Arti e mestieri, Materiali

L’ARSENOPIRITE E IL RAME

A cura di Sandro Barucci

Tutto ciò che chiamiamo “bronzo” per l’Egitto dall’Epoca protodinastica fino all’inizio del Nuovo regno è in realtà più propriamente “rame arsenicale” dove la componente di arsenico prende il posto e le funzioni dell’odierno stagno nell’incrementare la durezza e la tenacia della lega. Dunque in epoche arcaiche l’arsenico è molto importante per la metallurgia di utensili, armi, manufatti in genere ed anche statue (perché oltretutto abbassa il punto di fusione del rame puro).

E’ stata posta stesso la logica domanda: ma come potevano capimastri del 3000 a.C. procurarsi i mezzi per elaborare una lega così specialistica? La risposta definitiva è arrivata da recenti studi portati avanti a seguito della fortunata scoperta in Iran di ampi depositi di scarti di fusione dell’epoca; da questi si evince il procedimento chimico che era in atto, molto meglio che dai manufatti stessi.

L’Arsenopirite (foto in alto) è un materiale piuttosto diffuso nel Vicino e Medio Oriente (oggi sappiamo che è anche presente nel Deserto orientale egiziano). La formula che lo riassume è FeAsS, sono dunque ugualmente presenti il ferro, l’arsenico e lo zolfo. Sottoponendo questo materiale ad una “cottura” in forno relativamente semplice, si ottiene lo Speiss, FeAs, o “Arseniuro di Ferro”, con eliminazione dello zolfo. I capimastri dell’epoca ovviamente non conoscevano la “Tavola degli elementi di Mendeleev” ma si erano accorti che quest’ultimo composto, aggiunto durante la fusione del Rame, ne aumentava largamente le prestazioni. Oggi sappiamo appunto che avevano realizzato il Rame arsenicale . Dagli studi citati nei riferimenti sappiamo che lo Speiss iraniano è anche materiale di esportazione su lunghe distanze. Possiamo obbiettare che l’Iran era troppo lontano per fornire dati sulla tecnologia egizia, ma devo ricordare che nel frattempo giungevano in Egitto i lapis lazuli originari di Sar-i-Sang , nel Afghanistan orientale ben più lontano, e che l’ossidiana, ovunque presente in ambienti funebri dell’ Alto Egitto e Bassa Nubia, arrivava dai vulcani del Corno d’Africa.

Per allietare un po’ questo post pesante, aggiungo la statua di Amenemhat III, circa 1800 a.C., in lega di Rame. Oggi la statua è nella collezione privata George Ortiz, ma proviene da Hawara, dove questo faraone della XII dinastia aveva una sede e lascia la propria piramide).

Riferimenti base:

  • Thilo Rehren, Loïc Boscher, Ernst Pernicka, (2012), Large scale smelting of speiss and arsenical copper at Early Bronze Age Arisman, Iran, Journal of Archaeological Science, Vol. 39, Issue 6, pp. 1717-1727. DOI: 10.1016/j.jas.2012.01.009.
  • Cristoher P. Thornton, Thilo Rehren, Vincent C. Pigott, (2009), The production of speiss (iron arsenide) during the Early Bronze Age in Iran, Journal of Archaeological Science, Vol. 36, pp. 308–316. DOI:10.1016/j.jas.2008.09.017.
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IL RAME ARSENICALE

A cura di Sandro Barucci

Si tratta del metallo con cui i maestri scalpellini hanno lavorato tutta la pietra egizia (per statue, piramidi etc.) in epoche Predinastica-Protodinastica-Antico Regno ed oltre.

Le epoche della evoluzione umana sono suddivise tradizionalmente in Età della Pietra – Età del Bronzo – Età del Ferro. L’Antico Regno egizio fa parte appieno della Età del Bronzo Antica (EBA).Nel caso particolare dell’Egitto dobbiamo però intenderci sui termini. Oggi chiamiamo Bronzo la lega formata dal Rame e dallo Stagno, che nasce a seguito della necessità di ottenere un metallo più duro e tenace del rame puro. Il Rame è molto malleabile, abbiamo visto nel post sulle statue di Pepi che può essere modellato facilmente per realizzare forme complesse. Tuttavia per impieghi più tecnici risulta troppo “morbido”.

Gli Egizi non utilizzano lo Stagno abitualmente fino all’inizio del Nuovo Regno, tuttavia imparano molto presto che l’Arsenico (sì, quello stesso che è utilizzato per i veleni), addizionato al Rame realizza un metallo molto più adatto a utensili duri come ad esempio scalpelli per la pietra. Aggiungendo una piccola percentuale di Arsenico (dal’ 1% in poi sul totale di Rame) si ha già un risultato paragonabile alla stessa aggiunta oggi fatta con Stagno. Probabilmente gli effetti venefici dell’arsenico all’inizio fanno delle vittime, ma i fonditori imparano a gestirlo ed allo stato metallico poi non causa problemi immediati. Gli studiosi hanno perciò considerato l’ Età del Bronzo esistente in Egitto, a partire dall’ultima parte del IV millennio, anche se negli studi specifici di Archeometallurgia il materiale è chiamato “Rame Arsenicale”. Si deve tenere presente che nelle miniere del Sinai e del Deserto orientale era comunque presente una piccola percentuale di arsenico per cui vi è la convenzione di denominare “Rame arsenicale” quello con percentuale di arsenico superiore all’1%. Cito qui tre recenti e autorevolissimi lavori sull’argomento del Rame arsenicale in uso presso gli Egizi: Odler et al. 2016, Rademakers et al. 2018, Odler et al. 2018. Il primo è relativo al materiale presente al Museo archeologico di Lipsia e ne ho estratto le immagini ed i dati riportati sotto, dove si vedono le percentuali dei due materiali in lega; per semplicità ho tolto le impurità secondarie . Si vede ad esempio che il grosso Rasatore della sesta dinastia, n°2 in figura, ha una percentuale di arsenico del 3,6%, che è certamente prodotto di una metallurgia intenzionale per ottenere un oggetto con sufficiente durezza. Dove l’oggetto è indicato come “modello” è perché non realmente destinato ad utilizzo pratico, ma solo aggiunto per il corredo funebre. Dove non è indicata la composizione, è perché è stato possibile esaminare solo la superficie ed i suoi prodotti di corrosione che qui tralascio.

Odler, Martin, Kmosek, Jiri, Jamborova, Tereza et al. (2016). Archaeometallurgical study of copper alloy tools and model tools from the Old Kingdom necropolis at Giza. In book: Old Kingdom Copper Tools and Model Tools (pp.238–248). Archaeopress, Oxford.ISBN 978 1 78491 442 4

Fino al Nuovo Regno il rame arsenicale è il metallo che consente la realizzazione di utensili ed armi efficienti da parte dei capomastri egizi. Il Bronzo, inteso oggi come lega fra Rame e Stagno, emerge appunto nel Nuovo Regno.

Aggiungo qui alcune risultanze dai Musei di Brussels e Vienna secondo due studi molto recenti. La percentuale di arsenico tende ad aumentare dal predinastico in poi, aumentando le capacità metallurgiche di ottenere una lega migliore (vedi anche sopra sulle risultanze di Lipsia).

Riferimenti:

  • Rademakers, Frederick, Verly, Georges, Delvaux, Luc, Degryse, Patrick. (2018). Copper for the afterlife in Predynastic to Old Kingdom Egypt: Provenance characterization by chemical and lead isotope analysis (RMAH collection, Belgium). Journal of Archaeological Science. V. 96. pp. 175-190. DOI: 10.1016/j.jas.2018.04.005.
  • Odler, Martin, Uhlir, Katharina, Jentsch, Marie, et al. (2018) . Between Centre and Periphery: Early Egyptian and Nubian Copper Alloy Artefacts in the Collection of the Kunsthistorisches Museum Vienna (KHM). Ägypten und Levante, V. 28, pp. 419–456.
Antico Regno, Arti e mestieri, Pesi e Misure

IL PESO DA CINQUE “DEBEN”

A cura di Francesco Alba

The Metropolitan Museum of Art, New York

Il blocchetto, realizzato in diaspro-opale levigato, riporta il nome di Userkaf, probabile figlio di Micerino e fondatore della Quinta Dinastia (2494-2487 a.C.). I geroglifici sotto il cartiglio reale ne indicano il peso che corrisponde a cinque deben.

Il valore ufficiale del deben, misura standard per i metalli, soprattutto preziosi, veniva stabilito di volta in volta al succedersi dei sovrani, cambiando notevolmente nel tempo, da circa 13,6 grammi durante l’Antico Regno, a 91 grammi circa nel Nuovo Regno. Questo esemplare integro, del peso di 68,22 grammi, fa intendere che il valore del deben durante il regno di Userkaf era pari a 13,64 grammi.Il limitato stato di usura del blocchetto potrebbe far pensare che si tratti in effetti di un campione di riferimento standard non utilizzato nella pratica

.E per quanto l’invenzione della moneta come tramite per gli scambi commerciali sia generalmente databile al VII secolo a.C., alcune caratteristiche di questo manufatto, come la natura del materiale (pietra semipreziosa) ed il valore ponderale certificato e garantito dalla suprema autorità statale (il faraone), ne fanno, a mio avviso, un prototipo ante litteram.

Concludo con una citazione tratta dal cosiddetto “Insegnamento di Amenemope”, un testo morale risalente alla Ventiseiesima Dinastia:

“Non muovere la bilancia e non alterare i pesi;non diminuire le frazioni della misura. . . . . . . . . .non farti pesi difettosi, essi provocano molte pene per l’ira divina.

Se vedi un altro che imbroglia, tieniti lontano!”

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IL RAME

A cura di Sandro Barucci

Le statue di Pepi I da Hierakompolis (circa 2290 a.C.).

Il faraone della VI dinastia è raffigurato a grandezza naturale (m. 1,77) nella più antica statua metallica egizia giunta fino a noi, oggi al Museo del Cairo. La gamba sinistra sta compiendo un passo in avanti, una abituale indicazione che il soggetto ritratto è in vita . La statua ci è giunta priva di alcune parti, il basso addome e la parte superiore del capo; vi è il dubbio che vi fosse un copricapo regale, forse di metallo più prezioso. I globi oculari sono realizzati in pietra calcarea , mentre le pupille sono in pietra nera.

La tecnica di realizzazione della statua è basata su lastre di rame, modellate da artisti di grande abilità, mediante percussione e deformazione. Le parti erano montate poi su uno scheletro in legno andato perduto, fissandole con una sorta di chiodi metallici. Le lastre risultano composte da un rame puro al 98,2 % , che era perciò più adatto ad essere modellato rispetto ad un materiale con elementi di lega (che vedremo successivamente in altri post).

Una seconda statua raffigura un giovanetto che è stato da alcuni identificato con Merenre , figlio di Pepi e suo erede al trono. Si vedono nella figura le due statue affiancate immaginando di avere un gruppo padre-figlio. Non vi sono prove però che questa fosse l’intenzione degli artisti, ed anzi probabilmente la figura più bassa è lo stesso Pepi più giovane

.Il primo piano del giovane fa apprezzare ancor di più la sensibilità e capacità di chi ha realizzato l’opera. Anche qui mancano probabilmente i simboli regali dal capo.

Riferimento: Lucas, A. , Harris, J.R., 1962. Ancient Egyptian Materials and Industries. Quarta edizione, rivista ed ampliata. Edward Arnold , London.

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IL LEGNO DI EBANO

A cura di Sandro Barucci

Parlando di Ebano nell’ambito dell’Egitto predinastico-protodinastico – Antico Regno, ci si riferisce all’albero Dalbergia Melanoxylon , nella illustrazione, divenuto ai giorni nostri una specie estremamente pregiata, utilizzata per gli strumenti musicali (fagotto, oboe etc.). Va tenuto presente che ai giorni nostri altre specie assumono il nome “Ebano”, commercialmente provenienti dall’Asia Meridionale.

Le testimonianze di importazione di Ebano sono molto precoci, probabilmente fatto arrivare attraverso la Nubia , comunque utilizzato per realizzazioni elitarie. Si mostrano qui:

  • in due parti la cosiddetta targhetta del Re Hor-Aha, prima dinastia, attorno al 3100 a.C. da Abydos, oggi al British Museum EA35518
  • la targhetta di Den , prima dinastia, dal sepolcro di Umm el Qaab, attorno al 2950 a.C. oggi al British Museum EA32650.

Successivamente lo sviluppo delle capacità di navigazione, e l’uso della vela, consente ai Faraoni a partire dall’Antico regno di effettuare viaggi verso Sud nel mar Rosso e di procurarsi i materiali preziosi direttamente alla fonte. L’impiego dell’Ebano resta comunque in ambito elitario, assieme all’avorio, la mirra l’incenso etc.

In foto la statua di Thai, alto funzionario di Amenothep III, scriba reale, sovrintendente delle costruzioni reali durante la XVIII dinastia. La statua viene da Saqqara ed è oggi al Luxor Museum.

Fonte per il commercio con il Sud: Mark, Samuel, (2013), The Earliest Sailboats in Egypt and Their Influence on the Development of Trade, Seafaring in the Red Sea and State Development. Journal of Ancient Egyptian Interconnections, Vol.5, pp. 28-37.

Arti e mestieri, Età Predinastica, Materiali

LE TAVOLE DI TARKHAN

A cura di Sandro Barucci

Durante il suo lavoro a Tarkhan, Sir William M. F. Petrie individuò anche un aumentato utilizzo del legno nella realizzazione delle sepolture. In particolare ci tramandò quelli che oggi sono chiamati “the Tarkhan Timbers” le tavole di Tarkhan, oggi al Petrie Museum di Londra.

Questi hanno grande importanza per la conoscenza delle capacità tecnologiche egizie nel 3000 a.C. Sono in modo evidente assi recuperati da altre costruzioni , e recano i segni di lavorazioni complesse , asole e scassi accuratissimi che ancora oggi richiederebbero un capomastro esperto. E’ stato discusso dagli studiosi se in origine queste tavole provenissero da un precedente impiego in edilizia (parere anche di Petrie) oppure da imbarcazioni (sono molto simili ad es. agli scassi nelle navi di Abydos o successivamente nella nave solare di Cheope ).

L’abitudine di riutilizzare sempre il legname è propria della Civiltà egizia soprattutto agli inizi, e questo testimonia quale valore avesse un materiale che là scarseggiava. Qui aggiungo un disegno originale dal libro di Petrie e due foto dal Museo.

Riferimenti:

Creasman, Pearce Paul , (2013), Ship timber and the reuse of wood in ancient Egypt. Journal of Egyptian History, V. 6 (2), pp. 152–176. DOI: 10.1163/18741665-12340007

Petrie, William Matthew Flinders, et al. (1913), Tharkhan I and Memphis V, School of Archaeology in Egypt and Bernard Quaritch ed., London.

Vinson, Steve, (1994), Egyptian Boats and Ships. Shire Publications. ISBN 9780747802228

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IL LEGNO DI CEDRO DEL LIBANO NELLA IV DINASTIA

A cura di Sandro Barucci

Il Cedro del Libano consente di ottenere assi robuste di lunghezza oltre i 20 metri tutte d’un pezzo, e colonne di notevole resistenza meccanica per l’edilizia civile. È un aspetto importante di questo legname, nei confronti di quello ricavabile da alberi più piccoli, come l’acacia, presente sul territorio egiziano; il legno di questa conifera è paragonabile probabilmente all’importanza che hanno nella nostra epoca le leghe metalliche più evolute. La pietra di Palermo riporta la testimonianza scritta di una spedizione di quaranta navi che importano il prezioso legname dal Libano; l’acquisto è voluto dal faraone Snefru della IV dinastia, nella prima parte del terzo millennio a.C. È inoltre riportata una intensa cantieristica navale, con realizzazione di vascelli fino a 100 cubiti di lunghezza (oltre 52 metri) (Edgerton, 1930; Strudwick, 2005). Il porto libanese di partenza della spedizione è forse la città libanese di Biblos, l’attuale Jbeil, ma non è esplicitamente citata; dalla storia successiva sappiamo che questo porto si imporrà come sede dei traffici marittimi verso l’Egitto. Lo studio di Sara Rich et al.(2016) riguarda la provenienza del legname di cedro di differenti navi recuperate nel tempo, ed è basato sulla analisi del rapporto fra gli isotopi di stronzio presenti, 87Sr/86Sr, quasi una “impronta digitale” per un legname rispetto al suo luogo di partenza. Si è potuta determinare così la precisa provenienza del cedro costituente. Il vascello del faraone Senusret III (denominato anche Senwosret III o Sesostris III) della XII dinastia del Medio Regno, in carica attorno alla metà del XIX secolo a.C. è noto come “Carnegie Boat”, si trova al Carnegie Museum di Pittsburgh. Il materiale proviene certamente dalla foresta libanese di Horsh Ehden, attualmente Riserva Nazionale boschiva, nell’entroterra montuoso a 65 chilometri da Biblos, che fu verosimilmente il porto di imbarco.

Purtroppo la stessa analisi non è disponibile per la nave reale di Cheope (in foto), che fu realizzata in Cedro del Libano. Molte testimonianze scritte posteriori comunque testimoniano riguardo ai rapporti tra l’Egitto e la città di Biblos durante il Nuovo Regno. Da Biblos alle città del Delta la distanza è approssimativamente di 500 Km, una distanza che già all’inizio della IV dinastia non è tale da scoraggiare un intenso traffico mercantile.

Edgerton, William, (1930), Dimensions of Ancient Egyptian Ships. The American Journal of Semitic Languages and Literatures, 46(3), 145-149. Da http://www.jstor.org/stable/529062

Strudwick, Nigel C., (2005), Texts from the Pyramid Age, Society of Biblical Literature, Atlanta, pagine 65-80. ISBN: 9781589831384

Rich, Sara, Manning, Stuart W., Degryse, Patrick, et al. (2016), To put a cedar ship in a bottle: Dendroprovenancing three ancient East Mediterranean watercraft with the 87Sr/86Sr isotope ratio, Journal of Archaeological Science: Reports, Volume 9, Pages 514-521, doi: 10.1016/j.jasrep.2016.08.034.

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IL LEGNO IN EPOCA PREDINASTICA

A cura di Sandro Barucci

Il periodo fra il 4000 ed il 3000 a.C., con le tre fasi della cultura di Naqada, rientra nella cosiddetta fase Calcolitica, durante la quale il rame ha fatto la sua comparsa, ma sono ancora in largo uso gli utensili in pietra neolitici.

Un interrogativo molto importante riguarda a questa fase, in cui ancora tecnicamente non è iniziata l’Età del Bronzo, è: fino a che punto i capomastri egizi potevano realizzare lavorazioni su legno, come la preparazione di tavole di forma regolare e costruzioni che su esse si basano, come ad esempio il fasciame in legno delle imbarcazioni evolute.

Una informazione importante su questo tema giunge dal sito predinastico di Naga-ed-Der, sulla riva orientale del Nilo, e precisamente dal cimitero identificato con la sigla N7000, scavato inizialmente da Lythgoe nel 1902-1903. Il lavoro dell’Archeologo fu pubblicato postumo (Lythgoe, 1965). Le datazioni del sito sono state indagate, mediante l’analisi al Carbonio 14, da Savage nel 1998 (Savage, 1998) ed è risultato essere in uso fra il 3800 ed il 3090 a.C. circa.

Le informazioni desunte dalle due pubblicazioni citate, e dalla revisione complessiva di Podzorski (Podzorski, 2008) sulla necropoli, ci fanno concludere che tavole in legno ben lavorate sono qui presenti a partire dal 3600 a.C. circa.

In un recente lavoro sul mobilio egizio, Killen cita appunto alcune tombe di questo sito, ad esempio quella con sigla N7454 , che mostra uno spazio rettangolare di dimensioni interne 1570 x 710 cm, delimitato da tavole in legno di spessore 3 cm. In un’altra tomba, la N7531, agli angoli si trovano elementi verticali di rinforzo legati insieme alle assi (possono venire in mente le asole e le legature delle tavole che ritroviamo poi sui resti di imbarcazioni del 3000 a.C. ad Abydos, fino a quelle della nave reale di Cheope a Giza.

La tomba N1454 di Naga ed Der. Con la lettera C il rettangolo in tavole di legno . Ciò che vi era contenuto purtroppo è risultato depredato (Lythgoe, 1965) , ma è una delle prime testimonianze della capacità di realizzare tavole di legno a metà del IV millennio a.C. (con utensili in pietra!)

Constatata questa possibilità di ricavare tavole dai tronchi d’albero nonostante utensili limitati, alcuni Studiosi hanno affermato che gli scafi raffigurati nell’arte di Naqada II e III possono rappresentare realizzazioni in assi di legno e non in fasci di giunchi. Ad esempio Vinson fa notare come la prua e la poppa abbiano forma ben diversa da quelle caratteristiche delle barche di papiro (Vinson, 1994), dove i giunchi si stringono verso le legature finali, a formare una punta o un fiore di loto. Si tratterebbe dunque di imbarcazioni realizzate con tavole di legno. Analogamente Guerrero Ayuso pubblica nel suo trattato varie immagini analoghe a quella del vaso, nel capitolo “barcas de tablas” (Guerrero Ayuso, 2009).Le qualità di legname utilizzate in epoca predinastica sono tratte dagli alberi più comuni sul territorio Egiziano, che nel periodo predinastico è già caratterizzato da un clima generalmente arido simile a quello odierno. Una specie capace di sopravvivere in condizioni veramente estreme è Acacia , ed in effetti molti reperti egizi sono costituiti dal suo legno.

In particolare Acacia Nilotica può raggiungere i 15-20 metri di altezza, anche se il suo tronco non è particolarmente adatto a ricavare le grandi assi (che troveremo poi nelle navi della IV dinastia fatte in Cedro del Libano importato). Un famoso esempio di Acacia Nilotica in ambito navale sarà all’inizio del III millennio la Barca di Abu Rawash, attribuita alla cerchia del faraone Den.

Un secondo legname utilizzato in epoca molto precoce è quello del genere Tamarix, (come le nostre “Tamerici”): si trova nelle celebri 14 imbarcazioni sepolte con apposite tombe di mattoni ad Abydos.

Altri tipi di legname sono da Ficus Sycomorus e da Ziziphus spina-Christi. Il nome di quest’ultimo alberello è dovuto alla tradizione per la quale avrebbe fornito il materiale per la corona di spine del Golgota. Il suo legno è estremamente duro, è utile in impieghi speciali ( ad esempio è ritrovato nei tenoni della Barca reale di Cheope).

Riferimenti citati:

  • Guerrero Ayuso, Victor M., (2009), Prehistoria de la Navegación: origen y desarrollo de la arquitectura naval primigenia. BAR International Series S‐1952. ISBN 978‐1407304359
  • Killen, Geoffrey, (2017), Ancient Egyptian Furniture. Oxbow Books. ISBN: 978-1785704932
  • Lythgoe, Albert M., (1965), The early dynastic cemeteries of Naga-ed-Dêr (Vol. 4): The predynastic Cemetery N 7000. University of California Press. DOI: 10.11588/diglit.50108 .
  • Podzorski, Patricia V. (2008) The Early Dynastic Mastabas of Naga ed-Deir, in Archeo-Nil, Vol.18, pag. 89-102.
  • Savage, Stephen, (1998), AMS 14 Carbon Dates from the Predynastic Egyptian Cemetery, N7000, at Naga-ed-Der, Journal of Archaeological Science, Vol.25, pag.235-249.
  • Vinson, Steve, (1994), Egyptian Boats and Ships, Shire Pubblications ltd. Princes Risborough. IBAN 074780222X. Pag.18.

Arti e mestieri, Materiali

ESTRAZIONE E LAVORAZIONE DELLE ROCCE

A cura di Stefano Argelli

La scelta del luogo

L’attività estrattiva veniva generalmente svolta in cave e in trincee a cielo aperto, anche se talvolta, per seguire i livelli di roccia desiderati, le coltivazioni continuavano in gallerie scavate in sotterraneo. La scelta dell’ubicazione del sito di estrazione che prevedeva l’attività di cava, era basata su una serie di fattori tra cui prima di tutto la qualità del materiale. ossia caratteristiche estetiche e tecniche, nonché la disponibilità di blocchi su misura, la vicinanza ai siti di costruzione o di lavorazione verso i quali il materiale era destinato e la vicinanza al Nilo, nel caso fosse stato necessario il trasporto via acqua.

Rampa centrale fiancheggiata da 2 serie scale, per sollevare e trasportare i blocchi dalle cave. Hetnub o Hatnub è un sito archeologico in Egitto a sud-est di Amarna a circa 65km da Minya. Fin dall’antichità la località era nota per le sue cave di Calcite traslucida, detta impropriamente Alabastro, impiegata fin dal periodo Protodinastico per la produzione di vasi.
Mons Clauudias era una cava romana situata nel deserto orientale egiziano, a metà strada tra Mar Rosso e Quena, qui si estraeva Granodiorite.

Tecniche di estrazione

Dal periodo Predinastico (3900-3300a.C.) l’estrazione e gran parte della lavorazione dei lapidei ornamentali duri veniva effettuata tramite utensili in pietra, come battenti o martelli, foggiati da da rocce più dure e resistenti alla rottura: il materiale più comune era la Dolerite (roccia Magmatica) ma venivano anche utilizzati Andesiti, Graniti a grana fine, Arenarie silicizzate e Gneiss anortositici, con queste rocce venivano anche fabbricati utensili per la molatura, che servivano per levigare le superfici ruvide. mentre l’effettiva lucidatura veniva realizzata probabilmente tramite sabbia comune ricca di Quarzo. Per quanto riguarda la lavorazione della roccia estratta, studi archeologici effettuati sulle antiche cave dell’area di Assuan indicano almeno due fasi: la prima fase consisteva nell’eliminazione dello strato corticale di alterazione, utilizzando il bordo tagliente degli utensili in pietra, per esporre le superfici fresche dei blocchi rocciosi, che venivano poi lavorati fino ad ottenere la taglia desiderata o la forma grezza di un determinato manufatto; la seconda fase prevedeva la smerigliatura e levigatura dalla superficie scolpita tramite una miscela di acqua e polvere di Quarzo e una lucidatura finale, effettuata invece con una miscela pastosa di acqua e polvere di Quarzo più fine.

Attrezzi da lavoro in pietra e Rame.

Tecniche di estrazione con l’utilizzo del ferro

Forse già dalla XXVI dinastia (672-525a.C. circa) furono utilizzati per la prima volta utensili in ferro che comprendevano grandi martelli da fabbro, picconi, scalpelli e cunei: per l’estrazione di blocchi dal substrato roccioso, sulla superficie veniva scolpita una fila di fori cuneiformi all’interno dei quali erano infissi dei cunei di ferro, che tramite martellamento ripetuto, provocavano la fratturazione della roccia lungo la fila di fori stessa.si ritiene che ai lati dei cunei venissero collocate sottili lamine di ferro chiamate “piume” per aumentarne la forza laterale di trazione.

Altri attrezzi da lavoro

Trasporto

Per quanto riguarda il trasporto dei blocchi di roccia estratti, durante il periodo Dinastico(3060-332a.C.) venivano utilizzate slitte di legno trainante da animali da tiro o più comunemente da squadre di uomini: per ridurre l’attrito, il traino veniva effettuato o su terreno bagnato o su travi di legno, predisposte trasversalmente rispetto alla direzione di trasporto, che venivamo ripetutamente ricollocate per terra di fronte alle slitte. Il traino delle slitte su cilindro di legno sembra invece essere meno verosimile, poiché questi risultavano efficaci su terreni duri e lisci e relativamente piani; lo stesso vale anche per l’utilizzo di carri su ruota, che a causa dell’elevato carico dei dei materiali rocciosi trasportati e della presenza di strade sterrate instabili, potevano bloccarsi o danneggiarsi. Solo nel periodo Romano (30a.C.-395d.C.) e forse nel tardo periodo Tolemaico, divenne prevalente il trasporto via terra dei materiali lapidei estratti, tramite carri trainati da animali, è questo grazie ad una rete di strade ben realizzate che collegavano i siti di cava nel deserto con la valle del Nilo. In tutti i periodi e per tutti i tipi di roccia, invece il materiale cavato veniva scalpellato sul sito, almeno parzialmente fino a raggiungere una lavorazione prossima a quella definitiva; questa procedura riduceva il peso del materiale da trasporto e permetteva di rilevare qualsiasi difetto nei blocchi di roccia, prima che lasciassero il il sito di estrazione.

Dipinto all’interno della tomba del monarca Djehutihotep: ai piedi della grande statua trasportata nel deserto si vede una persona intenta a versare acqua sulla sabbia, davanti al traino. XII dinastia 1990-1780 a.C.

Fonte: Museo Egizio di Torino

Arti e mestieri

LA VITA MILITARE

A cura di Luisa Bovitutti

GIOIE E DOLORI DELLA VITA MILITARE

Gli egizi non aspiravano alla carriera militare perché ne temevano la durezza.

Nel papiro Anastasi III risalente alla XIX dinastia, uno scriba, per incentivare il figlio a seguire le sue orme gli descrive a tinte fosche la vita del soldato comune: «Vieni, che ti descriva la condizione del soldato, ricca di tormenti. Quando è poco più di un ragazzo, è preso e imprigionato in una caserma.
E’ sottoposto a dure punizioni, messo giù e battuto come un papiro. Vieni che ti descriva il suo viaggio in Siria e la sua marcia sulle colline. Il suo pane e la sua acqua sono sulle sue spalle come la soma degli asini; le vertebre della sua schiena sono piegate mentre beve acqua putrida e si ferma solo per fare la guardia. Quando arriva alla battaglia è come un uccello spennato e non c’è forza in tutto il suo corpo. Quando giunge a ritornare in Egitto è come un bastone che il tarlo ha mangiato: è malato e deve essere trasportato a spalla».

In realtà la vita dei militari era dura e rischiosa, ma, come testimoniano numerose fonti, anche redditizia, in quanto essi ricevevano ricche ricompense, partecipavano alla divisione del bottino di guerra e quando si ritiravano dal servizio attivo ottenevano spesso della terra da coltivare. Certo, il pericolo di finire come questo povero soldato immortalato nel Ramesseum era concreto…. guardate dove lo ha colpito la freccia….😂

La foto è di Paolo Bondielli, pubblicata su Mediterraneo Antico