Epoca thinita, Mai cosa simile fu fatta

STATUA DI SCIMMIA

Di Franca Loi

Questa statua rappresenta uno dei principali capolavori dell’arte egizia arcaica: l’uso delle masse, delle luci e delle ombre, della rigorosa frontalità nell’opera, suggeriscono una relazione con il mondo del divino:

è il babbuino celeste, il ” Grande Bianco”, connesso con gli antenati divini del sovrano; più tardi esso sarà posto in relazione col dio Thot.

Il dio svolgeva un ruolo nella festa giubilare.

Il nome inciso alla base della statua

NOTA DI NICO POLLONE: Il nome è ben evidenziato ma il tipo di materiale non è adatto alla scrittura pertanto in tutti i casi è poco visibile.

Il nome è composto dall’ideogramma egiziano antico nar (pesce gatto) segno K13, e dal bilitterale: lo scalpello, cesello e similari, quest’ultimo con due valori fonetici: Ab e mr. In altri manufatti, questa seconda parte è stata spesso modificata nella scrittura (vedi foto). Altra variabile è il segno Hr : Falcone-Horo non sempre presente sopra al srx (Serech simbolo del palazzo), esempio classico la “palette”.

Il nome di Narmer è stato talvolta tradotto come “pesce gatto da combattimento” e infatti, in alcuni manufatti, il pesce gatto è raffigurato come un animale aggressivo e combattivo.

Potrebbe essere un'immagine raffigurante il seguente testo "Hor Nar-mer (Dinastia Nr. Hor Nar-mer (Dinastia 0 Nr. hr ner-mr Hor Nar-mer -(Dınastia 0 Nr. hor Nar-mer -(Dinastia Nr."

I dinastia , regno di Narmer.

Alabastro egiziano

BERLINO, Agyptiches Museum

Acquisizione 1927, n. 2607

Fonte:

MAURIZIO DAMIANO

ANTICO EGITTO/ELECTA

Mai cosa simile fu fatta, Protodinastico

COLTELLO CERIMONIALE

Di Grazia Musso

Coltello cerimoniale

Questo bellissimo coltello con manico in oro, è un oggetto cerimoniale, veniva usato infatti dai sacerdoti nei templi, è classificato come “coltello da sacrificio”.

È in selce, e ha inciso, sul manico in oro, il nome Horus del faraone Djer.

Prima dinastia

Esposto al Royal Ontario Museum, Toronto, Canada.

Testo Nico Pollone

Mai cosa simile fu fatta, Protodinastico

VASSOIO A FORMA DI CESTINO

Di Grazia Musso

La produzione di vasellame in pietra è uno degli elementi caratteristici della cultura egizia pre e Protodinastico.

Il livello raggiunto dagli artigiani dell’epoca era tale da consentire loro di attribuire una grande plasticità anche ai materiali litici più duri e resistenti.

Il vassoio proviene dalla tomba di un funzionario vissuto durante la Seconda Dinastia e riproduce accuratamente un originale in papiro.

L’artigiano non si è limitato a prendere spunto dai fasci di steli, ma ha anche osservato e studiato il loro modo di piegarsi: le delimitazioni tra stelo e stelo procedono per linee ondulate avvicinandosi a riprodurre la differenza di spessore di ogni fusto.

Le corde e i nodi che tengono insieme il cestino sono realizzati con estrema verosimiglianza.

All’estremità di uno dei lati lunghi è inciso il segno geroglifico “oro”, forse riferito a quello che doveva essere contenuto il cestino, in scene di epoche posteriori, soprattutto risalenti al Nuovo Regno, sono raffigurati personaggi nell’atto di presentare o di trasportare oggetti in metallo prezioso in cestini o in vassoi.

È assai probabile che la parola, oro, incisa servisse ad assicurare la presenza del prezioso metallo.

Fonte:

  • Tesori egizi nella collezione del Museo Egizio del Cairo – Francesco Tiradritti – Edizioni White Star
  • Fotografie: Nico Pollone che ringrazio dell’aiuto.

Mai cosa simile fu fatta, Protodinastico

ETICHETTA DI AHA

Di Grazia Musso

Alle giare che contenevano olio, prodotto ritenuto di grande pregio in quel periodo, venivano normalmente applicate etichette in avorio di diverso formato.

Su quelle più piccole erano scritte informazioni relative al contenuto, l’indicazione della località ( forse quella di produzione) e alcuni numeri.

Su quelle di maggiori dimensioni erano invece registrati il tipo di olio, i nomi del monarca e la data, quest’ultima espressa attraverso un evento di particolare rilievo accaduto nel corso dell’anno.

I frammenti che compongono questa tavoletta a nome di Aha sono stati ritrovati in due momenti diversi, in corrispondenza dei resti della sepoltura di una delle mogli del re.

In alto a destra, accanto al foro, sono incisi due dei nomi del sovrano.

Il nome Horus è iscritto all’interno del serekh: le zampe del falco scendono all’interno di un palazzo e si trasformano in due braccia che stringono la mazza e lo scudo, venendo così a formare il geroglifico che, in epoca classica, avrà lettura Aha ovvero ” il Combattente”.

A destra, all’interno di un padiglione è racchiuso il nome nebty del sovrano.

La dea avvoltoio Nekhbet dell’alto Egitto e la dea cobra Uadjet del Basso Egitto sormontano un segno, molto simile al geroglifico della tavola per il gioco della senet che si legge men e il cui significato è ” durare, stabilire”.

Alla sinistra dei nomi di Aha si trova la figura di una imbarcazione con la prua decorata e una cabina al centro.

Sopra a questa è inciso un falco su una barca, da interpretare come la didascalia relativa all ‘identita’ di colui che di trova all’interno della cabina e che potrebbe essere sia il re, sia un simulacro del dio Horus.

Sull’estremità sinistra dell’etichetta si trovano alcuni geroglifici che fanno riferimento, forse, a una battaglia del sovrano o a una sua opera di costruzione.

A destra della scena inferiore so trova un edificio al cui interno stanno in piedi tre personaggi.

Un quarto uomo, con in mano un lungo bastone è raffigurato all’esterno, rivolto verso il centro della scena dove si trovano due uomini ai lati di quello che sembrerebbe essere un grande vaso di supporto.

A sinistra sono rappresentati alcuni prigionieri, un toro legato e uno decapitato, giare e pani posti su una stuoia ( che corrisponde al segno geroglifico “offerte”).

Nel registro inferiore una processione di quattro personaggi con le braccia conserte avanza verso sinistra dove è scritto il nome di un olio

Etichetta di Aha

Avorio

Altezza cm 4,8

Larghezza cm 5,6

Naqada, scavi del 1897, un frammento fu ritrovato da Garstang 1904

Prima Dinastia ( 2920-2770 a.C.),

Regno di Aha

Museo Egizio del Cairo

JE 31773 = 14142

Fonte:

Tesori Egizi della collezione del Museo Egizio del Cairo – Francesco Tiradritti – fotografie Araldo De Luca

Mai cosa simile fu fatta

LA STELE DEL RE DJET

Di Grazia Musso

Quando il francese Amelineau scoprì le tombe dei primi re d’Egitto, a Umm El Qaab, portò alla luce delle grandi stele con il nome del sovrano defunto.

Fra queste spicca la Stele di Djet, il Re Serpente.

Al contrario delle altre che hanno uno stile più rozzo e incompleto, questa è di squisita fattura e con un’ottima rifinitura.

Il falco Orus domina il serekh del re, ossia la rappresentazione stilizzata del palazzo reale che racchiude il primo dei nomi regali, quello detto ” di Horus”, uno dei cinque nomi ufficiali che il sovrano ha in epoca storica.

La stele ha in un certo modo il valore di una statua : rappresenta il re.

Il nome in questo caso è dato dal serpente,. “Djet”.

Da Albidos

Prima Dinastia

Calcare

Altezza 143 cm.

Museo del Louvre, Parigi

Acquisizione 1904, collezione Amelineau

È 11007

Fonte:

  • Antico Egitto di Maurizio Damiano – Electa
  • Arte Egizia – Sergio Donadoni – Ghibli
Mai cosa simile fu fatta

I BRACCIALI DELLA TOMBA DI DJER

Di Grazia Musso

I quattro bracciali furono rinvenuti nella tomba di Djer, terzo faraone della I Dinastia, situata nella necropoli reale di Abido, la città di origine dei primi sovrani dell’Egitto unificato.

I quattro bracciali erano infilati a un braccio (probabilmente di una donna che faceva parte della famiglia reale) avvolto in bende di lino, rinvenuto all’interno di una crepa del muro perimetrale della tomba.

Si tratta di bracciali dalle forme sobrie e originali.

Le perle, dai colori che si alternano con armonico equilibrio, sono unite tra loro con soluzioni sempre nuove e diverse, per dare vita a differenti tipologie.

La tecnica della lavorazione degli artigiani indica inoltre una straordinaria padronanza nell’uso dei materiali tipici della gioielleria egizia.

Il primo bracciale è formato da ventisette placchette raffiguranti il falco, simbolo del dio Horus, appollaiato sul serekh, il disegno stilizzato della pianta e della facciata del palazzo reale.

All’interno veniva scritto il cosiddetto ” nome di Horus” di ogni faraone.

Le placchette, di dimensioni decrescenti dal centro del bracciale verso le sue estremità, sono eseguite alternativamente con oro e turchese, in modo da creare un raffinato contrasto cromatico, ogni placchetta è provvista di due fori sul proprio spessore, per consentire l’inserimento di due fili che sono assicurati a un elemento triangolare in oro posto alle entrambe estremità del bracciale.

Il secondo è composto da tre fili di perle uniti tra loro in quattro punti, in modo da formare tre sezioni uguali, separate l’una dall’altra da due gruppi di tre perle: d’oro, turchese e lapislazzuli.

Le perle della parte centrale sono di dimensioni maggiori rispetto alle altre, ma la successione segue sempre uno schema preciso.

Al centro si trova una perla di lapislazzuli affusolata la cui superficie è decorata con incisioni parallele,la chiusura è ottenuta per mezzo di un bottone d’oro da inserire all’interno dei due anelli posti all’estremità del gioiello.

Il terzo bracciale è costituito da dodici perle a clessidra, disposte verticalmente in quattro gruppi di tre, separati fra loro da coppie di perle di turchese a forma di losanga.

Ogni gruppo comprende una perla centrale in ametista.

Le perle non sono bucate, ma sono legate per mezzo di un filo annodato intorno al solco centrale e tenuto in posizione tramite un sottile anello d’oro.

Le perle di turchese a losanga, separate dalle perle a clessidra in oro per mezzo di sfere in turchese,hanno i vertici foderati con foglia d’oro e sono bucate per consentire il passaggio del filo.

L’ultimo bracciale, il più piccolo, era quello più vicino al polso della mummia.

È formato da due parti che, al momento della scoperta, erano ancora unite tra loro per mezzo di un intreccio di fili d’oro e crine, forse di coda di giraffa.

Il segmento del bracciale destinato ad ornate la parte superiore del polso è il più elaborato: nel centro si trova una rosetta dai petali d’oro affiancata da tre fili di perle per parte, ognuno dei quali è composto da perle di turchese di forma irregolare separate tra loro.

Le estremità dei tre fili sono infilate in una grande perla di lapislazzuli.

L’altra parte del bracciale, che costituisce il retro del gioiello, presenta gli stessi fili di perle, ma è priva della rosetta centrale e l’ordine delle due perle di lapislazzuli e oro è invertito rispetto al fronte.

Materiale: oro, lapislazzuli, turchese e ametista

Lunghezza variabile da cm 10,2 a 15,6.

Abito, tomba di Djer

Scavi di William Matthew Flinders Petrie 1901

I Dinastia 2920-2770 a.C., regno di Djer

Museo Egizio del Cairo

Fonte: Tesori egizi nella collezione del Museo Egizio del Cairo – Francesco Tiradritti – fotografie di Araldo De Luca. Edizioni White Star

Mai cosa simile fu fatta

L’EPOCA THINITA

I E II DINASTIA – L’ARTE DEI PRIMI RE

Di Grazia Musso

I re thiniti, dalla capitale, Memphis, crearono le basi organizzative della nazione egizia; non poteva mancare l’inevitabile base religiosa e propagandistica.

L’arte ne fu il vettore principale : si moltiplicano i templi, le statue dei re e degli dei e furono fissate le regole artistiche sia per i i motivi religiosi, sia per uniformare la visione divina e reale da una parte all’altra dell’Egitto.

Nella statutaria si fissano le tipologie : le statue possono essere di uomo ( dio, re, privato) raffigurato in piedi, fra le rare immagini regali, quella della fotografia, dove il re in abito della festa giubilare avvolto in un manto, indossa la corona bianca dell’Alto Egitto.

La statua rappresenta il re in abito della festa giubilare (sed) e indossa la corona bianca dell’Alto Egitto.

Il mantello mostra ancora una ricca decorazione nonostante il deterioramento della statuina.

Da Abydos, tempio di Osiris, camera M69

Prima Dinastia

Avorio

Altezza 8,8 cm

British Museum di Londra

Scavi di F. Petrie 1903, EA 37996

Un’altra categoria è quella delle statue sedute, in cui il re si trova su un parallelepido o trono, ha le gambe unite e appoggiate al sedile, le braccia aderiscono al corpo, le mani si appoggiano sulle ginocchi, oppure un braccio è piegato sul petto e si intravede sotto il manto del giubileo.

Le statue mantengono ancora la maestosità delle opere arcaiche, ma le forme ora sono più dettagliate.

Connesse alle divinità, si trovano statue che raffigurano animali, come il babbuino o il leone.

Nel rilievo e nella pittura nasce la prima ricerca di un ordine che porterà all’esposizione delle scene su registri sovrapposti, si confermano le regole della rappresentazione parzialmente frontale e in parte di profilo, non viene nascosta alcuna parte del soggetti, questo per motivi magici-religiosi: la mancanza di una parte nella raffigurazione sarebbe una mutilazione nella realtà dell’oltretomba.

Alla fine della II Dinastia, l’arte è pronta per il grande passo successivo : le piramidi.

Fonte:

  • Antico Egitto di Maurizio Damiano – Electa

Mai cosa simile fu fatta

IL PROTODINASTICO

Di Grazia Musso

La transizione fra la fine del Neolitico ( Predinastico) e l’inizio dell’epoca storica fu un processo graduale e avvenne nel periodo che noi chiamiamo Protodinastico, che ebbe termine con la fondazione della prima Dinastia detta Thinita dal luogo di provenienza di questi re, This; per questo è anche detto Prethinita.

Viene anche chiamato periodo di Naqada III, il suo arco cronologico va all’incirca dal 3500 – 3400 al 3185 ( quest’ultima è una data convenzionale e corrisponde all’inizio della prima Dinastia).

È il periodo dei primi re Predinastico detti “Horus” della ” Dinastia 0″ su cui stanno portando nuova luce gli scavi di Umm El Qaab, presso Abydos.

Queste mattonelle in avorio provengono dalla tomba di U-j, Umm El Qaab

Agli albori della storia egizia grande importanza ebbero due città : Hierakonpolis ( l’egizia Nekhen), antica capitale dell’Alto Egitto Predinastico, dalla quale mosse l’unificazione delle Due Terre, è This, la prima capitale dell’Egitto unito, tuttavia ben presto, sin dall’inizio della Prima Dinastia, fu fondata una nuova capitale: Memphis.

LA tradizione ( che oggi si crede fondata) attribuisce a Menes, primo re d’Egitto, la fondazione della città.

Per la sua posizione, nel punto d’incontro tra il Delta e la Valle del Nilo, il sito era idoneo a controllare il regno unificato, suo Dio principale fu Ptah, il cui tempio era il cuore religioso della più importante città dell’Egitto e che all” Egitto diede il nome : Hat – Ku – Ptah ( Dimora del ka di Ptah).

Sottolineiamo che quella che noi chiamiamo arte egizia era in realtà il frutto di un complesso sistema filosofico-religioso, era la trasposizione in due dimensioni ( pittura e rilievo) o in tre dimensioni (statutaria e architettura) di una scrittura divina.

Essa racchiudeva dunque in sé la magia religiosa, il potere creatore della parola, e come tale doveva contenere in sé la forza di un messaggio il quale, in quanto parola divina, non può cambiare.

Cambiamenti si hanno, però all’interno di tali canoni : le sperimentazioni predinastiche sono inglobate , schematizzate, regolarizzate in un sistema compiuto che muto’ gradualmente.

È proprio in questo troviamo la grandezza dell’artista egizio che si differenzia dall’artigiano: i maestri riuscirono ad avere l’abilità di esprimere il proprio pensiero, il proprio senso estetico, i propri concetti all’interno di questi canoni, con piccole, limitate innovazioni. Un processo lento, graduale, che però porterà l’arte a livelli evolutivi sublimi.

L’arte delle prime Dinastie vede fiorire opere di tutti i generi : il vasellame ceramico, non solo si sviluppa ma viene affiancato da un vasellame litico di altissimo livello tecnico e artistico ; si sviluppa la statutaria, sono presenti le grandi stele funerarie presso le tombe dei re.

Le stesse tombe divengono delle costruzioni complesse che troviamo specialmente nelle necropoli reali di Abidos ( Umm El Quaa), a Sakkara.

Tomba di U-j, a Umm El Qaab ( Abidos)
Si tratta di una tomba principesca in cui alla camera funeraria ( quella orizzontale, in alto a destra) erano collegate nove stanze che fungeva i da magazzini, una contiene ancora delle giare.
Esse erano connesse alla camera funeraria grazie a fenditure nelle porte simboliche.
Le due sale lunghe sulla sinistra sono magazzini aggiunti successivamente.
Naqada III 3300 – 3100 a. C.

Si moltiplicano gli oggetti di uso quotidiano e i motivi sia simbolici che ornamentali.

Di tutta questa produzione artistico-religiosa il cuore è la corte reale di Memphis, i suoi artisti, architetti divengono il cuore pulsante dell’Egitto.

Fonti:

  • Dizionario enciclopedico dell’antico Egitto e delle civiltà Nubiane – Maurizio Damiano-Appia – Mondadori
  • Antico Egitto di Maurizio Damiano – Electa