Cose meravigliose, Tanis

PSUSENNES I

“LA STELLA APPARE IN CITTÀ”

Di Andrea Petta

Psusennes I (Akheperre Setepenamun Pasebakhaienniut-Meriamon – Grandi sono le manifestazioni di Ra, Scelto da Amon, Psusennes, Amato da Amon)) è stato il terzo Faraone della XXI Dinastia. Regnò probabilmente dal 1040 al 992 BCE (l’ultimo anno registrato del suo regno è il 49°) in un’epoca in cui il potere era nuovamente diviso tra Alto e Basso Egitto.

Era figlio di Pinudjem I, Primo Profeta di Amon che praticamente agiva come re a Tebe (ricordate? Ritrovato nella cachette 320 a Deir-el-Bahari), e Henuttawi, figlia di Ramses XI.

Sposò la propria sorella Mutnodjemet, da cui ebbe Amenemope (che gli successe dopo essere stato coreggente, e che “incontreremo” più avanti) e Ankhefenmut, che probabilmente fu invece coinvolto in qualche congiura fallita dal momento che il suo nome venne scalpellato dalle iscrizioni della sua camera funeraria (sempre nella tomba NRT-III) e la sua mummia fu rimossa dalla tomba (e mai ritrovata finora).  Psusennes ebbe da Mutnodjemet anche almeno una figlia, Esemkhebe, ed altre due spose minori.

Psusennes fu responsabile della trasformazione di Tanis in una capitale a tutti gli effetti. Costruì mura di cinta e la parte centrale del Grande Tempio di Tanis, che era dedicato alla trinità di Amon, Mut e Khonsu. Molti blocchi vennero recuperati dalle rovine di Pi-Ramesse, appena a sud di Tanis. Molti di questi blocchi rimasero inalterati e conservarono il nome di Ramses II, compresi parti di obelischi, come quello che chiudeva l’accesso alla sua tomba.

Una ricostruzione del Grande Tempio di Tanis, il contributo più importante di Psusennes I. A destra, accostata al primo pilone, la necropoli reale

Lo scheletro pervenutoci mostra i segni dell’età avanzata, soprattutto nella dentatura e con un’importante artrite che potrebbe averlo paralizzato negli ultimi anni di vita.

IL SARCOFAGO IN GRANITO ROSSO DI MERENPTAH/PSUSENNES I

Museo Egizio del Cairo, JE 87297

Lungo 2,40 m per 1,20 di larghezza ed alto 1,55 m con il coperchio, il sarcofago è uno splendido esempio di scultura della XIX Dinastia. Fu infatti preparato per Merenptah, il successore di Ramses II, due secoli prima di Psusennes, ed era in origine il terzo sarcofago di Merenptah (dei quattro preparati per il figlio di Ramses). Il sarcofago esterno di Merenptah è infatti ancora nella Valle dei Re e misura ben 4 m di lunghezza. Come abbiano fatto ad estrarre e trascinare fuori dalla tomba KV8 di Merenptah, che ha una lunghezza di circa 160 metri, questo sarcofago non riesco ad immaginarlo…

Pierre Montet esamina il sarcofago di granito rosa appena scoperto
Schema dei sarcofagi di Psusennes I, quello esterno in granito rosa, quello interno antropomorfo in granito nero e la bara d’argento che racchiudeva la mummia del Faraone

Sul coperchio, il corpo del Faraone in forma di Osiride, sdraiato su un “letto” a forma di cartiglio, è vegliato da una dea, presumibilmente Iside o Nephti. Le sue braccia sono incrociate sul petto mentre tiene in mano il pastorale ed il flagello. Indossa una lunga parrucca scanalata e la barba cerimoniale intrecciata. Ai piedi e alla testa del coperchio si trovano due brevi montanti rettangolari, uno dei quali funge da sostegno posteriore per una piccola figura di dea che protegge la testa del re con le braccia aperte.

Particolare della dea senza nome che protegge la testa del Faraone

All’altezza della cintura un cartiglio di Merenptah è sopravvissuto: una svista o lasciato appositamente a testimoniare a chi appartenesse quel sarcofago.

L’esposizione al vecchio Museo Egizio del Cairo, con uno specchio in basso per poter ammirare la decorazione con Nut del lato interno del coperchio

La parte più spettacolare del sarcofago è la parte interna del coperchio, con Nut che si protende sul corpo del Faraone con le braccia tese sopra di sé a proteggerlo. La dea indossa un abito aderente tempestato di stelle ed è di una bellezza stordente. 

Nut protende il suo corpo a difendere il Faraone
Il volto di Nut

LE FOTO DI NUT DI DAVE RUDIN


Ai lati di Nut sono raffigurate le barche che attraversano la seconda e la terza ora della notte e le stelle del Settentrione a sinistra della dea, mentre quelle del Meridione sono rappresentate alla sua destra.

L’esterno della vasca con la decorazione ispirata al Libro delle Porte

La vasca ha una decorazione in stile classico, con il registro inferiore inciso a ricordare la facciata di un palazzo con 14 porte, ciascuna delle quali reca il nome di una delle parti in cui fu smembrato il corpo di Osiride.

Sull’esterno ritroviamo alcuni dei Guardiani che abbiamo incrociato raffigurati nella tomba di Nefertari o sui sacrari di Tutankhamon. All’interno una processione di divinità recita invocazioni a Ra affinché conceda vita al Ba del Faraone e si perpetui la sua rinascita.

Come confronto, uno dei Guardiani della camera sepolcrale di Nefertari

La decorazione del sarcofago fu utilizzata anche come modello per le decorazioni murali della tomba, effettuate con maestria molto minore rispetto agli artisti della XIX Dinastia.

FONTI:

  • Pierre Montet, La nécropole royale de Tanis (Parigi, 1951):
  • Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)
  • Pierre Montet, Les constructions et le tombeau d’Osorkon II à Tanis (1947)
  • Nozomu Kawai, Royal Tombs Of The Third Intermediate And Late Periods: Some Considerations (1998)
  • Foto: Aidan McRae Thomson, Hans Ollermann, Merja Attia, Meretseger Books, Dave Rudin
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IL PETTORALE CON SCARABEO ED UREI DI SHESHONQ II

Di Andrea Petta

Oro, lapislazzuli e pasta vitrea blu, verde e rossa; 7 x 5 cm, Museo Egizio del Cairo JE 72172

Questo pettorale, che ricorda l’iconografia classica egizia, vede al centro uno scarabeo che spinge il disco solare di fronte a sé mentre due urei sembrano “emergere” dal sole a cui sono ancora collegati con le rispettive code.

Un confronto famoso: il pettorale con urei di Tutankhamon, Museo Egizio del Cairo JE 61899. In questo caso il cartiglio del Faraone sostituisce il disco solare, che incorona invece i due urei al posto della corona dell’Alto Egitto

Entrambi gli urei indossano la corona bianca dell’Alto Egitto ed hanno il cappuccio decorato con pasta vitrea blu e rossa. Il loro corpo passa attraverso un anello “shen” (potere).

La base del pettorale, formata da una seconda lamina incernierata alla prima, è decorata con tre fiori di loto aperti e due boccioli, insieme a sei dischi d’oro.

Gli stessi motivi sono incisi sul retro del pettorale.

La foto originale di Montet con, a sinistra, il retro inciso del pettorale e l’inserzione della collana, sempre ovviamente in oro. Da notare il dettaglio di torace ed addome dello scarabeo

La collana si inseriva in un anello dietro l’unione tra lo scarabeo ed il disco alato.

Questo pettorale, come quello con la barca solare, è stato ritrovato sulla mummia di Sheshonq II agganciato al pettorale con lo scarabeo alato che abbiamo visto precedentemente

Fonti:

  • Pierre Montet, La nécropole royale de Tanis (Parigi, 1951):
  • Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)
  • Tanis: tesori dei faraoni, Henri Stierlin e Christiane Ziegler , Seuil, 1987
  • Tesori d’Egitto – Le meraviglie del Museo Egizio del Cairo, Francesco Tiradritti
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SHESHONQ II

Di Andrea Petta

Chi ritiene che l’unico merito nella vita di Tutankhamon sia stato quello di morire ed essere sepolto chissà cosa può pensare di Sheshonq II.

Di lui non sapevamo assolutamente niente prima della scoperta del suo sepolcro da parte di Pierre Montet, e non è che dopo ne abbiamo saputo molto di più.

L’interno della NRT-III appena scoperta. A destra la testa della bara d’argento di Sheshonq II

Non sappiamo neanche quando esattamente abbia regnato. Viene considerato il secondo del suo nome soltanto perché nella sua tomba sono stati ritrovati due bracciali con il cartiglio di Sheshonq I ed un pettorale che fa riferimento ad un titolo (“Grande capo dei Ma”, una tribù libica) utilizzato anch’esso da Sheshonq I. Per il resto, più nebbia che nella Pianura Padana a novembre. Potrebbe essere quindi il terzo sovrano della XXII Dinastia, succeduto probabilmente ad Osorkon I od associato al trono con quest’ultimo per (forse) 3-5 anni. Si tratterebbe di uno dei tre Faraoni non identificati collocati da Manetone tra Osorkon I e Takelot I. Potrebbe essere il Gran Sacerdote di Amon, Sheshonq C, figlio di Osorkon I, elevato a coreggente. Tanti “potrebbe”, nessuna certezza finora.

Pierre Montet subito dopo aver visto “una bara d’argento con la testa di falco. Sembrava intatto. Attraverso una fessura si vedeva l’oro che brillava dentro”. Era il faraone Shoshenq II, la prima tomba di un faraone egiziano trovata intatta, e fino ad allora un faraone sconosciuto.

L’ipotesi della coreggenza è alimentata dal ritrovamento di una mummia dell’epoca sulle cui bende vengono riportati gli anni 3 / 33, in cui il “33” sarebbe riferito ad Osorkon I (che regnò 35 anni) ed il “3” a Sheshonq II. Ma le due datazioni non sono sulla stessa benda, per cui la coreggenza rimane un’ipotesi a tutt’oggi.

Il fatto che i cartigli sul sarcofago, sui canopi e sui gioielli ritrovati ci sia il nome di intronizzazione di Heqakheperre (Ra è il signore delle trasformazioni) fa pensare che sia stato un Faraone con pieni poteri e non solo un coreggente. L’esame autoptico effettuato dal Prof. Derry ha evidenziato un’età apparente di 50 anni al momento della morte, quindi confermando la possibilità teorica di una coreggenza con Osorkon I ed un eventuale periodo indipendente alla morte del suo predecessore. Derry ha anche identificato la causa della morte in una sepsi susseguente ad una ferita alla testa, di cui però non conosciamo l’origine.

La bara d’argento con i vasi canopi, illustrati qui

È probabile che Sheshonq II sia stato sepolto in un’altra tomba adiacente, ma che i lavori effettuati da Osorkon II per la costruzione della propria sepoltura abbiano danneggiato o fatto crollare quella di Sheshonq II costringendo i sacerdoti di Tanis ad un’altra inumazione nella parte del Vestibolo della tomba di Psusennes I. Scrisse Derry: “A quanto pare l’acqua era penetrata anche nella tomba di Sheshonq Heqakheperre ed era entrata anche nella bara d’argento del re. Di conseguenza, tutto il materiale organico, compresi i rivestimenti, si era dissolto. Il cranio era stato inzuppato di umidità, le ossa degli arti inferiori erano ricoperte da sottili fibre radicali. Una massa terrosa, che era senza dubbio entrata nella bara attraverso l’acqua nella tomba, si era depositata nelle ossa dell’anca e nell’osso sacro”. Secondo altri studiosi, la sepoltura originale di Sheshonq II potrebbe essere stata a Bubastis, luogo di origine della famiglia.

I SARCOFAGI

Nonostante le notizie incerte ed un posto nella sequenza faraonica non di primissimo rilievo, il sarcofago esterno di Sheshonq II è unico nella storia egizia. In argento massiccio, è l’unica bara reale con la testa di falco conosciuta.

L’utilizzo di una testa di falco al posto del volto reale del defunto fu una sorta di moda all’inizio della XXII Dinastia, ed è stato uno degli elementi per la datazione di questo Faraone precedentemente sconosciuto.

Il resto delle decorazioni segue uno schema più tradizionale: un’immagine del dio sole con testa di ariete e corpo di avvoltoio è seguita da figure alate di Iside e Nefti e poi dai quattro figli di Horus. Ai piedi ci sono le figure protettive inginocchiate di Selqet e Neith.

Le incisioni sul corpo della bara d’argento. Si notino le mani, separate ed applicate sul coperchio. Sotto di esse, l’avvoltoio a testa di ariete stringe tra gli artigli due simboli “shen” (potere). Ai lati della coda due urei con la corona dell’Alto Egitto. Si scorgono le ali di Iside in basso
Le gambe ed il piede della bara, con i figli di Horus incisi

L’iscrizione centrale recita: “Re-Osiride Sheshonq, amato da Amon, hai ricevuto il pane da Het-ka-Ptah (‘casa dello spirito di Ptah’, il tempio di Ptah a Menfi), mentre rinnova le offerte a Unu. Possa la tua anima essere viva in qualsiasi forma le piaccia. Possa tu vedere sorgere nella sua barca il disco solare che crea ogni giorno eternamente”.


Il coperchio, compresa la testa, è ricavato da un’unica lastra di argento massiccio battuta e modellata. Le mani ed i tradizionali simboli del flagello e pastorale sono stati invece applicati con dei rivetti.

Anche i simboli del potere regale, il flagello ed il pastorale, sono stati ricavati da lamine separate ed applicati con dei rivetti al coperchio

La fascia laterale del coperchio, qui ben visibile, doveva servire a sigillare il contenuto ma in realtà ha favorito l’infiltrazione d’acqua all’interno che ha compromesso la mummia

La vasca della bara non è decorata esteriormente; all’interno una figura di Nut sul fondo rimasta stranamente incompiuta.

All’interno della prima bara, una seconda in cartonnage è andata quasi interamente perduta ma è stata ricostruita successivamente grazie alle parti placcate in oro sopravvissute. Anch’essa con testa a forma di falco, è realizzata con sottili lamine d’oro incise e decorate con uno schema simile a quello della bara d’argento. Sulle lamine d’oro la maggior parte delle iscrizioni era ancora leggibile

Il cartonnage ricostruito di Sheshonq II

Lo schema delle iscrizioni sul cartonnage (disegno di Pierre Montet). Iscrizione verticale centrale: “Parole dette da Osiride Khentamenti, Signore di Abydos, che concede che la tua Anima sorga e veda il disco solare venire da lui e trovare il suo cadavere. «Possa tu ricevere i pani che appaiono davanti a […..] sulla tavola di. .. Re-Osiride Sheshonq»
A sinistra: “Parole dette dall’Osiride Sheshonq, giustificato: «0 ladri di cuori, rapitori di cuori, fate esistere il cuore del re di Osiride con ciò che ha fatto, perché non si riconosce in quello che fate»” (Libro dei Morti, capitolo 27)
A destra: “Parole dette dall’Osiride Heqakheperre Sotepenra, giustificato: «Io sono la Fenice, l’anima di Ra, la guida degli spiriti del Duat, le cui anime appaiono sulla terra per fare ciò che il loro Ka vuole eternamente» (Libro dei Morti, capitolo 29)
In orizzontale, prima linea: “L’Osiride, Signore delle Due Terre Heqakheperre, le porte del Duat sono aperte per lui in eterno»

Nelle altre due righe orizzontali il defunto viene definito “imakhy” (venerabile) dai quattro figli di Horus

Fonti:

  • Pierre Montet, La nécropole royale de Tanis (Parigi, 1951):
  • Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)
  • BROEKMAN, GERARD P. F. “FALCON-HEADED COFFINS AND CARTONNAGES.” The Journal of Egyptian Archaeology, vol. 95, [Egypt Exploration Society, Sage Publications, Ltd.], 2009
  • Foto: Aidan McRae Thomson,Hans Ollermann, Merja Attia
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IL PETTORALE CON SCARABEO ALATO DI SHESHONQ II

A cura di Andrea Petta

Oro, pasta vitrea e pietre dure; 16.5 x 18 cm, Museo Egizio del Cairo JE 72170

Questo pettorale, che ricorda la forma di un naos o di un piccolo tempio, è formato da una spessa lamina d’oro con un castone al centro che ospita uno scarabeo in pietra dura, di colore verde a sottolineare il significato di rinascita.

Intorno ad esso, sulla parte frontale sono cesellate due ali piumate sorrette da Iside (a destra) e Nephti (a sinistra).Lo scarabeo “spinge” davanti a sé un cartiglio con il prenomen di Sheshonq II (Hekakheperre Setepenre) verso un disco solare alato con due urei, e trascina con le zampe posteriori un secondo cartiglio con il nomen (Sheshonq Meriamon).

Il pettorale sulla mummia, subito sotto il pettorale a forma di avvoltoio che abbiamo già visto

Questa scena centrale è inserita all’interno di una cornice formata dall’alternanza di riquadri d’oro e pasta vitrea scura, al di sopra della quale un cornicione a cavetto è decorato con la figura di un secondo disco solare alato simile al primo.

La parte posteriore della placca è completamente d’oro ed è incisa con la stessa decorazione visibile sulla parte anteriore dell’amuleto.

Il pettorale è agganciato ad una collana d’oro per mezzo di due anelli fissati sul retro della cornice superiore.

Le figure in oro delle due dee Iside e Nephti, il disco solare e i cartigli sono stati realizzati separatamente e saldati alla piastra. La decorazione è stata eseguita con la tecnica del cloisonné egiziano, con sottili fili d’oro che formano piccole “celle”, riempite con pasta vitrea verde scuro, per creare le ali piumate dello scarabeo e dei due dischi solari.

Nephti e Iside (particolare)

Sulla base dello scarabeo è inciso il capitolo 30B del Libro dei Morti in cui il defunto spera che il suo cuore non testimonierà contro di lui durante il giudizio finale alla presenza di Osiride.

Parole dette dal re Osiride Sheshonq, amato da Amon: “Oh mio cuore, cuore di mia madre (bis), cuore delle mie trasformazioni, non insorgere contro di me come testimone. Non sopraffarmi nel tribunale divino. Non essere separato da me di fronte alla bilancia (nota: riferimento alla psicostasia). Tu sei il mio Ka che è nel mio grembo; il Khnum che ha reso il mio corpo completo. Possa tu arrivare al bene dove ci dirigiamo. Assicuriamoci che il nostro nome non sia sgradito (letteralmente: non puzzi di pesce) a corte. Le azioni degli uomini sono ricchezza. Se doniamo del bene, ci sarà del bene per chi ascolta e gioia per i giudici. Non ricordare i miei inganni e sarai esaltato, sarai trionfante” (traduzione di Pierre Montet).

Il retro del pettorale con il testo inciso sullo scarabeo nella foto originale di Montet

La base del pettorale, formata da una seconda lamina incernierata alla prima, è decorata con nove nodi di Iside “tyet” (vita) e nove pilastri di Osiride “djed” (stabilità) alternati.

Fonti:

  • Pierre Montet, La nécropole royale de Tanis (Parigi, 1951)
  • Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)
  • Tanis: tesori dei faraoni, Henri Stierlin e Christiane Ziegler , Seuil, 1987
  • Tesori d’Egitto – Le meraviglie del Museo Egizio del Cairo, Francesco Tiradritti
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IL BRACCIALE CON SCARABEO DI SHESHONQ II

A cura di Andrea Petta

Oro, lapislazzuli e pasta vitrea, diametro esterno 6,7 cm, Museo Egizio del Cairo JE 72189

La mummia di Shehshonq II indossava sette magnifici bracciali, tre al braccio destro e quattro al braccio sinistro. Il loro valore simbolico è particolarmente importante, legato a garantire l’immortalità del defunto (abbiamo già visto quelli con l’udjat).

Uno dei più rilevanti è questo bracciale in oro massiccio con scarabeo in lapislazzuli.

Il corpo del bracciale è realizzato piatto all’interno e leggermente bombato all’esterno: raffigura un gambo di papiro che termina con due corolle aperte, cesellate ed intarsiate con pasta vitrea nera, blu e rossa. Le sommità piatte delle corolle racchiudono un magnifico scarabeo in lapislazzuli, incastonato in una struttura a “nido d’ape” in oro ornata da un doppio motivo a treccia che ruota su un perno fissato alle due corolle.

La lavorazione dello scarabeo è stata effettuata con notevole precisione e maestria.

Come sappiamo, la simbologia dello scarabeo, legato al divenire ed alla eterna rinascita del sole al mattino, era particolarmente importante nelle pratiche funerarie egizie

Fonti:

  • Pierre Montet, La nécropole royale de Tanis (Parigi, 1951)
  • Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)
  • Tanis: tesori dei faraoni, Henri Stierlin e Christiane Ziegler , Seuil, 1987
  • Tesori d’Egitto – Le meraviglie del Museo Egizio del Cairo, Francesco Tiradritti
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IL PETTORALE CON LA BARCA SOLARE DI SHESHONQ I

Un piccolo capolavoro racchiuso in 19 x 8 cm ritrovato sulla mummia di Shashonq II.

Oro, lapislazzuli e pasta vitrea, Museo Egizio del Cairo JE 72171 – Foto Christoph Gerigk

Sotto una striscia in lapislazzuli che rappresenta il cielo (Gardiner N1 “pt”) ed ornata da 14 stelle in oro (una purtroppo andata persa) una barca solare in oro attraversa il mondo ultraterreno.

Due falchi reali con la doppia corona dell’Alto e Basso Egitto, realizzati da una spessa lamina d’oro massiccio, sormontano il cielo e forniscono l’aggancio alla collana.

Uno stelo di loto (a sinistra) ed uno di papiro (a destra), entrambi in oro, fanno sbocciare i propri fiori in pasta vitrea blu e rossa, e contemporaneamente sostengono il cielo sopra di loro.

La barca solare al centro, in oro, reca un disco solare in lapislazzuli protetto ai lati da Hathor e Ma’at con le ali spiegate e da due composizioni dei simboli “udjat”, “nefer” e “neb”, tutti intarsiati di lapislazzuli.

Il disco solare stesso è cesellato in rilievo con una scena in cui è rappresentata la dea Ma’at in piedi di fronte ad Amon-Rê-Horakhty, seduto sul trono celeste. Maat, custode dell’ordine cosmico, alza le mani in segno di adorazione al dio. Indossando due piume di struzzo, tiene la croce ‘ankh‘ in una mano e lo scettro ‘was‘ nell’altra.

Il particolare della barca solare al centro

La barca “naviga” su un mare primordiale in lapislazzuli in cui le strisce a zig-zag in oro simboleggiano le onde; al di sotto un fiore di papiro con petali in oro e lapislazzuli ed un bocciolo di loto in oro e turchese erano ripetuti cinque volte – ma i due di sinistra sono andati persi.

Le estremità della barca poggiano su due placche d’oro con un’iscrizione che recita:

Il pettorale apparterrebbe quindi a Sheshonq I e sarebbe un cimelio di famiglia che ha accompagnato Sheshonq II nel suo eterno viaggio.

La foto originale di Montet. In questo caso il bianco e nero aiuta a decifrare il decoro centrale sul disco solare

Fonti:

  • Pierre Montet, La nécropole royale de Tanis (Parigi, 1951)
  • Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)
  • Tanis: tesori dei faraoni, Henri Stierlin e Christiane Ziegler , Seuil, 1987
  • Tesori d’Egitto – Le meraviglie del Museo Egizio del Cairo, Francesco Tiradritti
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I VASI CANOPI DI SHESHONQ II

A cura di Andrea Petta

Sono stati ritrovati addossati alla parete sud della tomba di Sheshonq II anche i contenitori in alabastro dei vasi canopi.

I quattro contenitori in alabastro per i vasi canopi; a destra, altri due canopi senza iscrizioni, probabilmente appartenenti agli altri due scheletri trovato nella tomba

Nella fase di re-inumazione di Sheshonq II ci deve essere stata però un po’ di confusione perché i contenitori non erano raggruppati e le teste dei vasi erano mescolate, non corrispondenti alle iscrizioni dei vasi stessi.

Uno dei canopi in argento ancora all’interno del suo contenitore in alabastro, foto di Pierre Montet

Ogni contenitore aveva all’interno una piccola bara antropomorfa in argento (simili a quelle che abbiamo visto con Tutankhamon).

Se esisteva un naos per contenere i vasi canopi, questo è andato purtroppo perso nell’antichità.

Poteva forse assomigliare a questo (appartenente a Sheshonq I) il naos per i vasi canopi

Fonti:

  • Pierre Montet, La nécropole royale de Tanis (Parigi, 1951)
  • Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)
  • BROEKMAN, GERARD P. F. “FALCON-HEADED COFFINS AND CARTONNAGES.” The Journal of Egyptian Archaeology, vol. 95, [Egypt Exploration Society, Sage Publications, Ltd.], 2009
  • Foto: Aidan McRae Thomson, Hans Ollermann, Merja Attia
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LA MASCHERA D’ORO DI SHESHONQ II

A cura di Andrea Petta

Museo Egizio del Cairo, JE 72163Oro; altezza 26 cm, larghezza 23 cm

Sulla mummia di Sheshonq II è stata ritrovata una maschera funeraria, modellata su una spessa lamina d’oro. Possiamo immaginare che questo fosse il volto del Faraone, ritratto in una posa serena, quasi sorridente. Gli occhi quasi orientaleggianti, la bocca splendidamente modellata piegata in un sorriso ironico, quasi a sfidare la morte.

La maschera ha perso gli occhi e le sopracciglia, probabilmente in ossidiana e pasta vitrea, di cui rimangono gli spazi vuoti. Probabilmente una parte del danno è avvenuta dopo il ritrovamento, a giudicare dalle foto dell’epoca in cui l’occhio destra ed il sopracciglio sinistro mostrano parte della decorazione originale.

La maschera come fu ritrovata, sui resti dello scheletro del Faraone
Qui si vede chiaramente che gli occhi – soprattutto il destro – ed il sopracciglio sinistro avevano ancora parte della decorazione originale al momento della scoperta

La maschera era fissata probabilmente ad un nemes, simile a quello di Tutankhamon, in legno (una bara intermedia andata persa per l’umidità secondo Brunton) oppure in tessuto – e quindi andato comunque perduto – con cinque perni, tre sulla fronte e due vicino alle orecchie. Secondo alcuni studiosi (Ikram; Dodson), la maschera era direttamente agganciata alla mummia, ed il fatto che non porti insegne reali (né avvoltoio ed ureo né barba cerimoniale) indicherebbe che risalga a quando Sheshonq non era ancora salito al trono.

Ad ogni modo, è probabilmente la maschera funeraria più espressiva ritrovata nella necropoli di Tanis

Quasi una foto, Sheshonq sorride al suo destino

Fonti:

  • Pierre Montet, La nécropole royale de Tanis (Parigi, 1951)
  • Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)
  • BROEKMAN, GERARD P. F. “FALCON-HEADED COFFINS AND CARTONNAGES.” The Journal of Egyptian Archaeology, vol. 95, [Egypt Exploration Society, Sage Publications, Ltd.], 2009
  • Foto: Aidan McRae Thomson, Hans Ollermann, Merja Attia
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IL PETTORALE A FORMA DI AVVOLTOIO DI SHESHONQ II

A cura di Andrea Petta

Oro ed intarsi, cat. Montet 216, Museo Egizio del Cairo JE 72154 (gruppo)

Di tutti i sovrani sepolti a Tanis solo Sheshonq II aveva un ampio collare a forma di avvoltoio con le ali spiegate posizionato sul torace della mummia.

Le ali dell’avvoltoio circondavano il collo del defunto e si toccavano sulla schiena, dove era inserito un contrappeso.

Il collare è realizzato con una lamina d’oro sulla quale è stata inserita una seconda lamina con intarsi a cloisonné, purtroppo in gran parte persi, ed i dettagli (testa, zampe, e bordo superiore dell’ala) in oro massiccio. Tra gli artigli stringe due simboli “shen” realizzati anch’essi in oro ed originariamente con intarsi in pasta vitrea rossi e blu deteriorati dal tempo.

L’avvoltoio, simbolo e personificazione della dea Nekhbet, era uno degli emblemi reali associato all’ureo. Mentre il cobra dell’ureo difendeva lo spazio sacro del Faraone respingendo gli estranei (esclusione), l’avvoltoio ed in generale le divinità alate santificano lo spazio all’interno dell’abbraccio delle loro ali (inclusione).

Come confronto, il pettorale di Tutankhamon. Consideriamo che intercorrono circa 450 anni tra i due oggetti, quasi la stessa “distanza” tra noi e Michelangelo.

Fonti:

  • Pierre Montet, La nécropole royale de Tanis (Parigi, 1951)
  • Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)
  • Tanis: tesori dei faraoni, Henri Stierlin e Christiane Ziegler , Seuil, 1987
  • Tesori d’Egitto – Le meraviglie del Museo Egizio del Cairo, Francesco Tiradritti
Cose meravigliose, Tanis

I BRACCIALI CON UDJAT DI SHESHONQ I

A cura di Andrea Petta

La foto “ufficiale” di Montet che mostra il meccanismo di apertura

Oro, lapislazzuli, cornalina e pasta vitrea, diametro esterno 7 cm, altezza 4 cm, Museo Egizio del Cairo JE 72184

Questa meravigliosa coppia di bracciali, anch’essi rinvenuti sulla mummia di Sheshonq II, apparteneva invece a Sheshonq I, un’altra testimonianza secondo diversi studiosi della diretta discendenza di Sheshonq II dal suo predecessore.

Ogni bracciale è composto da due lamine curve in oro massiccio decorate con pasta di vetro e pietre dure. Le lamine sono unite da due cerniere munite di un perno che permette l’apertura del bracciale.

I due bracciali sono identici tranne la rappresentazione dell’occhio udjat da destra su un bracciale e da sinistra sull’altro. Ogni occhio udjat è appoggiato su una cesta “neb” (potere) a simboleggiare eterna protezione per il re.

Lo splendore dell’oro e la brillantezza di lapislazzuli e pasta di vetro rendono questi bracciali tra i più iconici della gioielleria egizia

All’interno dei bracciali sono visibili i cartigli del re, mentre all’esterno corrono lungo la superficie strisce verticali, realizzate in oro e lapislazzuli. L’occhio è formato da lapislazzuli, con una pupilla di pietra nera.

Il disegno pubblicato su “Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis” di Montet mostra l’iscrizione all’interno del bracciale

L’iscrizione all’interno recita:

Il re dell’Alto e Basso Egitto, il Signore delle Due Terre, Hedjikheperure Setepenre, Figlio di Ra, Signore dei diademi, Sheshonq, amato da Amon, gli sia concessa vita eterna

Fonti:

  • Pierre Montet, La nécropole royale de Tanis (Parigi, 1951)
  • Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)
  • Tanis: tesori dei faraoni, Henri Stierlin e Christiane Ziegler , Seuil, 1987
  • Tesori d’Egitto – Le meraviglie del Museo Egizio del Cairo, Francesco Tiradritti
  • C. Andrews, Gioielli dell’Antico Egitto, (Londra, 1990), 33