali indicati dalle parole situate a sinistra, (est) e a destra (ovest).

A suo interno sono richiamati i termini legati alla durata del tempo e della vita.

In questa parte del papiro, ci si addentra più concretamente all’interno del libro dei Morti, evidenziandone alcuni capitoli. Il capitolo più complesso è il N° 149 e 150. Essi presentano una serie numerata che raffigura 14 o 15 “tumuli” o “collinette” tutti diversi l’uno dall’altro. Nel papiro di Khonsu-Mes c’è solo un richiamo simbolico di tre tumuli a cui non è allegato nessun testo, invece presente negli altri papiri citati più avanti

Il papiro di Khonsu-Mes non contiene nessun testo del Libro dei Morti, perciò chi vuole leggere i capitoli citati, dovrà per forza ricorrere alla lettura di altri papiri. Qualche immagine è allegata ed è proveniente soprattutto dal papiro Ani.

Queste sono le citazioni ai capitoli e i loro titoli come indicati nel papiro di Jufanch di Torino.

  • Cap CLIX. Titolo: Senza Titolo
  • Cap CLI. Titolo: Senza Titolo
  • Cap LXXXI. Titolo: Formula per compiere la trasformazione in fiore di loto.
  • Cap LXXXVI. Titolo: Formula per compiere la trasformazione in Rondine.
  • Cap LXXXVII. Titolo: Formula per compiere la trasformazione nel serpente Sa-Ta.

Questa parte rappresenta la parte più intrigante del papiro. Solo una serie di ipotesi la riguardano.

Due personaggi femminili, sono rappresentate ai lati di una sfera sormontata dal segno del sole all’orizzonte N26.

Esse versano da un vaso un qualcosa di non identificato. Di fronte a ciascuna vi è una breve scritta geroglifica che si presume sia il nome delle due “divinità” ?

Questa questione la potete leggere nell’immagine.

All’interno della sfera se ne trovano altre due, più piccole, una sull’altra collegate da 9 file di pallini. Ai lati di questi puntini si trovano 8 zappatori, 4 per lato.

La spiegazione più in dettaglio la leggete nelle immagini.

Non ho potuto rendere più semplice la lettura visto i vari accostamenti sulla interpretazione dei testi.

Con questa parte termina l’analisi del papiro A di Khonsu-mes.

Spero di aver portato il mio contributo all’analisi di questo bel papiro.

Grazie a coloro che hanno avuto la costanza di leggere il tutto.

Fonti:

  • Piankoff-Rambova: Mythological papyri Texts
  • Hans Demel, “Der Totenpapyrus des Chonsu-Mes”
  • Vatican coffin conference V1 – edited by ALESSIA AMENTA and HÉLÈNE GUICHARD

Dizionari

Faulkner, Hannig, Openglyph, Budge, Erman Woerterbuck, e altri

Per la parte fotografica:

https://www.ushabtis.com/vienna-1-as-3859-amduat-for…

Se qualcuno vuole fare osservazioni, prego fornire le note bibliografiche da cui sono state estrapolate, per rimanere così nell’ambito di dati scritti e non solo di sensazioni.

Sarcofagi, Testi

SARCOFAGO DI USAI

Il sarcofago di Usai a Bologna.

Il sarcofago è in legno di sicomoro dipinto, di forma rettangolare con quattro pilastrini che ne rifiniscono gli angoli e con un coperchio a forma bombata.

Sopra, alle due estremità del coperchio, sono posti due sciacalli accovacciati rivolti l’uno verso l’altro, che rappresentano la divinità dei morti delle due parti dell’Egitto. Tra i due sciacalli, in mezzo al coperchio, sta seduto in posizione di riposo un grande sparviero dorato, simbolo di Ra. Altri quattro più piccoli si vedono sopra i pilastrini (uno dei quattro e mancante).

Nella parte sinistra superiore del coperchio (vedi Tavole 1 e 2), e dipinta una barca sacra trainata da 10 personaggi.

Innanzi ai personaggi, è presente un testo che riporta i nomi dei genitori del defunto. Stessa rappresentazione con alcune differenziazioni si trova sui personaggi sulle barche.

Le due fiancate lunghe sono illustrate da divinità antropomorfe, 6 sul lato destro e 6 sul lato sinistro. Davanti a ogni personaggio, il testo comincia con la classica formula

Dd-mdw in ”Recitazione di”, citando successivamente una divinità. Le divinità sono le seguenti:

• Tavola 1: Imsety, Duamutef, Hapy, Qebehsenuef, Anubi, Horus-Khenty-Irty.1

  

• Tavola 2: Imsety, Hapy, Duamutef, Qebehsenuef, Anubi, Geb.

La traduzione completa in PdF è inserita nella pag. web del gruppo al link:

https://laciviltaegizia.org/wp-content/uploads/2023/12/sarcofago-di-usai.pdf

Foto: Museo civico archeologico Bologna.

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I SARCOFAGI LIGNEI DI SETHY I E RAMSES II

Di Nico Pollone

Foto da Cercueils Daressy.

Propongo un breve testo estratto dell’inizio delle annotazioni scritte al momento dello spostamento del sarcofago in luogo più sicuro. La prima linea è tratta dal sarcofago di Sethi I.

La seconda riga, senza particolari rilievi, è inserita solo in lettura e recita:…. fu traslato fuori dalla sua tomba affinché venisse portato da colui che è……. Stesura grammaticalmente complessa ma dal significato indubbio.

A questo punto le tre linee iniziali mi portano a questa ipotesi di traduzione:

“Anno 18 ?, 4° mese peret (inverno), giorno 13 ?, per il re (figlio di Amon). Giorno in cui viene trasportato via il re (Men Maat Ra Sethy Mery Ptah) vita, prosperità e salute, e fu traslato fuori dalla sua tomba affinché venisse portato da colui che è sulla altura (lett. alto luogo) ? = ( kAy) di Inhapi che appartiene al grande luogo ? ( st Aat ), da parte del profeta di Amon-Ra, Ankhefenamon figlio….”

Diverso il caso della linea tre che inizia con una parola la cui bibliografia è da valutare ed è proposta la traduzione nella immagine.del testo

La prima parola, traslitterata qAy, viene tradotta da Faulkner/Vygus, come: altura, altopiano, (Lett.terra alta). La parola termina (ma non ne sono certo) con due segni = O39, e N35.

Questo è il primo quesito ? Tutti i segni formano una parola sola ? dove la si può trovare in bibliografia.?

Nel prosieguo della frase, si trova la parola composita: st Aat ) “che appartiene al grande luogo”. Non ci sono riferimenti. Secondo me si riferisce alla monumentalità del sito di Deir el Bahari.

Secondo quesito ? cosa ne pensate

A seguire il nome di Ankhefenamon, preceduto dai suoi titoli, che si affronterà nella linea, la quattro.

IN AGGIORNAMENTO

C'era una volta l'Egitto, Testi

IL LIBRO DELLE DUE VIE

LA PERGAMENA PIU’ ANTICA DEL MONDO

A cura di Piero Cargnino

Ad agosto 2015, in occasione dell’ultimo Congresso Internazionale di Egittologia, tenutosi a Firenze, è stato annunciato il ritrovamento da parte dell’archeologo Wael el-Sherbiny, associato all’università di Lovanio (Belgio), un rullo di pergamena di circa 2,5 metri di lunghezza, interamente coperto sulle sue due facce di geroglifici delicati e di illustrazioni colorate.

Questo testo la cui lunghezza totale era di 5 m, vecchio di 4000 anni, è apparso tra centinaia di vecchi frammenti di papiro e manoscritti conservati al Museo Egizio del Cairo. Sembra che sia il più vecchio e lungo manoscritto su cuoio mai trovato in Egitto. Il documento, decorato di divinità e di entità sovrannaturali dai potenti poteri magici, risalirebbe infatti al tempo del Medio Regno (2000-1780 a.C.), ovvero 100 anni prima del testo finora considerato il più antico di tutti i documenti egizi: il Libro dei Morti, risalente all’inizio del Nuovo Regno (1500 a.C.).

La mappa degli inferi trovata in una bara egiziana è fatta VIRAL – (Fonte FayerWayer)

Secondo l’egittologo el-Sherbiny, l’origine del documento, che è presente nelle raccolte del Museo del Cairo da 70 anni, non è potuta essere precisamente stabilita. Pare sia stato acquistato da un antiquario locale dall’Istituto Francese di Archeologia Orientale intorno alla Prima Guerra mondiale, restituito poi al Museo Egizio del Cairo, appena prima dell’inizio del secondo conflitto mondiale.

“Molte illustrazioni che decorano questa pergamena non erano mai stati visti prima d’ora”, spiega l’egittologo francese Pascal Vernus, ex direttore alla scuola Pratique des Hautes Etudes (EPHE).

Sarcofago con il Libro delle due vie – (Ph. by larazzodeltempo

La pergamena riporta una versione estesa di una composizione di testi risalenti al Medio Regno (XI e XII dinastia) e che solitamente decoravano il fondo delle bare lignee rettangolari provenienti dalla necropoli di Deir el Bersha ed in quanto tali vengono chiamati “Testi dei Sarcofagi”. Si tratta del cosiddetto ‘Libro delle Due Vie”, il cui contenuto comprende formule funerarie e rituali magico-religiosi, è un testo molto oscuro, sembra sia molto grande, appare come una sorta di carta topografica del Duat che indicizza i vari luoghi dell’Aldilà, con i suoi pericoli, i suoi custodi e la lista delle formule magiche da pronunciare per superare tutte le prove lungo il tragitto.

Sono solo sei gli altri testi dello stesso tipo che sono giunti fino a noi, ma solo sotto forma di papiri, conservati nelle sabbie del deserto grazie al clima secco, mai di pergamena, essendo questa un supporto molto più fragile e meno resistente nel tempo. 

Il Libro delle Due Vie

Noi ora seguiremo la descrizione del “Libro delle Due Vie” attingendo all’opera di Mario Tosi (cit. in fonti). In esso viene descritto il viaggio del defunto attraverso due strade che conducono all’Aldilà collegando l’Oriente con l’Occidente.

Le “Due Vie” sono due strade sorvegliate da guardiani paurosi e sono ben divise l’una dall’altra, quella superiore, dipinta in turchino, rappresenta un canale che si estende sinuoso toccando parecchie località dove compaiono figure ostili e geni del fuoco per raggiungere infine la “Campagna della Felicità” il cui sovrano è Osiri. Il defunto percorre la via, identificato con il dio Thot-luna, “Occhio di Horo”. Il viaggio si presenta come una traversata del cielo notturno, da notare l’assenza di barche in questa via d’acqua. Quella inferiore, dipinta in nero, si presenta come una via di terra che attraversa le distese liquide popolate da guardiani minacciosi. Il defunto la percorre stando sulla barca solare del dio Ra, al quale poi si assimila. In questo caso il tragitto si presenta come una traversata del cielo diurno. La meta finale è il territorio di Horo l’anziano, “il signore del cielo il cui occhio destro è il Sole ed il sinistro la Luna”.

Superate le numerose curve le due vie si incontrano nella prima tappa del percorso del defunto, “Rosetau”, ovvero la necropoli in generale dove entrerà in contatto con il mondo sotterraneo. Qui dove le due vie si incontrano, all’ingresso di Rosetau, sono presenti i “mastiu” (cioè accovacciati), ovvero geni con in mano dei serpenti. Il defunto, recando con se Maat che qui assume la forma di Iside che dalla prua guida la barca durante il viaggio, in compagnia di Ra, nella notte, attraverso una porta monumentale, entra in una grande sala detta “Il Castello della Luna”. Intanto sulla barca “il Sole che brilla nella notte” inizia a fare capolino sotto forma di scarabeo. Segue un inno alla gloria di Maat.

Continua intanto il viaggio del defunto che ora dovrà attraversare sette porte (in seguito citate anche nel “Libro dei Morti” al capitolo 144), che sono difese da terribili guardiani. Superate le prime quattro, il defunto si ritrova in un vestibolo dove tre porte conducono a tre stanze parallele destinate ciascuna a tre diverse entità. La prima a sinistra è riservata a colui che è posto nel “Luogo del refrigerio del cielo”, “l’akh purificato, immortale e dio”. Quella a destra appartiene ad Osiri dove il dio compare su un’isola con la sua barca detta “Colei la cui vita è duratura”, ossia il dio millepiedi Sepa. Su di un’altra isola compaiono le membra di Osiri disperse da Seth, non è chiaro il significato ma si suppone che le membra sparse del dio facciano riferimento a tutti i distretti d’Egitto.

Il defunto, superata l’ultima porta si ritrova nel territorio della luce, il “Cielo signore di ogni Cielo”, le tenebre sono sparite perché egli “ha rischiarato la notte” e può contemplare la perfezione di Ra. Qui il signore supremo è Horo l’anziano, identificato con Ra, la sua barca è preceduta da varie divinità che con archi e giavellotti respingono il serpente Apopi. Il tutto simboleggia la lotta finale contro lo spirito del male alla quale il defunto partecipa con Ra (il Sole) e Thot (la Luna). Le “Due vie” sono separate da un lago di fuoco assolutamente insuperabile.

Dal “Libro delle Due Vie”, durante il Nuovo Regno, prenderanno lo spunto due rituali, il “Libro dell’Amduat” ed il “Libro dei Morti”.

Fonti:

Mario Tosi, “Dizionario enciclopedico delle Divinità dell’Antico Egitto”, Ananke 2004 Web – Scienze e Futuro n° 821 – luglio 2015

Oggetti rituali, Testi

LE TAVOLE D’OFFERTA

Di Nico Pollone

Le tavole d’offerta, in raffigurazione pittorica, in incisione e in forme e dimensioni diverse, compaiono a partire dall’antico regno. La cosa più semplice per offrire una offerta era un tappetino con sopra una pagnotta di pane. L’evoluzione culturale e religiosa, li ha trasformati in “tavoli” delle offerte, scolpiti o dipinti con immagini di offerte tipiche , come pane, birra, carni e pollami. Se la famiglia non avesse più fatto offerte, si pensava che le immagini delle offerte avrebbero sostenuto il defunto.
Il pezzo più antico che ho trovato è in versione molto contenuta rispetto al numero delle offerte rispetto alle successive esposizioni di offerte.
E’ la stele della principessa egizia Nefertiabet della IV dinastia, figlia del faraone Cheope (foto sotto)

Le “tavole” consistono in una elencazione di vari prodotti della vita quotidiana raffigurati in immagine e/o in forma scritta (Testo geroglifico) davanti o in prossimità del personaggio a cui sono dedicate o in manufatti appositi, di varie forme ritrovate in varie tombe.

Tavola d’offerta della cappella di Idu

Caso raro ma non unico è quello di Kaisebi, dove l’elencazione delle offerte è collocato nello spazio centrale di una falsaporta (foto sotto):

Il numero di queste offerte è estremamente variabile. Parte da poche rappresentazioni fino ad arrivare ad elenchi che ne contengono più di cento.
In appositi riquadri o caselle è scritto il nome dell’offerta e a volte il numero.
A volte, la quantità è espressa in riquadro apposito, e in alcuni casi accompagna il disegno della categoria a cui si riferisce (es. pollame, carne, spezie, ecc.).
Un’altra aggiunta può essere la rappresentazione reale di un uomo in offerta di quel particolare prodotto (es. tomba of Khuwi. foto sotto).

La disposizione delle offerte, a un primo impatto visivo, sembra non avere un senso logico ma può sembrare solo un insieme di elencazioni di offerte, raggruppate tra loro per affinità.
Esiste invece un preciso ordine che riguarda praticamente tutte le rappresentazioni con le simili quantità di offerte che sono riuscito a consultare.
Non so se sia un “copia-incolla” o se rispetti una regola prefissata, magari imposta da un
“cerimoniale”. Ho chiesto un parere a un importante egittologo e la risposta è stata questa:

….NON esiste uno schema. Esistono dei modelli di lavoro, variabili nelle scuole. Sono solo linee guida e non regole fisse che nella conservatrice ma non dogmatica società egizia, sarebbero stridenti.

La risposta è quella di un docente, non di facile interpretazione (almeno per me).

Passo a indicare i punti di confronto delle tavole.

Prima osservazione:

L’inizio della rappresentazione è sempre preceduta da due caselle che non sono offerte vere e proprie, ma rappresentano (in forma scritta) due atti di purificazione. Il primo con abluzione di acqua e il secondo con fumigazione d’incenso.
Esempio:

Illustrazione tavola d’offerta della cappella di Mery Nesut

Seconda osservazione:

Dopo le due parole che indicano una purificazione, sono elencati i sette oli sacri.

Questi erano utilizzati nella preparazione del cadavere, per la mummificazione o per ungere occhi e bocca del corpo o della statua del defunto durante il “Rituale dell’apertura della bocca”.
Nelle tavole d’offerta reali, in corrispondenza con il nome dell’olio era ricavata una coppelle dove l’olio era realmente versato. (vedi foto sotto)

Tutte le versioni delle tavole sono concordi nell’elencare i sette oli. (in molte varianti di scrittura).

Tavola d’offerta di Defdji

Terza considerazione:

A questa ulteriore serie (mediamente 8), le offerte appartengono a diverse categorie,
tutte però sembrano indicare una sorta di indicazione alla persona, nel senso di tolettatura e alla purificazione, alle strutture funerarie.
Ad es:

  • le creme per il trucco degli occhi, le stoffe/abiti, per la persona.
  • L’incenso, il natron, tavolo d’offerta, preparazione ambiente e purificazione.
  • Offerta al re, offerta nell’ampia sala, a un luogo e a una simbolica citazione al re in quanto dio?

Anche questa serie è una costante per quasi tutte le tavole d’offerta.

Quarta considerazione:

La casella qui rappresentata (nella quasi totalità collocata in diciottesima posizione ) raffigura un qualcosa di non facile interpretazione.
Essa infatti non è una offerta vera e propria, ma una espressione di un qualcosa che non riesco a interpretare.
La traslitterazione è quasi universalmente tradotta in: sit down! (siediti!)che non sembra coerente con una lista di offerte.

Come determinativo è sempre impiegata una figura umana accovacciata assimilabile quasi sempre a A1

“La traduzione più attinente sarebbe piuttosto: “prender possesso”, come l’abitante
di un luogo che vive grazie alle offerte (cosa che d’altro canto è chiaramente simbolizzata dal gesto di tendere la mano verso la tavola, ossia come detto precedentemente “prendere possesso”).”

Questa interpretazione mi è stata suggerita da un amico. Però non mi convince molto, soprattutto perché non riesco a trovare collegamenti a questa traduzione con la parola , e anche i raffronti con i testi delle piramidi di diversi autori non danno questa interpretazione, confermando la traduzione classica di: siediti.

Tomb of Qar, Late Period, Offering Table, Alabaster

Da questo punto incomincia l’elencazione delle offerte vere e proprie.
Le offerte comprendono tutte le tipologie: pane, birra, uccelli, parti bovini o ovini, stoffe ecc.

Alcune traduzioni sono incerte. e si è preferito lasciare il temine nella sola traslitterazione.

Filosofia, Testi

IL PICCOLO INNO AD ATON

A cura di Nico Pollone

E’ detto piccolo inno per non confonderlo con il “Grande inno” ben più famoso e conosciuto.

Questo testo è rappresentato in 8 esemplari praticamente simili ma non identici tutti provenienti dalle tombe di Amarna. Piccole varianti li caratterizzano.

Ne propongo qui uno in solo testo, proveniente dalla tomba di Mahu TA9. Il mio intento è prendere in esame tutti i testi, confrontarli e evidenziare le differenze, con trascrizione geroglifica, traduzione e traslitterazione, nonché qualche informazione sul contesto di provenienza. Naturalmente è un lavoro lungo e dai tempi non quantificabili.

Il testo:

Adorazione: viva Ra-HarAkhty-che-esulta-nell’-orizzonte in-suo-nome-di-Shu-che-è-in-Aton Viva per sempre e per l’eternità , da parte del re, che vive nella verità, signore delle due terre Nefer Kheperura Waenre, figlio di Ra che vive nella verità, signore delle corone, ( Akhenaton) , grande nella (durata della) sua vita (affinché) possa dare per sempre vita eterna. Il tuo sorgere è bello (oh) Aton vivente signore dell’eternità. Tu sei brillante, bello/perfetto e forte. Il tuo amore è grande e immensa è la luce che tu irradi che accarezza ? ciascuno (ogni persona). La tua carnagione risplende, fa vivere i cuori e fa in modo che le due terre siano colme del tuo amore. Dio augusto che si è formato da solo (lett. – da lui stesso), che ha fatto ogni terra, e creato ciò che è sopra di lei: come l’umanità, tutte le mandrie e le greggi e tutti gli alberi che crescono sulla terra. Essi vivono quando tu sorgi su di loro. Sei tu madre e padre di tutto quello che hai creato (per) i loro occhi e per il Ka del capo delle guardie Medjay di Akhenaton Mahu, che possa vivere nuovamente (Risorgere?)

Foto di Andrea Vitussi che ringrazio, e disegno di N.G. Davies.

Testi

“MEDU NETJER” – LA PAROLA SACRA

I GEROGLIFICI

A cura di Piero Cargnino

Per gli appassionati di Storia Antico Egizia la parola “geroglifici” è ormai un luogo comune ma siamo sicuri di conoscerne bene l’origine ed il significato? Ne dubito. Nel mio piccolo ho voluto con questo articolo, che spero sia di vostro gradimento, farvi partecipi delle mie esperienze di studio, partiamo dall’inizio.

Con il termine “storia” si usa comunemente definire quel periodo della storia umana che inizia con la comparsa della scrittura, ovvero la storia documentata o registrata, prima era preistoria. Non si può dire che la preistoria finisce ed inizia la storia nello stesso momento in tutto il mondo in quanto ciò dipende dallo stato di evoluzione delle varie popolazioni e dal periodo in cui la scrittura venne adottata. In linea di massima si può parlare di storia a partire dal 3200-3500 a.C., periodo nel quale compaiono le prime scritture in Mesopotamia con la cuneiforme, (Sumeri), ed in Egitto, con i geroglifici.

E’ appunto nel Periodo Protodinastico che iniziamo a trovare le prime rappresentazioni che si distinguono dai semplici graffiti per dirci qualcosa, i primi geroglifici. Il termine deriva dal greco hieroglyphikós che significa: hieròs “sacro” e glýphos “scrittura”. Fu però questo un grande errore di interpretazione da parte dei greci quando vennero in contatto coi geroglifici. In antico egiziano quelle rappresentazioni che chiamiamo geroglifici non avevano affatto quel significato.

I primi scribi che tracciarono quei simboli non intendevano affatto “scrivere”, non avrebbe avuto alcun senso, essi chiamavano i geroglifici con il termine “medu netjer” che letteralmente significa “parola di dio”, (o parola sacra), con riferimento al dio Thot al quale era attribuita l’invenzione di quella che chiamiamo comunemente scrittura. Il significato da loro attribuito era molto più profondo e mistico, non scrittura ma “Parola”.

Il prof. Alessandro Roccati, allora docente di egittologia all’Università di Torino, del quale ho avuto l’onore di assistere ai suoi corsi di geroglifico, ci teneva in modo particolare a precisare che: ”…….mentre la scrittura nasce per trasmettere qualcosa a qualcuno, i geroglifici nell’antico Egitto, almeno per il terzo millennio a.C., non dovevano trasmettere niente a nessuno……”. Innanzitutto perché la cultura allora esistente non prevedeva la necessità di di trasmettere ad altri idee o concetti se non oralmente, ma soprattutto perché i geroglifici erano conosciuti solo dagli scribi e, neppure il faraone, forse avrebbe saputo interpretarli. Nessuno li doveva, o poteva, leggere perché non era quello lo scopo per cui venivano incisi, infatti nell’Egitto antico non venivano rappresentati, come in epoche successive, sui muri di palazzi o templi, ma esclusivamente dove nessuno avrebbe potuto leggerli, all’interno delle tombe, che poi venivano chiuse e sigillate per sempre. Il prof. Roccati aggiungeva: “……I geroglifici venivano incisi semplicemente per esistere, essi rappresentavano formule che il faraone avrebbe utilizzato per superare le molte insidie che avrebbe incontrato nel suo percorso verso la Duat, nient’altro……”.

Le prime iscrizioni presenti in età thinita rivelano una completezza nell’esecuzione già costituita il che fa pensare ad un periodo di maturazione antecedente. Se si tiene conto che i primi accenni di iscrizione geroglifica risalgono alla tavolozza di Narmer mentre i più recenti si trovano nell’isola di File e risalgono, salvo alcune eccezioni, al 394 d.C., significa che questa “scrittura” è stata utilizzata ininterrottamente per circa 3500 anni, anche se, in epoche successive, principalmente a scopo decorativo e di propaganda. La cosa più sorprendente è che in questi oltre tremila anni la scrittura geroglifica non subisce evoluzioni significative, nasce perfetta ed anzi, col passare del tempo, si nota, al contrario, una certa decadenza dovuta forse alle mutate convinzioni degli stessi scribi.

I geroglifici possono essere decifrati partendo da destra verso sinistra o dall’alto verso il basso e viceversa, a seconda della direzione dello sguardo degli uomini o animali rappresentati. Sempre facendo miei i concetti esposti dal prof. Roccati, utilizzo il termine “decifrare” e non “leggere” perché i geroglifici si decifrano non si leggono ne si traducono. Decifrazione che, dopo vari tentativi da parte di altri studiosi, tra cui lo scienziato inglese Thomas Young, riuscì all’egittologo francese Jean François Champollion, nel 1822, il quale sostenne che la scrittura egizia fosse una combinazione tra fonetica, ideogrammi e pittogrammi.

Grazie sopratutto alla famosa “Stele di Rosetta”, che riporta un’iscrizione divisa in tre registri di differenti grafie: geroglifico, demotico e greco antico. L’iscrizione è il testo di un decreto di epoca tolemaica risalente al 196 a.C. emesso in onore del faraone tredicenne Tolomeo V Epifane in occasione del primo anniversario della sua incoronazione. Poiché si tratta pressoché dello stesso testo, la stele ha offerto, grazie alla parte in greco, una chiave decisiva per la comprensione dei geroglifici. Nel suo libro, presentato nel 1824, “Resoconto del sistema geroglifico degli antichi Egizi”, Champollion riportava l’insieme delle sue ricerche sui nomi degli Dei e dei faraoni egiziani, esponendo l’organizzazione di insieme della scrittura egizia in segni fonetici e ideografici: i segni fonetici sono i venticinque segni che indicano una consonante, (il primo vero alfabeto della storia dell’umanità), a cui si aggiungono i segni per i gruppi di due o tre consonanti; i segni ideografici invece designano direttamente l’oggetto o sono determinativi per distinguere parole formate dalle stesse consonanti ma di diverso significato.

Per la scrittura corrente, si sviluppò, in seguito, una forma di corsivizzazione del geroglifico, che permetteva una grafia più rapida, in quanto maggiormente adatta a essere tracciata con un calamo, cioè una canna tagliata allo scopo e intinta nell’inchiostro. Lo ieratico veniva utilizzata per redigere documenti civili, (atti, rapporti, processi, conti, ecc.), testi di letteratura e trattati scientifici, soprattutto su papiro ma anche su ostraka o pietra, “ieratico”, dal greco ieraticòs, (sacedotale).

Verso la fine della XXV dinastia si sviluppò nel Basso Egitto un tipo di scrittura chiamato “demotico” derivato da forme di scrittura usate nel Delta. Questo tipo di scrittura veniva utilizzato principalmente nei documenti più comuni, destinati al popolo. Un esempio più antico di scrittura demotica è presente nella “Stele del Serapeo” a Saqqara e risale al 650 a.C. circa. Mentre oggi possiamo interpretare il significato dei geroglifici, quello che non riusciremo mai a sapere è come suonasse la lingua dei faraoni. Si sa solo che apparteneva al ceppo linguistico delle lingue afro-asiatiche ed era imparentata con quelle berbere e semitiche. Forse alcuni termini egizi sopravvivono ancora nella lingua liturgica dei Copti, (i cristiani d’Egitto). Con i geroglifici verranno ricoperte le pareti delle camere funerarie dei faraoni, dei loro sarcofagi, le mura dei templi dove assumeranno un significato di rappresentanza e di decorazione insieme, ci racconteranno la storia dell’Egitto, le battaglie. Quelli incisi all’interno delle tombe o piramidi continueranno a rappresentare un sostegno per il defunto indicandogli la via dell’aldilà. Da parte mia voglio ringraziare in modo particolare il Prof. Roccati per la passione con la quale ci ha introdotti alla comprensione dei geroglifici.

Fonti e bibliografia:

  • Alessandro Roccati, “Introduzione allo studio dell’egiziano”, Roma 2008
  • Alessandro Roccati, “Egittologia”, Libreria dello Stato, Roma, 2005
  • Christian Jacq, “Il segreto dei geroglifici”, Piemme, Casale Monferrato, 1997
  • Sergio Pernigotti, “Leggere i geroglifici”, La Mandragora, Casalecchio di Reno (BO), 1988
  • Maria Carmela Betrò, “Geroglifici”, Mondadori, Milano, 1995
  • David Sandison, “L’arte egiziana nei geroglifici”, Idea Libri, Rimini, 1997
  • Mark Collier e Bill Manley, “Come leggere i geroglifici egizi£, Giunti, Firenze, 2003
  • Alan Gardiner, “Egyptian Grammar being an introduction to the study of hieroglyphs”, Griffith Institute, Ashmolean Museum, Oxford, by Oxford University Press, 1957