Kemet, Protodinastico, Statue

LA DAMA DI LAPISLAZZULI

Di Ivo Prezioso

Testo originale di Liam McNamara, Curatore dell’Antico Egitto e del Sudan, Ashmolean Museum, e Direttore dell’Istituto Griffith, Università di Oxford.

Questa straordinaria statuetta è scolpita in un bellissimo lapislazzuli blu (Immagine n. 1). 

Statuina di donna stante con le mani incrociate

Naqada III – inizio I dinastia (ca. 3300-3000 a.C. )

Provenienza: Hierakonpolis, Deposito principale (corpo: scavi dell’Egyptian Research Account, 1898 [Quibell e Green]; testa: scavi University of Liverpool, 1906 [Garstang e Jones]).

Lapislazzuli

Altezza 8,9 cm

Ashmolean Museum of Art and Archaeology, Oxford, Dono di Harold Jones [head] (AN1S96-1908.E.1057 [corpo], 1057a [testa])

Fu rinvenuta nel Deposito Principale del recinto del tempio di Hierakonpolis, nel corso degli scavi condotti da Quibell e Green (finanziati dall’Universita di Oxford) nel 1898. Da questo importantissimo sito archeologico provengono anche la celeberrima Tavolozza di Narmer, teste di mazza dello stesso re e del re protodinastico chiamato Scorpione, oltre che statuette votive in faïence, ceramiche e manufatti litici raffiguranti esseri umani, babbuini, scorpioni, cani, rane e uccelli e, non ultimi per l’importanza che ebbero per la ricostruzione della storia di quell’antico periodo, una serie di avori decorati e scolpiti con iscrizioni di Narmer e di Den.

La fonte di approvvigionamento più vicina all’Egitto per questa bellissima pietra semipreziosa è il Badakhshan in Afghanistan, il che la rende uno dei materiali più pregiati ed esotici utilizzati dagli antichi Egizi. In epoca dinastica era associata al divino tanto che i capelli degli dei venivano descritti come “fatti di puro lapislazzuli”. Tuttavia la sua presenza nel Paese delle Due Terre cominciò ad essere relativamente frequente già a partire dal periodo predinastico (Naqada IIC), allorquando cominciò ad essere utilizzata per creare oggetti di prestigio, tra cui perline e intarsi. Ad oggi è il più grande reperto noto realizzato in lapislazzuli lavorato relativo a quell’epoca.

Un disegno nel taccuino di scavo di F.W. Green (Immagine n. 2) mostra un piccolo piolo di legno sul collo per fissare la testa che, sorprendentemente, fu ritrovata nel 1906 durante ulteriori scavi nella stessa area intrapresi da John Garstang e Harold Jones dell’Università di Liverpool.

Pagina del taccuino di scavo di F.W. Green, che mostra il corpo così come è stato scoperto nel 1898 © Dept. of Dept. of Manuscripts and University Archives, Cambridge University Library

Mentre la pietra utilizzata per il corpo ha un aspetto screziato (con macchie bianche e dorate dovute ad intrusioni di calcite e pirite), la testa è della varietà più rara e pura, di un colore blu intenso. Non è chiaro se questa differenza sia stata intenzionale o se sia il risultato di un danneggiamento che ha richiesto la sostituzione della testa. Alcuni suggeriscono addirittura che il corpo sia stato realizzato fuori dall’Egitto, forse nella regione del Golfo Persico, e che la testa sia stata aggiunta solo dopo il suo arrivo in Egitto.

Il volto della figura è dominato da grandi occhi profondamente incassati evidentemente per accogliere l’intarsio di un altro materiale (Immagine n. 3). 

Particolare della statuina di lapislazzuli, da cui si evidenzia, come la testa sia stata modellata separatamente e poi aggiunta al corpo

Le braccia sono ripiegate sui gomiti e le mani sono intrecciate sull’addome. Il corpo, nudo, è scolpito in modo piuttosto sommario, tranne che per la zona pubica, indicata da una serie di piccole depressioni circolari. Le gambe, leggermente piegate alle ginocchia, terminano con un taglio netto appena sopra le caviglie (Immagine n. 4). 

La statuetta statuetta in lapislazzuli, con testa e corpo scolpiti separatamente e fissati insieme vista da diverse angolazioni. (© Ashmolean Museum, University of Oxford)

Un foro praticato sul lato inferiore (anch’esso presente nel disegno di Green) potrebbe essere servito a fissare la figura ad una base oppure per inserire dei piedi modellati separatamente. Tra le altre ipotesi, una molto curiosa vorrebbe che la statuetta potesse essere il manico di un cucchiaio. Il dibattito sull’identità e l’origine della figura è, comunque, ancora in corso. Quibell fu il primo a sottolinearne l’aspetto “non egizio”, paragonandolo a marmi cicladici datati intorno al 2500 a.C., quindi molte centinaia di anni dopo la data attribuita. I capelli corti e strettamente arricciati della figura, così come la posizione delle mani e delle braccia, sono unici tra le statuette rinvenute a Hierakonpolis (la maggior parte scolpite in avorio) e trovano pochi paralleli nella prima arte egizia. Tuttavia, una simile acconciatura arricciata è presente, ad esempio, sulla Paletta del Campo di Battaglia (Immagine n. 5), il che avvalora l’ipotesi che la statuetta sia stata scolpita in Egitto.

I capelli arricciati di un prigioniero sulla tavolozza del campo di battaglia (Ashmolean AN1892.1171) (©Ashmolean Museum, University of Oxford)

In ogni caso, l’oggetto – sia esso già modellato realizzato o come blocco di materiale grezzo – ha percorso una distanza considerevole (circa 3.600 Km) prima di giungere all’antica Nekhen e fornisce una preziosa prova della posizione dell’Egitto primitivo in un contesto di scambi commerciali anche con paesi molto lontani.

Fonti: 

  • Liam McNamara, Nekhen News Vol. 18, Inverno 2016 p. 18
  • Marina Celegon, “Un’antica figura femminile in lapislazzuli” dal sito Auditorium.info
Mai cosa simile fu fatta, Protodinastico

COLTELLO CERIMONIALE

Di Grazia Musso

Coltello cerimoniale

Questo bellissimo coltello con manico in oro, è un oggetto cerimoniale, veniva usato infatti dai sacerdoti nei templi, è classificato come “coltello da sacrificio”.

È in selce, e ha inciso, sul manico in oro, il nome Horus del faraone Djer.

Prima dinastia

Esposto al Royal Ontario Museum, Toronto, Canada.

Testo Nico Pollone

Mai cosa simile fu fatta, Protodinastico

VASSOIO A FORMA DI CESTINO

Di Grazia Musso

La produzione di vasellame in pietra è uno degli elementi caratteristici della cultura egizia pre e Protodinastico.

Il livello raggiunto dagli artigiani dell’epoca era tale da consentire loro di attribuire una grande plasticità anche ai materiali litici più duri e resistenti.

Il vassoio proviene dalla tomba di un funzionario vissuto durante la Seconda Dinastia e riproduce accuratamente un originale in papiro.

L’artigiano non si è limitato a prendere spunto dai fasci di steli, ma ha anche osservato e studiato il loro modo di piegarsi: le delimitazioni tra stelo e stelo procedono per linee ondulate avvicinandosi a riprodurre la differenza di spessore di ogni fusto.

Le corde e i nodi che tengono insieme il cestino sono realizzati con estrema verosimiglianza.

All’estremità di uno dei lati lunghi è inciso il segno geroglifico “oro”, forse riferito a quello che doveva essere contenuto il cestino, in scene di epoche posteriori, soprattutto risalenti al Nuovo Regno, sono raffigurati personaggi nell’atto di presentare o di trasportare oggetti in metallo prezioso in cestini o in vassoi.

È assai probabile che la parola, oro, incisa servisse ad assicurare la presenza del prezioso metallo.

Fonte:

  • Tesori egizi nella collezione del Museo Egizio del Cairo – Francesco Tiradritti – Edizioni White Star
  • Fotografie: Nico Pollone che ringrazio dell’aiuto.

Mai cosa simile fu fatta, Protodinastico

ETICHETTA DI AHA

Di Grazia Musso

Alle giare che contenevano olio, prodotto ritenuto di grande pregio in quel periodo, venivano normalmente applicate etichette in avorio di diverso formato.

Su quelle più piccole erano scritte informazioni relative al contenuto, l’indicazione della località ( forse quella di produzione) e alcuni numeri.

Su quelle di maggiori dimensioni erano invece registrati il tipo di olio, i nomi del monarca e la data, quest’ultima espressa attraverso un evento di particolare rilievo accaduto nel corso dell’anno.

I frammenti che compongono questa tavoletta a nome di Aha sono stati ritrovati in due momenti diversi, in corrispondenza dei resti della sepoltura di una delle mogli del re.

In alto a destra, accanto al foro, sono incisi due dei nomi del sovrano.

Il nome Horus è iscritto all’interno del serekh: le zampe del falco scendono all’interno di un palazzo e si trasformano in due braccia che stringono la mazza e lo scudo, venendo così a formare il geroglifico che, in epoca classica, avrà lettura Aha ovvero ” il Combattente”.

A destra, all’interno di un padiglione è racchiuso il nome nebty del sovrano.

La dea avvoltoio Nekhbet dell’alto Egitto e la dea cobra Uadjet del Basso Egitto sormontano un segno, molto simile al geroglifico della tavola per il gioco della senet che si legge men e il cui significato è ” durare, stabilire”.

Alla sinistra dei nomi di Aha si trova la figura di una imbarcazione con la prua decorata e una cabina al centro.

Sopra a questa è inciso un falco su una barca, da interpretare come la didascalia relativa all ‘identita’ di colui che di trova all’interno della cabina e che potrebbe essere sia il re, sia un simulacro del dio Horus.

Sull’estremità sinistra dell’etichetta si trovano alcuni geroglifici che fanno riferimento, forse, a una battaglia del sovrano o a una sua opera di costruzione.

A destra della scena inferiore so trova un edificio al cui interno stanno in piedi tre personaggi.

Un quarto uomo, con in mano un lungo bastone è raffigurato all’esterno, rivolto verso il centro della scena dove si trovano due uomini ai lati di quello che sembrerebbe essere un grande vaso di supporto.

A sinistra sono rappresentati alcuni prigionieri, un toro legato e uno decapitato, giare e pani posti su una stuoia ( che corrisponde al segno geroglifico “offerte”).

Nel registro inferiore una processione di quattro personaggi con le braccia conserte avanza verso sinistra dove è scritto il nome di un olio

Etichetta di Aha

Avorio

Altezza cm 4,8

Larghezza cm 5,6

Naqada, scavi del 1897, un frammento fu ritrovato da Garstang 1904

Prima Dinastia ( 2920-2770 a.C.),

Regno di Aha

Museo Egizio del Cairo

JE 31773 = 14142

Fonte:

Tesori Egizi della collezione del Museo Egizio del Cairo – Francesco Tiradritti – fotografie Araldo De Luca

Mai cosa simile fu fatta, Protodinastico

NASCITA DELLO STATO FARAONICO

Di Franca Loi

La nascita dello stato unitario: evento cruciale per lo sviluppo della cultura in tutta la valle del Nilo

Lo Stato faraonico nasce intorno al 3200 a.C. dall’Unione di un regno meridionale con uno settentrionale. Il primo documento storico che attesta che i due paesi sono uniti è una tavolozza di scisto ritrovata a Ieraconpoli, che è ora al museo del Cairo.

La tavolozza di Narmer.- Il Cairo, Museo Egizio
È una delle prime attestazioni del tema figurativo del sovrano che colpisce il nemico con la mazza, ripreso fino nell’Egitto di epoca romana.

La tavolozza è molto importante non solo perché testimonia la prima unione delle due corone al medesimo re, ma anche dal lato artistico perché finora è la prima opera d’arte quasi completamente egizia (quasi, perché risente ancora di una influenza mesopotamica).

In alto tra le due teste di Hathor, è scritto il nome di Narmer. La tavolozza è del 3150 e la maggior parte degli studiosi ha identificato Narmer con il grande Menes.

Di Menes, il fondatore dell’Egitto storico, sappiamo che è nato a Tinis, quasi sicuramente re dell’Alto Egitto che dopo aver conquistato il Delta penso’ bene di spostare il suo centro di potere sul confine tra l’alto e il basso Egitto. Eresse infatti una fortezza chiamata ” Chiamata il grande muro bianco” dove sarebbe poi sorta Menfi.

La stele di re Djet (o di re Get), proveniente da Abido ed oggi conservata al Museo del Louvre, è una lapide funeraria in pietra risalente alla I dinastia egizia, quindi circa al 3000 a.C., che prende il nome dal faraone “Djet, il Re Serpente:
al contrario delle altre che hanno uno stile più rozzo e incompleto, questa è di squisita fattura
e con un’attenta rifinitura”.

La prima dinastia assieme alla seconda formarono l’epoca Tinità (3185-2700) e posero le basi dello Stato, la suddivisione in distretti del paese, la sua strutturazione burocratica e organizzativa. la terza dinastia segna l’inizio del periodo che noi oggi chiamiamo Antico Regno che va dalla terza alla sesta di dinastia: 2700-2200. In campo artistico il fatto che ci sia una sola casa regnante determina la creazione di modelli di riferimento e canoni legati alla regalità che è considerata eterna e in un certo qual modo immutabile.

Frammento di pettine in avorio riportante il serekh di Djet e il nome dell’ufficiale di corte Sekhemkasedj, Museo Egizio del Cairo.

Il pettine fu rinvenuto all’interno della tomba, assieme a utensili di rame e ceramica.

La scultura di questo periodo è basata su una visione frontale e il blocco di pietra viene mantenuto il più inalterato possibile.

Statuina femminile
Monaco, Staatliche Sammlung Agyptischer
.

La scultura risulta completamente appiattita in un’ottica che prevede soltanto la visione frontale della figura umana.

Il rilievo è utilizzato quasi esclusivamente su oggetti cerimoniali dedicati alle divinità ed è sorprendentemente realizzato in modo da creare interessanti contrasti tra luce ed ombra. Nella realizzazione delle figure spesso si dà un forte risalto alla muscolatura nella difficile ricerca di una scansione degli spazi ben definita.

Frammento statuina di personaggio virile, Monaco, Staatliche Sammlung Agyptischer Kunst.


La scultura presenta un modellato molto accurato della muscolatura. Le striature della roccia sedimentaria sono sfruttate in modo da accentuare le forme del corpo trasformandole in linee che conferiscono una vibrazione vivace a tutta la statua.

Pian piano l’artista Egizio riuscì con abilità a esprimere il proprio pensiero, i propri concetti” all’interno di quei canoni, con piccole limitate innovazioni. Un processo lento il graduale che porterà l’arte a livelli evolutivi sublimi “.

Statua di cinocefalo con il nome di Narmer, Berlino, Agyptischer Museum. L’animale è modellato in modo da lasciare inalterata la forma del blocco.

Fonte: MAURIZIO DAMIANO Antico Egitto- Electa

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