Di Ivo Prezioso
E’ un uovo che risale al periodo Naqada I.
E’ databile tra il 4.400 e il 4.000 a.C. circa ed è attualmente esposto al Museo Nubiano di Aswan. La particolare decorazione non poteva mancare di fornire un pretesto agli amanti della “fantarcheologia” per l’immancabile retrodatazione delle piramidi di Giza. Sulla superficie del guscio, secondo loro, sarebbe illustrata una precisa cartina geografica della Valle del Nilo: il fiume fiancheggiato dalle terre coltivate, l’oasi del Fayyum e il profilo dei tre monumenti (Immagine n. 1).

Sicché, nel caso specifico, le Piramidi di Khufu, Kaefra e Menkaure risalirebbero “solo” ad un paio di millenni prima, con buona pace di altri accaniti “ricercatori indipendenti o alternativi” che le vorrebbero risalenti a circa 12.500 anni fa o, nei casi più estremi, anche ben oltre. I tre triangoli che le indicherebbero, sono replicati nell’altro lato dell’uovo, affiancati da una linea serpeggiante anch’essa da interpretare come una rappresentazione del fiume Nilo. (Immagine n. 2).

Vediamo, in realtà, di cosa si tratta.
Questo guscio d’uovo di struzzo è stato scoperto dall’egittologo britannico Cecil Mallaby Firth (5 luglio1878-25 luglio1931) alla fine degli anni ’10 dello scorso secolo nella tomba di un bambino presso la necropoli di Darka, vicino ad Assuan, un sito oggi completamente sommerso dalle acque del lago Nasser. Si tratta di un oggetto che aveva un duplice scopo: uno funzionale, essendo utilizzato per contenere liquidi, come dimostra il foro il foro in cima, l’altro, prettamente rituale, in quanto simbolo di rinascita; un’ ulteriore conferma della fiducia che questi antichissimi abitatori della Valle del Nilo riponevano nell’idea di una vita oltremondana. La decorazione va, invece letta nell’ottica dei motivi artistici tipici della produzione predinastica. I due fiumi, in realtà, non sono altro che rispettivamente uno struzzo ed un serpente. Per quanto riguarda le presunte piramidi, si tratta della rappresentazione stilizzata, estremamente diffusa anche sui vasi e ceramiche coeve, di montagne o, in generale di alture, colline, dune, ecc. (Immagine n. 3).

E’ rimarchevole notare, come la triplice raffigurazione non stia affatto a identificare i celeberrimi monumenti faraonici, ma semplicemente ad indicare il plurale, una convenzione che sarà codificata definitivamente nella scrittura geroglifica.(In questa scrittura esistevano tre forme: singolare, duale e plurale. Quest’ultimo lo si indicava ripetendo tre volte l’elemento, oppure facendolo precedere, ovvero, seguire da tre trattini o puntini). In particolare, i tre triangoli connotavano semplicemente una zona montuosa. Essi, infatti diventeranno un segno determinativo per indicare queste aree, ma anche i paesi stranieri che, in quanto esterni alla Valle del Nilo, venivano considerati concettualmente connessi alla montagna o al deserto. I più antichi esempi coincidono con le più antiche vestigia ad oggi conosciute della scrittura egizia, rinvenute nella Tomba U-J Umm-el Qa’ab nei pressi di Abydos.
In questa sepoltura, probabilmente appartenuta al Re Scorpione I (Dinastia 0), furono recuperati vasi con tracce di inchiostro, impronte di sigillo e placchette d’osso e d’avorio, che recano simboli, che si suppone siano null’altro che una rappresentazione, ancorché in fase embrionale, della suddivisione amministrativa del territorio alla fine del periodo predinastico.
Fonte: Mattia Mancini, Blog Djed Medu