L’obelisco si trova a Karnak, di fronte al quinto pilone. La colonna centrale di geroglifici contiene la titolatura di Hatshepsut ;un’iscrizione in basso ha trentadue linee (distribuite sui quattro lati) che riportano i titoli della regina; essa stessa spiega le ragioni per cui ha voluto gli obelischi ; ne racconta l’erezione a Karnak e le caratteristiche, fra cui spicca la copertura del piramidon , fatta di brillante elettro, una lega d’oro e d’argento. Si notino anche, in alto, le due colonne di decorazione ai lati dell’iscrizione centrale; vi si vede Hatshepsut in atto di offrire ad Amon.
Punt era una terra non ben identificata che si ritiene fosse situata nel Sudan orientale (o in Eritrea, o sulle coste della Somalia. . . ), di rilevante importanza in tutte le epoche della Civiltà Egizia per le sue risorse commerciali. Gli Egizi raggiungevano Punt attraversando i Laghi Amari nel Delta orientale in direzione del Mar Rosso o attraverso il Wadi Hammamat, sulla strada di Koptos, verso la città di Kuser sul Mar Rosso. Kuser era dotata di cantieri per la costruzione di imbarcazioni adatte alla navigazione marina (il “Grande “Verde”) e proprio qui venivano allestite le flotte per il viaggio verso Punt.
Punt offriva al commercio prodotti di gran pregio come l’elettro (lega di oro e argento), oro, avorio, mirra, incenso, pelli, bastoni da lancio, prodotti cosmetici, spezie, animali selvatici, resine, ebano e gomme aromatiche. Gli scambi commerciali dell’Egitto con Punt devono essere fatti risalire al regno di Sahura (2458-2446 a.C.) o poco prima. Un documento risalente alla Sesta Dinastia (2323-2150 a.C.) parla di un importante personaggio morto mentre allestiva una flotta commerciale sul Mar Rosso. Pepi II (2246-2152 a.C.) inviò diverse spedizioni verso Punt, chiamata “la Terra del Dio”. La mirra, utilizzata come l’incenso nelle feste e nei riti religiosi, era importata in grandi quantità accuratamente registrate dagli scribi, come risultato di queste imprese commerciali. Alberi di mirra erano anche piantati nei complessi templari.
Durante il Medio Regno, Mentuhotep II (2061-2010 a.C.), Senuosret I (1971-1926 a.C.), Amenemhat II (1929-1892 a.C.) ed altri faraoni inviarono spedizioni verso Punt. Nel Nuovo Regno (1550-1070 a.C.) questi viaggi commerciali vennero incrementati e la figura della regina faraone Hatshepsut, come ben sappiamo, è strettamente legata a queste imprese dove l’abilità marinara si mescolava alla scaltrezza e all’intraprendenza mercantile.
Tuthmosi III (1479-1425 a.C.), Amenhotep III (1391-1353 a.C.), Horemheb (1319-1307 a.C.), Seti I (1306-1290 a.C.), Ramses II (1290-1224 a.C.) e Ramses III (1194-1163 a.C.) inviarono anch’essi delle spedizioni commerciali. Una stele nel tempio funerario di Amenhotep III menziona la terra di Punt. Il Papiro Harris, relativo al periodo storico di Ramses II, offre un’interessante descrizione di questi scambi commerciali. Gente comune e principi di Punt giunsero in visita in Egitto e furono raffigurati nei rilievi del tempio di Hatshepsut, a Deir el-Bahari, come ben descritto nei post di Luisa Bovitutti.
Gli stessi rilievi mostrano i vascelli che fanno vela verso la mitica terra di Punt (ed il rientro in Egitto); scene convenzionali che proseguiranno durante l’Epoca Ramesside.
Punt in . . .lingua geroglifica
Il Paese di Punt:
Lo sgabello (Q3); valore fonetico: p
La lepre (E34); valore fonetico: wn
Onde d’acqua (N35); valore fonetico: n
Piccola forma di pane (X1); valore fonetico: t
Catena montuosa (N25); ideogramma per terra straniera
Puntiu: il popolo di Punt:
Lo sgabello (Q3); valore fonetico: p
La lepre (E34); valore fonetico: wn
Onde d’acqua (N35); valore fonetico: n
La poiana (G4); valore fonetico: tyw
Il bastone da lancio (T14); determinativo per “straniero”
Divinità seduta (A40); determinativo; Valore fonetico: i. La triplice ripetizione indica pluralità (iw).
Riferimenti:
M.R. Bunson Encyclopedia of Ancient Egypt – Revised Edition Facts on File. 2002
P. Dickson Dictionary of Middle Egyptian in Gardiner Classification Order. Creative Commons. 2006
Da sottolineare il fatto che l’ultimo piano del tempio fu adattato alle esigenze di un monastero copto, dedicato a San Phoibammon, fondato probabilmente alla fine del VI secolo. I saloni del monastero furono costruiti sulla terrazza superiore mentre l’accesso ai visitatori esterni probabilmente avveniva nel cortile sottostante. Il monastero è stato utilizzato per più di due secoli, ma deve essere stato ricordato per molto più tempo poiché il nome del luogo “Deir el-Bahari” significa appunto “Monastero settentrionale”.
Il terzo portico corona la facciata del tempio, in origine con 26 statue di Hatshepsut erette contro i pilastri e le estremità orientali delle pareti laterali, tutte distrutte a parte qualche testa sopravvissuta alla damnatio. La parete ovest era decorata con 110 colonne di testo che descrivono eventi miracolosi evidenziando la volontà di Amon-Ra che sua figlia fosse incoronata re delle Due Terre. Dopo la morte di Hatshepsut le colonne furono sostituite da Thutmosis III con scene figurali.
Dal portico si accede alla cosiddetta “wshyt Hbyt = Corte della Festa“, con una corte centrale circondata su tutti i lati da un colonnato oltre il quale si aprono una stanza con finestra non meglio identificata, le cappelle funerarie di culto di Hatshepsut e Thutmosis I, il santuario principale di Amon, due cappelle di Amon ai lati nord e sud oltre ad un altare del sole e la cappella superiore di Anubi.che abbiamo già visto.
Per dare un’idea della devastazione subita dal tempio, il portale in granito che conduce alla Corte della Festa era l’unica parte visibile ai primi visitatori nel XVIII secolo.
La stanza con finestra potrebbe essere una “Stanza delle Apparizioni” come verrà mostrata ad Akhetaton (con Akhenaton che assegna l’Oro dell’Onore), ma le opinioni sono discordanti.
La “Corte della Festa” si riferisce alla “Bella Festa della Valle” e le scene della processione in occasione della festa occupano molto spazio della decorazione della terrazza superiore.
Il lato ovest, che conduce al Santuario di Amon, era decorato da nicchie con statue di Hatshepsut, di cui rimangono solo alcune parti.
AI lati dell’ingresso del Santuario di Amon, due figure di Ahmose, la madre di Hatshepsut (ma originariamente probabilmente di Neferure che accoglie, come erede designata, la madre Hatshepsut e Hathor).
Cappella meridionale di Amon: l’unica rappresentazione sopravvissuta di Hatshepsut (anche se con i cartigli di Tuthmosis II)
La Cappella meridionale di Amon contiene l’unica immagine sopravvissuta di Hatshepsut – anche se i cartigli sono stati cambiati con quelli di Thutmosis II.
Così appariva il tempio ai primi visitatori
Il portale della terrazza e quello del Santuario di Amon allineati sull’asse est-ovest durante i lavori di restauro
Il dio Hapi su una delle colonne della Corte
Il colonnato dietro ai pilastri
La terrazza vista da sud-ovest
La Corte della Festa
1. Santuario principale di Amon-Ra
2. Cappella sud di Amon-Ra
3. Cappella nord di Amon-Ra
4. Altare del sole
5. Cappella superiore di Anubi
6. Cappella di Hatshepsut
7. Cappella di Thutmosis I
8. Vestibolo
9. Stanza con finestra
10. Corte superiore
11. Vestibolo davanti all’altare del sole
12. 3° Portico
La processione di Opet sulle pareti laterali
Alcune statue di Hatshepsut in forma di Osiride sopravvissute, private dei loro cartigli
Su alcuni frammenti delle statue sopravvive la colorazione originale
La damnatio di Hatshepsut qui è molto evidente
LE CAPPELLE FUNERARIE DI CULTO DI HATSHEPSUT E THUTMOSIS I
Alle cappelle di culto di Hatshepsut e di suo padre, Thutmosis I, si poteva accedere dalla terrazza superiore attraverso un vestibolo. Entrambi gli ingressi alle cappelle si trovano nella parete occidentale del vestibolo. Due piccole nicchie erano state costruite nel muro orientale del vestibolo, una di queste era stata decorata con il capitolo 148 del Libro dei Morti. Questo capitolo garantiva l’approvvigionamento di cibo nell’aldilà grazie alla conoscenza dei nomi delle 7 mucche celesti.La parete occidentale della cappella era stata decorata con una grande falsa porta in granito rosso.Essendo la zona del tempio dedicata al culto della regina, è possibile che la statua di Hatshepsut conservata al Met di New York fosse posizionata qui.
Cappella di Hatshepsut: la falsa portaLa statua di Hatshepsut al Met di New YorkCappella di Hatshepsut: decoro della nicchiaCappella di Hatshepsut: nobili e sacerdoti rendono omaggio alla regina
IL SANTUARIO DI AMON
Attraverso un grande portale in granito si accede alla prima stanza del santuario principale di Amon dove veniva portata la statua del dio durante la “Festa della Valle”. La stanza ha un tetto a volta e due statue di Hatshepsut in forma di Osiride.Nel solstizio d’inverno il sole sorgeva esattamente sulla linea dell’asse del tempio. Così, i raggi del sole entravano nel santuario attraverso la finestra esterna illuminando le statue di Amon e del re ivi collocate. Purtroppo l’allineamento è andato perso nel corso del tempo (lavori, terremoti).La cappella originale dedicata ad Amon è stata smantellata nel periodo tolemaico e sostituita da un santuario dedicato ad Amenhotep.
Le nicchie laterali alte contenevano statue di Hatshepsut, tutte mutilateLe nicchie laterali alte contenevano statue di Hatshepsut, tutte mutilateIl portale del Santuario di Amon: da notare la feritoia superiore per la cerimonia del solstizioAi lati del portale del santuario, due raffigurazioni di Neferure, la figlia di Hatshepsut, modificate nella regina AhmoseMontante sinistro del portale con Tuthmosis III con la corona dell’Alto EgittoMontante destro del portale con Tuthmosis III con la corona del Basso EgittoSul portale: “La porta di (Hatshepsut) Tithmosis III, Amon è soddisfatto dei suoi monumenti”Il Santuario, con due statue mutilate di Hatshepsut in forma di OsirideTuthmosis III offre libagioni ad AmonPurtroppo ‘allineamento del solstizio è andato perso nel tempoAltre offerte sul lato sud del santuarioLa barca di Amon in processioneDettaglio della prua della barca di AmonLa cappella settentrionale di Amon
L’ALTARE DEL SOLE
Il complesso del culto solare è costituito da un vestibolo coperto e un cortile aperto con l’altare solare. L’elemento predominante del cortile è il grande altare all’aperto per Ra-Horakhty eretto al centro e dotato di scale che conducono sul lato occidentale fino alla piattaforma.
Rilievi del vestibolo dell’altare solareHapi del Nord e Hapi del sudUn tavolo delle offerte ad Amon, da una delle nicchie lateraliNekhbet, ancora presente
A parte la distruzione delle rappresentazioni e dei nomi di Hatshepsut sotto Thutmosis III, in seguito i nomi e le figure di Amon-Ra e gli dei dell’equipaggio della barca solare furono distrutti – ad eccezione di Ra-Horakhty e Atum – durante il periodo di Amarna.
Il tempio solare all’aperto, con l’altare sopraelevato per il culto di Ra-HorakteIl tempio solare all’aperto, con l’altare sopraelevato per il culto di Ra-Horakte
Le figure distrutte e i nomi degli dei furono restaurati – molto probabilmente sotto Horemheb.
Il tempio di Deir El-Bahari è oggi uno dei siti più celebri di Tebe ed è uno dei luoghi più suggestivi che sorge all’interno di un immenso anfiteatro roccioso formato da una parete verticale che s’innalza per 200 metri circa e si apre verso la pianura niolitica.
Il celebre tempio di Hatshepsut fu noto agli Egizi come Djeser-Djeseru (Santi tra i santi), termine che indica quanto di più splendido e sacro ci fosse. L’edificio ha tre livelli successivi: un vasto cortile e due terrazze , la seconda più piccola della prima; si passa dal cortile dal cortile della prima terrazza e da questa alla seconda mediante delle rampe. I dislivelli sono occupati da portici che fanno da sfondo sia al cortile sia alla prima terrazza. Fra le splendide raffigurazioni parietali ricordiamo la teogamia che consacra Hatshepsut come figlia di Amon, la “cronaca” della celebre spedizione navale dell’anno 9, diretta al Paese di Punt, il trasporto da Assuan e l’erezione nel tempio di Amon a Tebe degli obelischi in onore del dio.
Eccezionale per la conservazione e gli smaglianti colori sono il santuario dedicato alla dea Hathor, cui il sito di Dei El-Bahari era tradizionalmente sacro ed il santuario del dio Anubis, connesso al rituale funerario.
Ricostruzione del tempio di Hatshepsut, a Deir El Bahari. (Tebe Ovest). In primo piano si vede il grande cortile cintato in fondo al quale si elevano le ampie terrazze e i portici che ospitavano splendidi rilievi e varie cappelle. Alle spalle del tempio si eleva la ripida scarpata della montagna tebana, che forma lo splendido paesaggio in cui il tempio si inserisce armonicamente. I lavori di restauro ne hanno oggi restituito la struttura e gli scavi hanno portato alla luce molte delle statue che ne ornavano corti e viali, nonché rivelato la presenza di piccoli bacini e giardini dedicati al dio Amon che ravvivano l’arido paesaggio desertico.
Militari in festa, da Deir El-Bahari.
Nella fotografia sono raffigurati dei soldati in festa con foglie di palma, armi e stendardi; il dettaglio fa parte di una scena in cui i militari seguono il battello della dea Hathor durante la navigazione in suo onore.
Da Deir el-Bahari, Tempio funerario di Hatshepsut, sala ipostila della cappella di Hathor, parete di nord-est. XVII Dinastia.
Nella parete nord del piano superiore del tempio è ubicata invece una piccola cappella composta da due stanze chiamata Cappella Superiore di Anubi o Cappella di Tuthmosis I. Vi si accede dal piccolo tempio solare a cielo aperto recentemente restaurato.
Questa cappella è stata parzialmente scavata nella roccia ed è composta da due stanze, la decorazione è simile a quella delle stanze della Cappella Inferiore di Anubi.
La cappella è lunga 5,26 m, ma larga solo 1,57 m, quindi è molto stretta. Sebbene le decorazioni di entrambe le stanze della cappella siano state distrutte nell’antichità, i resti che sono stati conservati sono di alta qualità, soprattutto nella colorazione delle iscrizioni.
Sulle pareti della cappella, oltre alle raffigurazioni scolpite della regina, si potevano vedere suo padre Tuthmosis I e di sua madre Seniseneb (sulla parete nord della seconda stanza). Anche tutte le pareti laterali della cappella erano decorate a colori.
Secondo gli studiosi le raffigurazioni di Hatshepsut distrutte sarebbero state di rituali con diverse divinità: la Regina offre incenso ad Amon-Ra, natron ed olio consacrato ad Anubi, svolge riti di purificazione con Osiride e Sokar, dedica un santuario a Ptah e riceve vita da una Dea (Hathor?) non meglio identificata.
Sulla sinistra del Sacrario, la regina Ahmose seguiva la figlia Hatshepsut sotto l’iscrizione “Sorella del re, moglie del grande re, madre del re, Ahmose”
Il Sacrario, oggi praticamente spogliato delle decorazioni. Sulla destra nuovamente raffigurazioni di Tuthmosis I e Seniseneb
La Cappella Superiore di Anubi. Sul fondo era posizionata una mensola su cui i sacerdoti potevano posare le offerte. Sulla parete di fondo, Tuthmosis I seguiva la figlia davanti ad un simbolo “Imiut” distrutto nell’antichità. E’ probabile che la distruzione sia avvenuta in tempi successivi: quella di Hatshepsut per la damnatio memoriae compiuta presumibilmente sotto Tuthmosis III e quella degli dei sotto Akhenaton
Particolare del cielo stellato
Il tavolo delle offerte
Seniseneb, la madre di Tuthmosis I
Tuthmosis I
La brillantezza delle iscrizioni è rimasta ancora vivida
I simboli di regalità del giunco e dell’ape
Il decoro che corre lungo le pareti della Cappella ritrae la Dea Cobra Wadjet, i pilastri “Djed” di Osiride e le croci “Ankh”
La porta di accesso al Sacrario, sempre ad angolo retto rispetto alla Cappella
Un rito di purificazione con l’acqua, completamente scalpellato
Sulla sinistra del Sacrario, la regina Ahmose seguiva la figlia Hatshepsut sotto l’iscrizione “Sorella del re, moglie del grande re, madre del re, Ahmose”
Il timpano della cappella aveva due rappresentazioni di Anubi con i simboli “Ankh” di vita ai lati del cartiglio di Hatshepsut, ancora visibile
Venne realizzato all’estremità settentrionale del porticato intermedio a Deir El Bahari.
È formato da una sala ipostila a 12 colonne che conduce al santuario vero e proprio con due sale ed una nicchia disposte ad angolo retto l’una rispetto all’altra, secondo il principio che doveva celare ai profani i misteri del Dio. Solo la sala ipostila è accessibile ai visitatori.
Le immagini di Hatshepsut sono tutte mutilate a causa della damnatio memoriae, ma le raffigurazioni delle divinità e delle offerte sono rimaste pressoché intatte con colori che sono ancora freschi e brillanti.
La sala ipostila è lunga circa 11 metri e larga poco meno di 7 metri mentre il soffitto, a quasi 6 metri di altezza, è decorato con un cielo stellato.
Sulla parete sinistra Hatshepsut viene raffigurata con diverse divinità, con Anubi, con Nekhbet (a cui evidentemente la Regina era molto legata) e Ra-Horakhty. La munificenza di Hatshepsut è rappresentata da enormi tavole di offerte, organizzate in ben otto registri. Sulla parte destra è invece Tuthmosis III ad offrire del vino a Sokar, una cui statua era probabilmente contenuta nella nicchia della parete (quella opposta dedicata ad Amon), mentre Hatshepsut ed Anubi sono mostrati di fronte ad un’altra divinità a testa di canide.
Presumibilmente doveva essere dedicata ai riti funebri collegati alla mummificazione ed al “ba” della Regina
Le offerte ad Amon
Le offerte ad Anubi
Sopra la nicchia nord, i due cartigli di Tuthmosis III. (sopra: Men-Keper-Re e sotto Tuthmosis con l’aggiunta di Nefer-Keper – forma che apparve dal 21° anno del regno)
Su una delle colonne il cartiglio è rimasto incredibilmente intatto
Sopra la nicchia sud, Hatshepsut offriva acqua ad Osiride
Hatshepsut (scalpellata) tra Nekhbet e Ra-Harakte
Anubi guida la regina (ritratto scalpellato)
Sulla parete nord il simbolo “Imiut” sacro ad Osiride
Sulla parete nord il simbolo “Imiut” sacro ad Osiride
Nicchia sud con Anubi
Il Santuario Inferiore:
H. Sala ipostila
N. Nicchie
V. Prima sala
S. Seconda sala
A. Nicchia interna
1. Anubi con la regina
2. Hatshepsut (il ritratto è stato distrutto) con Osiride, Re-Harakhte e Nekhbet
3. Hatshepsut presenta offerte ad Amon-Ra (il ritratto della regina è stato distrutto)
4. La regina (ritratto distrutto) presenta offerte ad Anubi
5. Thutmose III presenta offerte a Sokar
6. Vestibolo
La posizione dei due santuari di Anubi, quello superiore è detto anche di Tuthmosis I
Sopra il simbolo “Imiut” l’avvoltoio di Nekhbet porta tra gli artigli il simbolo “shen” di eternità
Nella nicchia nord, un’altra immagine distrutta di Hatshepsut di fronte ad Anubi
Sulla parete nord, Tuthmosis III offre vino a Sokar
L’ultima stanza del Santuario. il, “sancta sanctorum”, dove con ogni probabilità veniva custodita la statua di Anubi. Sul fondo, l’ennesima raffigurazione di Hatshepsut scalpellata
Il santuario visto dalla terrazza intermedia
Il Santuario vero e proprio, come il Vestibolo oggi interdetto alle visite
Sulla parete nord, Tuthmosis III offre vino a Sokar
Il vestibolo del Santuario
L’interno con il cielo stellato; a sinistra si intravede la porta che conduce al Santuario vero e proprio
La Cappella Rossa di Hatshepsut, il cui nome originario è “Luogo dell’amore di Amon”, risale alla XVIII dinastia; probabilmente sorgeva nei pressi del quinto pilone e serviva da luogo di sosta per la barca sacra di Amon; alla morte della sovrana fu completata da Thutmosis III, che aggiunse probabilmente le ultime due file di blocchi nei quali è rappresentato da solo e che in seguito decise di smantellarla e di sostituirla con una cappella propria.
I blocchi furono utilizzati da Amenhotep III come materiale di riempimento del terzo pilone e per ristrutturazioni interne; la cappella è stata ricostruita riassemblando quelli rinvenuti ed integrandoli con altri moderni del medesimo materiale.
Essa è realizzata in quarzite rossa salvo il basamento e le porte che sono in granodiorite grigia; è lunga m. 17,54, larga m. 6,17 ed alta m. 5,64, termina con modanatura a gola egizia ed è composta da un vestibolo a cielo aperto nel quale è posta una vasca, in origine parte di un piedistallo per la barca sacra e da un santuario anch’esso a cielo aperto con due piedistalli, accessibili tramite brevi rampe su entrambi i lati e comunicanti grazie ad una porta interna.
L’esterno della Cappella
E’ probabilmente il primo “prefabbricato” in pietra della storia, in quanto i blocchi misurano tutti un cubito di altezza ed erano assemblati mediante tacche e tenuti insieme con code di rondine; inoltre, ognuno di essi era concepito come un elemento decorativo indipendente, che presenta uno o più scene complete ed è stato decorato prima del montaggio.
Nelle immagini, l’interno del monumento ed uno schizzo di H. Chevrier che illustra il montaggio e l’ancoraggio dei singoli blocchi
UN’ANALISI ICONOGRAFICA
La base in granodiorite della cappella rossa di Hatshepsut reca un fregio di divinità simili ad Hapi e di fanciulle che portano offerte ad Amon dai distretti dell’Egitto (la cosiddetta “passeggiata geografica”, foto a sinistra in basso).
I rilievi sui lati esterni mostrano l’innalzamento degli obelischi della regina nel tempio di Karnak (foto al centro in basso), la corsa rituale e le danze in occasione della festa del suo giubileo (foto in alto), la processione della bella festa della valle e della festa di Opet (in basso a destra).
LA BELLA FESTA DELLA VALLE E LA FESTA DI OPET
I rilievi sui lati esterni della cappella rossa mostrano, come già sottolineato, la processione della bella festa della valle e della festa di Opet: più in particolare sono rappresentati la regina e Thutmosis III che compiono le celebrazioni ed i sacerdoti che trasportano su piattaforme sostenute da lunghi pali il tabernacolo nel quale era custodita la statua del dio.
Esso era a forma di piccola barca, caratterizzata da una polena sia a prua che a poppa; la barca di Amon aveva teste di ariete, Mut la testa di una donna con la doppia corona e Khonsu la testa di falco con mezzaluna e dischi lunari.
In svariati punti l’immagine di Hatshepsut è stata scalpellata (si veda, ad esempio, l’immagine in basso): alcuni sostengono che Thutmosis III abbia voluto condannare all’oblio la regina che lo aveva vessato per anni; altri pensano semplicemente che abbia voluto usurpare la cappella cercando di sostituire la propria immagine a quella della matrigna, senza riuscire nell’intento a causa della durezza della quarzite, che non ha consentito di ottenere un nuovo rilievo là dove era stato abraso quello preesistente. Nella pagina dedicata ad Hatshepsut nella rubrica “Donne di potere sulle rive del Nilo”, cercheremo di capire se damnatio memoriae vi fu e perché.
Dalla sequenza dei sarcofagi reali dell’inizio della XVIII dinastia stabilita da Hayes.
Il primo sarcofago di Hatshepsut è stato denominato “A”. Si tratta di una contenitore rettangolare con i lati lunghi divisi in tre pannelli, tutti privi di immagini, tranne che per gli occhi geroglifici udjat incisi sul lato sinistro. Quattro bande trasversali verticali di testo decorano i lati lunghi, e due, alle estremità della testa e dei piedi. Un cartiglio è inciso sulla parte superiore del coperchio, circondando una colonna verticale di testo. Con l’eccezione di una rappresentazione della dea del cielo Nut sulla parte superiore del coperchio, non ci sono figure sulle pareti sarcofago.
Il sarcofago “A”, al Cairo
Dopo essere stata incoronata faraone, Hatshepsut avvertì la necessità di avere una nuova tomba reale, questa volta, come si addice a un faraone, nella Valle dei Re. La tomba precedente fu abbandonata, e iniziarono i lavori di scavo per creare quella che oggi è conosciuta come la tomba KV20 nella Valle dei Re. Questo imponente sepolcro fu scavato per oltre 960 m sotto la superficie, sullo stesso asse del tempio mortuario della regina di Deir el Bahari.
Sfortunatamente, la scarsa qualità della pietra costrinse i costruttori a modificare il tracciato. Nessuna decorazione sopravvive oggi sulle pareti, anche se vi sono stati trovati quindici blocchi di rivestimento con testi religiosi.
La nuova tomba fu dotata di un nuovo sarcofago di quarzite per il “re donna”. Questo sarcofago, il secondo di Hatshepsut, è il sarcofago di Boston, ora noto nella sequenza di Hayes come sarcofago “C”. Questo pezzo fu tagliato, decorato, iscritto e completamente preparato per Hatshepsut.
La situazione avrebbe dovuto essere risolta qui. Ma molti cambiamenti di piano dovevano ancora seguire.
All’inizio del regno, Hatshepsut potrebbe aver avuto difficoltà a legittimare la sua pretesa al trono. Mentre un grande sentimento verso suo padre, il da tempo defunto Thutmose I, rende possibile un’interpretazione romantica degli eventi che seguirono, è più probabile che sia stata una pura motivazione propagandistica a causare un cambiamento dei piani mortuari di Hatshepsut. Abbiamo già menzionato di sfuggita le scene di nascita divina di Hatshepsut nel suo tempio mortuario a Deir el-Bahari, e la rappresentazione politicamente motivata della benedizione di Thutmose I che la annuncia come “prossimo” faraone (ignorando convenientemente il regno intermedio di Thutmose II).
Probabilmente tra gli anni 4 e 7 Hatshepsut decise di espandere la sua associazione con il suo defunto padre. Ordinò la rimozione del corpo di Thutmose I dalla, nella Valle dei Re (tomba KV 38), e la sua risepoltura accanto al suo sarcofago nella sua seconda tomba (KV 20), ancora in costruzione. Forse la risepoltura fu accompagnata da una “seconda” processione funebre per suo padre, intesa a riaffermare pubblicamente il legame di legittimità politica tra padre e figlia.
Il sarcofago “C”, a Boston
Ella “regalò” il suo secondo sarcofago (il sarcofago “C” di Boston) a Thutmose I, e ordinò che fosse riallestito per ospitare il suo corpo mummificato e la sua originale bara antropoide di legno. Come vedremo, questo richiese un completo ridimensionamento e ridisegno del pezzo. Ora si hanno due sarcofagi, ma ancora per Hatshepsut manca quello per la propria eventuale mummificazione e sepoltura.Hatshepsut ordinò allora un terzo sarcofago per sé, ora noto come sarcofago “D” (fig. 8), un pezzo simile, anche se più grande ed elaborato del sarcofago di Boston.
Il sarcofago “D”, al Cairo
Alla fine, lo scavo della tomba di Hatshepsut KV 20 fu abbastanza profondo da permettere a entrambi i faraoni, Hatshepsut e Thutmose I, di essere sepolti nella camera più interna. Entrambi i sarcofagi potrebbero essere stati posti nella tomba nello stesso momento (le scale della tomba mostrano gradini solo su un lato, per permettere la discesa scorrevole dei sarcofagi. Ma a un certo punto, durante il reinserimento della mummia di Thutmose I, si scoprì improvvisamente che la sua bara originale in legno antropoide era troppo grande per entrare nel nuovo sarcofago “C” di Hatshepsut. Con apparente fretta, le estremità interne della testa e dei piedi del sarcofago furono allargate, cancellando la decorazione aggiunta per Thutmose I e danneggiando i testi sulla parte superiore delle pareti del sarcofago, anch’essi recentemente modificati da Hatshepsut a beneficio di Thutmose I. La decorazione fu frettolosamente riapplicata alle estremità superiori della testa e dei piedi, la bara di legno del re fu posta all’interno e il coperchio fu chiuso sopra di lui.
In tempi moderni, la tomba KV 20, la seconda tomba (reale) di Hatshepsut, fu esaminata per la prima volta da James Burton nel 1824. Poi, nel 1903, Howard Carter, lavorando nella Valle dei Re per conto dell’avvocato e imprenditore di Newport, Rhode Island, Theodore M. Davis, ha ripulito la tomba di Hatshepsut.
I maggiori ritrovamenti furono i due sarcofagi reali in quarzite “C” e “D”, e il contenitore canopo della regina. Il sarcofago “C” era stato ribaltato e giaceva sul lato est contro uno dei tre pilastri della camera, mentre il suo coperchio era stato accuratamente lasciato appoggiato al muro. Il sarcofago più grande “D” era capovolto, con il suo coperchio rovesciato sulla schiena sul pavimento a diversi metri di distanza. Entrambi i sarcofagi erano vuoti, ed entrambi furono rimossi da Carter dalla tomba. Mentre il terzo e ultimo sarcofago “D” di Hatshepsut andò al Museo del Cairo, il direttore del Servizio Egiziano delle Antichità, Gaston Maspero, propose il sarcofago “C” di Thutmose I a Davis. Egli a sua volta lo donò nel 1904 al Museum of Fine Art di Boston, insieme a numerosi reperti di un’altra stagione di lavoro nella tomba KV 43, la tomba di Thutmose IV. Il sarcofago fu spedito a Boston, e da allora è rimasto in mostra al Museum of Fine Arts della città.
P.S.: per un facile riconoscimento. a parte il primo (A) che non ha sostegni ai quattro angoli per il coperchio, si riconosce quello del Cairo (D) da quello di Boston (C) dai vetri di protezione presenti.
L’argomento della spedizione commerciale a Punt organizzata da Hatshepsut nell’anno nono del suo regno è già stato magistralmente affrontato da Nico Pollone, che ci ha regalato anche la traduzione del testo geroglifico che accompagna il ciclo di rilievi che la rievocano e che si trova sulla parete del portico sito sulla parte sinistra della seconda terrazza del tempio di Deir el-Bahari: potrete trovare l’articolo nel nostro sito web alla voce “testi”.
Il mio contributo è molto meno specialistico, e vuole essere un’analisi dei rilievi stessi, così come ricostruiti sulla base dei disegni eseguiti all’epoca della loro scoperta, prima che la maggior parte di essi venisse rubata subito dopo l’apertura del sito da parte di Mariette, avvenuta nel 1858.Fonti epigrafiche e documentali certificano che già nell’Antico Regno Cheope e Pepi II intrattennero proficui scambi commerciali con il leggendario Paese di Punt, la cui esatta localizzazione è ancora oggi controversa anche se è certo che dovesse trovarsi a sud della valle del Nilo, nella zona indicata dalla cartina; tali contatti proseguirono anche nel Medio regno con Mentuhotep III e ripresero 500 anni dopo nel Nuovo Regno, prima con Hatshepsut e poi con Thutmosis III ed Amenhotep III; Amenhotep II, Ramses II e Ramses III inoltre ebbero relazioni diplomatiche con quelle genti, ricevendo le loro delegazioni.
LA DISLOCAZIONE DEI RILIEVI NEL TEMPIO
Le rappresentazioni della spedizione della grande sovrana iniziano sul registro inferiore posto sul lato meridionale della parete e continuano sulla parte inferiore del muretto meridionale e nei registri superiori della parete posteriore; il seguente diagramma, tratto da un articolo di Karl H. Leser trovato in rete, mostra la disposizione delle scene nel portico, ormai poco visibili e molto lacunose.
1 – la flotta arriva a Punt
2 – la spedizione è accolta a Punt
3 – Scambio di doni; sopra al n. 3 uomini trasportano alberi comprese le radici
4 – le navi vengono caricate con il “tributo” di Punt
5 – il ritorno della spedizione
6 – doni per il Signore di Punt
7 – Hatshepsut presenta ad Amon i doni portati da Punt
7a – Hatshepsut
7b – tre grandi alberi
8 – Pesatura e conteggio dei beni
8a – mucchi di mirra tra i registri 8 e 9 c’è solo testo
9 – il successo della spedizione a Punt è annunciato davanti ad Amon
9a – Thutmosis III offre incenso ad Amon
9b – Hatshepsut in piedi davanti ad Amon
9c – Amon in trono
10 – il successo della spedizione è annunciato alla corte reale
Nelle immagini, pianta del sito di Deir El-Bahari elaborata da Golvin, ove il portico di Punt è indicato da una freccia da me apposta
L’ORDINE DI AMON A SUA FIGLIA HATSHEPSUT
Dalle iscrizioni del portico si apprende che lo stesso Amon aveva dato ad Hatshepsut l’ordine di organizzare il viaggio garantendole il successo nell’impresa che avrebbe confermato la benevolenza divina nei suoi confronti.
“Detto da Amon, Signore dei troni delle Due Terre: “Vieni, vieni in pace, figlia mia, la bella, che sei nel mio cuore, Faraone Maatkare… io ti darò Punt, tutta quanta… Guiderò [i tuoi soldati] per terra e per mare, sulle rive misteriose che conducono ai porti dell’incenso, il territorio sacro della terra divina, la mia dimora di delizie…”
La spedizione era finalizzata a procurarsi beni pregiati come olibano, mirra, incenso, ebano, oro, avorio, e pelli di ghepardo scambiandoli con prodotti egizi, ed il tesoriere Nehesj aveva avuto l’ordine di importare anche alberi completi di radici da ripiantare e coltivare in patria: a Deir el-Bahari, infatti, sul lato destro e sinistro della prima rampa che porta alla terrazza centrale sono stati trovati bacini all’interno dei quali vi sono dei ceppi che si suppone possano essere i resti degli alberi portati da Punt.
“Prenderanno quanto incenso vorranno. Caricheranno le loro navi di alberi di incenso ancora verde [cioè fresco] e di tutte le cose buone di quella terra fino a soddisfare pienamente i loro cuori”.
Nelle immagini, uno dei ceppi ritrovati a Deir el-Bahari e l’albero dell’incenso (boswellia sacra).
LA PREPARAZIONE DELLE NAVI ED IL VIAGGIO
La regina fece quindi allestire cinque grandi navi a vela, rappresentate con la prua rivolta a sud, nell’atto di partire:
“Partenza dei soldati del Signore delle Due Terre che attraverseranno il Grande Mare sulla Giusta Via verso la Terra degli Dei, in obbedienza del volere del re degli Dei, Amon di Tebe. Egli comandò che gli venissero portati i meravigliosi prodotti della Terra di Punt, per questo egli ama la Regina Hatshepsut più di tutti gli altri re che hanno governato queste terre”.
Le imbarcazioni erano dotate di un solo albero alto circa otto metri, di una singola vela quadra e di due pennoni a cui legarla; erano lunghe circa 20 – 25 metri, con poppa e prua molto alte sopra l’acqua ed erano prive di cabina; a poppa ed a prua una piattaforma rialzata protetta da una balaustra serviva da postazione di vedetta e probabilmente sotto di essa era previsto un riparo per gli ufficiali.
Esse non avevano ponti, in quanto i rematori, quindici per lato, erano posizionati in coperta; il timone, formato da due lunghi remi fissati ad un supporto sulla piattaforma posteriore, era manovrato da due timonieri con un lungo bastone curvo; l’equipaggio era completato da quattro addetti a tenere il ritmo di vogata, un pilota, un sorvegliante dei rematori, un capitano ed una scorta armata composta da otto o dieci soldati e da un ufficiale.
La spedizione consisteva quindi di circa 210 persone distribuite su cinque navi: il rilievo mostra i rematori ai remi; i capivoga in piedi alle loro spalle sulla piattaforma di prua; il timoniere a poppa; il capitano, riconoscibile dal bastone del comando, in piedi sulla piattaforma a prua che guarda nella direzione verso cui è diretta la nave.
Il testo esplicativo non contiene informazioni sul viaggio ma si limita a registrare il felice approdo a Punt; la rotta seguita dagli egizi, anch’essa controversa, sarà oggetto di un distinto post, che ci verrà regalato dal nostro esperto di navigazione Sandro Barucci.
Nelle immagini, la nave: il rilievo originale e il disegno a suo tempo eseguito da Naville, che documentò alla fine del 1800 tutto il sito.
Il Porto di imbarco
A cura di Sandro Barucci
Come ho scritto nel post sui porti del Mar Rosso, il luogo di partenza e di arrivo al ritorno, ben documentato fino dalla XII dinastia, è Mersa/Wadi Gawasis, che si trova alla latitudine della città di Tebe , ben raggiungibile attraverso la pista nel Deserto orientale. Vi è consenso fra gli studiosi che da qui sia partita anche la “nostra” spedizione, con trionfale ritorno nella Capitale. La Mèta del Viaggio.Qui è importante fare una premessa. Spesso quando iniziamo un discorso “gli Egizi pensavano che …” , dimentichiamo l’estensione temporale di questa Civiltà ed il mutare delle situazioni. Anche nel caso della “Terra di Punt” dobbiamo tenere ben presente che fra il primo viaggio documentato sotto il faraone Sahura ed il viaggio di Hatshepsut è trascorso un millennio, durante il quale si sono evolute le conoscenze tecniche generali e le capacità di navigazione in particolare. E’ dunque oggi considerato verosimile che il concetto di “Punt” si sia modificato nel tempo; inizialmente era quello di una terra favolosa raggiungibile verso Sud , probabilmente poteva essere il Sudan meridionale (n.1 nella mappa) , per poi divenire una meta più lontana con l’aumento delle conoscenze, fino a raggiungere lo stretto di Bab el Mandeb (n.2), e poi forse andare oltre. La convinzione prevalente oggi è che tutte le mete di cui si è discusso largamente come alternative, siano in realtà state raggiunte tutte in tempi diversi, sotto il nome generale di “Punt”. Bab el Mandeb si trova approssimativamente a 1900 Km da Mersa/Wadi Gawasis, può sembrare una distanza enorme; ricordiamo però che quelli di Hatshepsut sono vascelli con ampi equipaggi di professionisti e che la storia della navigazione riporta distanze ben superiori compiute anche solo a remi. Vediamo anche la mappa della zona più meridionale del Mar Rosso. Si sarebbero trovati tre arcipelaghi principali dove fare tappa ed anche vedere con chiarezza la vicina costa dello Yemen (n.3), facile da raggiungere (anzi con ogni probabilità visitata). Non sappiamo quanto altro ancora una spedizione potesse proseguire oltre lo Stretto, in Oceano Indiano . Ricordo solo, senza alcuna pretesa di prova storico-scientifica , che l’attuale Stato del Puntland si trova sulla costa sud-orientale del Corno d’Africa (n.4) e fa parte della Repubblica federale di Somalia
L’ARRIVO A PUNT
Il rilievo mostra gli Egizi che arrivano a Punt, raggiungono un villaggio di palafitte coniche che sorge sulle rive di un corso d’acqua ricco di pesci di specie ben identificabili (c’è anche una tartaruga, a malapena visibile sotto la capanna posta più a sinistra).Le capanne sono accessibili tramite una scala a pioli esterna, ed una di esse è sorvegliata da un cane da guardia; tutto l’agglomerato è immerso in un bosco di palme da dattero molto alte e alberi di ebano e mirra, con bovini al pascolo, pantere o leopardi ed uccelli.
Nelle fotografie il villaggio nella terra di Punt nel suo complesso, particolare di una capanna e di parte del bosco dove pascola una mandria.
LA COLLOCAZIONE GEOGRAFICA DEL VILLAGGIO
Si è ipotizzato che il paesaggio nel quale si colloca il villaggio rappresenti un tratto delle coste del Mar Rosso, ma Maspero sostenne che potesse riferirsi alle sponde di un fiume diverso dal Nilo che gli Egizi avrebbero imboccato via mare dalla foce, in quanto nel rilievo originale l’acqua era dipinta di verde, colore che indicava l’acqua salata od un fiume soggetto alla marea; inoltre alcuni esemplari di flora ivi raffigurati non crescono in riva al mare (es. il sicomoro odoroso, ritratto nella fotografia in basso) né alcuni animali presenti erano tipici del Nilo.
LA DELEGAZIONE EGIZIA SI PREPARA AD INCONTRARE I PRINCIPI DI PUNT
Dopo lo sbarco Nehesi depose su di un tavolo “tutte le buone cose della Sua Maestà, che abbia vita, salute e forza, destinati ad Hathor, Signora di Punt” (collane di perline di vetro – produzione artigianale nella quale l’Egitto eccelleva e che erano molto apprezzate anche all’estero – braccialetti probabilmente d’oro in quanto dipinti di giallo, un’ascia e una daga da cerimonia) e si prepara ad incontrare il capo locale.
Il tesoriere indossa abiti civili ma porta il bastone di comando ed è accompagnato da una scorta: i soldati con lancia, ascia e scudo rotondo, l’ufficiale senza scudo ma con un arco oltre all’equipaggiamento comune.
Il fatto che buona parte dei partecipanti alla spedizione fossero soldati induce a ritenere che gli Egizi temessero di non essere accolti amichevolmente dalla popolazione di Punt, con la quale non avevano contatti diretti da oltre 500 anni, ed alcuni studiosi hanno addirittura ipotizzato che la pacifica spedizione commerciale sia stata quasi una scorreria, vista la magnificenza dei beni che vennero riportati in Egitto e la modestia dei doni che Hatshepsut aveva mandato al signore locale.
L’INCONTRO CON I PRINCIPI DI PUNT
Nehesi viene accolto amichevolmente e con deferenza dal principe Parahu, dalla moglie e dai figli, che si avvicinano con le braccia levate verso l’alto in segno di omaggio, seguiti da un asino sellato (“il grande asino che porta sua moglie”, dice l’iscrizione) e da tre servitori con corti bastoni e con la barba a punta ricurva.
La sovrapposta iscrizione geroglifica rassicura in merito alla deferenza mostrata dal principe non tanto nei confronti della sovrana, quanto delle sue truppe, e ne rileva lo stupore nel vedere Egizi spintisi fin nella sua terra:
“qui vennero i Grandi di Punt, le loro schiene piegate, le loro teste piegate, a ricevere i soldati della Sua Maestà”. “Come siete arrivati in questa terra sconosciuta agli uomini dell’Egitto? Provenite dalle strade del cielo? O avete navigato il mare di Ta-nuter? Dovete aver seguito il percorso del sole. Per quanto riguarda il Re dell’Egitto, non ci sono strade che siano inaccessibili alla Sua Maestà; noi viviamo dell’aria che egli ci fornisce”.
Il capo del villaggio, che un’iscrizione definisce “il Grande di Punt, Parihu” ed i suoi congiunti (“i suoi figli”, “sua figlia” e “sua moglie, Ati”) hanno la carnagione di color rosso mattone ed i capelli neri come gli Egizi, e Parihu porta una collana di grandi perle, una piccola daga alla cintura e indossa un gonnellino analogo a quello dei suoi visitatori, ma ha una barba a pizzetto curva verso l’alto (evidentemente di moda a Punt, mentre in Egitto era tipica del solo Faraone) e anelli alle gambe che lo identificano come straniero.
La sua regina è obesa ed indossa un vestito giallo, bracciali, cavigliere, una collana di perline, una catenina ed una fascia sulla fronte ed ha due linee tatuate ai lati della bocca. Alcuni studiosi, tra i quali Maspero, hanno attribuito la sua obesità a qualche patologia; altri, invece, hanno ritenuto che l’artista egizio avesse voluto rappresentare nella moglie del capo la tipica bellezza locale, in quanto in alcune zone dell’Africa centrale erano molto apprezzate le donne grasse ed anche la giovane figlia di Parihu appare già un po’ sovrappeso.
L’immagine è una riproduzione fedele esposta presso il Royal Ontario Museum di Toronto (Canada), in quanto quella originale è andata perduta e ne sopravvivono solo i disegni di Naville; l’incontro è raffigurato nel registro inferiore (in faccia alla famiglia reale si nota il tavolo con le offerte di Nehesi). Il registro superiore si riferisce ad un’altra fase del racconto.
LO SCAMBIO DI DONI E IL CARICO DELLE NAVI EGIZIE
I doni di Hatshepsut sono offerti al Principe di Punt, il quale in cambio fa portare sulla riva i prodotti della sua terra che vengono caricati sulle navi e portati in patria.
“le navi furono caricate con le meraviglie della Terra di Punt, e con tutti i tronchi di ebano; con cumuli di mirra e piante della stessa; con ebano e puro avorio; con oro e verdi agate trovate nella Terra di Amu… e con i nativi di Punt, le loro donne e i figli. Nessun re, sin dall’inizio del mondo, aveva portato simili meraviglie”.
I marinai egizi trasportano mediante lunghe stanghe alcuni alberelli che le scritte identificano come sicomori odoriferi, ossia alberi della mirra; per proteggerne le radici utilizzano dei canestri di vimini riempiti di terra; i nativi invece caricano tronchi di ebano, alcune scimmie, una giraffa, un elefante ed un cavallo; in altri punti del rilievo si vedono gli alberi completamente cresciuti che presentano tra il tronco e i rami delle piccole protuberanze di gomma resinosa stillata attraverso le spaccature.
Mentre le navi vengono caricate, gli Egizi offrono un ricevimento ufficiale al Principe ed alla sua famiglia nella tenda allestita per l’occasione:
“Nel porto dell’incenso di Punt, per l’inviato del re e i suoi soldati fu allestita sulla riva del mare la tenda in cui potesse ricevere i capi di questo paese e offrire loro pane, birra, vino, carne, frutta e tutte le cose buone della terra d’Egitto, secondo quanto era stato ordinato dal faraone [vita, forza, salute] “
I DONI DI COMMIATO
Parihu e la famiglia si accomiatano dagli Egizi con ricchissimi doni. A destra del corteo reale si notano un enorme cumulo di mirra, due vassoi carichi di anelli d’oro e una pila di zanne di elefante; uno dei figli del principe porta una ciotola colma di polvere d’oro, mentre i tre personaggi in fila dietro di lui recano in spalla due casse dal contenuto non individuabile ed un grande vaso.
La coppia di sovrani non ha più l’atteggiamento deferente mostrato all’arrivo della delegazione…. chissà, forse sono sollevati nel vederla partire…
LO SBARCO A TEBE E LA PRESENTAZIONE DEI DONI ALLA SOVRANA E AD AMON
I successivi registri mostrano l’arrivo e lo scarico delle navi di fronte ad Hatshepsut e la sovrana che, in presenza di Nehesj e Senenmut, offre con orgoglio a suo “padre” Amon la parte più preziosa delle merci importate.
Le figure di Hatshepsut, Nehesj e Senenmut, nonché una parte importante dei testi erano già state scalpellati nell’antichità, e sostituite da Thutmosis III con indosso la corona Khepresh che offre due vasi di mirra ad Amon.
La presentazione del viaggio a Punt si conclude con l’annuncio del felice ritorno della spedizione davanti alla corte, ad Hatshepsut (completamente scalpellata) seduta sul trono sorretto da due leoni e dal simbolo sema tawy ed al suo Ka, rappresentato in dimensioni ridotte dietro di lei.
Nelle immagini, i soldati sfilano orgogliosi dopo essere sbarcati dalle navi raffigurate sopra di essi; una belva ed un elefante portati in dono ad Hatshepsut; uno dei due leoni che reggono il trono della regina; un funzionario che misura la mirra importata.
FONTI di tutta la serie di post sul portico di Punt:
Amenhotep, titolare della tomba TT73, fu un funzionario attivo principalmente sotto il regno di Hatshepsut.
Non si hanno notizie della sua famiglia, salvo il nome della moglie Amenemopet.
Nella sua tomba a Sheikh el-Qurna, il suo nome fu accuratamente cancellato durante il regno di Akhenaton, ma le due iscrizioni grafite sull’isola di Sehel hanno permesso di ricostruirlo, mediante il suo ruolo proclamato su questi documenti ” Sovrintendente dei lavori per i due grandi obelischi”.
Il primo è composto da tre righe: ” Unico confidente del Re il suo amato, Sovrintendente dei lavori per i due grandi obelischi, Sacerdote di Khnum, Satis e Anukis, Amenhotep”.
Sempre nella stessa località, Amenhotep è rappresentato su un secondo graffito: l’immagine lo mostra in piedi, indossante una pelle felina, come Sommo Sacerdote di Anukis, responsabile del lavoro nella grande casa del granito rosso, Amenhotep e sua moglie Amenemopet. Il titolo si riferisce alla triade Khnum, Satis e Anukis, divinità protettrici della regione.
Il grande traguardo della sua carriera, di cui era particolarmente orgoglioso, è stato il lavoro dei due grandi obelischi per la regina. Sia ad Assuan e a Tebe, egli stesso si descrive come ” il capo responsabile dei lavori per i due grandi obelischi”. Questi sono stati posti nella “Casa di Amon”, nel tempio di Amon a Karnak, come è stato espressamente indicato nella tomba. I due obelischi furono posti tra i piloni 4 e 5.
Dalla sua tomba si rileva che, oltre al compito di sovrintendente per gli obelischi, abbia avuto anche il compito da parte di Hatshepsut, di costruire una cappella a Elefantina, con le immagini delle divinità locali.